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IL TEMA DELLA PARTECIPAZIONE, PROBLEMI DI DEFINIZIONE E CLASSIFICAZIONE

1 . Il termine partecipazione è per sua natura generico; esso è stato utilizzato dalla letteratura e nelle esperienze concrete in modo e con significa-ti assai diversi tra l o r o . Inoltre, può essere impiegato in più campi della vita sociale; dalla partecipazione politico-elettorale, a quella delle istituzioni sociali e r e l i g i o s e , come la famiglia, i piccoli g r u p p i , le p a r r o c c h i e , fino alle grandi istituzioni che regolano e governano la società. Si cercherà in questo caso di circoscri-verne il significato e le sue modalità di utilizzo alle esperienze dell'impresa i n d u s t r i a l e . Tuttavia, anche se si circoscrive il termine alla sola attività industriale, al funzionamento delle grandi organizzazioni produttive e a quello delle relazioni industriali, il concetto di partecipazione trova modi diversi di applicazione e di interpreta-z i o n e . Per questa r a g i o n e , è necessario innaninterpreta-zitutto definirlo e indicare una prima tipologia di classifi-cazione sulla base della letteratura esistente in p r o p o s i t o .

Per quanto riguarda la sua d e f i n i z i o n e , il termine partecipazione rimanda ad un processo in cui due o più parti si influenzano reciprocamen-te nell'elaborazione e n e l l a gestione di certi p i a n i , linee di azione e d e c i s i o n i . Esso è limitato alle decisioni che comportano u l t e r i o r i conseguenze per tutti i decision-makers e per coloro che da essi sono rappresentati (French et a l . , 1960).

La partecipazione è quindi un processo finalizzato a consentire una pluralità d'interventi nella formazione delle decisioni.

Questa definizione ha parecchi pregi, i più importanti dei quali sono che essa non contrad-dice l'idea che comunemente ci facciamo del termine e che è conciliabile con una gamma piuttosto ampia di rapporti di potere tra due o più attori nel sistema sociale (Blumberg, 1968). Tuttavia, questa definizione presenta alcuni limiti; il limite maggiore è che non definisce il ruolo passivo o attivo dell'attore nel processo di decisione e lascia inoltre in ombra il campo della gestione operativa della decisione, oltre che della sua elaborazione.

Tut t a v i a , stabiliti questi limiti, di cui verrà tenuto conto, il concetto di partecipazione come processo e come procedura formale e informale, da utilizzare nella formazione delle decisioni, ci sembra il risultato più soddisfacente individuato nell'ambito della letteratura sull'organizzazione e sulle relazioni industriali esaminate.

2 . La partecipazione come processo di concorso alla formazione delle decisioni ha tuttavia signifi-cati molto diversi, dipendenti, in linea di principio dalle aree di interessi conoscitivi in cui questo termine è stato u t i l i z z a t o . Per quanto ci riguarda, tale significato è diverso se viene impiegato nell'ambito delle relazioni industriali o in quello dello sviluppo delle organizzazioni p r o d u t t i v e .

Alcuni autori hanno sottolineato che la partecipazione va intesa innanzitutto come partecipa-zione contrattuale (Clegg, 1951).

Neil'organizzazio-ne aziendale, per sua natura poco partecipativa, si è sviluppato un processo di democrazia nella formazione delle decisioni grazie alla contrattazio-ne collettiva. In questo caso la partecipaziocontrattazio-ne ha un fine non propriamente produttivo ma sociale: la tutela delle condizioni di lavoro e dei dipenden-ti di quell'impresa.

Entro questo ambito che enfatizza innanzitutto le responsabilità sociali dell'impresa al suo interno, si collocano definizioni a loro volta diverse. Quella della regolamentazione e del controllo delle condizioni di lavoro che sottolinea innanzitutto l'esercizio di un potere in un'area definita, il posto di lavoro o la m a n s i o n e .

