4. TEMPERAMENTO E CARATTERE
4.1. Teorie del temperamento e della personalità
Il temperamento si riferisce alla predisposizione emotiva congenita e può essere definito come l’apprendimento di abitudini associative basate sulla percezione (…) e rappresenta una struttura universale a cui riferire le peculiarità personologiche di individui
appartenenti a tutte le culture e gruppi etnici. (C. R. Cloninger, 1994b)
Il concetto di temperamento trova una notevole varietà di definizioni, ognuna delle quali riflette l’orientamento teorico del ricercatore che lo studia; la maggior parte dei ricercatori si trovano in accordo sulle seguenti funzioni relative al concetto di temperamento (Goldsmith et al., 1987):
• È un costrutto ipotetico di organizzazione usato per identificare una serie di processi che si riferiscono al modo in cui il comportamento è espresso, indipendentemente dal contenuto e dalle motivazioni del comportamento.
• I comportamenti che lo definiscono fanno la loro comparsa molto presto nella vita di un individuo, entro due mesi dopo la nascita.
• Ha una base biologica, ma ciò non significa che il temperamento sia necessariamente ereditato.
• È piuttosto stabile nel tempo e la sua espressione può essere influenzata da fattori biologici, maturazionali e da fattori contestuali.
Strelau (1983) è stato uno degli autori che ha effettuato una distinzione tra temperamento e personalità definendo il temperamento come il risultato
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dell’evoluzione biologica dell’individuo, che si sviluppa su basi fisiologiche ma può essere modificato dalle influenze ambientali, mentre la personalità è, secondo l’autore, il prodotto delle condizioni storiche e sociali, dell’apprendimento e della socializzazione e rappresenta i desideri e le aspettative personali di un individuo.
Thomas e Chess (Chess & Thomas, 1977b) definiscono invece il temperamento come uno “stile comportamentale” e gli attribuiscono la funzione di mediatore tra individuo e ambiente.
Altri autori come Goldsmith e Campos (1982) ritengono che il temperamento rifletta le tendenze comportamentali innate guidate dall’emozione e determinate dal livello di attivazione dell’organismo ed escludono dalla definizione gli aspetti cognitivi della personalità; infine Rothbart e Derryberry (Derryberry & Rothbart, 1988) comprendono nel concetto di temperamento ogni tipo di reazione e non soltanto quella di natura emotiva.
Teplov e Nebylitsyn (Teplov & Nebylitsyn, 1963) sono stati tra i primi autori ad avere l’intuizione di scindere il temperamento nell’attività generale (suddivisa in attività mentale, motoria e sociale) e nella emozionalità (suddivisa in sensibilità emozionale, impulsività e labilità emotiva), ed hanno indicato il sistema corticoreticolare come sistema deputato alla regolazione delle attività e quello limbico deputato alla regolazione delle emozioni.
Strelau ha successivamente elaborato la “teoria regolativa del temperamento” (RTT) secondo la quale il temperamento coincide con una serie di caratteristiche relativamente stabili dell’organismo ed è determinato biologicamente. Secondo questo autore temperamento e personalità si differenziano, in quanto il temperamento è il risultato dell’evoluzione biologica, invece la personalità è il frutto di condizioni sociali e storiche e si costruisce sulla base delle relazioni che il bambino stabilisce con
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l’ambiente che lo circonda. Gli aspetti che Strelau presenta come discriminanti tra la personalità e il temperamento sono:
• Il temperamento è determinato biologicamente, la personalità è il prodotto dell’interazione sociale.
• Le caratteristiche temperamentali possono essere individuate già dalla prima infanzia, la personalità viene plasmata nelle fasi di sviluppo successive.
• Le differenze individuali nei tratti temperamentali, come ansia, estroversione ecc. sono state riscontrate anche negli animali, mentre la personalità è prerogativa dell’uomo.
In questa teoria il temperamento quindi corrisponde a caratteristiche stabili determinate biologicamente, in particolare da meccanismi neurologici ed endocrini presenti fin dalla nascita e soggetti a piccoli cambiamenti dovuti alla maturazione e all’influenza dell’ambiente. Gli aspetti individuali in cui si rilevano le differenze temperamentali sono il livello di energia e le caratteristiche temporali delle reazioni.
