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Trattamento chirurgico del varicocele nell'adolescente: due tecniche a confronto (delivered versus not delivered testis procedure). Studio prospettico su 70 casi.

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INDICE RIASSUNTO ANALITICO CAPITOLO 1: GENERALITA 1.1 Definizione 7 1.2 Epidemiologia 7 1.3 Eziopatogenesi 9 1.4 Clinica 12 1.5 Diagnosi 15 1.6 Varicocele e fertilità 25

CAPITOLO 2: ANATOMIA CHIRURGICA 2.1 Il funicolo spermatico 32

2.2 Sistema vascolare di testicolo, epididimo e dotto deferente 34

Sistema arterioso e linfatico 35

Sistema venoso 37

CAPITOLO 3: TRATTAMENTO 3.1 Considerazioni 45

3.2 Cenni storici 47

3.3 Tecniche chirurgiche e radiologiche 50

CAPITOLO 4: STUDIO 4.1 Scopo dello studio 59

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4.2 Materiali e metodi 59

4.3 Risultati 70

4.4 Discussione 75

4.5 Conclusioni 77

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RIASSUNTO ANALITICO

Background e scopo dello studio

Il varicocele è generalmente considerato la causa più comune di infertilità maschile. Negli adolescenti il dibattito è ancora aperto sulla gestione dopo una diagnosi di varicocele, in particolare per quanto riguarda l'aspetto della loro futura fertilità. La varicocelectomia negli adolescenti è ancora senza un metodo gold standard. La varicocelectomia microchirurgica sub-inguinale è la tecnica open più utilizzato nei bambini e negli adolescenti. Alcuni autori suggeriscono di includere nella varicocelectomia anche la manovra di "delivered" del testicolo per ottenere un migliore accesso a tutte le possibili vie di drenaggio venoso del testicolo,

incluse le vene gubernacolari.

Lo scopo del nostro studio è quello di confrontare due diverse procedure chirurgiche, la varicocelectomia microchirurgica inguinale con risparmio dei vasi linfatici e delle arteriole (LASMIV) senza delivery del testicolo e la LASMIV con delivery del testicolo e legatura di tutte le vene gubernacolari e collaterali.

Materiali e metodi

Lo studio analizza i dati di 70 adolescenti affetti da varicocele con riduzione del volume testicolare omolaterale superiore al 20%, operati dal 2008 al 2013. Essi sono stati divisi in due gruppi: Gruppo A (35 pazienti) trattati con LASMIV senza delivery del testicolo; Gruppo B (35 pazienti) trattati con LASMIV con delivery. Tutti i pazienti di entrambi i gruppi sono stati rivalutati sia clinicamente che mediante ecografia 6 e 12 mesi dopo l'intervento chirurgico per verificare la

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presenza di potenziali complicazioni (idrocele secondario o ricorrenza di varicocele) e per la misurazione del volume testicolare. I pazienti del gruppo B sono stati tutti sottoposti a biopsia testicolare.

Risultati

Il nostro studio mostra come nel Gruppo B il recupero di crescita di volume del testicolo è significativamente superiore a 6 (p = 0,008) e 12 mesi (p = 0,004) rispetto al gruppo A (pazienti trattati con LASMIV senza delivery). Il tasso di recidiva di varicocele nel Gruppo B è dello 0%. Nessuno dei pazienti di entrambi i gruppi hanno presentato idrocele secondario. Dall’analisi anatomopatologica è risultato che tutti i pazienti presentavano almeno due alterazioni istologiche.

Discussione

È importante effettuare la legatura di tutte le vene dilatate che drenano il testicolo associata al risparmio di arteriole e vasi linfatici per ottenere un basso tasso di recidiva o di fallimento terapeutico ed evitare complicazioni post-chirurgiche, come

idrocele e atrofia testicolare.

Inoltre è importante ottenere post-operativamente il recupero della discrepanza di volume dei testicoli, segno indiretto di recupero funzionale. Sulla base di studi di flebografia post-chirurgica si è visto che le recidive sono per lo più causate dalla persistenza di vene cremasteriche, gubernacolari o trans-scrotali dilatate. La recidiva di varicocele si verifica più comunemente con un approccio retroperitoneale che non permette la legatura delle vene cremasteriche, nonché con un approccio inguinale o sub-inguinale che non consente di legare le vene

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gubernacolari e le vene collaterali distali. La varicocelectomia microchirurgica inguinale con delivery del testicolo, invece, offre un accesso visivo diretto a tutte le vie di drenaggio venoso del testicolo e questo ha comportato una significativa riduzione dell'incidenza di recidive di varicocele.

Infine, il delivery del testicolo facilita l’esecuzione della biopsia testicolare utile per ottenere informazioni sulla potenziale sterilità di questi adolescenti.

Conclusioni

Il nostro studio dimostra che la LASMIV con delivery del testicolo, rispetto alla LASMIV senza questa manovra, negli adolescenti affetti da varicocele, ha migliorato la crescita volumetrica del testicolo in modo statisticamente significativo ed ha ridotto l’incidenza di ricorrenze e di idrocele secondario.

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CAPITOLO 1 GENERALITA

1.1 DEFINIZIONE

Il varicocele è una patologia caratterizzata dalla dilatazione e dall’ allungamento delle vene del plesso pampiniforme. È stato descritto per la prima volta da Cornelius Celsus (42 A.C – 37 D.C.). È una patologia evolutiva caratterizzata da progressivo incremento delle varici intrascrotali, ridotto sviluppo (nel bambino) o progressiva atrofia (nell’adulto) del testicolo omolaterale (ed in alcuni casi anche del controlaterale) e riduzione della qualità del liquido seminale.

La distinzione nosografica classica riconosce un varicocele primitivo ed uno secondario. Il varicocele secondario è conseguenza di qualsiasi processo occupante spazio nel retroperitoneo o nello scavo pelvico in grado di obliterare o comprimere la vena testicolare, la vena renale o la cava inferiore, ostacolando il deflusso venoso [1]. Il varicocele primitivo non ha invece una riconosciuta identificazione eziopatogenetica, come non è definita l’eziologia per le altre patologie di tipo varicoso.

1.2 EPIDEMIOLOGIA

Il varicocele è una affezione di comune riscontro; l’incidenza della patologia varia dal 15% al 20% se riferita al complesso della popolazione maschile adulta, nel maschio infertile può arrivare fino al 40% [2] ed è presente nel 10-15% della popolazione pediatrica [3].

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È molto interessante valutare l’incidenza del varicocele in rapporto all’età e soprattutto allo stadio puberale. Nel bambino sotto i dieci anni di età l’incidenza è del 5 %; ciò fa sospettare che la comparsa di questa affezione coincida, in un gran numero di casi, con la pubertà; infatti rara è la sua osservazione in età prepubere mentre rappresenta l’affezione andrologica di più frequente osservazione nell’età adolescenziale. L’incidenza massima (del 15%) si riscontra a 14-16 anni, con una lieve riduzione tra i 16 e i 19 anni. Possiamo quindi dire che il varicocele è praticamente assente come patologia prepuberale, si incrementa in percentuale con la maturazione puberale, per tendere a diminuire a pubertà ultimata [4].

I dati epidemiologici ricavati da studi di prevalenza del varicocele per fasce d’età evidenziano infatti come la pubertà sia un momento critico per la comparsa di questa patologia. C’è da rilevare che durante la maturazione puberale si ha un accrescimento volumetrico del testicolo che non trova analogie, per quanto attiene l’intensità e la velocità, con altre curve di crescita. In questo periodo della vita, il testicolo presenta infatti un vistoso incremento volumetrico che può arrivare sino a decuplicare la massa della ghiandola con gli adattamenti di carattere emodinamico le cui alterazioni sono capaci di determinare la comparsa di reflusso venoso.

Il supporto nutrizionale per questo processo biologico sarebbe da individuare in una condizione di iperafflusso arterioso alla gonade, secondario all’attivazione gonadotropinica che segue l’inizio della pubertà. Tale condizione di iperafflusso è sostenuta da tre sistemi arteriosi (arteria spermatica, arteria deferenziale e arteria cremasterica), mentre il ritorno venoso è di competenza del sistema della spermatica interna, che, per molte considerazioni anatomiche e funzionali, appare meiopragico. Tanto più criticamente si realizza questo iperafflusso, tanto più facilmente si viene a determinare una discrepanza artero-venosa che cerca di trovare in compensi vascolari un qualche equilibrio.

