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Terapia a target molecolare (Target therapy)

Sono stati investigati nuovi agenti a target molecolare in trials clinici di fase II e III, i quali includono inibitori dell’angiogenesi, singoli e multipli inibitori tirosin-chinasici e nuovi

SSA (per es. pasireotide). Il multiplo inibitore tirosin-chinasico sunitinib e l’inibitore di

mTOR (target mammario della rapamicina) everolimus rappresentano i principali

avanzamenti nel campo dei NET e sono stati valutati in trials placebo-controllati di fase III.

Mentre la remissione tumorale è rara con queste piccole molecole, la stabilizzazione di malattia è osservata in un’alta percentuale di pazienti (60-80%). Dal momento che una

bassa percentuale di progressione può anche verificarsi nel corso naturale della malattia,

sono stati richiesti trials placebo-controllati. Il primo endpoint di tali studi è stato la PFS,

date le basse percentuali di remissione parziale osservate negli studi di fase II.

Tumori neuroendocrini del pancreas

Everolimus e sunitinib rappresentano nuove opzioni di trattamento nei NET pancreatici avanzati. L’uso dell’everolimus nei NET pancreatici è supportato da un ampio studio di

fase II con 160 pazienti e da uno studio placebo-controllato di fase III con 410 pazienti.

Nello studio di fase II è stato richiesto come criterio di inclusione il fallimento di almeno

una linea di chemioterapia. Un sottogruppo di pazienti ha ricevuto in precedenza octreotide

ed ha continuato il trattamento dopo aver iniziato la terapia con everolimus. Un’ alta

percentuale di stabilizzazione di malattia dopo precedente progressione tumorale è stata

57

concomitante, rispettivamente [170]. Nello studio placebo-controllato, è stato ottenuto un prolungamento della PFS di 6.4 mesi con l’everolimus rispetto al placebo (11.0 vs. 4.6

mesi). C’è stato un consistente beneficio tra sottogruppi (in relazione ad età, genere, sito di

origine, grado tumorale, performance status WHO, precedente uso di SSA a lunga azione o

chemioterapia). La percentuale di remissione tumorale è stata, comunque, bassa (5%). L’everolimus ha avuto un accettabile profilo di tollerabilità. I più frequenti effetti

collaterali hanno incluso stomatite (64%), rash (49%) e diarrea (34%), ed i più frequenti di

grado 3/ 4 sono stati stomatite (7%), anemia (6%) e iperglicemia (5%) [171]. Everolimus rappresenta un’opzione di trattamento dopo fallimento dela chemioterapia nei NET

pancreatici, ma può anche essere considerato come terapia di prima linea in casi selezionati

come trattamento alternativo alle terapie loco regionali o alla chemioterapia. Infatti, lo

studio RADIANT-3 ha incluso un 40% di pazienti senza precedenti terapie, e l’efficacia è

stata ugualmente buona sia in tali pazienti che in quelli con precedenti terapie [171]. Il suo

generale, precoce uso non può essere raccomandato per la mancanza di dati sulla tossicità a lungo termine. Nel maggio del 2011 la FDA ha approvato l’everolimus (Afinitor®) per il

trattamento dei tumori neuroendocrini di origine pancreatica in progressione nei pazienti con malattia non resecabile, localmente avanzata o metastatica. In conformità, l’Agenzia

Europea del Farmaco si è espressa di recente positivamente per l’everolimus.

