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Nella Fibrosi Retroperitoneale Idiopatica la terapia medica iniziale per indurre remissione di malattia prevede l’utilizzo di glucocorticoidi. È consigliata una dose di 0,75-1 mg/kg/die di prednisone il primo mese con successiva riduzione fino ad una dose di 5-7,5 mg/die, per un tempo totale di 6-9 mesi di terapia.54

La remissione viene definita come la risoluzione dei sintomi e dell’idronefrosi, una riduzione degli indici di flogosi e una riduzione delle dimensioni della massa.

Generalmente con l’utilizzo dei glucocorticoidi si ottiene una remissione rapida, con la maggior parte dell’effetto terapeutico che si esplica nella prima settimana di trattamento. Dopo un mese di terapia, se viene documentata remissione, lo steroide deve essere scalato e mantenuto per i successivi 6-9 mesi. Quando poi il farmaco verrà sospeso è indicato un monitoraggio del paziente nel tempo, al fine di cogliere eventuali ricadute di malattia.

Il tasso di remissione con questa terapia è del 75-95% tuttavia le ricadute successive non sono infrequenti.54,92 Invece la diminuzione dello spessore della massa è del 50%.54 Ugualmente nella Malattia IgG4-correlata il primo approccio terapeutico prevede l’utilizzo di glucocorticoidi ma con tassi di recidiva abbastanza elevati (fino al 30%). In quel 5-25% di pazienti con Fibrosi Retroperitoneale Idiopatica in cui non si ottiene remissione o in quei casi in cui una terapia steroidea ad alte dosi non è indicata a causa di comorbidità importanti, è consigliata l’aggiunta di un farmaco immunosoppressore. Non vi sono ancora in letteratura sufficienti dati che indichino se l’aggiunta di questi farmaci alla terapia steroidea possa avere un effetto sinergico con la precedente terapia, o abbia semplicemente un effetto steroido-risparmiatore.

I farmaci immunosoppressori più spesso utilizzati in questi casi sono: il methotrexate, il micofenolato mofetile, l’azatioprina e la ciclofosfamide. Non vi sono evidenze al

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momento che indichino la preferenza di un particolare farmaco immunosoppressore rispetto ad un altro. La scelta è quindi solitamente ponderata sul profilo del paziente e sulle sue comorbidità.

In uno studio retrospettivo su 28 pazienti trattati con prednisone (40 mg/die con successiva riduzione) e micofenolato mofetile (1gr/bid) tutti sono andati incontro a remissione con riduzione dei sintomi e normalizzazione della VES e della creatinina. La maggior parte dei pazienti ha avuto anche una riduzione di più del 25% della massa all’imaging.93

In un altro studio in cui è stata valutata la risposta al methotrexate (15-20 mg alla settimana) associato ad una bassa dose di prednisone in 16 pazienti con recidiva di malattia è stato evidenziato un buon tasso di remissione e un buon tempo di mantenimento dello stato di remissione.94

Il tamoxifene, un farmaco modulatore del recettore per gli estrogeni comunemente utilizzato per il trattamento dei tumori della mammella, è stato impiegato come agente anti-fibrotico in alcuni pazienti con Fibrosi Retroperitoneale Idiopatica dando dei buoni risultati.95 L’azione del farmaco si basa sulla down-regolazione dei fattori di crescita pro-fibrotici coinvolti nella proliferazione dei fibroblasti e nella produzione di collagene. Tuttavia la sua efficacia nel mantenimento della remissione è risultata molto inferiore a quella del prednisone.

Infatti in uno studio del 2011 di Vaglio et al.54 36 pazienti che erano andati incontro a remissione dopo la dose di attacco con glucocorticoidi sono stadi divisi in due gruppi trattati l’uno con la terapia standard a base di prednisone l’altro con tamoxifene. Il secondo gruppo ha dimostrato un tasso di recidive di malattia molto maggiore.

Quindi ad oggi l’utilizzo del tamoxifene in prima linea nella terapia di mantenimento della remissione non è indicato.

Nei casi refrattari alle precedenti terapie analizzate è indicato l’utilizzo di farmaci biologici come il rituximab o il tocilizumab.96,97

Entrambi i farmaci sono degli anticorpi monoclonali ma, mentre il tocilizumab è attivo sul recettore dell’interleuchina 6, il rituximab agisce legando il CD20 dei linfociti B e favorendone la distruzione.

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Il rituximab, anticorpo monoclonale anti-CD20, è un farmaco ampiamente utilizzato anche nella terapia della IgG4-RD. Il farmaco favorisce la deplezione dei linfociti B legando il CD20 sulla membrana ma non ha un’azione diretta sulle plasmacellule. Si riscontra in terapia con Rituximab una diminuzione dei livelli di IgG4 circolanti, inoltre nei tessuti patologici abbiamo una risoluzione dell’infiammazione e di parte della fibrosi. È importante ricordare però che la regressione della fibrosi è possibile solo in caso sia sempre presente un certo grado di infiammazione, e non si ottiene in quelle condizioni in cui abbiamo un tessuto fibroso cicatriziale predominante.