Le differenti modulazioni energetiche nell’organismo si esprimono secondo due dimensioni o caratteristiche: la reattività e l’attività; per spiegare queste due caratteristiche Strelau ricorre al concetto di livello ottimale di attivazione.
Il livello individuale di reattività determina sia la quantità di stimolazione necessaria all’organismo, sia l’intensità delle risposte individuali agli stimoli. La reattività può influenzare la regolazione delle reazioni individuali in due modi:
a) mediante la determinazione della sensibilità (livello di soglia sensoriale) e della resistenza (intesa come capacità di lavoro delle cellule nervose in presenza di stimolazioni forti e prolungate); tra queste due componenti dovrebbe esistere una relazione inversamente proporzionale.
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b) tramite il coefficiente di elaborazione della stimolazione (SPC) che di fronte ad uno stesso stimolo tenderebbe a rafforzare l’intensità della risposta di coloro con un alto livello di reattività e ad indebolire quella di coloro con bassa reattività (Strelau, 1983).
In base a questi presupposti Strelau distingue individui ad alta reattività, con alta sensibilità e bassa resistenza che tendono ad evitare stimolazioni forti, visto che il loro livello di attivazione ottimale necessita di ridurre l’intensità degli stimoli in entrata, e individui a bassa reattività, con bassa sensibilità ed alta resistenza che hanno bisogno di stimolazioni intense per mantenere il livello di attivazione ottimale. Secondo l’autore quindi quanto più una persona è sensibile, cioè ha una soglia sensoriale bassa, tanto più le stimolazioni forti sono disturbanti e perciò il soggetto tende ad evitarle; al contrario per chi è poco sensibile, che ha una soglia sensoriale elevata.
L’altra dimensione temperamentale responsabile delle differenze individuali nel livello energetico del comportamento è l’attività, che sembrerebbe svolgere la funzione di regolare la richiesta di stimolazione dell’individuo in modo tale da assicurare un livello di attivazione ottimale per l’organismo. Gli individui a bassa reattività tendono a preferire attività coinvolgenti ed intense, quelli ad alta reattività invece attività più tranquille con inizio e fine prestabiliti.
Reattività e attività sono strettamente legate, dal momento che il bisogno di stimolazione predispone ad azioni che a loro volta hanno una funzione di stimolazione. La mancanza di equilibrio tra il livello di reattività e quello di attività può produrre dei disturbi del comportamento, una discrepanza in questi tratti del comportamento è considerata un fattore di rischio per disturbi della personalità (Strelau, 1983).
Thomas e Chess (Chess & Thomas, 1977b), definiscono che il temperamento non derivi da nessun attributo o fonte motivazionale e che la sua espressione è dinamicamente vincolata dai limiti imposti da stimoli, opportunità , aspettative e richieste provenienti
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dal mondo esterno; si tratta di un attributo psicologico che svolge una attività di mediazione nel rapporto dell’individuo con l’ambiente.
Secondo questi autori tra temperamento e ambiente vi è una reciproca influenza: da un lato l’ambiente influenza il temperamento e dall’altro il temperamento influenza le valutazioni, gli atteggiamenti e l’ambiente interpersonale. Il temperamento inoltre va valutato nel contesto sociale perché i vincoli legati al contesto sono responsabili di variazioni nell’espressione temperamentale; secondo questo punto di vista i tratti temperamentali partecipano alla determinazione delle proprietà ambientali.
Lo studio scientifico del temperamento ha inizio proprio con questi due autori che hanno valutato il temperamento partendo dall’infanzia e somministrando questionari ai genitori per valutare le differenze individuali presenti nei loro figli già poche settimane dopo la nascita(Chess & Thomas, 1977a).
