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Il primo tentativo di raccordo formale: la proposta di adesione dell’Unione europea alla CEDU e il controverso parere 2/94

IL SISTEMA DI STRASBURGO

3.1.2. Il primo tentativo di raccordo formale: la proposta di adesione dell’Unione europea alla CEDU e il controverso parere 2/94

L‟Assemblea parlamentare del Consiglio d‟Europa e il Parlamento europeo hanno svolto un ruolo pionieristico nel divulgare l‟idea di un‟adesione della Comunità europea alla Convezione europea dei diritti dell‟uomo. Formulata per la prima volta dall‟Assemblea parlamentare nel 198136, la proposta di adesione è stata rilanciata dal Parlamento europeo all‟inizio degli anni novanta in tre diverse risoluzioni adottate il 15 dicembre 199337, il 18 gennaio 199438 e il 26 aprile 199539. Nella seconda, in particolare, il Parlamento ha insistito, tra l‟altro, sul fatto che l‟assenza di un raccordo giuridico-formale tra i due sistemi di tutela causava lacune nel sistema comunitario, in ragione della sottrazione degli organi della Comunità europea al meccanismo di controllo convenzionale, e amplificava il rischio di divergenza interpretative. Le pressioni politiche esercitate dall‟Assemblea parlamentare del Consiglio d‟Europa e dal Parlamento europeo hanno sortito un primo effetto positivo: il 19 aprile 1994 il Consiglio dell‟Unione Europea

36 Risoluzione 745 (1981) del 29 gennaio 1981 adottata in occasione della trentaduesima sessione del Consiglio d‟Europa, reperibile sul sito www.coe.int , nella sezione Documents/Textes adoptés o

Documents/Adopted textes. Corre tuttavia l‟obbligo di puntualizzare che la prima proposta di adesione

della Comunità all‟Unione è stata formulata dalla Commissione europea nel noto Memorandum relativo all‟adesione delle Comunità alla Convenzione europea sulla salvaguardia dei diritti dell‟uomo e delle libertà fondamentali , del 4 aprile 1979, in Boll. CE. Per una disamina maggiormente dettagliata del contenuto del documento si rinvia a F. CAPOTORTI, Sull’eventuale adesione della Comunità alla

Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in Riv. dir. int., 1980, p. 5 ss; J. P. JACQUE, Communauté européenne et Convention européenne des droits de l’homme, in Mélanges Boulois, Paris, 1991, p. 331

ss.

37 Risoluzione sulle relazioni tra l‟Unione e il Consiglio d‟Europa, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee, C 20 del 24 gennaio 1994, p. 44.

38 Risoluzione sull‟adesione della Comunità alla Convenzione europea dei diritti dell‟uomo, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee, C 44 del 14 febbraio 1994, p. 32 ss., spec. Punti 1 e 3, p. 33.

39 Risoluzione su diritti dell‟uomo nel mondo per gli anni 1993/1994 e la politica dell‟Unione in materia di diritti dell‟uomo; reperibile sul sito del Parlamento europeo www.europarl.eu.int.

102 ha chiesto alla Corte di giustizia un parere sulla compatibilità della prospettata adesione con il Trattato CE40. In realtà il Consiglio ha sottoposto all‟esame della Corte una mera ipotesi di accordo, visto che i negoziati per la conclusione dello stesso non erano nemmeno stati avviati.

Nello specifico la Corte era stata chiamata a rispondere a tre quesiti: se la richiesta di parere in mancanza di un testo negoziale dell‟accordo di adesione fosse ricevibile; se la Comunità avesse la competenza a concludere un simile accordo; se il contenuto di detto accordo fosse compatibile con il Trattato CE. Sul primo quesito la Corte si è pronunciata positivamente accogliendo la ricevibilità dell‟istanza sulla base di due principali argomentazioni: la funzione preventiva dell‟articolo 228 TCE quale deterrente all‟insorgere di difficoltà nel corso del negoziato di un trattato e la diffusa conoscenza del testo della Convenzione alla quale l‟Unione avrebbe dovuto aderire. Accolta, dunque la ricevibilità, la Corte ha incentrato il proprio giudizio sul problema della competenza, omettendo intenzionalmente di valutare la compatibilità dell‟accordo di adesione con il Trattato comunitario, oggetto principale del quesito, in ragione della mancanza di un testo consolidato e, dunque, degli elementi necessari per adottare una decisione (punti 19-22 del parere).