In uno studio del 2018 di Wallwork et al.96 è stata valutata la risposta a questo farmaco

in una popolazione di 26 pazienti alcuni affetti da Fibrosi Retroperitoneale non IgG4- correlata e altri con diagnosi di Fibrosi Retroperitoneale IgG4-correlata. Il rituximab si è dimostrato efficace in entrambe le condizioni, determinando una riduzione della sintomatologia e una riduzione delle dimensioni della massa nella maggior parte dei pazienti. In questo studio è stato inoltre rilevato che la durata della malattia potrebbe incidere sulla successiva risposta al trattamento.

Nei casi in cui tutte le strategie terapeutiche sono fallite e permane l’ostruzione ureterale è indicato sottoporre il paziente a ureterolisi.

Per concludere viene riportato nella figura sottostante l’algoritmo terapeutico elaborato da Vaglio et al.13 per la gestione del paziente affetto da Fibrosi Retroperitoneale.

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1.13 FOLLOW-UP

Dal momento che la Fibrosi Retroperitoneale Idiopatica tende a recidivare in una percentuale importante dei casi (fino al 72% in alcune casistiche92), sarà necessario sottoporre i pazienti ad uno stretto follow-up. Le recidive sono frequenti sia durante la riduzione della terapia steroidea sia dopo la sua sospensione.

Dovranno essere innanzitutto monitorati le manifestazioni cliniche e i dati laboratoristici; sarà poi necessario procedere con periodiche valutazioni ecografiche renali per andare a cogliere recidive di idronefrosi.

Infine mentre lo studio della lesione con TC o RM servirà a cogliere cambiamenti morfologici o dimensionali della massa fibrosa, l’esecuzione di una PET sarà utile per valutare l’attività di malattia, la risposta al trattamento e la comparsa di lesioni metacrone in altri organi.

Non esistono ancora delle linee guida ufficiali che indirizzino il follow-up del paziente, alcuni autori consigliano un monitoraggio trimestrale degli indici di flogosi e della funzione renale e una valutazione inizialmente semestrale, poi annuale dopo remissione, della lesione all’imaging (TC o RM).15 La PET con fluorodesossiglucosio dovrebbe

essere eseguita prima del trattamento e alla fine di questo, nonché in caso di sospetta recidiva. Questo follow-up viene eseguito a vita.

Nonostante la patologia tenda facilmente a recidivare la storia naturale di questa malattia è tendenzialmente benigna. Il tasso di mortalità infatti è intorno al 3-7%.53,54

La complicanza maggiore più frequente è l’insufficienza renale cronica. Questa infatti occorre in un terzo dei pazienti53, almeno per quanto riguarda i gradi meno severi. Gli

stadi terminali che necessitano della dialisi e del trapianto sono invece condizioni rare. Uno studio di Kermani et al.53 su 151 pazienti ha dimostrato in un anno di follow-up: una percentuale di remissione completa nel 9% dei casi, una diminuzione della lesione all’imaging nel 34%, una stabilità di malattia nel 34%, la recidiva nel 12% , e una mortalità del 7,3%.

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La maggior parte degli studi non ha portato alla luce sostanziali differenze nella risposta al trattamento tra la Fibrosi Retroperitoneale non IgG4-correlata e la forma IgG4- correlata ma, in uno studio del 2014, Koo et al.84 documenta un maggior tasso di recidiva nei pazienti affetti da Fibrosi Retroperitoneale IgG4-correlata.

Al momento non sono stati identificati nella Fibrosi Retroperitoneale Idiopatica dei fattori predittivi certi di risposta al trattamento e di rischio di recidiva. Tuttavia in un recente studio del 2019 di Raffiotta et al. è stato evidenziato un maggior tasso di recidiva in pazienti di sesso maschile e in pazienti con positività ad anticorpi antinucleo (ANA). È stato riscontrato invece un minor tasso di recidiva nei pazienti sottoposti a terapia con glucocorticoidi o con glucocorticoidi associati a tamoxifene.98

Per i pazienti che presentano Fibrosi Retroperitoneale IgG4-correlata può essere utilizzato nel follow-up l’IgG4-RD Responder Index.

L’IgG4-RD Responder Index è lo score maggiormente utilizzato nella clinica per la valutazione dell’attività di malattia nella IgG4-RD.99

Si tratta di un indice che valuta parametri clinici e laboratoristici del paziente e ci consente di quantificare la risposta al trattamento.

L’IgG4-RD Responder Index viene calcolato assegnando un punteggio da 0 a 4 per ogni organo interessato dal processo patologico; viene indicato se questo è normale, in miglioramento o peggioramento, e se si tratta di una recidiva o di un nuovo interessamento di malattia. Si considerano anche le manifestazioni urgenti e i danni precedenti sugli organi colpiti.

Infine si considerano i valori delle IgG4 circolanti (anche questi corrispondono ad un punteggio da 0 a 4) e la dose cumulativa di prednisone assunta dal paziente.

Questo score tuttavia calcola l’attività di malattia includendo nella valutazione i livelli delle IgG4. Queste non sono risultate, negli studi fino ad ora condotti, chiaramente correlate al grado di attività di malattia, e in alcuni soggetti affetti da IgG4-RD possono avere livelli normali.

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CAPITOLO 2:

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