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1.3 EZIOPATOGENESI

Il varicocele primitivo è localizzato nel 93% dei casi a sinistra, nel 5% è bilaterale e nel 2% dei casi si localizza a destra; pertanto di fronte ad un varicocele destro, vista la sua bassissima incidenza come patologia primitiva, è necessario escludere che non ci siano masse retro peritoneali, come neoplasie, che possono comprimere la vena spermatica interna destra.

Il dato statistico, già riferito, della presenza di varicocele in netta prevalenza a sinistra ha suggerito varie ipotesi eziopatogenetiche.

La prima considerazione da fare riguarda l’anatomia delle vene spermatiche: la vena spermatica destra drena direttamente nella vena cava inferiore con un angolo acuto, mentre la vena spermatica sinistra drena nella vena renale sinistra confluendo in essa con un angolo retto, rendendo così più difficoltoso il drenaggio poiché il flusso della vena renale segue un vettore ortogonale a quello del flusso refluo dalla spermatica, notevolmente inferiore, che può risultare quindi ostacolato; inoltre la vena spermatica sinistra risulta avere una lunghezza maggiore rispetto alla controlaterale.

Altre ipotesi da considerare per spiegare la netta prevalenza a sinistra della patologia sono:

− Alterazioni embriologiche nello sviluppo del sistema venoso della spermatica interna;

− Assenza di valvole nella vena spermatica sinistra: in particolare la frequente assenza di valvole ostiali anti reflusso (50% della popolazione) [5]

− Compressione della vena renale sinistra, da parte della aorta e della arteria mesenterica superiore nota come fenomeno di nutcracker alto (o pinza aorto-mesenterica o ipertensione reno – spermatica sinistra): la vena renale

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sinistra infatti nel suo decorso scavalca l’aorta, venendosi a situare al di sotto dell’arteria mesenterica superiore; a causa di una diversa mobilità dell’arteria mesenterica e della vena renale, soprattutto in posizione eretta, quest’ultima può trovarsi “schiacciata” tra i due vasi arteriosi, determinandosi in tal modo un incremento di pressione nel suo interno. Questo tipo eziopatogenetico, dovuto a reflusso reno-spermatico, identifica il varicocele di tipo I secondo Coolsaet [6];

− Compressione della vena iliaca sinistra da parte della arteria iliaca destra (ipertensione iliaco – testicolare) o Coolsaet tipo II: i plessi venosi cremasterici e deferenziali possono essere dilatati e tortuosi, per stasi e reflusso nell’asse venoso iliaco-testicolare; questo è il cosiddetto fenomeno di nutcracker basso.

− Combinazione degli eventi patogenetici (tipo I e tipo II) o Coolsaet tipo III (Fig. 1).

− Una delle ipotesi patogenetiche più recenti è quella che ci sia una alterazione a carico della parete vascolare delle vene dovuta ad alterazioni genetiche [7].

Tab. 1: Concause nella genesi del varicocele Stazione eretta

Lunghezza della vena spermatica interna Meiopragia della parete venosa

Nutcracker alto Nutcracker basso

Terminazione della vena spermatica interna Assenza di valvole anti-reflusso

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Fig.1. Classificazione Di Coolset. A) Tipo I; B) Tipo II; C) Tipo III; 1) V. Cava; 2) Aorta; 3) V. Renale; 4) Arteria Mesenterica Superiore; 5) Arteria Iliaca Destra; 6) Vena Iliaca Sinistra. [6]

Tab.2. Prevalenza delle varie forme di varicocele [6]

Tipo Prevalenza Descrizione

I 67% Reflusso reno-spermatico

II 20% Reflusso iliaco-testicolare

II 13% Reflusso misto

Spiegherebbero l’assoluta prevalenza del varicocele idiopatico a sinistra anche l’assenza, a destra, di alcune delle situazioni anatomiche predisponenti all’insorgenza della patologia, ovvero:

- a destra non esiste una pinza aorto-mesenterica,

- alla confluenza della vena spermatica destra con la cava sono

generalmente presenti valvole venose ostiali,

- la terminazione della vena gonadica sinistra nella vena cava avviene ad

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Anche studi recenti [8, 9] confermano l’eziologia multipla del varicocele, aggiungendo ai fattori eziopatogenetici classici nuovi fattori legati alla predisposizione genetica familiare.

1.4 CLINICA

Il paziente affetto da varicocele primitivo giunge all’attenzione del medico raramente per la sintomatologia legata alla malattia, infatti la sintomatologia nel soggetto affetto da questa patologia è generalmente poco significativa, spesso silente. Più frequentemente il paziente giunge all’osservazione medica per il riscontro di una tumefazione intrascrotale o per la percezione di un allungamento dell’emiscroto corrispondente, che appare occupato da una massa molle, variabile con la posizione. Il paziente toccandosi può avvertire la presenza al di sopra del testicolo di un tessuto che definisce “spugnoso” e non dolente.

Una minoranza di casi riferisce una modesta sintomatologia gravativa o tensiva a carico dell’emiscroto interessato specie in occasione di ortostatismo prolungato o di sforzi fisici, con qualche episodio di dolore transitorio e di modesta entità. Un certo numero di pazienti adulti arriva infine all’osservazione per l’inquadramento del partner maschile nell’ambito di una infertilità di coppia. Il più delle volte però la scoperta è casuale, legata a indagini di screening sulla popolazione o a controlli medici per alti motivi.

Il varicocele, anche nelle sue forme di minore entità, dovrebbe essere diagnosticato precocemente, quando è già presente ma non ha avuto ancora il tempo di determinare un danno riproduttivo. Per far questo è necessaria un’attenta osservazione e valutazione dei segni premonitori.

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La diagnosi è clinica e fondamentale è l’esame obiettivo dello scroto, tanto che, in una buona parte dei casi, l’esame obiettivo in corso di visita specialistica è sufficiente a porre la diagnosi.

L’esame clinico deve iniziare con la valutazione dello stadio puberale (standard di Tanner) per inquadrare il bambino o l’adolescente da un punto di vista di crescita e sviluppo, andando a valutare l’aspetto generale del paziente, la distribuzione pilifera, lo sviluppo dei genitali esterni, dei caratteri sessuali secondari e delle ghiandole mammarie (per rilevare eventuali altre cause di infertilità e /o alterazioni ormonali di interesse andrologico). L’esame obiettivo locale è rivolto al riscontro delle ectasie venose del plesso pampiniforme che caratterizzano il varicocele; questo deve essere condotto tanto in clinostatismo quanto in ortostatismo, sia in condizioni di riposo, sia invitando il paziente a compiere la manovra di Valsalva per valutare se si ha scomparsa del varicocele in clinostatismo ed aumento della dilatazione venosa durante Valsalva.

L’esame obiettivo in posizione eretta rivela una tumefazione di volume variabile, che si situa in posizione posterosuperiore rispetto al testicolo, allineata lungo il funicolo e che offre una sensazione tattile di “pacchetto di vermi”. Se la manovra di Valsalva induce aumento della tumefazione, conferma la presenza di reflusso venoso e rende evidenti anche minime dilatazioni venose difficilmente rilevabili in condizioni basali.

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Fig.2. Varicocele sinistro: vena ectasica del plesso pampiniforme, testicolo sinistro ridotto di volume rispetto al controlaterale.

Numerose sono le classificazioni cliniche del varicocele; la più utilizzata è quella di Hörner / Dublin e Amelar [10]:

• Varicocele subclinico: non palpabile e non visibile nemmeno con la manovra di Valsalva, ma dimostrabile con Eco Color Doppler;

• Varicocele di I grado: lieve, non visibile, ma con tumefazione presente solo durante la manovra di Valsalva;

• Varicocele di II grado: moderato, con tumefazione non visibile ma palpabile anche senza manovra di Valsalva;

• Varicocele di III grado: grave, voluminoso, palpabile e visibile.

