• Non ci sono risultati.

Il tempo nello spazio, lo spazio nel tempo: il cronotopo romanzesco di Michail

1. Spazio, città e letteratura: la ricerca di una metodologia di indagine

1.3. Comporre una cornice metodologica: le teorie critiche di riferimento

1.3.1. Il tempo nello spazio, lo spazio nel tempo: il cronotopo romanzesco di Michail

geocritica di Bertrand Westphal.

1.3. Comporre una cornice metodologica: le teorie critiche di riferimento

1.3.1. Il tempo nello spazio, lo spazio nel tempo: il cronotopo romanzesco di Michail Bachtin

Un riferimento teorico fondamentale per lo studio delle modalità di rappresentazione letteraria dello spazio e del tempo è senza dubbio rappresentato dal concetto di cronotopo romanzesco elaborato da Michail Bachtin alla fine degli anni ’30 del secolo scorso. Definito nel celebre saggio Le forme del tempo e del cronotopo nel romanzo come “l’interconnessione sostanziale dei rapporti temporali e spaziali dei quali la letteratura si è impadronita artisticamente”, il termine cronotopo viene mutuato dallo studioso dalle discipline matematiche e dalla teoria della relatività per essere applicato alla teoria letteraria in funzione metaforica ossia come espressione de “l’inscindibilità dello spazio e del tempo (il

32

tempo come quarta dimensione dello spazio)”33. Come sottolinea Rossana Platone, la riflessione bachtiniana sulle forme del tempo e dello spazio in letteratura è da inquadrarsi nel più ampio e incompiuto progetto di sistematizzazione filosofica degli studi artistico-letterari che lo studioso porta avanti sulla base di una concezione unitaria e profondamente umanista della cultura e delle scienze sociali. Perno principale del pensiero di Bachtin è, per la studiosa, il nesso insolubile tra etica ed estetica quale fondamento filosofico della teoria letteraria in generale e del romanzo in particolare34. In accordo con tale visione il cronotopo letterario viene inteso come “categoria che riguarda la forma e il contenuto della letteratura”35, come elemento strutturante da cui dipendono tanto la composizione dei motivi quanto la coerenza semantica interna dell’opera. È in definitiva uno schema narrativo unitario e unificante in cui:

[…] ha luogo la fusione dei connotati spaziali e temporali in un tutto dotato di senso e di concretezza. Il tempo qui si fa denso e compatto e diventa artisticamente visibile; lo spazio si intensifica e si immette nel movimento del tempo, dell’intreccio della storia. I connotati del tempo si manifestano nello spazio al quale il tempo dà senso e misura. Questo intersecarsi di piani e questa fusione di connotati caratterizza il cronotopo artistico36.

È stato spesso rilevato come Bachtin riservi un approccio essenzialmente modernista alle categorie dello spazio e del tempo concepite come “concrete”, “storiche”, definite come “forme della realtà” in opposizione al carattere trascendentale che esse assumevano nell’estetica kantiana da cui pure lo studioso ne desume la funzione epistemologica come “forme di conoscenza”. Altrettanto

33

Michail Bachtin, Estetica e romanzo, trad. it. di Clara Strada Janovič, Einaudi, Torino 20013, p. 231.

34

Rossana Platone, “Introduzione”, in ivi, pp. VII-XXV.

35

M. Bachtin, op. cit., p. 231.

36

33

modernista è l’assunto che fa del tempo il principio guida del cronotopo letterario e che pur subordinando l’analisi della spazialità e delle sue forme rappresentative al criterio d’indagine temporale, rivela di fatto l’impossibilità di produrre qualsiasi discorso critico sullo spazio che non sfoci inevitabilmente in una riflessione anche sul tempo. Entrambi questi aspetti – sia lo spazio-tempo come categoria di ciò che è concreto e percettibile, che il dominio del tempo sullo spazio nel processo di appropriazione artistica del cronotopo storico-reale – sono funzionali nella prospettiva bachtiniana a connotare il cronotopo letterario di un significato essenziale nella determinazione sia del genere che di quella che lo studioso chiama “l’immagine dell’uomo in letteratura” ossia dei principali modelli identitari esibiti dallo spazio letterario che, al pari di quelli reali, si definiscono cronotopicamente37.

