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Tendenze di riforma del sistema universitario.

Alla luce di quanto finora ricostruito in merito alla vicenda del sistema universitario italiano, è indubbio che già da tempo fosse avvertita l’esigenza da più parti di un rinnovamento concreto, in grado di coinvolgere tutto il mondo accademico, in tempi stretti costretto ad affrontare adempimenti e scelte fondamentali.

(60) Per le caratteristiche del regolamento in questione si v. E.GUSTAPANE, Brevi note sui regolamenti di

ateneo per l’amministrazione, la finanza e la contabilità, in Riv. trim. dir. pubbl., 1990, p. 85 ss; e L.

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Particolarmente in questi ultimi anni, in cui il processo di globalizzazione mondiale è andato via via espandendosi nei diversi settori della società civile, è stata fortemente avvertita la necessità di dedicare specifica cura al sistema universitario.

Per effetto di ciò, l’internazionalizzazione di quest’ultimo, è diventata oggi una priorità per i Paesi più industrializzati, requisito basilare per migliorare la qualità dell’istruzione e della formazione del capitale umano, onde evitare di subire perdite significative in termini economici e ed intellettuali.

Si tratta di aspetti bene evidenziati nel dibattito culturale e politico dei Paesi dell’Unione Europea, in considerazione del ruolo che nella società riveste il sistema universitario, che per prima cosa impone la necessità di favorire l’accesso di tutti all’istruzione e alla formazione, ampliandone gli accessi e riducendo gli ostacoli alla mobilità.

4.1. Dal processo di Bologna alla strategia UE2020.

Sulla base di queste premesse, dal 1989 l’architettura degli studi universitari in Italia è stata in parte rinnovata soltanto durante la legislatura 1996-2001. È fondamentale notare che proprio in quel periodo veniva evolvendosi il dibattito internazionale conosciuto come processo di Bologna e conclusosi appunto con la dichiarazione di Bologna del 19 giugno 1999.

Si trattava, come anticipato, di un processo avviato già da diversi anni, con il quale finalmente nel giugno 1999 i Ministri di 31 Paesi europei, facendo propri, ampliando e chiarendo i contenuti della Dichiarazione della Sorbona, sottoscrissero l’impegno a realizzare entro il primo decennio del 2000 uno Spazio Europeo dell’Istruzione Superiore secondo linee unitarie e con precisi obiettivi condivisi: dall’introduzione di un sistema di titoli accademici facilmente riconoscibili e comparabili (il sistema a tre cicli di primo, secondo e terzo livello); alla promozione della mobilità degli studenti, degli insegnanti e dei ricercatori; alla garanzia di un insegnamento di elevata qualità e l’introduzione della dimensione europea nell’insegnamento superiore.

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Sempre nel perseguimento di tali obiettivi, a meno di un anno di distanza, il Consiglio europeo straordinario del 23 e 24 marzo 2000 ha poi adottato la c.d. strategia di Lisbona, incentrata sull’obiettivo «di trasformare l’Europa

nell’economia più competitiva e dinamica al mondo basata sulla conoscenza, capace di una crescita economica sostenibile con più posti di lavoro e più qualificati e con una maggiore coesione sociale». A tal fine, il Consiglio ha

individuato una serie di priorità, specie nell’ambito dell’istruzione e della formazione. Gli interventi in questi settori hanno richiesto pertanto profonde trasformazioni strutturali, che ogni Paese ha cercato di attuare sia pur nell’ambito dei contesti culturali e giuridici nazionali, mediante il cosiddetto Metodo del Coordinamento Aperto, capace di fornire un nuovo quadro di cooperazione tra gli Stati membri per far convergere le politiche nazionali al fine di realizzare certi obiettivi comuni. Quest’ultimo funziona in ambiti che rientrano nella competenza degli Stati membri quali l'occupazione, la protezione sociale, l'inclusione sociale, l'istruzione, la gioventù e la formazione e si basa essenzialmente su: identificazione e definizione congiunta di obiettivi da raggiungere (adottati dal Consiglio); strumenti di misura definiti congiuntamente (statistiche, indicatori, linee guida); il

benchmarking, vale a dire l'analisi comparativa dei risultati degli Stati membri e lo

scambio di pratiche ottimali (sorveglianza effettuata dalla Commissione).