L’esame è completato dall’esplorazione dei didimi, che si presentano spesso asimmetrici: in un numero variabile di soggetti affetti da varicocele sinistro si osserva una ipotrofia testicolare omolaterale (dal 25% fino al 93%) tanto più frequente e marcata quanto maggiore è il tempo per cui ha agito la noxa patogena [11, 12]. Il 70% degli adolescenti con varicocele presentano ipotrofia testicolare omolaterale al primo controllo clinico [13]. La riduzione del volume testicolare si spiega con l’ipotrofia degli elementi cellulari dei tubuli seminiferi e del diametro del

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tubuli stessi. Un importante reperto da valutare con molta attenzione è infatti la presenza di ipotrofia del testicolo omolaterale al varicocele (si definisce testicolo ipotrofico se la discrepanza volumetrica è >2 ml o >20% rispetto al controlaterale) che può presentarsi più piccolo e molle rispetto al controlaterale. Talvolta i testicoli sono bilateralmente ridotti di volume: è quindi importante valutare sempre i didimi con un orchidometro di riferimento per valutare se il volume testicolare è consono per l’età del paziente [14].

Fig.3. Valutazione volumetrica del testicolo con l’orchidometro di Prader

1.5 DIAGNOSI

Per completare l’iter diagnostico, dopo il controllo clinico, nell’adulto, si è soliti eseguire:

- Ecografia scrotale

- Eco-color Doppler scrotale - Spermiogramma

- Dosaggio ormonale

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Ecografia scrotale

È una metodica semplice, non invasiva, ripetibile che si effettua con sonde ad alta frequenza (7,5-10 MHz); è assolutamente indispensabile per un preciso inquadramento diagnostico. Permette di valutare il volume dei testicoli (misurando i diametri testicolari da cui si risale al volume) e le caratteristiche del parenchima, l’aspetto, la sede e le dimensioni delle vene scrotali.

Nel soggetto normale le strutture venose sono mal identificabili con gli ultrasuoni per il loro calibro sottile, al di sotto della capacità di risoluzione della metodica; nel varicocele conclamato il plesso pampiniforme, situato postero-superiormente al testicolo, si rende evidente a causa della sua dilatazione: il reperto ecografico è caratterizzato da immagini anecogene serpiginose che occupano la zona scrotale posteriore al didimo e si estendono lungo il funicolo spermatico.

In base al diverso pattern ecografico è possibile distinguere quattro gradi di varicocele:

• Varicocele subclinico: assenza di ectasia venosa a riposo. Durante la manovra di Valsalva compaiono ectasie venose in sede polare superiore che possono estendersi anche alla porzione caudale del testicoli;

• Varicocele di I grado: vasi venosi ectasici in condizione basale, il cui diametro non supera i 2-4 mm;

• Varicocele di II grado: assenza di ectasie venose in condizioni basali, comparsa di ectasie durante la manovra di Valsalva;

• Varicocele di III grado: ectasie venose evidenti in condizioni basali e che si incrementano con la manovra di Valsalva;

• Varicocele di IV grado: vistosa ectasia venosa che non subisce incrementi con la manovra di Valsalva.

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Lo stato di sofferenza o di danno parenchimale è di norma correlato ad una riduzione volumetrica del testicolo affetto rispetto al controlaterale e ad una diffusa ipoecogenicità del segnale parenchimale.

Fig.4. Ecografia: vene del plesso pampiniforme intorno al testicolo dilatate

Eco Color Doppler

L’eco-color Doppler rappresenta oggi l’esame strumentale principale nella valutazione del varicocele e soprattutto delle forme subcliniche di difficile individuazione e definizione. Con questo tipo di indagine, assolutamente non invasiva, è infatti possibile ottenere tutte le informazioni necessarie all’identificazione e tipizzazione del varicocele. È un esame di fondamentale importanza per valutare la presenza di reflusso venoso nelle varie condizioni (a paziente supino, in piedi, durante la manovra di Valsalva ecc.), la sua origine e la sua entità, permette infatti di valutare la direzione del flusso ematico ed anche i gradienti di velocità, cioè la determinazione quantitativa del flusso. L’esame va sempre eseguito bilateralmente. In condizioni normali si rileva un flusso venoso di modica entità, modificato lievemente dalla respirazione; con le manovre di compressione o di Valsalva si può evidenziare un lieve reflusso che, se di durata

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inferiore a 1 secondo, non ha significato patologico. Si parla di varicocele quando è presente un flusso retrogrado nel plesso pampiniforme spontaneo e/o durante la manovra di Valsalva.

Nel varicocele si riconoscono reperti caratteristici in rapporto ai quali si può classificare la malattia in cinque gradi. La classificazione ECD prevede [15]:

1. Reflusso all’emergenza scrotale solo dopo Valsalva, senza varicosità e stasi venosa;

2. Reflusso sopratesticolare solo dopo Valsalva, piccole varicosità;

3. Reflusso peritesticolare con la manovra di Valsalva, no reflusso basale, varicocele manifesto con varici cremasteriche iniziali;

4. Reflusso spontaneo basale, incremento in Valsalva, eventuale ipotrofia testicolare; varicocele manifesto, varicosità del plesso pampiniforme,

5. Reflusso spontaneo basale non incrementabile in Valsalva, testicolo ipotrofico, varicocele manifesto, varicosità del plesso pampiniforme.

Una classificazione sovrapponibile è stata proposta anche da Hirsch [16]:

- 1° Assenza di reflusso;

- 2° Presenza di minimo reflusso all’inizio della manovra di Valsalva;

- 3° Assenza di flusso venoso basale e reflusso sotto manovra di Valsalva; - 4° Presenza di reflusso spontaneo con accentuazione stabile sotto manovra

di Valsalva;

- 5° Presenza di reflusso spontaneo che si incrementa poco sotto manovra di

Valsalva.

I primi due gradi vengono considerati condizioni fisiologiche, gli altri tre sono condizioni di relativa maggiore gravità del fenomeno.

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L’eco-color Doppler è, inoltre, in grado di valutare il numero dei vasi venosi che nel tratto inguinale del funicolo alimentano le varicosità intrascrotali. Tale rilievo potrebbe avere una certa importanza nella programmazione dell’intervento, qualora si scelga l’approccio inguinale per la legatura.

Fig.5. Varicocele con vene dilatate (A) che non aumentano di diametro durante la manovra di Valsalva (B) (grado 4)

A B

Fig.6. Varicocele con piccole varici (A) che presentano reflusso solo durante la manovra di valsalva (B,C)

A B

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L’eco-color doppler è inoltre indispensabile nel follow up del paziente dopo la terapia allo scopo di valutarne il successo o l’eventuale persistenza di reflusso venoso e le modificazioni del volume e del trofismo testicolare.

Fig.7. Eco color Doppler pre e post intervento chirurgico

Se correttamente eseguita questa metodica offre una efficienza diagnostica sovrapponibile a quella della flebografia, risetto alla quale possiede il vantaggio della assoluta assenza di invasività.

Il gold standard per la diagnosi del varicocele sarebbe la flebografia con accesso trans femorale o trans brachiale, la quale è sicuramente una metodica diagnostica molto efficacie nel visualizzare l’anatomia, gli eventuali circoli collaterali e nell’identificare il reflusso spermatico, ma essendo una metodica complessa ed invasiva non è utilizzabile come indagine di primo livello; è indicata solo nei casi di varicocele recidivo o persistente.

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Fig.8. Flebografia

Spermiogramma

L’esame del liquido seminale ha un valore fondamentale nell’iter diagnostico del paziente adulto in quanto una delle indicazioni, forse la principale, all’intervento nell’adulto è il rilievo di alterazioni del pattern seminale, che indicano deficit della fertilità. Questo parametro non può invece essere utilizzato nell’infanzia e nell’adolescenza poiché l’esame del liquido seminale non può essere preso in considerazione nei soggetti di età inferiore ai 18 anni, a meno che non ci si trovi di fronte a una completa maturazione gonadica (volume testicolare maggiore di 12 ml bilateralmente) [17, 18].

La scarsa attendibilità dello spermiogramma nei pazienti al di sotto dei 18 anni ne esclude la sua esecuzione nell’iter diagnostico e rende l’ipotrofia testicolare l’unico criterio di orientamento terapeutico [19].