Non sarà possibile in questa sede approfondire nel dettaglio la teoria bachtiniana del cronotopo romanzesco, né gli aspetti che ne rendono la ricezione estremamente varia, facendone un punto di riferimento ancora estremamente attuale per gli studi filosofico-letterari38. Mi limiterò pertanto a rilevarne i momenti più significativi alla luce della sua applicazione al contesto della narrativa turca moderna e contemporanea.

Nella prospettiva poetico-storica seguita da Bachtin, l’evoluzione del cronotopo romanzesco, dal “romanzo greco” all’opera di François Rabelais (1494- 1553), procede in linea generale dall’estrema astrazione verso forme di rappresentazione del tempo e dello spazio progressivamente più concrete e produttive. È un processo graduale che si accompagna al lento ingresso in

37

Ivi, p. 232. 38

34

letteratura del tempo reale, prima autobiografico e biografico e poi storico, e insieme ad esso dello spazio concreto, natio, della dimensione umana del privato e del quotidiano. Muta parallelamente anche l’immagine dell’uomo che da agente passivo o irresponsabile del corso degli eventi, la cui intenzionalità è rimandata al caso e al divino, si tramuta gradualmente in soggetto attivo e volontario, fautore mediante le proprie scelte del proprio destino. Il processo di adeguamento formale a questa nuova materia letteraria sfocia nel cronotopo romanzesco rinascimentale, la cui genesi secondo lo studioso è determinata dalla disgregazione della concezione medioevale della spazio-temporalità e dunque dalla necessità di:

[…]trovare una nuova forma del tempo e un nuovo rapporto del tempo con lo spazio, con un nuovo spazio terreno […]. Era necessario un nuovo cronotopo che permettesse di connettere la vita reale (la storia) alla terra reale39.

Per Bachtin l’analisi del cronotopo artistico-letterario è dunque essenzialmente l’indagine delle modalità con cui la letteratura si impadronisce artisticamente del cronotopo storico, ossia dei modi di rappresentare concretamente la dimensione reale, quotidiana dello spazio-tempo e dell’uomo “privato” che in essa è calato. Da qui deriva la particolare predilezione di Bachtin per il romanzo, oggetto quasi esclusivo della riflessione teorico-letteraria dello studioso, la cui genesi e sviluppo, dalla tarda antichità sino alla grande stagione realista del XIX secolo, vengono orientati precisamente dalla necessità di elaborare forme rappresentative più consone a narrare il tempo e lo spazio, storici e reali, della vita quotidiana e dell’individuo colto nella sua sfera intima e privata. Bachtin colloca infatti l’origine del romanzo antico nel corso di risoluzione al problema, sorto già in età

39

35

ellenistico-romana, di adeguare la forma letteraria, sino a quel momento di natura esclusivamente pubblica, al suo carattere essenzialmente privato40.

È questa un’urgenza che nel contesto turco-ottomano si fa avvertire solo a metà del XIX secolo contestualmente ai primi tentativi di modernizzazione dell’Impero e a cui le élite intellettuali elaborano risposte frettolose e per molti versi eclettiche41. Per ragioni di economia non sarà qui possibile addentrarsi nel merito dei processi di appropriazione artistico-estetica dello spazio-tempo nella letteratura turco-ottomana, questione peraltro piuttosto complessa e tuttora poco approfondita dagli studi letterari. Nel corso della mia ricerca sono arrivata alla conclusione che nella genesi della narrativa turca moderna e nel suo tentativo di creare una tradizione estetico-artistica fondata sul principio di mimesi, l’elaborazione dei primi cronotopi romanzeschi rimane connotata da una forte tendenza all’astrazione e all’idealizzazione in ragione di un’adesione strumentale ai principi epistemologici fondanti la moderna spazio-temporalità. La nascente letteratura moderna turco-ottomana, nel momento in cui formava i propri cronotopi si trovava a dovere adeguare una materia spazio-temporale inquadrata in categorie premoderne e extraterrene, a forme rappresentative capaci di riprodurre lo spazio e il tempo colti nella loro dimensione umana e reale. Ciò generava la difficoltà di tradurre un tempo ciclico e uno spazio simbolico, riflesso della sostanziale unitarietà e perfezione della creazione divina, in serie temporali e spaziali che, come posto in evidenza da Bachtin,erano invece atte a riprodurre la

40

Ivi, pp. 270-271. 41

Sulla genesi del romanzo turco esiste un’ampia bibliografia. Si citano a titolo indicativo Ahmet Evin, Origins and Development of the Turkish Novel, Bibliotheca Islamica, Minneapolis 1983; Robert Finn, The Early Turkish Novel 1872-1900, Isis, Istanbul 1984; Güzine Dino, La Genèse du

roman turc au XIXe siècle, Publications Orientalistes de France, Parigi 1973 e B. Moran, Türk Romanına…, cit., vol. I, pp. 21-117.

