• Non ci sono risultati.

Tempistica dell’inserimento implantare

Protesi provvisoria

1.6 Tempistica dell’inserimento implantare

1.6.1 Introduzione

La terapia restaurativa applicata a uno o più impianti inseriti in una cresta alveolare

completamente guarita e non compromessa ha un’elevata percentuale di riuscita. Non sempre però nella nostra pratica clinica ci troviamo di fronte a questa situazione. Per anni si è cercato

39

di studiare come si “comportano” gli impianti se inseriti in siti caratterizzati da difetti crestali di varia natura e dimensione oppure in cavità post-estrattive. Solo negli ultimi anni si sono diffuse tecniche che ne permettono l’applicazione.

Hanno quindi suscitato grande interesse le alterazioni tissutali che si verificano in seguito alla perdita dentale e le tempistiche adeguate di inserimento implantare che ne conseguono.

Durante la pianificazione il clinico deve decidere se gli impianti debbono essere inseriti subito dopo le estrazioni oppure se, prima dell’inserimento, sia possibile concedere al sito alcune settimane di guarigione. Tale decisione deve essere presa conoscendo con perizia le

modificazioni strutturali di cui ho già parlato precedentemente e che avvengono a carico del processo alveolare in seguito ad estrazione dentaria.

Hämmerle et al.[69] hanno introdotto una classificazione caratterizzata dai seguenti aspetti: - Nella pratica clinica, la decisione di inserire un impianto dopo l’estrazione dentale è

solitamente determinata dalle caratteristiche dei tessuti duri e molli dell’alveolo in via di guarigione. La guarigione non segue necessariamente tempi rigidi e può variare in base a fattori riguardanti il paziente e il sito in questione:

- Per evitare descrizioni su base temporale, la nuova classificazione adotta descrittori numerici – di tipo 1, 2, 3 e 4 – che riflettono lo stato dei tessuti duri e molli:

o Posizionamento di tipo 1: l’impianto viene inserito subito dopo l’estrazione dentale;

o Posizionamento di tipo 2: l’impianto viene inserito in un sito i cui tessuti molli sono guariti e il cui accesso è ricoperto da mucosa;

o Posizionamento di tipo 3: l’impianto viene inserito in un sito estrattivo nel cui l’alveolo si sono formate notevoli quantità di nuovo osso;

o Posizionamento di tipo 4: l’impianto viene inserito in una cresta totalmente guarita.

- E’ stato inoltre riconosciuto che esiste una netta separazione tra guarigione dei tessuti duri e guarigione dei tessuti molli all’interno e intorno alla cavità postestrattiva.

1.6.2 Tipo 1: posizionamento di un impianto come parte della stessa procedura chirurgica immediatamente dopo l’estrazione dentale

Col passare degli anni si è diffusa l’abitudine di inserire impianti subito dopo la rimozione di denti destinati all’estrazione[33]

. Tra i vantaggi di questa tecnica si contano la più facile definizione della posizione implantare, un numero ridotto di visite per il paziente, tempi di

40

trattamento e costi ridotti, conservazione dell’osso a livello del sito implantare, estetica ottimale dei tessuti molli e una maggiore accettazione da parte del paziente[15,114,174].

In origine era stato ipotizzato che il posizionamento di un impianto in una cavità postestrattiva potesse stimolare la formazione e l’osteointegrazione del tessuto osseo e quindi neutralizzare quelle modificazioni che si manifestano a seguito dell’estrazione dentale. Questo poteva quindi essere visto come un metodo per evitare il manifestarsi dell’atrofia ossea[33,49,173]

. In realtà numerosi studi[4,7,23] hanno dimostrato il contrario. Alla perdita del dente segue l’atrofia della cresta edentula. Questa contrazione della cresta non può essere evitata inserendo un impianto nella cavità postestrattiva. L’atrofia prevede anche una profonda riduzione in larghezza e in altezza delle placche ossee, sia linguali, sia soprattutto buccale. Il problema del riassorbimento osseo della parete buccale può essere parzialmente risolto inserendo

l’impianto più profondamente nella cavità postestrattiva e nella porzione palatale della cavità stessa.