Questi studi hanno permesso di identificare nove dimensioni del temperamento presenti ed osservabili fin dalla nascita e che in vari modi influenzano la personalità di ogni individuo; ogni soggetto ha un proprio temperamento, cioè un modo specifico, fondato su processi genetico-biologici, di rispondere al suo ambiente secondo queste nove caratteristiche. Tali modalità sono osservabili e misurabili e le misure nel loro insieme definiscono lo stile comportamentale dell’individuo nel suo ambiente di vita:
- livello di attività, riguarda la componente motoria;
- la ritmicità, ovvero la regolarità e la prevedibilità di funzioni biologiche;
- la risposta di avvicinamento come reazione a nuovi stimoli attraverso l’avvicinamento o il ritiro;
- l’adattabilità, ovvero la capacità di cambiare ed adattare il comportamento in una direzione socialmente desiderabile;
41 - la soglia di responsività;
- l’intensità della reazione;
- la qualità dell’umore;
- la distraibilità, come suscettibilità alle varie fonti di stimolazione interferenti;
- il grado e la durata dell’attenzione.
Queste modalità definiscono lo stile comportamentale dell’individuo nel suo ambiente di vita.
Le ricerche basate sul modello di Thomas e Chess, proseguite in Italia da Attili, mostrano che i tratti temperamentali precoci hanno buon valore predittivo per le future difficoltà di adattamento (Bagley & Mallick, 2000). Le qualità negative del temperamento (aritmicità, umore negativo, intensità delle reazioni emotive) correlano con successive difficoltà relazionali con la madre, l’ambiente e con l’adattamento scolastico.
Goldsmith e Campos mettono in rilievo la componente emotiva delle caratteristiche temperamentali, sostenendo che temperamento ed emozionalità sono termini interscambiabili e che lo studio del temperamento non può essere separato dallo studio dell’emozione (Goldsmith, Bradshaw, & Rieser-Danner, 1986).
Goldsmith interpreta il temperamento proponendo una distinzione tra espressione del temperamento e natura del temperamento, legata allo stato emotivo soggettivo ed al substrato neurofisiologico. Il sistema emotivo, interagendo con i fattori sociali e cognitivi può essere modificato da essi e a sua volta modificarli divenendo un sistema integrato e funzionale.
Rothbart e Derryberry (Rothbart, Ahadi, & Evans, 2000) hanno elaborato una teoria temperamentale che si propone di interpretare i fenomeni comportamentali di
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Goldsmith e Campos ampliando la loro analisi oltre i limiti della sperimentazione e dell’espressione delle emozioni. La loro visione riprende la teoria di Strelau assumendo che il temperamento consista nelle differenze individuali costituzionali, nella reattività e nell’autoregolazione, correlate alla natura biologica relativamente stabile e influenzata nel corso del tempo dall’eredità, dalla maturazione e dall’esperienza (Goldsmith, et al., 1987).
Questi autori ipotizzano l’esistenza di strutture encefaliche specifiche nel sistema nervoso sottostanti i sistemi di risposta ed una variabilità intra-individuale in diverse parti del sistema e nelle modalità di reazione alla stimolazione.
Tabella 2. Differenze tra le principali teorie temperamentali Teoria regolativa del temperamento
STRELAU (1974)
Il temperamento corrisponde ad un insieme di caratteristiche stabili, determinate da meccanismi neurologici ed endocrini che sono presenti fin dalla nascita e sono soggetti a lenti cambiamenti.
Teoria della personalità emergente BUSS E PLOMIN (1984)
Il temperamento è definito come la personalità primaria, geneticamente determinata, a forte componente ereditaria, che può essere individuata molto precocemente e che si dimostra relativamente stabile nel corso dello sviluppo. Tre tratti temperamentali soddisfano questi criteri: emotività, attività, socievolezza. Teoria dello stile comportamentale
THOMAS E CHESS (1977)
Il temperamento interessa lo stile del comportamento e svolge una attività di mediazione nel rapporto dell’individuo con l’ambiente.
Teoria della regolazione emozionale/ fisiologica
GOLDSMITH E CAMPOS ROTHBART E DERRYBERRY (1986)
La caratteristica temperamentale in rilievo è la componente emotiva; temperamento ed emozionalità sono termini interscambiabili e lo studio del temperamento non può essere disgiunto dallo studio dell’emozione.
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