I risultati di uno studio di fase III placebo-controllato hanno supportato l’efficacia del

sunitinib , un inibitore multiplo tirosin- chinasico che lega PDGF-R, VEGF-R, c-kit, RET e

FLT-3, nei NET pancreatici in progressione. Il sunitinib è stato prima studiato in uno

studio di fase II con 107 pazienti inclusi 66 pazienti con NET pancreatico. La percentuale

di risposta obiettiva è stata del 16.7% nei NET pancreatici e quella di stabilizzazione di

malattia del 68% [172]. Lo studio di fase III placebo-controllato di sunitinib (37.5 mg/die

58

arruolato 171 pazienti al di fuori dei 340 pianificati. L’end point primario dello studio, la

PFS, è stata superiore nel braccio con sunitinib con 11.1 mesi rispetto ai 5.5 mesi del

braccio con placebo [173]. La percentuale di remissione obiettiva è stata inferiore al 10%. I

più frequenti effetti collaterali sono stati diarrea (59%), nausea (45%), vomito (33%),

astenia (33%) e fatigue (32%). Gli eventi avversi sono stati raramente di grado 3 o 4 e più

frequentemente si sono verificati ipertensione (10%) e neutropenia (12%) [173]. Il sunitinib (Sutent®) è stato recentemente approvato dalla FDA e dall’ EMA per il

trattamento dei NET pancreatici ben differenziati avanzati e in progressione. La

maggioranza dei pazienti è stata sottoposta a precedente terapia sistemica, in particolare a

chemioterapia sistemica. La principale indicazione del sunitinib è il suo uso come seconda

o terza linea di terapia. Come per l’everolimus, in base alla mancanza di dati a lungo termine sull’uso di tale farmaco nei NET, il sunitinib dovrebbe essere considerato come

prima linea di terapia solo in casi selezionati come opzione terapeutica alternativa se gli

SSA, la chemioterapia e/o le terapie loco regionali non sono fattibili o promettenti.

In linea generale, le piccole molecole come il sunitinib o l’everolimus dovrebbero essere

usate dopo il verificarsi di progressione tumorale. In casi eccezionali, come malattia

sintomatica, bulky o intolleranza alla terapia in corso, o se il paziente non è candidabile

alla chemioterapia o alle terapie loco regionali, everolimus e sunitinib potrebbero essere

presi in considerazione come opzione terapeutica di prima linea. Non c’è preferenza di

grading (G1 o G2) in relazione alla considerazione terapeutica dei farmaci a bersaglio

molecolare nei NET. La maggior parte dei pazienti nei trials clinici trattati con everolimus

o sunitinib aveva malattia avanzata. Finora non è chiaro se il paziente può trarre beneficio

da un trattamento precoce. Sono richiesti fattori predittivi di risposta per razionalizzare l’approccio terapeutico in futuro.

59

Tumori neuroendocrini di origine extrapancreatica (carcinoidi)

Nel più ampio studio disponibile sui NET di differenti sedi (carcinoidi), soprattutto NET

intestinali con storia di sindrome carcinoide (RADIANT-2), everolimus (10 mg/die per os)

o placebo sono stati somministrati insieme ad octreotide LAR 30mg ogni 4 settimane i.m.

in entrambi i bracci di trattamento. In questo studio sono stati inclusi 429 pazienti con malattia in progressione nei 12 mesi precedenti l’entrata nello studio. La popolazione di

pazienti è stata inaspettatamente eterogenea, per cui il gruppo di studio a cui si mirava

inizialmente, per es. il sottogruppo midgut, ha rappresentato solo circa il 50% della

popolazione totale dei pazienti. Altri siti di tumore primitivo hanno incluso polmone, colon e pancreas tra gli altri, ma anche primitivi sconosciuti. L’end point primario del trial, la

PFS, è stata di 16.4 mesi con everolimus/octreotide e di 11.3 mesi con placebo/octreotide.