Questo termine circoscrive una integrità del territorio sindacale e dei lavoratori entro quello dell'impresa e degli imprenditori (Perlman, 1928). Tale integrità è spesso un atto unilaterale conquistato dai lavoratori e proprio per q u e s t o , secondo alcuni, controllo e partecipazione danno i due significati all'azione collettiva diversi tra loro (Goodrich, 1 9 2 1 ) . T u t t a v i a , le regole che definiscono il territorio del sindacato diventa-no parte dell'organizzazione impresa e quindi costituiscono un esercizio di potere negativo che però non può esimersi dal considerare i vincoli dell'ambiente in cui viene e s e r c i t a t o . Di qui coloro che hanno sostenuto che la democrazia sui luoghi di lavoro è innanzitutto l'opposizione che il sindacato esercita n e l l ' i m p r e s a (Clegg, 1 9 6 0 ) . I principi di questa opposizione sono la tutela dei l a v o r a t o r i , il diritto di rappresentan-za unica del sindacato e il diritto di quest'ultimo di rispondere al proprio elettorato ma non quello

di sostituirsi o di assumere responsabilità imprendi-toriali .

Il concetto di partecipazione come contrattazio-ne attraverso la regolamentaziocontrattazio-ne e/o l'opposiziocontrattazio-ne è apparso ai più troppo schematico e improprio. Si è cercato di uscire da tale rigidità concettuale e definire un ruolo più flessibile della contratta-zione nella formacontratta-zione delle decisioni d'impresa. La richiesta di estendere la contrattazione ad alcune prerogative imprenditoriali (LO, 1971) rappresenta bene questo tipo di evoluzione della partecipazione come negoziazione. Non tanto la dicotomia opposizione-governo, come schematicamente si proponeva agli inizi degli Anni Cinquanta, quanto l'estensione della contrattazione su alcune funzioni imprenditoriali inerenti sia le condizioni di lavoro (identificazione dei compiti, loro distribuzione sul processo lavorativo, formazione professionale, coordinamento), sia le condizioni economiche e produttive (investimenti, condizioni socio-economiche generali dell'impresa).

In questo caso la partecipazione come contratta-zione sconfina e s'intreccia con altre forme di partecipazione. L'estensione della contrattazione alle prerogative manageriali è ancora poco delineata sia negli strumenti che nei fini; tuttavia, si presenta alla fine degli Anni Settanta come una strategia con effettive possibilità di sviluppo.

3 . La partecipazione istituzionale esplicita e dà un carattere universale, più della contrattazio-n e , al cocontrattazio-ncetto di democrazia contrattazio-nel govercontrattazio-no del processo decisionale dentro le imprese. Ciò avviene con il riconoscimento da parte dello Stato delle

procedure di partecipazione per mezzo di una legislazione di supporto, che concerne tutto il territorio nazionale e impegna le parti (sindaca-ti e imprenditori) nel realizzare l'idea di democra-zia dentro le imprese. Il valore di democrademocra-zia è alla base della partecipazione istituzionale, il suo carattere universale fa sì che la partecipa-zione non sia considerata solo come uno strumento ma come un fine a s é .

La partecipazione di tipo istituzionale si distingue da quella contrattuale per il ruolo regolatore dello Stato e delle agenzie pubbliche. Il ruolo dell'agente pubblico si estrinseca non solo per via legislativa, ma anche attraverso programmi d'intervento e di azione che richiedono come vincolo una maggiore partecipazione non solo delle parti sociali ma anche dei lavoratori (vedi, ad esempio, i programmi di umanizzazione del lavoro del governo della Repubblica Federale Tedesca).

Nella partecipazione così identificata la letteratura sull'argomento effettua spesso una divisione tra la democrazia economica e quella industriale (Emery e T h o r s r u d , 1 9 6 9 ) .

La democrazia economica istituisce procedure e organismi di controllo e verifica rivolti princi-palmente alle decisioni e c o n o m i c h e , di sviluppo dell'impresa- sul mercato, del loro rapporto con la politica economica nazionale e anche degli effetti che queste hanno sulle condizioni dei lavoratori. L'area di azione delle procedure di partecipazione è in questo caso situata a livello delle strategie d'impresa in rapporto agli assetti economici e sociali (occupazione) più g e n e r a l i .