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Pertanto lo spermiogramma, nei pazienti pediatrici, è uno strumento che viene utilizzato generalmente alcuni anni dopo l’intervento (una volta raggiunta la maggiore età), per la valutazione della fertilità successivamente alla riparazione chirurgica del varicocele. Il follow up post operatorio del paziente operato di varicocele prevede infatti l’esame clinico, l’ecografia scrotale (per la valutazione del diametro testicolare), il Color Doppler (per valutare la presenza di reflusso venoso persistente) e lo spermiogramma effettuato alla maggiore età.

Dosaggio ormonale di LH–FSH–Testosterone

Il ricorso ad indagini endocrinologiche non viene da tutti considerato indispensabile nell’iter diagnostico del varicocele, ciò perché non sono sempre chiare le correlazioni tra il riscontro di un dosaggio ormonale alterato, le alterazioni della spermatogenesi e la possibilità di predirne la reversibilità dopo eventuale correzione del varicocele. A tale proposito deve essere ricordato che le Linee guida italiane pongono la diagnostica endocrinologia tra i mezzi di diagnostica opzionali [20].

Le alterazioni del quadro ormonale si rendono evidenti soprattutto quando vi sia un grado severo di oligospermia associato a ipo-atrofia testicolare; ciò si traduce in termini clinici in:

- elevati livelli ematici di FSH;

- elevati livelli ematici di LH, secondari alla riduzione del feedback steroideo

per diminuita sintesi del testosterone;

- ridotti livelli di testosterone.

La valutazione del FSH sembra avere valore predittivo di disfunzione testicolare (alterazioni della spermatogenesi) ma non di infertilità. Può essere utile

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l’esecuzione del test al GnRH, in tale test la risposta eccessiva dell’FSH ha un valore predittivo positivo sulla fertilità dopo correzione del varicocele.

Ad ogni modo la valutazione endocrinologica è però poco utile nei pazienti pediatrici per le variazioni fisiologiche dei livelli ormonali in età adolescenziale, pertanto il test di stimolazione al GnRH non può essere utilizzato negli adolescenti per determinare quali potrebbero beneficiare della terapia chirurgica [21].

1.6 VARICOCELE E FERTILITÀ

Questa patologia è generalmente considerata la causa più comune di infertilità maschile [22, 23]; il 40% degli uomini che si sottopongono a valutazioni per infertilità e l’80% di quelli con infertilità secondaria presentano varicocele [24, 25]. Da studi epidemiologici si evince come in popolazioni di uomini infertili la percentuale di prevalenza del varicocele sia circa il doppio rispetto alla popolazione maschile generale [5]. Inoltre la valutazione dei soggetti affetti da varicocele ha permesso di evidenziare, sia nelle forme cliniche che subcliniche, quadri di ipo-infertilità nel 35% dei casi, associati a gradi variabili di ipotrofia testicolare [26].

L’epidemiologia dimostra quindi che nei portatori di varicocele esistano disturbi della spermatogenesi che realizzano quadri di ipo-infertilità. Questi riscontri confermano la convinzione che il varicocele sia causa di infertilità maschile, anche se non tutti concordano sulla stretta connessione varicocele-infertilità, poiché soggetti affetti da questa patologia possono essere ugualmente fertili.

I meccanismi patogenetici, attraverso i quali il reflusso di sangue nella vena spermatica altera la spermatogenesi, non sono ancora stati completamente

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chiariti: probabilmente l’aumento della pressione venosa, la stasi, l’aumento della temperatura, un’alterata produzione androgenica testicolare, ed altri fattori attualmente sconosciuti, agiscono direttamente sul parenchima tissutale, danneggiandolo.

Le principali ipotesi patogenetiche proposte alla base delle alterazioni della spermatogenesi, e confermate anche da studi recenti [27] sono le seguenti: ipertermia, reflusso di cataboliti renali e/o surrenalici, alterazioni endocrine testicolari, ipossia e patogenesi immunitaria.

1. Ipertermia testicolare: il reflusso venoso comporta un diminuito raffreddamento del sangue dell’arteria spermatica, con conseguente ipertermia testicolare; la stasi venosa infatti altera il normale meccanismo di scambio di calore controcorrente esistente tra arteria testicolare e vena omonima, in virtù del gradiente termico addomino-scrotale. Il normale sviluppo ontogenetico dello scroto è infatti finalizzato alla cessione di calore: i didimi sono al di fuori dell’addome, contenuti nella borsa scrotale, nella quale vige una ridotta temperatura che viene trasmessa ai vasi venosi. Questi, decorrendo parallelamente all’arteria, che dall’addome trasporta sangue a temperatura più elevata, le sottraggono calore, cosicché il sangue arterioso giunto al didimo ha una temperatura ridotta rispetto a quella di partenza. La temperatura scrotale (in media 33,5 °C) sale in un paziente affetto da varicocele e sub fertile in media di 0,6-1,4 °C [28-31]. Numerosi studi hanno dimostrato una sicura relazione tra aumento della temperatura testicolare ed alterazioni di grado variabile degli spermatociti, l’aumento della temperatura scrotale determina infatti alterazioni delle cellule della linea germinale sia nella genesi che nella maturazione. Inoltre,

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il riscontro di aumentata temperatura scrotale (mediante misurazione con apparecchio dedicato) sembra identificare pazienti ad alto rischio di sviluppare ipotrofia testicolare progressiva dopo varicocelectomia [32]. Altro meccanismo patogenetico collegato all’ipertermia è rappresentato dalla attivazione della biosintesi delle prostaglandine, specie la PGE2 e PGF2alfa, anche loro responsabili delle alterazioni a carico dei tubuli seminiferi.

2. Ipossia da stasi venosa: la stasi venosa a causa del reflusso determinerebbe ipossia tissutale con variazioni del pH, della pCO2 e pO2 secondarie al ridotto metabolismo responsabili a loro volta di alterazioni morfofunzionali del testicolo.

3. Reflusso di cataboliti: Cohen nel 1975 ha ipotizzato che il reflusso nella vena spermatica interna portasse i cataboliti della vena surrenalica a livello testicolare per la particolare disposizione anatomica degli sbocchi venosi. La sostanza responsabile del danno funzionale sarebbe la noradrenalina che, provocando una vasocostrizione cronica delle arterie testicolari ed epididimarie, determina ridotta perfusione dell’organo e alterazioni trofiche dell’epitelio e dei tubuli seminiferi; altre sostanze incriminate sono serotonina (che ha capacità inibitoria sulla sintesi androgenica), renina e cortisolo. Gli studi non danno però ad oggi una costanza di reperti di sostanza potenzialmente dannose a livello della vena spermatica.

4. Alterazioni endocrine testicolari: è stata ipotizzata una disfunzione dell’asse ipotalamo-ipofisi-testicolo senza che siano state dimostrate variazioni

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significative dei livelli plasmatici di testosterone, FSH, LH e 17B-estradiolo tra individui normali e portatori di varicocele.

5. Patogenesi immunitaria: è una teoria affascinante ed ancora aperta a molti interrogativi. Bisogna innanzitutto precisare che lo spermatozoo, in tutte le sue varie fasi maturative, percorre una serie di tubuli e canali immunologicamente isolati rispetto all’organismo; questa peculiarità viene difesa da innumerevoli fattori, come ad esempio l’attività fagocitaria svolta dalle cellule del Sertoli, le quali sono in grado di neutralizzare frammenti di spermatozoo responsabili altrimenti di una stimolazione antigenica. Quindi una qualsiasi noxa che agisce a livello testicolare, con inversione del flusso venoso nel territorio didimo-epididimario, può alterare l’equilibrio anatomo funzionale esistente andando ad alterare la normale barriera ematotesticolare sia per danno diretto che per l’instaurarsi di condizioni edemigene, con conseguente esposizione antigenica alle cellule immunocompetente e successivo instaurarsi di una risposta immunitaria con relativa comparsa di anticorpi anti-spermatozoo. Quanto sopra esposto ci induce a considerare la presenza di anticorpi anti-spermatozoo non un fenomeno autoimmune ma una risposta verso antigeni estranei all’organismo dove riveste notevole importanza clinica la valutazione del titolo anticorpale. Tale ipotesi è in grado di spiegare la disfunzione della spermatogenesi in entrambi i testicoli pur trovandoci di fronte ad un varicocele monolaterale.