La Corte ha sviluppato il proprio iter decisionale prendendo le mosse dall‟esame del principio di attribuzione come codificato nel Trattato di Maastricht, ma ammettendo che l‟attribuzione in materia di conclusione di accordi internazionali, potesse essere implicita. A tal fine essa ha esaminato in successione la possibilità di utilizzare il c.d. principio del parallelismo delle competenze e l‟art. 235 TCE. Come è noto, secondo il principio del parallelismo delle competenze, la Comunità può concludere accordi, in mancanza di esplicita previsione del Trattato, ogni volta che essa disponga

103 della competenza ad adottare un atto in tale materia sul piano interno41. La Corte ha rilevato che «nessuna disposizione del Trattato conferisce alle istituzioni comunitarie, in via generale, il potere di emanare regole in materia di diritti dell‟uomo o di concludere convenzioni internazionali in questa materia» (punto 27 del parere). Sulla base di siffatta premessa, implicante una interpretazione restrittiva di diverse disposizioni del Trattato, la Corte ha scartato la possibilità di applicare il principio del parallelismo. Infatti, a rigore di logica l‟applicazione del principio del parallelismo è indissolubilmente legata all‟accertamento dell‟esercizio della competenza interna42. Tuttavia, nel caso di specie, la Corte si trovava impossibilitata a riscontrare il mancato esercizio della competenza sul piano interno, in ragione della scarsa conoscenza del contenuto dell‟accordo che rendeva debole ed ipotetico il giudizio sul parallelismo. Conseguentemente la Corte ha dovuto verificare se un qualunque tipo di competenza in materia fosse potenzialmente esercitatile sul piano interno. Il problema del parallelismo è stato in tal modo assorbito da quello relativo alla possibilità di utilizzare, come base giuridica per l‟adesione l‟art. 235 TCE.

La Corte ha affermato che, allo stato, non esisteva nessuna disposizione che conferisse alla Comunità la competenza di emanare atti giuridici vincolanti in materia di diritti dell‟uomo né di concludere accordi internazionali in tale settore, e che una simile adesione non si sarebbe potuta ammettere attraverso l‟articolo 235 per le seguenti ragioni.

La Corte ha constatato che l‟adesione avrebbe comportato un «cambiamento sostanziale» (changement subsantiel) dell‟attuale regime comunitario di protezione dei diritti dell‟uomo poiché avrebbe inserito la Comunità in un

41 Il principio è stato sviluppato a partire dalla sentenza AETS del 31 marzo 1971, causa 22/70, Racc. , p. 26. Su tale principio e sui modi in cui esso si combina con l‟art. 235 del TCE si rinvia a P. MENGOZZI,

Il diritto delle Comunità europee, Padova 1991, p. 383.

42 Come la stessa Corte ha affermato nel parere 1/94 del 15 novembre 1994, Racc. , p.5297, l‟esercizio della competenza eserna deve essere anteriore o per almento contestuale a quello della competena interna.

104 sistema istituzionale internazionale distinto e integrato l‟insieme delle disposizioni di quest‟ultimo nell‟ordinamento comunitario. Una simile modifica del regime di protezione dei diritti fondamentali all‟interno della Comunità avrebbe avuto un «carattere costituzionale» (envergure

constitutionnelle) e, pertanto, avrebbe oltrepassato i limiti dell‟art. 235 TCE.

Solo una modifica dei Trattati attraverso l‟ordinaria procedura di revisione degli stessi avrebbe potuto consentire l‟ adesione (punti 34 e 35 del parere)43.

