Il 5 maggio 2009, come ben noto, Lea Garofalo subisce il primo tentativo di sequestro; tentativo sicuramente attribuibile anche a Cosco Carlo e per il quale il medesimo è attualmente detenuto. Come si vedrà dalle dichiarazioni di Sabatino, quella iniziativa avrebbe dovuto condurre a un risultato esattamente identico a quello poi ottenuto qualche mese dopo a Milano.
Il tentativo di sequestro di GAROFALO Lea (Campobasso, 5 maggio 2009)
Acquisite le evidenze che attribuiscono al sequestro e omicidio di Lea GAROFALO l’inequivocabile connotazione mafiosa, si può quindi passare alla descrizione dei fatti, così come ricostruiti da questo ufficio, grazie all’attività svolta ed al contributo del collaboratore Angelo Salvatore CORTESE e di Salvatore SORRENTINO.
Stante il regime di protezione a cui era stata sottoposta la GAROFALO fin dal 2002, il piano di COSCO Carlo era sostanzialmente impraticabile.
Ciononostante l’uomo, dopo la sua scarcerazione, tenta invano di individuare le località protette in cui la donna, di volta in volta, viene custodita assieme alla figlia, Denise.
E’ la stessa ragazza, infatti, a riferire a questo Ufficio quanto segue.
Stralcio del verbale di sommarie informazioni rese da COSCO Denise il 5 marzo 2010
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Domanda: in quel periodo quindi, essendo sua madre sotto protezione, suo padre COSCO Carlo non sapeva dove si trovasse?
Risposta: sì, lo confermo. Posso però dire che, dopo che mio padre e mia madre si sono riavvicinati a seguito dell’uscita di mia madre dal programma di protezione, mia madre aveva rinfacciato a mio padre il fatto che questi aveva speso un sacco di soldi per sapere i luoghi segreti in cui mia madre ed io di volta in volta ci spostavamo. Mia madre infatti gli diceva che, anche se aveva speso tutti questi soldi per avere informazioni su di noi, lui comunque era sempre venuto a saperlo dopo che ci eravamo già spostate.
Il momento propizio giunge all’indomani della scelta spontanea della donna di uscire dal programma di protezione, nell’aprile 2009.
Da quella data, COSCO Carlo inizia una progressiva opera di “riavvicinamento” alla ex convivente, motivandola con il pretesto di affrontare insieme il futuro della figlia.
Ricapitolando brevemente i fatti, dopo quasi dieci anni passati in regime di collaborazione, GAROFALO Lea, verso il marzo del 2009, decide – come riferito da Denise per “provare a vivere tutti insieme a Campobasso” – di tornare a convivere con COSCO Carlo, unitamente a Denise e ad alcuni familiari, nell’abitazione di Campobasso, per l’occasione presa in affitto proprio dall’uomo.
Verso l’aprile del 2009, quindi dopo un brevissimo periodo di convivenza, la donna pone fine in modo alquanto deciso al rapporto letteralmente “cacciando” di casa il COSCO e i suoi familiari e continuando a vivere nell’appartamento assieme alla figlia.
Il 5 maggio 2009 accade un evento alquanto singolare.
Verso le nove del mattino, un sedicente tecnico si presenta alla porta dicendo di essere giunto per riparare la lavatrice, che effettivamente era guasta, così come riferisce a questi Uffici COSCO Denise:
Stralcio del verbale di sommarie informazioni rese da COSCO Denise il 25.11.2009
la lavatrice aveva effettivamente un guasto, di cui mio padre ne era a conoscenza e per cui aveva detto a mia madre che avrebbe chiamato un tecnico”.
Il tecnico in questione però, palesando evidentemente una scarsa manualità, insospettisce GAROFALO Lea al punto da indurla ad affrontarlo brandendo un coltello da cucina. Sul punto riferisce Denise:
Stralcio del verbale di sommarie informazioni rese da COSCO Denise il 25.11.2009
Io dormivo nella mia stanza. Mia madre mi ha raccontato dopo che questo tecnico le è subito sembrato anomalo perché sembrava non sapesse dove mettere le mani. Lei allora si è insospettita e dopo un po’ gli ha detto che se era venuto per ucciderla poteva farlo subito.
