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2.5 Egagri e Mufloni come esempio di introduzioni antropiche

3.2.6 Teorie sulle cause del turnover faunistico

All’inizio dell’Olocene tutti i mammiferi vertebrati endemici escluso il toporagno risultano estinti. Le cause di questo cambiamento sono prevalentemente attribuite e fattori climatici ma, esistono teorie che attribuiscono all’uomo la responsabilità dell’estinzione degli endemismi dell’ultima biozona. La principale teoria formulata a favore di un coinvolgimento antropico nelle cause di estinzione della fauna endemica cretese è stata formulata da Lax e Strasser in un articolo nel 1992. Il modello Lax e Strasser rifiuta la possibilità che l’estinzione sia avvenuta per cause ambientali e ne attribuisce la responsabilità all’uomo. Il modello Lax e Strasser venne originariamente proposto da Diamod nel 1984 e nel 1989 per spiegare altri casi di estinzione formulando una teoria (modello Sitzkrieg) che attribuiva una responsabilità indiretta dell’uomo in riferimento ed opposizione al modello proposto da Mossiman e Martin nel 1975 (modello Blitzkrieg) che spiegava l’estinzione dei mammiferi con l’eccessiva pressione venatoria da parte dell’uomo (overkill). Seguendo il modello di Diamond, Lax e Strasser suggerirono che

dell’uomo sull’habitat isolano. Questo sarebbe avvenuto a causa delle pratiche agricole che fecero scomparire gli habitat favorevoli agli animali indigeni che si trovavano a competere anche per le risorse con la nuova fauna introdotta dai nuovi colonizzatori neolitici all’inizio del VII millennio a.C. Il modello overkill viene rifiutato sulla base di una serie di argomentazioni che hanno sostanzialmente il fulcro nell’assenza di evidenze archeologiche sulla presenza pre-neolitica di gruppi di cacciatori\raccoglitori. Secondo Lax e Strasser alcuni endemismi sopravvissero fino all’arrivo dei coloni neolitici e la loro scomparsa non deve essere attribuita ai cambiamenti climatici poiché questi avrebbero dovuto avere effetto su tutti i taxa e non solo su alcuni. Le cause climatiche vengono escluse gli autori concludono che il modello di Diamond è quello più appropriato a spiegare le estinzioni cretesi. Se da un punto di vista teorico il modello può essere corretto non è sufficientemente supportato dai dati disponibili (per una disamina dettagliata vedi Isaakidou 2004). Applicare a Creta il modello Lax e Strasser risulta problematico per una serie di evidenze archeologiche e archeozoologiche. In primo luogo c’è un gap cronologico molto lungo fra i dati concernenti gli ultimi endemismi documentati e il primo insediamento umano certo. Se si esclude la Crocidura zimmermanni trovata da Payne anche in un record archeozoologico (1995) non esiste nessuna evidenza certa della presenza di endemismi al tempo dei primi contadini neolitici. I vertebrati endemici risultano finora manifestamente assenti dai campioni archeozoologici e questo fa ritenere improbabile che gli antichi abitanti di Creta abbiano completamente ignorato per esempio i cervi indigeni presunti sopravvissuti. È improbabile che la presenza di fauna non abituata ad essere predata (come ci si aspetterebbe da quella cretese data l’assenza di carnivori) non sia stata oggetto di caccia intensiva tale da lasciare tracce archeologiche (Scüle 1993, Simmons 1999). Nel modello della responsabilità antropica indiretta formulato da Diamond, dato che il processo di estinzione si compirebbe in un arco di tempo molto ampio, spesso in millenni, le tracce della coesistenza fra umani e animali estinti dovrebbero sopravvivere (Diamon 1989). La scomparsa definitiva degli animali, inoltre, risulterebbe influenzata dalla densità umana e dallo sviluppo e diffusione di metodi di allevamento e di agricoltura intensivi che non hanno paralleli nelle comunità del Neolitico Antico. Secondo Halstead (2000) i metodi e le tecnologie agricole e di allevamento di queste comunità preistoriche non avrebbero potuto produrre un grado di distruzione ambientale necessario a provocare un’estinzione. Un maggior impatto sull’ecosistema