A seconda dei diversi ambiti, il Metodo di Coordinamento Aperto ha comportato misure dette di soft law, più o meno vincolanti per gli Stati membri, ma mai in forma di direttive, di regolamenti o di decisioni(61). Ad esempio, nel quadro della strategia di Lisbona, ha imposto agli Stati membri di elaborare piani di riforma nazionali e di trasmetterli alla Commissione.

La prosecuzione del ciclo della strategia di Lisbona, che si sarebbe dovuto concludere nel 2010, è invece rappresentata dalla nuova strategia ”UE 2020” . Questa si fonda sulle realizzazioni conseguite fino ad oggi sotto forma di partenariato per la crescita e l'occupazione, e si differenzia dalla strategia concordata

(61) Un’efficace disamina dei meccanismi in cui si traduce il Metodo del Coordinamento Aperto, si rinviene in M.COCCONI, Il diritto europeo dell’istruzione. Oltre l’integrazione dei mercati, Milano, 2006, p. 195 ss.

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a Lisbona nel 2000 perché affronta nuove sfide. La Commissione ritiene, infatti, che la strategia UE 2020 debba concentrarsi su quegli ambiti di intervento chiave che possano migliorare la collaborazione tra l’Unione e gli Stati membri e mirare più in alto grazie ad un uso migliore degli strumenti disponibili.

Il nuovo programma è il programma di tutti gli Stati membri, grandi e piccoli, vecchi e nuovi, più o meno sviluppati. L’Unione allargata è caratterizzata, infatti, da diversi livelli di sviluppo e quindi da esigenze diverse, per questo motivo la strategia UE 2020, può essere modulata in funzione di punti di partenza e di specificità nazionali diversi, al fine di promuovere la crescita per tutti.

La Commissione ritiene che l’UE 2020 debba essere guidata da fattori di stimolo tematici imperniati sulle seguenti tre priorità: una crescita basata sulla conoscenza come fattore di ricchezza, poiché in un mondo in cui i prodotti e i processi si differenziano in funzione dell’innovazione, le opportunità e la coesione sociale vanno potenziate valorizzando l’istruzione, la ricerca e l’economia digitale; un coinvolgimento dei cittadini in una società partecipativa, in quanto l’acquisizione di nuove competenze, l’accento sulla creatività e l’innovazione, lo sviluppo dell’imprenditorialità e la possibilità di cambiare facilmente lavoro sono i fattori essenziali in un mondo che offrirà più occupazione; un’economia competitiva, interconnessa e più verde, per cui l’UE dovrà essere più efficace in termini di competitività e produttività riducendo e razionalizzando il consumo delle energie rinnovabili e delle risorse, in un contesto in cui l’energia e le risorse implicano costi elevati e maggiore pressione concorrenziale. Un tale approccio consente di stimolare la crescita e di conseguire gli obiettivi ambientali. Tutti i settori tecnologici ne trarranno beneficio. A tal fine, potranno contribuire anche il potenziamento e l’interconnessione infrastrutturale, la riduzione degli oneri amministrativi e una maggiore rapidità dei mercati e sfruttare le innovazioni(62).

Esaminare perciò, per linee generalissime, le modalità con cui sulla scorta di tali stimoli si è inteso ridisegnare i tratti fondamentali del sistema universitario, nel

(62) Per ulteriori approfondimenti, si rinvia a G. ALLULLI, Politiche europee della formazione e delle

risorse umane. Dalla strategia di Lisbona a Europa 2020, 2012; e M.DECARO (a cura di), Dalla strategia di

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tentativo sia di adeguarlo alle esigenze di una società in costante sviluppo, sia di apportare quei correttivi necessari ad eliminare le criticità e le anomalie che l’hanno caratterizzato negli ultimi anni, può anzi rappresentare nell’attuale fase un’operazione quasi necessaria. Tutto ciò specialmente se – prescindendo dai risvolti politici sui quali non pare il caso doversi soffermare in questa sede - questa risulti invece finalizzata alla comprensione dell’attuale assetto dell’Università italiana, la cui regolamentazione troppo spesso è stata e continua ad essere caratterizzata da contorni poco chiari e definiti.

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CAPITOLO II