Tuttavia, il risultato ha mancato di poco la significatività statistica [174] e il farmaco non è stato approvato per i NET extrapancreatici. L’esame radiologico locale, però, supporta una

certa efficacia del farmaco. Date le limitate opzioni per la terapia antiproliferativa nei NET

di origine midgut e da altri siti extrapancreatici, everolimus, se disponibile, può essere

considerato come opzione terapeutica nei NET in progressione, funzionanti e non

funzionanti, quando le altre opzioni terapeutiche (SSA, IFN, PRRT e terapie loco

regionali) hanno fallito. Everolimus può essere usato con o senza SSA concomitanti. Non c’è una chiara evidenza che la combinazione di everolimus ed octreotide LAR è superiore

all’ everolimus in monoterapia., per questo la terapia combinata non può essere

raccomandata nei tumori non funzionanti. Sebbene gli effetti collaterali siano in generale

lievi ed includano più frequentemente stomatite (62%), rash (37%) e fatigue (31%), everolimus dovrebbe essere usato con cautela visto che l’immunosoppressione persistente

60

circa il 20% dei casi. Un altro potenziale effetto collaterale è rappresentato dagli eventi

polmonari ( per es. infiltrati polmonari, polmoniti interstiziali) che si verificano in circa il 12% dei pazienti. Per questo è richiesta un’attenta sorveglianza dei pazienti.

L’inibitore tirosin chinasico multiplo, infine, non può essere raccomandato nei NET

extrapancreatici vista l’assenza di trials che supportino la sua efficacia. Solamente 41

pazienti con NET extrapancreatici di differenti sedi sono stati trattati con sunitinib in uno

studio di fase II, e più della metà ha ricevuto octreotide concomitante. Una risposta

tumorale parziale è stata osservata nel 2% dei pazienti. Il tempo a progressione è stato di

10 mesi, senza il requisito di malattia in progressione precedente al sunitinib [172].

Indicazioni terapeutiche differenziali

Diversi parametri, inclusa la funzionalità, il sito del tumore primitivo, il grading, la positività all’SRI, l’estensione delle metastasi epatiche e le localizzazioni extraepatiche

incluse le metastasi ossee hanno un impatto sulle decisioni terapeutiche.

Gli SSA rappresentano la prima linea terapeutica nei NET G1 funzionanti e non

funzionanti di origine midgut con metastasi epatiche diffuse. Nei pazienti con pattern

complesso bilobare di metastasi epatiche, se la malattia è limitata al fegato, il trattamento

con SSA rappresenta un approccio alternativo alla chirurgia nei tumori midgut. Le terapie

di seconda linea nei NET funzionanti, dopo fallimento degli SSA, includono le terapie

ablative e loco regionali, IFN-α e PRRT. Nei NET non funzionanti la PRRT è spesso usata

come terapia di seconda linea in assenza di altri agenti antiproliferativi approvati.

Everolimus può essere un’opzione terapeutica se disponibile. Se è presente malattia

extraepatica, possono essere richieste terapie aggiuntive (per es. i bifosfonati) e la PRRT può essere considerata più precocemente nell’algoritmo terapeutico.

61

Nei NET pancreatici G1/G2, sono disponibili diverse opzioni terapeutiche. Mancano trials

clinici comparativi, quindi attualmente le diverse terapie non possono essere posizionate

secondo un ordine specifico. Nei NET pancreatici gli SSA , la chemioterapia, i nuovi

agenti a target molecolare (sunitinib ed everolimus) e la PRRT sono opzioni di trattamento.

Se è presente malattia extraepatica nei NET pancreatici, le terapie loco regionali in

generale non sono indicate a meno che non siano richieste per un miglior controllo dei

sintomi. Nei NEC G3 scarsamente differenziati metastatici di qualsiasi sede, è utilizzato il

62 FOLLOW UP

Le indagini di follow up dovrebbero includere i parametri biochimici e l’imaging

convenzionale.