36

linearità, la progressività, la causalità, la storicità del tempo e dello spazio fisico concreto. Di conseguenza i cronotopi romanzeschi turco-ottomani nascevano complessivamente deboli sul piano della coerenza interna, privi di quella sostanziale unità di rappresentazione spazio-temporale che per lo studioso russo era connotato imprescindibile dei cronotopi artistico-letterari.

A rendere ancor più problematico l’impiego della teoria bachtiniana al contesto narrativo turco-ottomano bisogna aggiungere l’impostazione didattico-pedagogica in virtù della quale il romanzo turco viene concepito sin dalle origini come veicolo di diffusione dei nuovi valori e modelli imposti dalla modernità ma anche come strumento di guida nella delicata transizione al moderno. Quest’aspetto, nella misura in cui impronta la caratterizzazione dei personaggi al “tipo” sociale, a sottolinearne la funzione esemplificativa in un’ottica collettiva, pubblica, più che a coglierne l’effettiva dimensione privata, faceva sì che nel complesso anche l’appropriazione estetica dello spazio-tempo risultasse orientata verso criteri di produttività più etico-morale che di concretezza e storicità. I cronotopi tardo- ottomani tendono in altre parole non già a proiettare il tempo storico nello spazio reale, come teorizzato da Bachtin, quanto piuttosto a elaborare letture, interpretazioni della spazio-temporalità spesso utopiche, idealizzate, siano esse intrise di romanticismo o di decadentismo, e da cui il lettore possa in ultima analisi ricavare una morale, un insegnamento da tradurre nell’esperienza, questa sì reale e concreta, del quotidiano.

Con la transizione alla Repubblica la questione viene a complicarsi ulteriormente in virtù della netta cesura con l’esperienza storico-culturale ottomana imposta dal nazionalismo kemalista. La presa di distanza dalla

37

tradizione culturale ottomana comporta infatti una consolidazione in chiave politico-ideologica dell’astrattismo e dell’idealismo “pedagogico” già esibiti dai cronotopi di epoca tardo-ottomana. Nelle produzioni narrative di prima epoca repubblicana lo spazio e il tempo del romanzo vengono completamente asserviti alla diffusione dei principi e dei valori dell’ideologia nazionalista, oltre che a creare consenso verso il regime42. I processi di appropriazione estetica muovono pertanto ancora una volta non già alla rappresentazione concreta della spazio- temporalità storica e reale quanto alla sua ridefinizione in funzione della creazione dello spazio “immaginato” della nazione e della costruzione della grande narrazione storica legittimante il processo di edificazione nazionale. Non a caso è in questo periodo che vengono elaborati i cronotopi oppositivi di Beyoğlu/Eski İstanbul quale proiezione nello spazio topografico reale della città delle dicotomie impero/nazione, cosmopolitismo/turchità, su cui il kemalismo fondava la propria visione storica e il proprio progetto di edificazione nazionale. Allo stesso modo i modelli identitari esibiti dalla letteratura kemalista colgono l’individuo nella sua funzione sociale e nella sua dimensione pubblica, giacché essi devono contribuire primariamente alla definizione di una nuova “immagine dell’uomo”, per ricalcare l’espressione bachtinana, che fosse incarnazione dei valori e degli ideali nazionali43.

Alla luce di quanto sopra esposto il concetto di cronotopo, applicato ad un’analisi delle rappresentazioni di Istanbul nella narrativa turca moderna e contemporanea, potrebbe risultare se non inadatto quanto meno passibile di

42

Sulla narrativa di prima epoca repubblicana si vedano in particolare B. Moran, Türk

Romanına…, cit., vol. I, pp. 117-167 e A. Seyhan, op. cit., pp. 41-80. 43

Su quest’aspetto si veda in particolare Ayşe Saraçgil, Il maschio camaleonte. Strutture

patriarcali nell’Impero ottomano e nella Turchia moderna, Bruno Mondadori, Milano 2001, pp.