6. Annessite: la congestione venosa pelvica generalizzata con ectasia delle vene testicolari genera un danno ipossico che, da solo o in associazione a

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una sovrainfezione batterica, condurrebbe a notevoli modificazioni nemaspermiche.

Le varie patogenesi illustrate convergono verso un danno biologico del testicolo e dell’epididimo obiettivamente ed istologicamente dimostrato. Le alterazioni anatomopatologiche indotte dal varicocele interessano infatti contemporaneamente i vari distretti testicolari. A livello del testicolo si evidenziano alterazioni della lamina propria dei tubuli seminiferi [33] e della membrana basale le quali risultano spesso ispessite; queste alterazioni sono dimostrate essere presenti anche negli adolescenti [34] [35]. In particolare si riporta che la lamina propria mostra diversi gradi di ispessimento fino ad un valore massimo di 35 micron (spessore normale 10 micron) il che corrisponde ad un aumento della superficie ed una riduzione del diametro tubulare; la membrana basale invece si presenta con un profilo irregolare per lo spessore variabile ed è alterata in due delle sue principali componenti: la laminina ed il collagene di tipo IV. È stato ipotizzato che le modificazioni osservate nella morfologia e nella composizione della membrana basale peritubulare potrebbero rappresentare un meccanismo responsabile delle alterazioni della spermatogenesi caratteristiche del varicocele [36, 37]. Si hanno alterazioni morfostrutturali delle cellule del Sertoli, determinandosi quindi un deficit nutrizionale (deficit di fattori di crescita) con conseguente sofferenza dell’epitelio germinale responsabile di una incompleta maturazione e desquamazione di spermatociti e spermatidi. Questi fenomeni sono causa di oligozoospermia e di malformazioni soprattutto a carico del nucleo degli spermatozoi.

A livello dell’epididimo la sofferenza in corso di varicocele determina oltre ad alterazioni morfologiche (quali difetti di natura acrosomiale) una diminuita motilità.

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A livello delle vie genitali, a causa della stasi, sono facilitati i processi flogistici delle vie escretrici con conseguente comparsa nell’eiaculato di leucociti; la flogosi a sua volta può essere causa dell’aumento della quantità dell’eiaculato diluendo ancora di più gli spermatozoi stessi.

Le alterazioni istologiche testicolari, riscontrate anche in pazienti adolescenti peri-puberi [38] consistono prevalentemente in:

- Ialinizzazione della membrana basale e dei tubuli seminiferi, fibrosi

peritubulare [34];

- decremento della spermatogenesi (arresto o incompleta maturazione da

spermatidi a spermatociti): ipospermatogenesi con quadri di arresto maturativo e sfaldamento intratubulare di cellule germinali immature [39, 40];

- decremento del diametro dei tubuli seminiferi; - iperplasia delle cellule di Leydig [41];

- ipoplasia delle cellule del Sertoli;

- ispessimento della parete dei vasi sanguigni interstiziali (sclerosi dei

capillari)

Per quanto riguarda la morfologia spermatozoaria, inoltre, non è identificabile un pattern citologico specifico del varicocele, ma piuttosto un aumento generalizzato degli spermatozoi morfologicamente alterati [42].

Studi recenti [43] mostrano come nelle vene spermatiche di adolescenti affetti da varicocele si presente una sovrapproduzione di NO (dovuta ad una iperattivazione della NO sintetasi presente nelle cellule di Leydig) con conseguente aumento dei suoi metaboliti più reattivi e stress ossidativo a livello testicolare. Il monossido di azoto può agire a diversi livelli: causa vasodilatazione, provoca rilassamento dei miofibroblasti della parete dei tubuli seminiferi con conseguente inibizione

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dell’attività peristaltica tubulare, può inibire la sintesi di testosterone da parte delle cellule di Leydig ed inoltre sembra che i livelli eccessivi dei radicali liberi possano alterare la normale funzione fisiologica degli spermatozoi [44]. Un'altra anomalia riscontrata nei testicoli di adolescenti affetti da varicocele è la riduzione della AQP-9 a livello della membrana cellulare dei diversi gruppi cellulari presenti nei tubuli testicolari; questa acquaporina sembra avere un ruolo chiave nel trasporto del acqua e lattato dalle cellule del Sertoli alle cellule germinali, pertanto una sua ridotta espressione porterebbe alla privazione del lattato nelle cellule germinali con conseguente ipospermatogenesi [45].

Il motivo per cui è così alta l’incidenza dell’infertilità associata nel varicocele sembra essere che l’ectasia del plesso pampiniforme è associata ad alterazioni istologiche sia del testicolo omolaterale, che del testicolo controlaterale; le alterazioni istologiche testicolari infatti sono state riscontrate in entrambi i testicoli nei maschi adulti con un varicocele unilaterale [2]. Hiezen et al riportano inoltre che le alterazioni istologiche testicolari sono presenti fin dai dodici anni, con anomalie generalmente osservate bilateralmente [46].

Per evidenziare queste alterazioni sarebbero necessari studi istologici, non sempre possibili, perché la biopsia o la agoaspirazione testicolare non vengono eseguite routinariamente.

Dagli studi di McLeod [47] il quale afferma che oltre il 50% dei pazienti con varicocele sviluppa oligospermia a quelli di vari altri autori che ammettono una incidenza notevolmente minore (Faris e Coll. percentuale statisticamente non significativa, Russel solo il 7,4% di pazienti infertili) si può dedurre che il rapporto tra varicocele ed infertilità è ancora aperto, ma rappresenta sicuramente un importante fattore di sterilità della coppia.

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Lo studio di una casistica sempre più ampia di soggetti portatori di varicocele sia fertili che infertili ha permesso di dimostrare nuovi importanti aspetti di questa patologia:

- Non sempre il varicocele è responsabile della infertilità del soggetto

portatore;

- Il danno riproduttivo da varicocele è progressivo con l’età;

- Le ormai ben descritte alterazioni seminali nascondono in realtà molteplici

modificazioni della funzionalità spermatozoaria, alcune delle quali possono addirittura esprimersi con ridotta vitalità del prodotto del concepimento e pluriabortività [48].

Anche se molte delle ipotesi patogenetiche sopraindicate possono essere plausibili, il meccanismo eziopatogenetico della ipofertilità nel varicocele rimane poco chiaro soprattutto a causa delle scarse conoscenze sui più fini meccanismi di controllo della spermatogenesi. In base alle teorie sopraesposte possiamo comunque ipotizzare che il meccanismo sia multifattoriale, al quale contribuiscono probabilmente anche lo stile di vita e fattori genetici [49].

Rimane comunque sufficientemente dimostrato che esista una correlazione statisticamente significativa tra varicocele e riduzione della fertilità e questa considerazione non può far altro che spingerci ad una diagnosi quanto più precoce possibile ai fini di instaurare una terapia altrettanto precoce e per questo presumibilmente più efficace a prevenire e limitare tale danno.

Da una metanalisi molto recente si evince infatti che il trattamento precoce del varicocele risulta in un moderato miglioramento sia della densità degli spermatozoi che della loro motilità [50], inoltre Pajovic sostiene che dopo varicocelectomia migliorino anche parametri quali il ph, la vitalità degli spermatozoi e la quantità di forme anomale [51].

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Negli adolescenti il dibattito sul management dopo la diagnosi di varicocele è ancora aperto, in particolare riguardo la loro futura fertilità [52]: il grado del varicocele non sembra essere correlato alla potenziale infertilità e per questo non è adatto per la selezione dei candidati alla terapia [53].

Come già riportato precedentemente l’esame dello sperma viene fatto dopo i 18 anni, nel bambino dobbiamo quindi valutare altri parametri: il parametro fondamentale che ci orienterà nel sospetto clinico è il volume testicolare, se un bambino ha un varicocele con un testicolo ridotto di volume, con elevata probabilità quel testicolo avrà già alterazioni istologiche e quindi può essere utile pensare che ci possano essere conseguenze. Questa affermazione è supportata anche dai risultati dello studio di Lu del 2011 il quale afferma che la qualità del liquido seminale diminuisce all’aumentare della discrepanza del volume testicolare [54].