L‟iter decisionale seguito dalla Corte ha sollevato un ampio dibattito in dottrina, fortemente critico nei confronti del giudice comunitario. Senza entrare nel merito della diatriba in parola44, occorre rilevare che la maggior parte della dottrina ha concordato nel ritenere che dietro la scarsa linearità della struttura argomentativa della Corte si celava una duplice esigenza: impedire cessioni di sovranità alla rivale Corte di Strasburgo e preservare l‟autonomia dell‟ordinamento comunitario45. Se da un canto, dunque , la ratio

43 Tale sollecitazione è stata definita da autorevole dottrina come un inopportuno «rinvio alla politica», così A. BULTRINI, La pluralità dei meccanismi, op. cit. , op. cit., p. 293. Dello sesso Autore si veda anche, La questione dell’adesione della Comunità europea alla Convenzione europea dei diritti

dell’uomo di fronte alla Corte di Giustizia, in Rivista di diritto internazionale privato e processuale,

1997, p. 108.

44 Sui rilievi in dottrina relativi agli aspetti problematici del parere n. 2/1994 cfr. G. GAJA, Opinion

2/94, in Common Market Law Review, 1996, pp.973 ss., S. O‟LEARY, Current topic: Acession by the European Community to the Euroean Convention on Human Rights, The Opinion of the ECJ, in European Human Rights Law Review,1996, p. 362.; O. DE SCHUTTER e Y. LEJEUNE, L’adhésion de la Communauté à la Convention européenne des drotis de l’homme, a propos de l’avis 2/94 de la Cour de justice des Communautés, in Chiers de droit européen, 1996, p. 555 ; E. PAGANO, I diritti fondamentali nella Comunità europea dopo Maastricht, in Diritto dell’Unione europea, 1996, p. 163 ss.

L.S.ROSSI, Il parere 2/94 sull’adesione della Comunità europea alla Convenzione europea dei diritti

dell’uomo, in Il Diritto dell’unione europea, 1996, p. 839 ss. G. TIBERI, La questione dell’adesione della Comunità alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo al vaglio della Corte di giusitizia, in Riv. It. Dir. Pubbl. Comunit. , 1997, pp. 437., L. BETTEN- N. GRIEF, Eu Law and Human Rights,

London- New York, 1998, pp. 111-123; P. WACHSMANN, L’avis 2/94 de la Cour de justice relatif à

l’adhésion de la Communauté européenne à la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamenales, in Revue du droit eur., juill-sept, 1996 ; C. ZANGHI, Un’altra critica al parere n. 2/1994 della Corte sull’adesione della Comunità alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in Scritti in onore di G.F. Mancini, Milano 1998, p. 1101.

45 L‟ambiguità del parere della Corte si evince dai richiami che la stessa effettua della propria giurisprudenza in materia dei diritti dell‟uomo nonchè dell‟articolo F., n. 2 del Trattato di Maastricht (oggi art. 6.2 TUE): il giudice comunitario si preoccupa di contenere la portata delle proprie pronunce e della norma in questione,affermando che sulla base della propria giurisprudenza i diritti dell‟uomo costituiscono meri parametri di legittimità degli atti comunitari e che l‟articolo F.2 si limita ad un semplice richiamo alla protezione dei diritti cosi come tutelati dalla CEDU.

105 della Corte può essere definita eccessivamente restrittiva, dall‟altro rimane inconfutabile il rilievo dell‟inesistenza di una precipua base giuridica che legittimasse l‟adesione.

Fallito questo primo tentativo di raccordo formale46, la Corte di Strasburgo e la Corte di Lussemburgo hanno comunque incanalato i rispettivi orientamenti giurisprudenziali verso un sentiero di armonizzazione o, come ha finemente osservato la dottrina, «d’intégration douce»47 .

3.2. Dalla coesistenza alla “convergenza parallela”: prove