38

obiezioni sotto diversi punti di vista. Ciò dipende in primo luogo dalla natura astratta e idealizzata dei cronotopi romanzeschi turchi che potrebbero risultare poco indicati ad una lettura bachtiniana. In realtà è proprio la loro apparente anomalia a fare della teoria dello studioso un riferimento particolarmente proficuo per indagarne l’evoluzione da un’inedita prospettiva poetico-storica.

Per Bachtin infatti il processo secondo cui la letteratura si appropria dello spazio-tempo storici reali e dell’uomo privato segue un corso complesso e discontinuo e ciò in ragione del fatto che soltanto singoli aspetti dello spazio e del tempo, dati in determinate circostanze storiche, si sono resi accessibili alla rappresentazione letteraria. Come diretta conseguenza di questo processo di appropriazione parziale, la riflessione artistico-letteraria ha potuto elaborare, nei diversi generi di riferimento, soltanto determinate forme rappresentative del cronotopo reale. Connotati di estrema elasticità e resistenza hanno tuttavia consentito a queste forme di genere di consolidarsi nella tradizione e dunque di perdurare anche in assenza delle condizioni storiche che ne hanno determinato l’origine o nelle parole di Bachtin del loro “significato realisticamente produttivo e adeguato”44. Ciò è all’origine secondo lo studioso dei frequenti fenomeni di asincronia che costellano il processo storico-letterario e ne complicano ulteriormente l’indagine.

Partendo da questa premessa il presente lavoro si propone di dimostrare come l’idealismo che domina i processi di appropriazione estetico-letteraria dello spazio-tempo costituisca, nel caso turco, un singolare esempio di “asincronia”, conseguente la genesi tardiva nonché in parte acquisita dei generi prosastici e

44

39

della mancanza di una tradizione estetica mimetica, da cui dipende la formazione dei cronotopi romanzeschi più stabili della città.

Apparentemente problematico ai fini di questo studio è anche l’approccio fortemente “cronocentrico” che come è noto domina la prospettiva bachtiniana. Per Bachtin, lo spazio in letteratura è essenzialmente la “località di compimento degli eventi del romanzo”, è lo scenario dove si svolge l’intreccio e pertanto viene valutata sempre in subordine rispetto al tempo. E tuttavia il senso artistico- letterario del cronotopo non è dato esclusivamente dal suo essere il principio organizzativo della temporalità, e conseguentemente, della spazialità del testo narrativo. Esso possiede inoltre un’essenziale funzione raffigurativa rispetto al tempo che solo nel cronotopo artistico-letterario diventa concreto e sensibilmente percettibile, si tramuta cioè in rappresentazione figurata di eventi o intere epoche. Questa particolare concezione che fa dell’immagine poetico-letteraria la raffigurazione dei “fenomeni spazio-sensibili nel loro movimento e nel loro divenire”45 porta non a caso Bachtin a definire il romanzo come l’espressione di un’arte della temporalità riconoscendo in tale senso il talento di Honoré de Balzac (1799-1850) nell’eccezionale capacità di “«vedere» il tempo nello spazio”46.

Da questa prospettiva la nozione di cronotopo, trasferita allo studio della contemporanea narrativa turca su Istanbul, consente di approfondire sul piano estetico-artistico la relazione tra città e memoria ossia di indagare le modalità con cui i romanzieri turchi contemporanei hanno proceduto alla proiezione della loro singolare coscienza storico-culturale nella rappresentazione dello spazio in generale e di quello urbano nello specifico. Di conseguenza mi sono chiesta come

45

Ivi, p. 399.

46

40

questi autori hanno visto la storia, personale e collettiva, raffigurata nella città? E soprattutto quale storia hanno scelto essi stessi di proiettare nella propria rappresentazione dello spazio urbano?

Sono questi aspetti in parte già analizzati da Sibel Erol in riferimento alla poetica di Istanbul di Yahya Kemal, Ahmet Hamdi Tanpınar e Orhan Pamuk, tutti autori “canonici” della letteratura turca sulla città. La mia analisi intende contribuire alla riflessione avviata dalla studiosa allargando il campo d’indagine anche alle poetiche urbane di scrittori meno “classici” quali Yaşar Kemal e Latife Tekin come esempio di cronotopi “anti-canonici” della città in cui ad essere proiettate nello spazio urbano sono dimensioni temporali, storie e memorie marginalizzate dalla grande narrazione kemalista.

1.3.2. La città come testo nome, spazio: la prospettiva semiotico-culturale di