Di conseguenza possono rendersi necessarie procedure di rigenerazione ossea, per migliorare o mantenere il volume osseo e il profilo buccale in corrispondenza di un sito postestrattivo. Questo incremento diventa ancor più necessario in zona estetica.

Un altro problema collegato al posizionamento implantare di tipo 1 è l’ancoraggio dell’impianto per conseguire la stabilità primaria in una posizione che consenta poi un restauro in grado di soddisfare le esigenze estetiche del paziente[150]. Nella maggior parte dei casi, infatti, gli impianti vengono fissati in osso nativo a livello della regione apicale

dell’alveolo quando in realtà sarebbe possibile conseguire un maggior livello di ritenzione ancorando l’impianto alle strutture ossee delle pareti alveolari o dei setti interradicolari. Questo problema è stato studiato da Sieghentaler che ha notato come non sempre si riesce ad ottenere una stabilità primaria dell’impianto.

1.6.3 Tipo 2: riempimento totale dell’alveolo dentale con tessuti molli

Esistono molte ragioni per cui viene consigliato l’inserimento implantare di tipo 2. In questo stadio della guarigione l’accesso all’alveolo è rivestito da mucosa[2,184]. Il tessuto molle è maturo e di volume adeguato e può essere facilmente controllato durante le procedure di sollevamento del lembo. Inoltre la tempistica di tipo 2 consente la valutazione di un’eventuale lesione periapicale associata al dente estratto. Tra gli svantaggi di questa metodica ritroviamo il riassorbimento delle pareti alveolari e tempi di trattamento più lunghi. La tempistica di tipo 2 ha quindi il vantaggio di una migliore gestione dei tessuti molli ma lo svantaggio di un

41

maggiore riassorbimento dei tessuti duri. Un problema che accumuna le metodiche di tipo 1 e di tipo 2 è il fatto di non riuscire a raggiungere con certezza la stabilità primaria dell’impianto. Infatti, la quantità di tessuto osseo intrecciato di nuova formazione che ritroviamo nelle quattro-otto settimane che intercorrono tra i metodi di tipo 1 e tipo 2 è estremamente ridotta.

1.6.4 Tipo 3: cospicuo riempimento osseo della cavità postestrattiva

La struttura di tipo 3 viene scelta nel caso in cui, per vari motivi, sia necessaria la presenza di un notevole accumulo osseo all’interno della cavità postestrattiva. Dopo periodi di guarigione variabili tra dieci e sedici settimane, l’area dell’alveolo sarà occupata da osso intrecciato di recente formazione[53]. Inoltre in quello stesso però, le pareti alveolari vengono

completamente riassorbite e sostituite da osso intrecciato. L’accesso alla cavità è chiuso da una cappetta d’osso intrecciato in via di rimodellamento e la mucosa che ricopre il sito estrattivo si trova su una cresta mineralizzata e matura ed è più facile da gestire durante le procedure chirurgiche. Questo metodo permette al clinico un migliore posizionamento implantare e una fase protesica più agevole ma al tempo stesso il clinico si trova a dover affrontare un ulteriore riassorbimento e una notevole diminuzione della cresta con conseguente alterazione del suo profilo e concomitante perdita dei tessuti molli.

1.6.5 Tipo 4: guarigione della cresta alveolare dopo la perdita dell’elemento dentale

Nel metodo di tipo 4 l’inserimento implantare avviene in una cresta completamente guarita. La presenza di una cresta così configurata la possiamo trovare dopo un periodo compreso tra i quattro e dodici mesi di guarigione successivi all’estrazione dentale. La cresta sarà rivestita da mucosa matura cheratinizzata distesa su un osso corticale denso. Sotto alla placca di osso corticale l’osso poroso occuperà una porzione variabile del processo alveolare.

Il vantaggio di questo tipo di inserimento implantare è dato dalla completa guarigione e dal fatto che l’alterazione crestale ancora verificabile è fortemente limitata. Gli svantaggi sono invece dati dai tempi di trattamento troppo lunghi, dalla ulteriore riduzione del volume generale della cresta e dall’alterazione del relativo profilo esterno. Una perdita così pronunciata di volume crestale può richiedere procedure d’incremento osseo complesse di conseguenza questo tipo di posizionamento viene evitato nella stragrande maggioranza dei casi.

42

Documenti correlati