Nei pazienti con NET G1/G2 resecati con R0/R1 è raccomandata l’esecuzione di imaging

ogni 3-6 mesi, nei NEC G3 ogni 2-3 mesi. La stessa schedula è raccomandata in pazienti

con malattia epatica non resecabile ad intervalli di 3 mesi dalla diagnosi iniziale e

prolungamento a 6-12 mesi se la malattia è stabile, specialmente nei NET G1. L’SRI come

octreoscan o PET/TC con 68Ga-SSA dovrebbe essere incluso nel follow up ed è raccomandato dopo 18-24 mesi se inizialmente positivo e affidabile. L’SRI può essere

considerata precocemente per escludere malattia extraepatica se la CgA o gli altri

biomarkers (NSE) sono in aumento, specialmente se l’imaging convenzionale ha indicato

stabilità di malattia epatica. In caso di rapida progressione tumorale o se mancano informazioni dall’imaging, può essere necessaria una biopsia delle metastasi epatiche per

63 PREMESSA

I recenti studi sulle targeted therapy hanno affermato il ruolo di mTOR inibitori e TK

inibitori nel trattamento dei NET in stadio avanzato; non esiste però accordo o indicazioni

di elevata evidenza sulle linee successive di trattamento. La chemioterapia con

fluoropirimidine ha dimostrato di avere attività ed efficacia sia nei NET pancreatici che

gastroenterici.

Lo studio di Bajetta et all. ha dimostrato che il regime chemioterapico XELOX

(capecitabina + oxaliplatino) ha attività ed efficacia nei NET con basso o moderato grado

di differenziazione [157]. Tale regime appare quindi essere una valida proposta di

trattamento in pazienti pretrattati.

L’oxaliplatino è uno dei composti di coordinazione del platino, che agiscono mediante la

formazione di legami covalenti intra- o inter-catenari a livello delle molecole di DNA,

inibendo così la replicazione e la trascrizione del DNA e inducendo indirettamente l’apoptosi cellulare. La tossicità più importante e caratteristica dell’oxaliplatino è la

neurotossicità periferica principalmente sensoriale. Altre tossicità attese includono nausea

e vomito (in genere di grado lieve-moderato), mielodepressione (non severa) e anafilassi.

Il 5-fluorouracile (5-FU) è un antimetabolita della classe degli antagonisti delle pirimidine,

che agisce inibendo la timidilato sintetasi, enzima coinvolto nella sintesi delle pirimidine, e

portando in questo modo a riduzione della sintesi e dei processi di riparazione del DNA,

con conseguente apoptosi. Il 5-FU può causare soprattutto tossicità gastrointestinale

(tossicità dose-limitante), mielodepressione (soprattutto neutropenia), fotosensibilità,

tossicità cutanea (alterazioni ungueali, congiuntivite, sindrome mano-piede, ecc.) e

64

La capecitabina (fluoropirimidina orale) è un profarmaco che viene convertito in 5- fluorouracile mediante l’azione di enzimi presenti a livello epatico e intratumorale. Le

tossicità principali sono rappresentate dalla sindrome mano-piede e dalla diarrea.

Il profilo di tossicità favorevole della combinazione di fluoropirimidina e oxaliplatino, insieme all’ attività della combinazione dimostrata in altre patologie neoplastiche

gastrointestinali e nei NET in progressione ad analogo della somatostatina, ci hanno

portato a valutare attività, efficacia e tollerabilità di questo regime in pazienti affetti da

65 MATERIALI E METODI

Popolazione di studio

La popolazione dello studio è costituita da pazienti con NET di origine

gastroenteropancreatica e polmonare ben o moderatamente differenziato (G1-G2 secondo

la classificazione WHO 2010) confermato istologicamente, in progressione dopo

precedente trattamento con SSA, non resecabile o metastatico. Tali pazienti potevano aver

ricevuto più linee precedenti di trattamento comprendenti analoghi della somatostatina,

chemioterapia, interferone o terapia radiometabolica. Sono stati valutati retrospettivamente

20 pazienti che avevano ricevuto un trattamento chemioterapico con FOLFOX o XELOX

per neoplasia neuroendocrina metastatica o localmente avanzata tra Ottobre 2005 e

Febbraio 2013.

