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Tecniche di lavorazione “

Con il termine ‘ceramica’ si intende l’arte di dare forma agli oggetti, usando materiali terrosi, contenenti silice, realizzati per cottura, con la somministrazione di calore dai 700° in su.

Il materiale terroso più diffuso è l’argilla (chimicamente Al2O3, allumina, 2SiO2, silice, 6H2O), a grana fine, formato dalla decomposizione di rocce lignee. Se all’argilla viene aggiunta dell’acqua, diventa sufficientemente plastica, da poter essere modellata.

Foto 32: Ceramista al tornio.

Quando si secca diventa resistente e, cotta al calor rosso (700°) o a temperatura superiore, diventa sempre più compatta e simile ad una pietra. Le argille comunemente si classificano in comuni, primarie (caolino), secondarie, ballclay. L’argilla comune può trovarsi in superficie, cuoce a bassa temperatura ed è in genere colorata. Le argille primarie sono quelle che non si sono spostate dal luogo in cui si sono formate geologicamente, come il caolino. Le argille secondarie sono quelle che hanno subito uno spostamento dal luogo di formazione ad opera di agenti fisici o chimici. La ballclay è un’argilla altamente plastica che diventa bianchissima in cottura; lavorabile, di grana fine, viene usata negli impasti di terraglia bianca e porcellana, negli ingobbi e negli smalti.

Per ridurre l’argilla allo stato plastico ed estruderla nella forma voluta venivano usati i mulini impastatori o trafile, macchine orizzontali a lame, alimentate dall’acqua delle rogge.

126 Il pezzo finito, ancora crudo, a durezza cuoio o a secchezza-osso, prende il nome di creta verde; sta diritto, ma è abbastanza morbido da poter essere modificato. In questa fase si assisterà ad una contrazione del pezzo, causata dalla perdita d’acqua chimica e fisica, che continuerà ancora durante la cottura.

Si chiama chamotte quell’argilla cotta, frantumata o pestata che viene usata per ridurre il ritiro dell’impasto, per conferirgli texture e maggiore resistenza agli sbalzi di temperatura sia durante la cottura che durante l’essiccazione. Serve anche per far star dritti i pezzi di grandi dimensioni. In quantità superiori al 30% rende il pezzo troppo poroso e ne riduce la resistenza al fuoco.

La cottura può essere a fiamma diretta (se le fiamme passano attraverso i pezzi esposti), entro fossa (se è realizzata in una buca scavata per terra), o a forno (fornace per cuocere l’argilla o per fondere gli smalti; può raggiungere i 1370°, può essere elettrico o alimentato a carbone o con materiale organico). Il forno può essere a fiamma diritta (il calore arriva da basso), a fiamma incrociata (se l’aria circola orizzontalmente), a fiamma rovesciata (se il calore è forzato verso il basso), coreano (alimentato a legna,), di mattoni a secco (costruito con mattoni non cementati fra loro), solare (in cui si fanno convergere i raggi del sole su una superfice di argilla con l’ausilio di specchi).

Quando lo smalto si applica direttamente sul pezzo a durezza-cuoio o essiccato per poi cuocerlo fino a fonderlo, evitando la biscottatura, si parla di monocottura.20

Biscotto: pezzo d’argilla cotto ma non smaltato; il termine si usa per la maiolica cotta

a 900-950°.

Terraglia: Ogni impasto argilloso che dopo la cottura presenta un corpo permeabile

o poroso; per definizione la terraglia presenta il 10-15% di assorbimento. L’impasto da terraglia contenente ferro, privo di rivestimento che, dopo la cottura a bassa temperatura assume una colorazione rossa, prende il nome di terracotta.

Gres: Argilla dura, compatta e duratura, cotta a 1175° o più; il suo assorbimento è

compreso tra lo 0 e il 5%. Il gres nero, non smaltato, prende il nome di basalto.

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Maiolica: applicazione decorativa di ossidi e coloranti su uno smalto stannifero

crudo col quale fondono durante la cottura. Il termine deriva dall’isola di Maiorca. Il termine viene anche impiegato per indicare un certo tipo di bianco ed anche per indicare certe ceramiche smaltate di bianco prive di decorazione.