La democrazia industriale istituisce invece procedure e organismi di controllo e verifica sulle decisioni che riguardano i risultati dell'im-p r e s a , la dell'im-produttività e le condizioni di lavoro. La democrazia industriale è una risposta alle insufficienze di partecipazione riscontrate nell'am-bito della democrazia economica. Con la democrazia industriale si vuole realizzare anche una partecipa-zione in un ambito limitato al sistema socio-tecnico e gestionale dell'impresa e non solo a quello più propriamente imprenditoriale (Emery e Thorsrud, 1969). I sindacati vedono la democrazia industriale come un riappropriarsi da parte dei dipendenti di un maggior potere decisionale di g e s t i o n e . Gli imprenditori la considerano invece come un decentramento di autorità e come uno sforzo di mobilitazione sugli obiettivi dell'impresa dei dipendenti visti come forze produttive (Blumberg, 1968).

Secondo alcuni autori, la partecipazione istituzionale non ottiene una convergenza di fini tra sindacato e impresa; essa enfatizza gli aspetti comuni ma registra molto spesso anche un conflitto d'interessi tra le parti sociali

(Flanders, 1966).

Si realizza così con la partecipazione istitu-zionale più che una convergenza delle responsabilità una loro divisione (Blumenthal, 1956 ). Certe funzioni della direzione sono trasferite ai lavorato-ri; nell'ambito della democrazia economica vengono ad esempio decentrati i servizi sociali; nella democrazia industriale le decisioni riguardanti alcuni aspetti dell'organizzazione del lavoro e della gestione del p e r s o n a l e .

4 . La partecipazione funzionale allo sviluppo delle organizzazioni rappresenta un tipo, distinto dagli altri, di coinvolgimento degli attori sociali dell'impresa ai processi decisionali. Questo tipo di partecipazione non deriva le proprie conoscenze e discipline dall 'ambito delle relazioni industriali o della democrazia politica ma da quello delle-scienze dell'organizzazione industriale.

Gli attori principali di questo tipo di partecipazione sono l'imprenditore e i ruoli professionali e produttivi dell'impresa più che le parti sociali. Dalla metà degli Anni Trenta in poi la grande industria si è dovuta sempre più occupare di questioni morali e di obbligazioni verso i propri dipendenti e l'enfasi rispetto alle precedenti tecniche di organizzazione imprendi-toriale viene inizialmente portata sul tema delle risorse umane e del loro tipo di .impiego come fattore di riduzione dei costi e di e c o n o m i c i t à . La partecipazione funzionale rispetto a quella contrattuale ed istituzionale è orientata alla realizzazione dei fini economici produttivi più che alla tutela degli interessi o come espressione dei valori della d e m o c r a z i a . Questo tipo di orienta-mento le p e r m e t t e , nell'ambito delle discipline dell'organizzazione spciale e p r o d u t t i v a , di mettere in evidenza un fattore importante e poco riconosciuto negli altri due tipi di p a r t e c i p a z i o n e , quello della valutazione dei costi della stessa partecipazione in rapporto ai benefici che da essa possono d e r i v a r e .

In secondo l u o g o , questo tipo di partecipazione h a posto il tema del lavoro non solo come fatica p s i c o - f i s i c a , ma come processo decisionale inerente ai compiti di p r o d u z i o n e , e a quelli di

zione, gestione e pianificazione della stessa. I processi di decisione non sono quindi solo inerenti alle scelte strategiche dell'impresa ma anche inerenti alla gestione del processo produttivo; in esso esiste un'intensa attività di decisione in cui la partecipazione e la coopera-zione tra i ruoli assume un peso determinante

(Trist et a l . , 1963; Herbst, 1976; Butera, 1977).

In terzo luogo, la partecipazione funzionale ha messo di conseguenza in evidenza che non vi può essere partecipazione e decentramento delle decisioni senza uno sviluppo delle conoscenze

(Jacques, 1951). La partecipazione è intesa in

questo caso come sviluppo conoscitivo, il quale si oppone alla frammentazione e ad una troppo rigida divisione dei r u o l i . Tale tipo di sviluppo promuove all'interno dei luoghi di lavoro processi di formazione formali ed informali rivolti anche ad avere una maggiore integrazione tra i compiti e i r u o l i , in modo da consentire una responsabilizza-zione degli addetti sui risultati di produresponsabilizza-zione.