Regime di trattamento

I pazienti hanno ricevuto un trattamento comprendente i seguenti agenti chemioterapici:

- Oxaliplatino 85 mg/m2 e.v. g1 ogni 14 giorni/21 giorni; - una fluoropirimidina a scelta tra:

o 5-fluorouracile 2800 mg/m2 e.v. g1-3 in infusione continua di 48 h ogni 14 giorni (regime FOLFOX), oppure

o Capecitabina 1000 mg/m2 bidie per os gg 1-14 q21 (regime XELOX).

La scelta della fluoro pirimidina veniva effettuata in base alla preferibile via di

66 Criteri di risposta

Tutti i pazienti sono stati rivalutati ogni 4 cicli con esame obiettivo e TC total body con mezzo di contrasto e/o ecografia dell’addome se appropriata. La risposta radiologica è stata

classificata in accordo ai Response Evaluation Criteria in Solid Tumors (criteri RECIST)

[vedi allegati]. La risposta completa viene definita come scomparsa di tutte le lesioni

target. La risposta parziale (RP) richiede la diminuzione di almeno il 30% della somma dei

maggiori diametri perpendicolari di tutte le lesioni misurabili, che persiste per almeno 4

settimane, in assenza di progressione di alcuna lesione non misurabile e in assenza di

comparsa di nuove lesioni. Si parla di malattia in progressione (PD), invece, in presenza di

un incremento di almeno il 20% della somma dei diametri maggiori delle lesioni target, prendendo come riferimento il più piccolo diametro maggiore registrato dall’inizio del

trattamento, o di comparsa di 1 o più nuove lesioni. Si parla, infine, di stabilità di malattia

(SD) quando non si ha né una riduzione delle lesioni tale da classificarla come RP, né un

incremento sufficiente a qualificare una PD. I pazienti che hanno ottenuto una buona

risposta al trattamento o SD al termine del trattamento chemioterapico sono stati rivalutati ogni 3 mesi con l’esame obiettivo e le indagini strumentali radiologiche. Il trattamento è

stato interrotto in caso di progressione di malattia, tossicità inaccettabile o rifiuto del

paziente a proseguire il trattamento.

End Point

L’end point primario dello studio era la Sopravvivenza libera da Progressione (PFS),

calcolata dalla data del giorno 1 del primo ciclo di trattamento alla data della progressione

di malattia (PD) o della morte per qualsiasi causa. Gli end point secondari erano: la

67

FOLFOX/XELOX alla data della morte o alla data dell’analisi dei dati per i pazienti ancora

in vita; i tassi di risposta obiettiva (secondo i criteri RECIST); la tollerabilità del

trattamento, valutata secondo i Common Terminology Criteria for Adverse Events

68 RISULTATI

Caratteristiche dei pazienti

La caratteristiche dei pazienti in studio sono riassunte nelle tabelle che seguono. Sono stati

arruolati 20 pazienti di cui 13 maschi e 7 femmine. L’età mediana all’inizio del trattamento

era di 59 anni (range: 28-77) (tab. 11). La sede del tumore neuroendocrino primitivo era

pancreatica in 6 casi, gastroenterica in 7 casi (in particolare ileo in 4 casi, cieco in 1 caso,

tenue in 1 caso e radice del mesentere in 1 caso), polmonare in 3 casi e ignota nei restanti 4

casi (Tab. 12, Fig. 1). I pazienti presentavano interessamento metastatico di un solo organo

in 11 casi, di 2 organi in 6 casi, e di più di 3 organi in 3 casi; il principale organo coinvolto

dalle localizzazioni secondarie di malattia era il fegato (tab. 13). Il grading tumorale era G1

in 10 pazienti e G2 nei restanti 10 pazienti. Il tempo mediano dalla diagnosi iniziale all’inizio del trattamento con FOLFOX/XELOX era di circa 5 anni (range: 0-13 anni).