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CAPITOLO 2

ANATOMIA CHIRURGICA

2.1 IL FUNICOLO SPERMATICO

Il funicolo spermatico origina dal margine posterosuperiore del testicolo, percorre verso l’alto lo scroto, quindi, attraverso il canale inguinale e termina all’anello inguinale interno. È un organo a forma di cordone cilindroide costituito da un insieme di strutture, ha consistenza molle (ad eccezione del dotto deferente) ed ha una lunghezza variabile fino a 14cm [55].

È formato esternamente da una serie di membrane: • la fascia spermatica esterna;

• la fascia cremasterica e il muscolo cremastere; • la fascia spermatica interna;

Il contenuto del funicolo è rappresentato da: • dotto deferente;

• vasi linfatici;

• ramo genitale del nervo genito-femorale;

• arterie testicolari (spermatiche) rami dell’aorta addominale; • arterie deferenziali rami della arteria ipogastrica;

• arterie cremasteriche rami della epigastrica inferiore; • vene del gruppo anteriore e del gruppo venoso posteriore

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Fig.9. Compartimento esterno ed interno del funicolo spermatico [55].

Comparti anatomici del funicolo spermatico

I comparti anatomici del funicolo spermatico sono delimitati dalla fascia spermatica esterna (che deriva dalla fascia del muscolo obliquo esterno) e dalla fascia spermatica interna (che deriva dalla fascia trasversale) [56].

Compartimento interno

Il compartimento interno contiene i vasi spermatici interni (arteria e vena spermatica interna o testicolare) accompagnati da linfatici e nervi e il dotto deferente. In questo compartimento, i vasi spermatici interni sono localizzati anteriormente al dotto deferente. I vasi spermatici interni sono circondati da una sottile fascia la quale è una continuazione dello strato membranoso della fascia extraperitoneale che giunge dall’alto attraverso l’anello inguinale interno [57].

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Questa fascia circonda i vasi spermatici interni e continua posteriormente, formando un peduncolo che si attacca alla fascia spermatica interna.

Il dotto deferente allo stesso modo è circondato da uno strato membranoso, che è anch’esso attaccato posteriormente alla fascia spermatica interna con un peduncolo più corto, cosi che il dotto appare adeso direttamente alla fascia spermatica interna [55].

Compartimento esterno

Il compartimento esterno è delimitato dalla fascia spermatica interna e dalla fascia spermatica esterna. Questo contiene il muscolo cremasterico, l’arteria e le vene cremasteriche (o spermatiche esterne), che derivano/sboccano rispettivamente nei vasi epigastrici inferiori. Il ramo genitale del nervo genito-femorale si trova in questo compartimento e innerva il muscolo cremasterico. L’arteria cremasterica è seguita dai linfatici che derivano dall’epididimo e dalla parete del funicolo spermatico.

2.2 SISTEMA VASCOLARE DI TESTICOLO, EPIDIDIMO E DOTTO DEFERENTE

La conoscenza dell’anatomia chirurgica del sistema vascolare del testicolo è indispensabile per un corretto inquadramento eziopatogenetico e terapeutico del varicocele.

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Sistema arterioso e linfatico

Arterie profonde: il supporto sanguigno di testicolo, epididimo e dotto deferente è assicurato dalle seguenti arterie:

- Arteria spermatica interna (arteria gonadica o arteria testicolare) che origina

direttamente dall’aorta addominale. L’epididimo è supportato da una ramo dell’arteria testicolare, che si diparte dal terzo superiore del testicolo e decorre sul piano di congiunzione dell’epididimo sulla superficie posteriore del testicolo.

- Arteria deferenziale (arteria del dotto deferente), che emerge dall’arteria

vescicale superiore o inferiore, un ramo dell’arteria iliaca interna

- Arteria cremasterica (o arteria spermatica esterna) che origina dall’arteria

epigastrica inferiore.

Arterie superficiali: le arterie scrotali possono essere divise in arterie scrotali anteriori, che originano dall’arteria pudenda esterna (ramo dell’arteria femorale) e in arterie scrotali posteriori, che originano dall’arteria pudenda interna (ramo dell’arteria iliaca interna). Includiamo queste arterie superficiali nel circolo del testicolo poiché esse contribuiscono alla rete arteriosa mediante anastomosi con le arterie profonde [55].

Ci sono anastomosi sia tra arterie profonde che tra arterie profonde e arterie scrotali.

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Fig.10. Arterie di testicolo, epididimo e dotto deferente [55].

Vasi linfatici

I linfatici dal testicolo ascendono e si anastomizzano lungo l’arteria e la vena spermatica interna. Nel funicolo spermatico i linfatici sono generalmente localizzati più superficialmente rispetto ai vasi sanguigni [58]. Sul lato destro essi terminano nei linfonodi laterocavali e precavali; sul lato sinistro nei linfonodi lateroaortici, preaortici e intracavali.

È di fondamentale importanza la preservazione dei vasi linfatici per evitare l’insorgenza di idrocele post-chirurgico.

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Sistema Venoso - Anatomia chirurgica delle vene funicolari ed extrafunicolari del testicolo come presupposto eziopatogenetico al trattamento chirurgico del varicocele

E’ di fondamentale importanza che il chirurgo abbia una conoscenza chiara e semplificata dell’anatomia delle vene del testicolo.

Come regola generale, le vene seguono le arterie. Pertanto, vista la descrizione precedente delle arterie, ci saranno tre vie venose profonde, lungo l’arteria spermatica interna, lungo l’arteria del dotto deferente e lungo l’arteria cremasterica, e una via di ritorno venoso superficiale rappresentata dalle vene scrotali.

Due sono quindi i circoli venosi facenti capo al testicolo, uno profondo ed uno superficiale, anastomizzati tra loro. Il circolo profondo è costituito dai plessi testicolare, cremasterico e deferenziale i quali vanno a costituire il cosiddetto plesso pampiniforme. Il plesso pampiniforme è suddiviso dal setto trasverso, originato della fascia spermatica interna, in due porzioni: una anteriore ed una posteriore, largamente anastomizzate tra di loro sia all’origine che lungo il decorso [2, 55]. Il plesso pampiniforme anteriore (costituito quindi dalle vene del gruppo anteriore) drena il testicolo e la testa dell’epididimo, è costituito da vene a stretto contatto con l’arteria testicolare che confluiscono progressivamente in un unico tronco venoso; una volta superato l’anello inguinale interno da origine alla principale via di drenaggio del testicolo, ovvero la vena spermatica interna. Il plesso pampiniforme posteriore, di minori dimensioni rispetto a quello anteriore, drena testicolo, corpo e coda dell’epididimo; questo è costituito dalle cosiddette vene del gruppo posteriore rappresentate dalle vene deferenziali e dalle vene cremasteriche. Il plesso posteriore da quindi origine alla vena deferenziale, che

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decorre all’interno del funicolo dietro al dotto deferente, ed alla vena cremasterica (o spermatica esterna), la quale decorre invece in sede extrafunicolare [59-63]. Il gruppo venoso anteriore è il più cospicuo, rappresentato da 2-6 grosse vene, plessiformi, flessuose indicate come vene testicolari propriamente dette. Esse sono anastomizzate tra loro; le anastomosi determinano una sorta di rete a maglie allungate e ristrette che confluisce nella vena spermatica interna.

Il gruppo venoso posteriore, satellite del dotto deferente, è costituito da vene di calibro minore e meno numerose, che si liberano nella vena iliaca interna e nella vena epigastrica inferiore.

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Fig.12. Circolo venoso profondo del testicolo [2].

1. Vene centrali del testicolo, 2. Gruppo anteriore del plesso pampiniforme, 3. Deferente, 4. Gruppo posteriore del plesso pampiniforme, 5. Vena spermatica esterna, 6. Vena deferenziale.

Vene profonde

Le vene profonde sono:

• vene spermatiche interne o vene testicolari, • vene deferenziali,

• vene cremasteriche o spermatiche esterne o “extrafunicolari”.