Porcellana: Impasto argilloso che raggiunge non più dell’1% di assorbimento (la

quantità d’acqua che rimane nei pori di un pezzo cotto, la cui percentuale ne indica la durezza, determinando la classificazione in terraglia, gres, porcellana), in genere traslucido; le industrie la cuociono ad alta temperatura fin a vetrificarla per poi cuocerne il rivestimento a temperatura inferiore. I ceramisti cuociono insieme corpo e smalto ad alta temperatura, secondo la tradizione orientale, o realizzano porcellane a bassa temperatura, secondo il metodo europeo. La porcellana a pasta dura (vera porcellana) ha un impasto composto da caolino, digrassante e fondente, che, cotto fino a diventare compatto, è bianco, vetroso e traslucido. Nella porcellana dura si cuociono insieme impasto e smalto alla temperatura massima; quella a pasta tenera viene biscottata ad alta temperatura, smaltata e ricotta a temperatura inferiore.

Si chiama paria la porcellana non rivestita, di aspetto simile al marmo. E’ traslucida, ricca di fondente e molto plastica.

Particolare è la porcellana Belleek, che prende il nome dalla città irlandese dove viene prodotta. E’ sottile e traslucida, caratterizzata da un impasto frittato (miscela fusa, raffreddata velocemente in acqua fredda e pestata finemente per rendere insolubili e non tossici gli ingredienti dello smalto come la soda e il piombo), cotta a bassa temperatura fino a raggiungere il grado 0 di assorbimento, ricoperta da uno smalto tenero.

La porcellana molto traslucida a base di cenere d’ossa, prende il nome di Bone China.

Smalto: Rivestimento vetroso prodotto dalla fusione ad opera di agenti chimici o

termici su una superficie di argilla o di metallo; tecnicamente è un rivestimento impermeabile a base di silice formato dalla fusione di materiali inorganici. Lo smalto ha una composizione simile a quella del vetro, ma contiene in più un legante.

128 Fornisce colore e decorazione, impedisce l’assorbimento di liquidi o acidi, e presenta una superficie opaca o lucida, facilmente pulibile.

In passato veniva praticata la smaltatura per salatura; il sale veniva gettato nel forno al momento della maturazione dell’argilla (quando il forno raggiungeva la temperatura adatta a sviluppare nel pezzo le caratteristiche volute) e provocava la formazione di una superficie a buccia d’arancia.

Si definisce smalto da maiolica lo smalto opaco a grosso spessore, in genere bianco e a base di stagno che fornisce una base adatta alla decorazione policroma, usato tradizionalmente in Italia e in Spagna.

Lo smalto ottenuto dal rame in riduzione (il contrario dell’ossidazione, cottura in riduzione di ossigeno nella quale la combustione del carburante impiegato è incompleta) prende un colore definito rosso-sangue-di-bue (in ossidazione diventa verde), il ferro diventa verde acqua (i francesi lo chiamano cèladon; in ossidazione diventa bruno o color ambra). Prende il nome di flambè lo smalto a base di rame in riduzione che presenta toni screziati che vanno dal rosso al blu.

Si chiama stannifero lo smalto a base di ossido di stagno.

Sui pezzi già smaltati e cotti è possibile un’applicazione a pennello di colori ceramici (pittura a terzo fuoco) che verranno poi ricotti a bassa temperatura (soprasmalto). Se la decorazione è costituita da pigmenti ceramici trasferibili sul pezzo smaltato o sul biscotto da una superficie cartacea apposita, allora parleremo di decalco.

Craquelè e cavilli: Il craquelè è un effetto decorativo caratterizzato da sottili fessure

che si formano sulla superficie dello smalto, a causa del differente coefficiente di dilatazione di impasto e rivestimento. Il cavillo, a differenza del craquelè, è prodotto intenzionalmente a scopo decorativo; è una fessurazione artificiale dello smalto prodotta per errore e considerata un difetto del rivestimento. La compressione nel raffreddamento o la presenza del cuore nero causato da eccessiva riduzione possono provocare rotture dello smalto, che prendono il nome di scagliature.21

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