potrebbero aver avuto gli incendi provocati per creare nuovi pascoli e terre coltivabili, soprattutto se sfuggiti di mano. L’analisi della concentrazione di carbone nei pollini potrebbero evidenziate questa pratica ( Halstead 2000) ma i dati di questo tipo sono finora estremamente limitati per Creta (Atherden 2000). Allo stato attuale della ricerca si tende ad escludere che l’estinzione degli endemismi cretesi sia da attribuire i contadini neolitici. Per quanto riguarda i gruppi di cacciatori\raccoglitori per i quali esistono prove di viaggi in mare aperto nell’Egeo (cfr. Cap 2) non esistono ad oggi prove di insediamenti permanenti o contatti sporadici con Creta2 (Broodbank 2000, Cherry 1990, Runnels 1995, Broodbank e Strasser 1991). È tuttavia improbabile che nessun uomo abbia mai messo piede su Creta sia volutamente o accidentalmente prima del Neolitico. L’isola è infatti ben visibile da svariate miglia a largo in virtù della sua estensione, configurazione e topografia. I forti venti e le correnti del Nord la rendono una dei luoghi di naufragio più probabile da chi affrontava viaggi in mare aperto intorno alle Cicladi (Broodbank e Strasser 1991). La mancanza di prove non significa infatti la prova di una reale assenza. Dalla fine dell’ultimo glaciale la risalita del livello marino può aver causato la scomparsa di siti del Paleolitico superiore e del Mesolitico modificando anche profondamente la linea di costa. Fattori come l’erosione ed eventi alluvionali devono aver inoltre trasformato il paesaggio isolano fin dal Pleistocene (Pope 1993). La mancanza o la scarsità di studi sistematici sulla geormofologia dell’isola nel quaternario e di indagini geoarcheologiche non consente di escludere con certezza l’ipotesi di frequentazioni pre-neolitiche. Da un punto di vista archeologico il metodo maggiormente utilizzato per la localizzazione dei siti è quello dei surveys estensivi (Watrous 1994) mentre quelli intensivi risultano estremamente scarsi. Altri periodi, l’età del Bronzo in primis, hanno attirato l’interesse degli studiosi e risultano maggiormente indagati. L’assenza di testimonianze pre-neolitiche potrebbe essere dovuta da una lacuna degli studi e dalla labilità e poca visibilità delle tracce archeologiche lasciate dai gruppi di cacciatori\raccoglitori che frequentarono l’isola. È sempre possibile, quindi che un sito come quello cipriota di Akrotiri-Aetokremnos possa essere un giorno trovato. Detto questo, nei numerosi siti finora investigati che hanno restituito faune endemiche non sono stati trovate evidenze convincenti di una coesistenza fra queste e l’uomo pre-neolitico e

neolitico (Cherry 1990, Hamilakis 1996, Strasser 1992). Sulla base di queste evidenze, l’assenza di tracce di un’occupazione più o meno stabile dell’uomo pre neolitico, viene attribuita alla mancanza a Creta di quelle risorse appetibili e ricercate dai gruppi di cacciatoti-raccoglitori alla fine del Pleistocene e l’inizio dell’olocene. L’assenza di risorse avrebbe scoraggiato rischiosi viaggi per mare e nel caso di naufragi la permanenza deve essere stata molto breve e tale da non lasciare tracce visibili. L’assenza o la scarsità di siti paleolitici a Creta ma anche nel resto delle isole del mediterraneo potrebbe essere dovuta come fa notare Cherry (1990) al disinteresse piuttosto che ad un’effettiva ignoranza geografica o incapacità tecnologica dei potenziali coloni (vedi anche Broodbank e Strasser 1991).

3.2.7 Conclusioni

L’estinzione di mammiferi endemici di Creta non sembra essere stata causata dai coloni Neolitici. Nessun dato paleontologico, archeologico, archeozoologico ne biogegrafico o di ecologia animale supportano questa tesi. Le estinzioni cretesi sono maggiormente attribuibili ai cambiamenti climatici ma non è da escludere che siano state in qualche modo aiutate da predatori umani durante la transizione fra il targo Glaciale e il primo Olocene in un momento ecologicamente sfavorevole agli animali. Sulla base delle due biozone ipotizzate da Sondaar è stato riconosciuto un turnover faunistico durante il Pleistocene Superiore. È anche ipotizzabile come suggerisce Isaakidou (2004) che un altro turnover possa essere avvenuto alle soglie dell’Olocene per dimostrare il quale però servirebbero maggiori scavi sistematici e datazioni di località paleontologiche cretesi. Si può concludere quindi, che quando i primi coloni giunsero sull’isola all’inizio del 7° millennio a.C. non trovarono niente da cacciare che fosse più grande di un toporagno. I contadini neolitici portarono con loro gli animali domestici e selvatici necessari alla produzione di cibo pelli forza lavoro e qualsiasi altra utilità potessero trarne. L’assenza di grandi mammiferi indigeni ebbe principalmente due conseguenze fondamentali. La formazione e lo sviluppo di popolazioni selvatiche di animali domestici sfuggiti o immessi sul territorio dall’uomo (il caso a Creta della capra selvatica o agrimi) che non trovarono impedimenti in competitori selvatici. Secondo, la modifica anche sostanziale della flora con l’introduzione e la conseguente creazione dei pascoli per i nuovi animali domestici in un ambiente che era stato privo di grandi erbivori brucatori. Attualmente, la distribuzione delle macchie di

sempreverdi e gariga è fortemente condizionata da una serie di stress ecologici di origine prettamente antropica (pascolo, incendi, aratura).

3.3 Sardegna