Vene spermatiche interne

Le vene spermatiche interne drenano il sangue dal testicolo e dalla testa dell’epididimo. Prendono origine dalle vene del gruppo anteriore; tale plesso venoso è satellite dell’arteria testicolare ed ha una posizione anteriore, pre-deferenziale, nel cordone spermatico. Recenti lavori anatomici hanno verificato la presenza di due plessi [64] alla sommità ed al terzo medio dei testicolo; è importante sapere che il plesso testicolare e quello dell’epididimo sono

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anastomizzati attraverso la vena marginale del testicolo e la vena marginale dell’epididimo. In aggiunta, ci sono altre anastomosi orizzontali tra i vari rami del plesso verticale della vena spermatica interna, a 2-4 cm dal polo superiore dell’epididimo. C’è inoltre accordo sulla presenza di un totale di circa 10/12 vene localizzate intorno al testicolo e all’epididimo. A livello dell’anello inguinale interno le vene del plesso anteriore si riducono a 3-4 tronchi, successivamente il numero si riduce a due vene che decorrono anteriormente e posteriormente rispetto all’arteria testicolare, fino ad andare a confluire, nella regione lombare, in un vaso unico (vena spermatica interna) che decorre nello spazio retroperitoneale posizionata lateralmente rispetto all’arteria in circa l’80% della popolazione [56, 65].

A sinistra la vena spermatica decorre dapprima dietro il tratto distale del colon discendente quindi, giunta a livello del polo inferiore del rene, si distacca dall’arteria e termina ad angolo retto nella vena renale sinistra, nella maggior parte dei casi senza valvole ostiali. A destra la vena decorre dietro l’ileo e la parte orizzontale del duodeno; termina quindi ad angolo acuto nella vena cava inferiore, fornita a questo livello di valvole ostiali.

La vena spermatica interna presenta nel suo decorso una serie di anastomosi con altri territori venosi, quali il circolo capsulare del rene, il sistema venoso lombare ascendente, la vena gonadica controlaterale e la vena cava, ma anche con vene superficiali, quali la vena dorsale del pene.

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Fig. 13. Anastomosi superficiali della vena spermatica interna [2].

Vene del dotto deferente o deferenziali

Queste sono piccole vene che decorrono aderenti al dotto deferente; decorrono all’interno del funicolo spermatico dietro al deferente e terminano nel plesso venoso prostatico e vescicale il quale sbocca nella vena iliaca interna o ipogastrica. Le vene deferenti sono solitamente singole, qualche volta doppie e molto raramente triple; prendono origine dalle vene del gruppo posteriore che raccolgono il sangue dal corpo e dalla coda dell’epididimo e confluiscono a livello dell’anello inguinale interno nella vena deferenziale.

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Fig.14. Drenaggio ed anastomosi delle vene del gruppo posteriore [2].

Vene cremasteriche

Il plesso cremasterico comprende vene che originano dal polo caudale del testicolo e formano un vaso unico, la vena cremasterica (o spermatica esterna) [56]. Questa sbocca in una delle due branche della vena epigastrica inferiore. Un ramo della vena cremasterica si anastomizza con una delle vene superficiali scrotali anteriori andando così a formare la vena pudenda esterna, che sbocca nella vena safena. La vena cremasterica decorre in sede extrafunicolare, completamente fuori dal funicolo a livello del muscolo cremastere.

Tutti e tre i sistemi venosi menzionati convergono al polo caudale del testicolo dove troviamo il “carrefour venoso”.

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Vene gubernacolari

Le vene gubernacolari sono in realtà vene anastomotiche tra le vene profonde (deferenziale, cremasterica e spermatica interna) e le vene superficiali (scrotali) [55]. Queste hanno origine dal “carrefour venoso” (il punto di unione dei tre sistemi venosi profondi) del polo caudale del testicolo e si uniscono alle vene scrotali posteriori. Le vene gubernacolari offrono una via di anastomosi tra le vene del sistema venoso profondo del testicolo e le vene del sistema superficiale.

Fig.15. Vene gubernacolari e siti di sezione del sistema venoso durante varicocelectomia subinguinale microchirurgica senza delivery del testicolo [55]

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Vene superficiali: vene scrotali

Le vene scrotali anteriori sboccano nella vena pudenda esterna e quindi nella vena grande safena; le vene scrotali posteriori sboccano nella vena pudenda interna; le vene scrotali anteriori e posteriori sono anastomizzate tra loro.

Di grande importanza è l’anastomosi menzionata precedentemente tra un vaso delle vene scrotali anteriori e un ramo della vena cremasterica che va a formare la vena pudenda esterna; attraverso le vene gubernacolari inoltre la rete profonda comunica con le vene scrotali posteriori, quindi il sistema venoso profondo ha la possibilità di essere rifornito grazie al ritorno venoso sia attraverso la vena pudenda esterna (vene scrotali anteriori) che attraverso la vena pudenda interna (vene scrotali posteriori).

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CAPITOLO 3 TRATTAMENTO

3.1 CONSIDERAZIONI

È tuttora accesa la discussione sulla necessità e sulla tempistica dell’intervento di correzione del varicocele in età adolescenziale. Le ragioni per un intervento precoce sono di natura istopatologica, poiché, come hanno dimostrato diversi studi, i danni anatomo-patologici determinati dal varicocele influiscono pesantemente sulla futura fertilità di questi pazienti. Fare diagnosi precoce è importante poiché consente di fare prevenzione dei danni parenchimali tubulari. Il riscontro precoce di un varicocele non deve però avere come inevitabile conseguenza la correzione. È evidente che una diagnosi precoce e un tempestivo trattamento ridurranno la possibilità che si sviluppi una infertilità in età adulta, ma è altrettanto evidente che molti soggetti con varicocele non corretto in età pediatrica, avranno una normale vita riproduttiva. Il criterio più prudenziale è quello di attenersi al concetto che le alterazioni istologiche da varicocele riscontrate in età adolescenziale sono meno gravi (e per lo più reversibili) di quelle riscontrabili nell’adulto.

Non avendo a disposizione esami del liquido seminale in questa fascia di età, la vera indicazione riconosciuta come discriminante per la terapia, è quella della ipotrofia testicolare omolaterale al varicocele. Ciò è tanto più vero in considerazione del fatto che è stato dimostrato un recupero volumetrico del testicolo sottoposto alla correzione del reflusso spermatico nell’80% dei casi [66]. Nell’adolescente e nel bambino quindi, oltre al dolore testicolare persistente [52, 67], la correzione del varicocele è indicata in presenza di varicocele mono o

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bilaterale associato ad ipotrofia testicolare con riduzione del volume testicolare almeno del 20% (almeno 2 ml) rispetto al controlaterale dopo un anno di follow-up con eco color doppler [68-72]. La sorveglianza clinica e strumentale del volume testicolare, per almeno un anno, è necessaria perché ci potrebbe essere una crescita volumetrica spontanea senza alcun tipo di trattamento [73]. Bisogna pertanto astenersi da ogni trattamento in bambini e adolescenti con varicocele monolaterale asintomatico con testicoli simmetrici (senza ipotrofia testicolare). Per la correzione del varicocele abbiamo a disposizione numerose opzioni terapeutiche, sia chirurgiche che non; il principio che le accomuna è quello di chiudere il circolo venoso patologico permettendo in una fase successiva lo sviluppo di circoli collaterali. Il trattamento del varicocele ha come scopo principale quello di migliorare la spermatogenesi e di prevenire un suo deterioramento futuro. La varicocelectomia negli adolescenti è ancora senza un metodo gold standard [74]. Può essere eseguita con un chirurgia open convenzionale o microchirurgica, compiuta mediante un approccio retroperitoneale, inguinale, sub inguinale o trans-scrotale; altrimenti può essere effettuata con chirurgia laparoscopica o robotica [75, 76, 88, 102, 110].

La varicocelectomia sub inguinale microchirurgica decritta da Lemack [77] è la tecnica open più utilizzata nei bambini e negli adolescenti [88]: questa permette di identificare le vene dilatate e di preservare le arteriole e i vasi linfatici, riducendo il rischio di complicazioni quali atrofia del testicolo, idrocele e persistenza o ricorrenza di varicocele [78, 79].