Per quanto riguarda i trattamenti precedenti, tutti i pazienti avevano ricevuto terapia con

analoghi della somatostatina (SSA) . La mediana del numero dei trattamenti precedenti,

oltre agli SSA, è 2 linee di trattamento (range 0-4) (tab. 5). 7 pazienti avevano ricevuto

everolimus, 8 capecitabina, 5 cisplatino+etoposide, 1 CDDP+gemcitabina, 1 taxolo, 1

69 Tabella 11. Caratteristiche dei pazienti

Caratteristiche dei pazienti Numero pazienti %

Maschi 7 35%

Femmine 13 65%

Caratteristiche dei pazienti Mediana (anni) Range (min-max) (anni)

Età media alla diagnosi 54 26-74

Età media all’inizio di FOLFOX/XELOX

59 28-77

Tempo dalla diagnosi al trattamento con FOLFOX7XELOX

70 Figura 1. Sede del tumore primitivo Numero dei pazienti.

Tabella 12. Caratteristiche del tumore primitivo

Grading Numero pazienti %

G1 10 50%

G2 10 50%

Sede del primitivo Numero pazienti %

pancreas 6 30 ileo 4 20 tenue 2 10 cieco 1 5 polmone 3 15 ignoto 4 20

71 Tabella 13. Caratteristiche delle sedi metastatiche

N° di sedi metastatiche Numero %

1 11 55% 2 6 30% >2 3 15% Sedi di malattia Fegato 18 90% Linfonodi 6 30% Polmone 3 15% scheletro 3 15% mesentere 1 5% pancreas 1 5% surrene 1 5%

Tabella 14. Terapie precedenti

Terapie precedenti Numero %

Analoghi somatostatina octreotide 18 90 lanreotide 3 15 Targeted therapy everolimus 7 35 sunitinib 1 5 Chemioterapia Capecitabina 8 40 Cisplatino+etoposide 5 25 Cisplatino+gemcitabina 1 5 Taxolo 1 5 Fluoro uracile+irinotecano 1 5 Radio metabolica 5 25 Interferone 2 10

72 Tabella 15. Linee precedenti di trattamento

Sicurezza e durata del trattamento

Nove pazienti sono stati trattati secondo il regime FOLFOX e 11 pazienti secondo il

regime XELOX.

Il numero medio di cicli di XELOX/FOLFOX somministrati è stato 6,5 (range 2-14). La

durata mediana è stata di 4,23 mesi (range 0,50-7,50 mesi). Cinque pazienti hanno

interrotto il trattamento a causa di progressione di malattia (PD) (tab. 16)

NUMERO LINEE

PRECEDENTI Numero pazienti %

ssa 3 15

ssa+1 5 25

ssa+2 8 40

ssa+3 2 10

73 Tabella 16. Descrizione del trattamento

Numero pazienti %

FOLFOX 9 45%

XELOX 11 55%

Media (mesi) Range (max- min) (mesi) Durata media del

trattamento

4,23 0,5-7,5

Media (numero) Range (max- min)

(numero)

Numero di cicli 6,5 2-14

Tossicità

La maggior parte delle tossicità osservate sono state di grado lieve (G1-G2) e in particolare

10 pazienti hanno presentato diarrea, 11 nausea, 5 vomito, 2 stomatite; sono state inoltre

osservate neutropenia in 5 casi e trombocitopenia in 3 casi, mentre in nessun caso è stata riscontrata anemia. La neurotossicità, tipica dell’oxaliplatino, si è presentata in 9 pazienti,

ma solo in 1 paziente ha raggiunto un grado G3-G4 (tab.17). In quest’ultimo caso è stato

74 Tabella 17. Tossicità

G1-G2

(n

o

pazienti)

G3-G4

(n

o

pazienti)