Mia madre mi ha allora detto che l’uomo le si è scagliato contro tentando di strangolarla.
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Mia madre, che nel frattempo aveva preso un coltello dalla cucina ed inoltre è pratica di qualche mossa di arti marziali, ha reagito colpendolo ai genitali. I rumori della colluttazione mi hanno fatto svegliare e uscendo dalla mia camera ho visto mia madre lottare con l’uomo. Ho aiutato mia madre picchiando l’uomo con forza fino a quando questo è riuscito a divincolarsi fuggendo. L’uomo però aveva abbandonato la cassetta degli attrezzi dentro la quale i carabinieri del posto hanno rinvenuto una pallina di gomma, dello spago, del nastro adesivo, delle forbici, un apparato per provocare delle scosse elettriche e dei cacciaviti.
L’uomo era di corporatura normale, alto, abbronzato, capelli neri e parlava italiano”.
Il racconto della ragazza, peraltro confermato dai Carabinieri del luogo che hanno operato il sequestro della cassetta, pone più di un quesito circa l’identità dell’aggressore, le reali motivazioni dell’atto e, eventualmente, il mandante di un simile gesto.
Quanto all’identificazione dell’aggressore, tramite le impronte digitali lasciate sull’apparecchio, i CC di Campobasso giungevano all’identificazione di SABATINO Massimo13.
Il dato che più interessa in questa sede è che lo stesso risulta essere stato controllato in data 16 novembre 2008 a Milano, presso via Montello 10, unitamente ai fratelli COSCO Carlo, COSCO Vito “SERGIO” e COSCO Giuseppe “SMITH” ed essere fratello di SABATINO Paola, ex convivente di FLOREALE Massimiliano, amico intimo del gruppo dei COSCO, sul cui coinvolgimento nella vicenda – allo stato degli atti marginale - si dirà in seguito.
Inoltre, come si avrà modo di illustrare, la figura di SABATINO Massimo si rivelerà fondamentale collegamento tra il fallito episodio in questione ed il sequestro – evidentemente riuscito - di Milano.
Ciò che qui rileva, e che sarà oggetto di analisi nel corso della presente nota, è che i parenti di SABATINO Massimo, quando sarà tratto in arresto dalla P.S. per altri reati nel dicembre 2009, già da quel momento si attiveranno presso i COSCO per avere i soldi necessari per le spese di giustizia del loro congiunto.
Orbene, SABATINO Massimo nel dicembre 2009 non aveva alcuna contezza del provvedimento restrittivo che da lì a poco (febbraio 2010) gli sarebbe stato notificato dall’A.G. di Campobasso.
Questo dato, già di per sé, giustificherebbe il fatto che SABATINO ritenesse di “vantare un credito” nei confronti dei COSCO.
Ma il dato ancora più rilevante è che se SABATINO si fosse reso responsabile esclusivamente del fallito sequestro di Campobasso, non avrebbe avuto molte ragioni per
“battere cassa” ai COSCO.
Quindi, il fatto che, già da dicembre 2009 i parenti del SABATINO si rivolgessero ai COSCO – con modi alquanto “decisi”, come si avrà modo di osservare dalle intercettazioni
13 Nato a Pagani (SA) il 6.11.1973, con numerosi precedenti di polizia tra cui rapina e stupefacenti (art. 74 DPR 309/90).
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telefoniche che verranno illustrate in seguito – per ottenere “quanto dovuto”, lascia intendere che SABATINO avesse buone ragioni.
Tali ragioni, essendo l’episodio di Campobasso “fallito”, possono essere ricondotte esclusivamente al credito vantato da questi nei confronti dei COSCO per avere preso parte ad un’azione “riuscita”: il sequestro di GAROFALO Lea.
In siffatta prospettiva, anche con riferimento al materiale rinvenuto nella cassetta degli attrezzi di SABATINO, ivi lasciata nella precipitosa fuga (nastro adesivo, una pallina ed un non meglio apparato idoneo a provocare elettrocuzione), le motivazioni alla base del gesto, più che finalizzato alla punizione o addirittura all’eliminazione fisica della GAROFALO (non sono stati rinvenuti idonei a cagionarne la morte) fanno propendere per un tentata forma di anomalo “interrogatorio” ai danni della predetta.