Alcuni autori [52, 80, 81-83, 109] suggeriscono di includere nella varicocelectomia la manovra di “delivery” del testicolo per ottenere un miglior accesso a tutte le possibili vie di drenaggio venoso testicolare, incluse le vene gubernacolari. Dall’altra parte, altri autori [55, 84] supportano un approccio chirurgico senza

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delivery del testicolo e senza legatura delle vene gubernacolari. Inoltre, Will et al. [85] riportano che la scelta sull’eseguire o non eseguire la manovra di delivery deve essere riservata al chirurgo. Tuttavia, secondo la nostra conoscenza, l’unico studio che ha comparato la varicocelectomia con e senza delivery del testicolo è stato scritto da Ramasmary [86]: questo non riportava nessuna differenza significativa nella frequenza di ricorrenza, nella qualità del liquido spermatico e nel tasso di infertilità. Ciononostante, è importante specificare che questo studio esaminava pazienti adulti senza caratteristiche omogeneità in età e volume testicolare.

3.2 CENNI STORICI

Solo molti secoli dopo la descrizione del varicocele (Celsio I° sec. D.C.) fu tentato un approccio terapeutico a tale affezione; consistente, inizialmente, solo in metodi di sospensione esterna dello scroto (Wormald, Nelaton, Cooper 1828). In un periodo successivo si fece strada l’interruzione chirurgica delle vene ectasiche quale metodo più appropriato da utilizzare (Brechet, Picque), associandovi, occasionalmente la resezione parziale dello scroto (Marion) e l’orchidopessi secondo Carta; metodiche, comunque, che correggevano gli effetti locali del varicocele e pertanto sostituite dal altre che tentano di eliminare il meccanismo patogenetico.

Fu Ivanissevich che nel 1918 propose, assieme a Gregorini, un trattamento patogenetico del varicocele: tale tecnica prevedeva l’interruzione della vena spermatica interna lateralmente ai vasi epigastrici, all’interno del canale inguinale [87].

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Nel 1949 Palomo propose, per primo, la legatura della vena spermatica interna e dell’arteria omonima, nello spazio retroperitoneale, al di fuori del canale inguinale [88]. Questa tecnica era gravata da una alta percentuale di atrofie testicolari correlate all’interruzione dell’arteria.

Nel 1960 lo stesso Ivanissevich propose la legatura della vena spermatica interna, nello spazio retroperitoneale, a livello della spina iliaca antero-superiore, conservando l’integrità dell’arteria [89].

Successivamente, la profonda mutazione dell’inquadramento eziopatogenetico del varicocele avvenuta negli anni, ha indotto un importante cambiamento nell’impostazione della terapia chirurgica. Infatti, alla luce dei risultati delle indagini flebografiche, gli interventi di sola legatura della vena spermatica interna sembrarono essere superati. La semplice interruzione della incompetente via di deflusso del testicolo proposta da Ivanissevich, oltre a presentare una notevole percentuale di insuccesso locale (persistenza o incremento della varicosità, idrocele, atrofia testicolare), non induceva spesso un miglioramento significativo delle caratteristiche del liquido seminale. Da questa considerazione nacque il concetto che l’approccio terapeutico non potesse limitarsi alla semplice legatura della vena spermatica, ma dovesse garantire una efficace via di deflusso venoso, mediante una anastomosi microvascolare, per una ripresa trofica della gonade e qualitativa del liquido seminale. Vennero quindi ideate una serie di tecniche di correzione chirurgica che prevedevano la confezione di anastomosi venose, le cosiddette tecniche derivative microchirugiche.

Il primo autore a proporre l’utilizzo della microchirurgia per la terapia del varicocele fu Ishigami nel 1970 [90], successivamente anche Fox e Belgrano dettero il loro contributo a questo tipo di approccio.

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La tecnica di Ishigami prevedeva di associare alla legatura della vena spermatica interna una derivazione microchirurgica che garantisse uno scarico del sangue refluo, ottenuto mediante una anastomosi tra la vena spermatica interna e la vena safena. Questo primo intervento microchirurgico rappresentò una grande novità ma presentava alcuni importanti elementi negativi quali la necessità di eseguire due grosse incisioni (uno a livello inguinale e uno sulla coscia) e l’elevata incidenza di trombosi sul tratto di safena utilizzato per l’anastomosi.

Merito di Fox [92] è stato quello di modificare la tecnica dell’autore giapponese e renderla più sicura per quanto riguardava la trombosi post-operatoria, andando a confezionare anastomosi multiple tra le vene del plesso pampiniforme (prima della loro confluenza nel funicolo) e la vena safena (anastomosi spermatico-safena), evitando la legatura della vena spermatica interna.

L’intervento che presentava le novità più significative sia dal punto di vista dell’approccio terapeutico (in funzione del tipo eziopatogenetico di varicocele) sia dal punto di vista della praticità chirurgica era quello proposto da Belgrano nel 1984 [92]. Questo prevedeva un approccio inguinale e la confezione di una anastomosi tra vena spermatica e vena epigastrica (anastomosi spermatico-epigastrica distale) permettendo di scaricare il sangue refluo del testicolo in un altro distretto ed impedendo in tal modo il reflusso dalla vena renale. Questa tecnica è stata molto utilizzata negli anni ’90 ed ha permesso negli di risolvere in molti casi la patologia nei suoi primi stadi anche nei giovani adolescenti [93, 94,95].

Successivamente, tali metodica, che prevedevano la derivazione venosa microchirurgica, hanno perso molto credito per la complessità e l’assenza di vantaggi rispetto alle metodiche tradizionali. La tecnica di confezionamento

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microchirurgico di una anastomosi venosa spermatico-epigastrica viene tutt’oggi però utilizzata in casi di varicocele associato a sindrome di nutcracker [96, 97].

3.3 TECNICHE CHIRURGICHE E RADIOLOGICHE

Il trattamento del varicocele può essere eseguito mediante tecniche chirurgiche (open o laparoscopiche-retroperitoneoscopiche), o tecniche radiologiche percutanee (quali la scleroembolizzazione retrograda e la sclerotizzazione anterograda secondo Tauber) [2].

Le opzioni terapeutiche sono modulate in rapporto a mono-bilateralità e primitività o recidiva del varicocele. L’intervento va condotto preferenzialmente entro i 25 anni di età, poiché entro tale periodo è accertata la più alta percentuale di miglioramento del liquido seminale.

L’attuale approccio chirurgico non può limitarsi alla semplice legatura della vena spermatica interna (che interrompe solamente il reflusso reno-spermatico), ma deve mirare a correggere tutti i tipi eziopatogenetici ( I, II, III di Coolsaet).

Tecnicamente la varicocelectomia inguinale o sub–inguinale open (che oggi rappresenta la metodica più utilizzata nella correzione del varicocele monolaterale), è caratterizzata da una legatura selettiva delle vene ectasiche intra ed extra funicolari con conservazione dei vasi arteriosi e linfatici (Lymphatic sparing microscopic varicocelectomy).

In particolare, l’accesso inguinale si propone come la via più corretta e razionale nel trattamento chirurgico del varicocele. L’isolamento del funicolo spermatico a livello del canale inguinale permette di legare e sezionare in modo selettivo non solo le vene spermatiche ma anche di valutare ed eventualmente legare sia le vene deferenziali che cremasteriche. In tal modo è possibile correggere il

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varicocele che consegue al reflusso reno-spermatico e/o al reflusso iliaco-spermatico, pur mantenendo un normale deflusso venoso del testicolo, necessario per una buona spermatogenesi.

Questa tecnica permette di controllare visivamente il sistema venoso funicolare e di correggere tutti i tipi eziopatogenetici di varicocele (eseguendo una legatura selettiva intra e/o extrafunicolare delle vene ectasiche), con conseguente minore incidenza di recidive [98].

Tecniche chirurgiche

Le tecniche chirurgiche includono:

a) Tecniche mediante approccio addominali o sopra-inguinale b) Tecniche mediante approccio inguinale

c) Tecniche mediante approccio sub-inguinale d) Tecniche mediante approccio trans-scrotale

a) Tecniche mediante approccio addominale o sopra-inguinale (open e laparoscopiche)

Sono tecniche che prevedono la legatura della vena spermatica a livello addominale, possono essere chirurgiche open o laparoscopiche.

I procedimenti chirurgici tradizionali più comunemente usati sono quelli descritti da Ivanissevich e da Palomo che prevedono l’aggressione delle vene spermatiche nel retroperitoneo dopo la loro fuoriuscita dall’anello inguinale interno. A questo livello sono presenti uno o due grossi rami venosi ed è più facile riconoscere e risparmiare l’arteria.

Riferimenti

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