Diarrea

10

2

Nausea

11

0

Vomito

5

0

Stomatite

2

0

Neurotossicità

8

1

Neutropenia

5

0

Trombocitopenia

3

0

Anemia

0

0

Percentuali di risposta, PFS e Overall Survival

Una risposta parziale è stata osservata in 6 pazienti su 20, 9 pazienti hanno avuto stabilità

di malattia e, infine, 5 pazienti sono andati incontro a progressione. Non è stata ottenuta

alcuna risposta completa (tab. 18)

75

Tabella 18. Risposte obiettive

Risposte No. %

SD 9 45

RP 6 30

PD 5 25

RC 0 0

Due pazienti sono stati persi al follow up. La PFS mediana è stata di 8,23 mesi (range:

2,03-34,80) (Fig. 2); l’OS mediana non è stata raggiunta, in quanto più della metà dei

pazienti (13 pazienti su 20 pazienti in studio) risulta ancora in vita (Fig. 3). Non sono

andati incontro successivamente a progressione 3 pazienti, 1 dei quali sta ancora ricevendo

il trattamento. Tre pazienti sono deceduti in assenza di evidenze di PD.

I pazienti con risposta parziale includono 1 paziente con carcinoma neuroendocrino G2 dell’ileo (non andato poi incontro a progressione), 1 paziente con carcinoma

neuroendocrino G3 a grandi cellule del polmone misto a carcinoma a piccole cellule

(tempo a progressione: 8,23 mesi) e 2 pazienti con carcinoma neuroendocrino del pancreas

76 Figura 2.

PFS (mesi)

0 10 20 30 40 0 50 100 150 Tempo % p a z ie n ti l ib e ri d a p ro g re s s io n e PFS mediana: 8,23 PFS range: 2,03-34,8 (min-max) Pazienti ongoing: 4 Figura 3.

77 DISCUSSIONE

Le neoplasie neuroendocrine (NEN) sono un raro ed eterogeneo gruppo di neoplasie che

origina dal sistema neuroendocrino diffuso. Possono insorgere, quindi, in qualsiasi distretto

corporeo; nei due terzi dei casi nascono nel tratto gastroenteropancreatico (GEP) mentre il

25% si localizza nel tratto respiratorio.

Sulla base della valutazione della conta mitotica e dell’indice di proliferazione con Ki67,

vengono definiti tre gradi di differenziazione delle NEN:

- NET G1: tumore neuroendocrino G1 (<2 mitosi o Ki67 ≤ 2%)

- NET G2: tumore neuroendocrino G2 (2-20 mitosi o Ki67 3-20%)

- NET G3: carcinoma neuroendocrino G3 (> 20 mitosi o Ki67 > 20%)

Il trattamento nelle NEN è principalmente basato sulle loro caratteristiche biologiche di

aggressività e funzionalità; quando fattibile, un intervento chirurgico radicale rimane il

miglior approccio terapeutico nelle NEN ben differenziate.

Per quanto riguarda le NEN di grado G3, precedenti trials hanno dimostrato che farmaci

come cisplatino, etoposide, 5-fluorouracile, streptozotocina [154], dacarbazina e

doxorubicina hanno una significativa attività antitumorale in termini di controllo della

crescita, risposta biochimica e riduzione dei sintomi. Le percentuali di risposta parziale con

la combinazione di cisplatino ed etoposide nelle NEN scarsamente differenziate vanno dal

40 al 60% con una durata mediana di 6 mesi [166]. La chemioterapia a base di derivati del

78

La streptozotocina e il 5-fluorouracile o la doxorubicina, invece, possono avere un ruolo

nei pazienti con NEN pancreatica ben differenziata progrediti durante trattamento con

analoghi della somatostatina [155]. Finora, i risultati dati dalla chemioterapia sistemica

appaiono scarsi nei pazienti con NEN midgut ben differenziata metastatica, con percentuali

di risposta del 15% nel più vasto studio pubblicato [155]. In tali pazienti (NEN G1/G2),

pertanto, le attuali linee guida internazionali non forniscono una indicazione precisa

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