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Teorie glottodidattiche di riferimento: l’apprendimento della seconda lingua

CAPITOLO 2: Gli apprendenti italiani e i loro errori nell’utilizzo della costruzione con 把 bǎ

1. Teorie glottodidattiche di riferimento: l’apprendimento della seconda lingua

Negli anni Sessanta del secolo scorso si comincia ad approfondire il tema dell’apprendimento della seconda lingua (Second Language Acquisition o SLA), ossia il processo attraverso cui si imparano altre lingue - definite anche come ‘lingua di arrivo’, ‘lingua target’ o ‘lingua seconda’ (L2) - oltre alla propria lingua materna (L1) (Wang 2009: 17).

I primi studi si concentrano prevalentemente sul prevenire errori commessi e difficoltà che gli studenti avrebbero potuto incontrare nello studio della seconda lingua (Wang 2009: 28). Nasce così l’‘analisi contrastiva’ (Contrastive Analysis), basata sul confronto tra la lingua madre e la seconda lingua che lo studente sta apprendendo. Secondo la teoria dell’analisi contrastiva, se le due lingue presentano elementi linguistici comuni, allora l’apprendimento sarà più semplice. Al contrario, se le due lingue non hanno alcun aspetto in comune, la difficoltà nell’apprendimento aumenta. Quindi, più le due lingue presentano differenze tra loro, più lo studente avrà difficoltà nell’apprendimento della seconda lingua (Wang 2009: 30). Ben presto, però, ci si rende conto che l’analisi contrastiva risulta limitante e talvolta fuorviante: se la lingua materna e la lingua seconda hanno aspetti diversi tra loro, non è detto che il grado di difficoltà che si incontra nello studio debba necessariamente essere elevato (Liu 2002: 20).

Corder, con il saggio “The significance of learners’ errors” (1967), è il primo a dare importanza agli errori commessi dagli studenti. Egli opera una chiara distinzione tra ‘errori’ (errors) e ‘sbagli’ (mistakes): i primi sono sistematici e inevitabili perché fanno parte del processo di apprendimento della seconda lingua; i secondi, invece, sono accidentali (Wang 2009: 38). Corder, attraverso questa distinzione, si rende conto che l’apprendente ha un proprio sistema linguistico, definito ‘competenza di transizione’ (Transitional Competence), proprio perché progredisce nel corso dell’apprendimento. Lo studioso arriva a formulare la cosiddetta ‘analisi degli errori’ (Error

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Analysis), un valido strumento per individuare lo stato del sistema linguistico dell’apprendente nei

diversi livelli del suo sviluppo (Bisisio 2012: 56). Quest’ultima si divide in cinque fasi:  Raccolta del materiale linguistico

 Distinzione degli errori  Descrizione degli errori  Spiegazione degli errori  Valutazione degli errori

Nel 1969, sulle orme di Corder, Selinker utilizza il termine ‘interlingua’ (Interlanguage) per indicare la lingua che si sviluppa tra la lingua madre e la lingua seconda; processo che Corder definiva come ‘competenza di transizione’. Selinker comprende subito che la lingua parlata dai discenti differisce per forza di cose da quella appresa e parlata dai nativi. Mentre l’interlingua prende in considerazione l’intero sistema linguistico dello studente considerandolo autonomo, i difetti principali dell’analisi contrastiva e dell’analisi degli errori stanno proprio nel fatto che la prima non guarda alla lingua dell’apprendente come a un sistema indipendente, mentre la seconda si limita a segnalare e ad analizzare solo gli errori commessi dai discenti (Wang 2009: 54).

Uno dei concetti chiave dell’interlingua è quello che Corder definisce ‘sillabo interno’ (built-

in syllabus): un sistema che guida l’apprendente nello sviluppo della propria interlingua.

L’apprendimento della seconda lingua procede, quindi, secondo sequenze sistematiche, precise e indipendenti dalla lingua madre (Wang 2009: 51).

1.1 Ordine di acquisizione nella seconda lingua

A seguito delle ricerche sull’interlingua, si approfondisce anche il tema dell’‘ordine di acquisizione’ nella seconda lingua.

Nel 1973 Brown osserva il processo di acquisizione di quattordici morfemi grammaticali inglesi in tre bambini di madrelingua inglese. Egli scopre che esiste un ordine di acquisizione poiché questi morfemi vengono utilizzati e appresi dai tre bambini nello stesso modo (Wang 2009: 87). Sempre nel 1973, Dulay e Burt, prendendo le mosse dallo studio di Brown, osservano 151 bambini spagnoli, tra i cinque e gli otto anni, nello studio della lingua inglese e, in particolare, nell’apprendimento di otto morfemi. I due studiosi scoprono che l’ordine di apprendimento degli otto morfemi è uguale per quasi tutti i bambini. L’ordine di acquisizione trovato da Brown differisce, però, da quello stilato da Dulay e Burt. Questo dimostra ancora una volta che il sistema

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d’apprendimento della seconda lingua è autonomo e indipendente da quello della lingua madre (Wang 2009: 90).

Nel 1974 Bailey, Madden e Krashen spostano la ricerca su un campione di 73 adulti di diversa provenienza. I risultati dimostrano che l’ordine di acquisizione dei morfemi è simile per quasi tutti gli adulti, anche se di diverse nazionalità, e analogo anche a quello dei bambini stilato da Dulay e Burt. Durante l’apprendimento della seconda lingua, gli studenti commettono inevitabilmente degli errori. Questi, però, non provengono solo da un’interferenza con la lingua madre, ma fanno parte di un processo interno all’interlingua (Wang 2009: 90).

Gli studi sull’ordine di acquisizione nella seconda lingua comprendono due aspetti: ‘la sequenza di acquisizione’ (the sequence of acquisition) e ‘l’ordine di acquisizione’ (the order of

acquisition). La ‘sequenza di acquisizione’ indica il processo graduale attraverso cui uno specifico

elemento linguistico viene acquisito; lo studente apprende una certa regola della lingua attraverso uno sviluppo che va da “zero” a una “completa” padronanza di essa. L’‘ordine di acquisizione’ si riferisce, invece, al modo in cui diversi elementi linguistici vengono acquisiti; ci sono elementi linguistici che vengono appresi prima e altri dopo (Wang 2009: 88). Analizzare solo gli errori non permette di avere un quadro generale del processo di acquisizione della seconda lingua. È necessario, dunque, prendere in considerazione l’intero sistema linguistico dell’apprendente per conoscerne le regole e le caratteristiche nei diversi stadi di sviluppo (Wang 2009: 88).

Le ricerche sull’apprendimento del cinese come seconda lingua iniziano negli anni Ottanta; quelle relative all’ordine di acquisizione pochi anni dopo (Wang 2009: 22). Come anticipato in precedenza, gli studi sull’ordine di acquisizione dei diversi modelli di frasi con 把 bǎ sono pochi e riguardano per lo più studenti asiatici6.

A oggi non risultano essere ancora stati avviati studi specifici sulle modalità di apprendimento degli studenti italiani. Dal momento che la costruzione con 把 bǎ risulta essere di difficile comprensione, si ritiene qui necessario approfondire alcune questioni.

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Per una trattazione completa degli studi relativi l’ordine di acquisizione dei diversi modelli di frasi con 把 bǎ da parte degli apprendenti stranieri si vedano le ricerche di Yu (2000), Lin (2001), Li e Deng (2005) e Cheng (2006), citate nel primo capitolo.

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