Nella partecipazione funzionale così identifica-ta si può fare la distinzione tra due aree di letteratura tra loro interdipendenti:

- la letteratura che enfatizza in primo luogo la partecipazione come soluzione dei problemi di gestione per ampliare l'area della responsabili-t à , per decenresponsabili-trare alcune decisioni, sviluppare le comunicazioni interne e il feedback alle decisio-n i . Idecisio-n questo caso la partecipaziodecisio-ne decisio-nodecisio-n è solo uno stile di leadership ma una o più tecniche gestionali che coinvolgono la pianificazione a z i e n d a l e , il controllo dei risultati, le tecniche di p r o d u z i o n e .

una svolta dei principi di valutazione del lavoro. Questa svolta è descritta da più autori come il passaggio dalla specializzazione alla responsabi-lità (Touraine, 1955). Con lo sviluppo dell'automa-zione cambiano i fattori della produttività, non più individuati solo nella maggiore specializza-zione delle mansioni e dei compiti e/o nello sfruttamento della forza-lavoro, ma anche nello sfruttamento degli impianti e nell'integrazione necessaria tra i compiti per il controllo e la regolazione del processo produttivo (Susman,

1976).

La responsabilità sui risultati diventa in questo caso il criterio di valutazione necessa-rio; l'integrazione tra i ruoli e le mansioni di p r o d u z i o n e , la modalità operativa p r e v a l e n t e . La partecipazione funzionale enfatizza inoltre il tema del potere (negativo o positivo) del r u o l o , del conflitto tra ruoli produttivi (più che il conflitto d'interessi) come vincolo e come problema dello sviluppo d e l l ' i m p r e s a .

- la partecipazione come soddisfazione del lavoro; ci riferiamo in questo caso a tutta quella lettera-tura che ha in particolar modo messo l'enfasi sui risultati del cambiamento dell'organizzazione del lavoro e sulla qualità del l a v o r o .

Il tema della soddisfazione viene spesso circoscritto in base alla capacità che gruppi e individui hanno di partecipare e decidere sul proprio lavoro e sulle attività decisionali che interagiscono con l'ambiente che lo circonda

(Herbst, 1976).

In base a quest'ultimo tipo di esperienza sono state definite da molti a u t o r i , e in modo

diverso tra loro, alcune dimensioni su cui misurare i risultati (Blauner, 1964; Susman, 1976; Butera,

1977). Le principali sono: la dimensione ergonomica

che include sia il miglioramento dell'ambiente fisico di lavoro che quello psico-sociale per mezzo della rotazione e dell'arricchimento delle mansioni; la dimensione di autonomia e complessità dei ruoli che definisce sia il grado di criticità, sia il grado di autonomia e di sviluppo del ruolo produttivo; la dimensione di status sociale e giuridico assegnato ad un determinato ruolo o insieme di ruoli; la dimensione del controllo, che circoscrive i rapporti decisionali tra ruoli e ambiente esterno.

5. Questi tre tipi di partecipazione (contrat-tuale, istituzionale e funzionale) sono stati definiti sulla, base degli orientamenti che emergono dalla letteratura e nei diversi contesti nazionali. Va in proposito sottolineato che questa divisione non va considerata come definitiva. Di fatto tra i tre tipi di partecipazione esiste una costan-te incostan-terazione: la contrattazione si evolve verso alcuni contenuti che riguardano le prerogative manageriali; l'attività di regolamentazione pubblica è rivolta a suggerire forme nuove di informazione/ consultazione sui temi dello sviluppo dell'organiz-zazione e sull'introduzione di nuove tecnologie. La partecipazione funzionale viene a sua volta sempre più considerata entro contesti di partecipa-zione istituzionale e contrattuale. In questo a m b i t o , inoltre, le metodologie e le discipline dell'organizzazione danno oggi importanza al rapporto tra la partecipazione sul luogo di lavoro e quella relativa alle decisioni economiche e

gestionali dell'impresa. Si può quindi avanzare l'ipotesi che esiste una tendenza insita in ciascuno dei tre tipi considerati che conduce ad una loro integrazione o sovrapposizione. E' necessario però verificare il grado e le forme di tale evolu-zione, avendo presente che i tre tipi di partecipa-zione hanno strumenti e soggetti distinti tra loro e la loro integrazione o sovrapposizione è dipendente dai contesti economici, sociali e culturali delle relazioni industriali nei diversi paesi che verranno considerati.

Capitolo Secondo IL PROCESSO DI PROGETTAZIONE DELLE APPLICAZIONI INFORMATICHE