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Fibrosi Retroperitoneale Idiopatica: clinica, imaging e sierologia

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in

Medicina e Chirurgia

Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia

Tesi di Laurea Magistrale

Fibrosi Retroperitoneale Idiopatica:

clinica, imaging e sierologia

Relatore: Candidato:

Prof.ssa Paola Migliorini Benedetta Baldacci

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2

INDICE

INTRODUZIONE

4

CAPITOLO 1: Fibrosi Retroperitoneale Idiopatica

6

1.1 Epidemiologia

8

1.2 Fattori di rischio

8

1.3 Classificazione

9

1.4 Fibrosi Retroperitoneale secondaria

10

1.5 Patogenesi

11

1.5.1 Patogenesi IgG4-RD

14

1.6 Manifestazioni cliniche

20

1.6.1 Manifestazioni extra-retroperitoneali

21

1.7 Laboratorio

23

1.8 Imaging

25

1.9 Biopsia

28

1.10 Istologia

29

1.10.1 Istologia Fibrosi Retroperitoneale IgG4+

32

1.11 Diagnosi

34

1.11.1 Diagnosi Differenziale

38

1.12 Trattamento

39

1.12.1 Ostruzione ureterale

39

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3

1.13 Follow-up

44

CAPITOLO 2: Glicosilazione degli anticorpi

46

2.1 Glicosilazione degli anticorpi nelle malattie autoimmuni

53

2.2 Glicosilazione degli anticorpi nella IgG4-RD

56

CAPITOLO 3: Scopo della tesi

59

CAPITOLO 4: Materiali e metodi

60

4.1 Materiali

60

4.2 Metodi

61

4.3 Analisi statistica

63

CAPITOLO 5: Risultati

64

5.1 Caratteristiche epidemiologiche e cliniche

64

5.2 Caratteristiche sierologiche

66

5.3 Imaging

73

5.4 Caratteristiche istologiche

75

5.5 Glicosilazione degli anticorpi

77

CAPITOLO 6: Discussione

83

CAPITOLO 7: Conclusioni

87

(4)

4

INTRODUZIONE

La Fibrosi Retroperitoneale o Malattia di Ormond, secondo una vecchia denominazione, è una patologia rara caratterizzata dalla comparsa di un tessuto fibro-infiammatorio a livello retroperitoneale. 1

La comparsa di questo tessuto si associa a tutta una serie di sintomi e complicanze dovute prevalentemente all’incarceramento delle strutture che si trovano in tale regione. In una percentuale rilevante di casi infatti i pazienti affetti da questa patologia possono presentare ostruzione ureterale e idronefrosi con conseguente insufficienza renale in assenza di trattamento.

La prima descrizione che abbiamo di questa patologia risale al 1905 grazie all’urologo Joaquín Albarrán, il quale descrisse l’asportazione chirurgica di una estesa massa fibrotica retroperitoneale che aveva causato un’ostruzione ureterale. In seguito nel 1948 un altro urologo, John Kelso Ormond, richiamò l’ attenzione su questa nuova patologia riportando altri due casi 1 .

Si ritiene che due terzi delle Fibrosi Retroperitoneali siano condizioni idiopatiche mentre un terzo è rappresentato da forme secondarie dovute a farmaci, radioterapia, traumi, infezioni o neoplasie.

Tra le forme idiopatiche si riconoscono Fibrosi Retroperitoneali appartenenti allo spettro della Malattia IgG4-correlata (IgG4-RD) associate o meno all’interessamento di altri organi 2.

La malattia IgG4-correlata (IgG4-RD) è una nuova entità clinica descritta nel 2003 e ufficialmente definita nel 2010, caratterizzata da lesioni fibro-infiammatorie con abbondanti infiltrati plasmacellulari IgG4+, fibrosi storiforme, flebite obliterante ed eosinofilia, talvolta associate ad aumento dei livelli sierici delle Immunoglobuline della sottoclasse 4. Numerose patologie come la Pancreatite Autoimmune di tipo I, la sindrome di Mikulicz, la Tiroidite di Riedel oltre a alcune forme di Fibrosi Retroperitoneale sono state riclassificate recentemente come manifestazioni organo-specifiche di questo spettro più ampio.

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La Fibrosi Retroperitoneale correlata e la Fibrosi Retroperitoneale non IgG4-correlata sembrerebbero avere manifestazioni cliniche, radiografiche e sierologiche simili, differenziandosi solo da un punto di vista istologico e per il coinvolgimento sistemico di altri organi, caratteristica più tipica della forma IgG4-correlata.

Lo scopo della tesi è di valutare le principali caratteristiche cliniche, sierologiche, di imaging e istologiche in due sottogruppi di pazienti con Fibrosi Retroperitoneale, l’uno con diagnosi di Fibrosi Retroperitoneale non IgG4-correlata e l’altro con diagnosi di Fibrosi Retroperitoneale IgG4-correlata. Tale valutazione viene fatta al fine di ricercare differenze significative che distinguano i due sottogruppi e che aiutino nella diagnosi differenziale.

In questo lavoro vengono inoltre analizzati i livelli di espressione di diversi pattern di glicosilazione anticorpale della Fibrosi Retroperitoneale, sia IgG4-correlata che non IgG4-correlata.

La glicosilazione è una modifica post-trascrizionale dell’anticorpo che ne regola e determina l’affinità di legame per varie strutture del sistema immunitario, e quindi in ultima analisi ne modula l’attività stessa. 3

Alla luce delle recenti scoperte sull’alterazione di questa caratteristica in varie patologie, tra cui malattie autoimmuni come il Lupus e l’Artrite Reumatoide ma anche la Malattia IgG4-correlata stessa, abbiamo deciso di andare valutare l’espressione di quattro pattern specifici di glicosilazione nelle immunoglobuline dei nostri pazienti con Fibrosi Retroperitoneale.

L’obiettivo è quello di identificare una diversa espressione dei pattern di glicosilazione nelle Fibrosi Retroperitoneali rispetto ai soggetti sani, ma anche di identificare una diversa espressione dei residui glicidici nelle Fibrosi Retroperitoneali IgG4-correlate e non IgG4-correlate, in modo da evidenziare un nuovo marker che faciliti la distinzione tra le due forme.

Tale valutazione riguardo la glicosilazione delle immunoglobuline nella Fibrosi Retroperitoneale Idiopatica ha anche il fine di apportare nuove informazioni che possano contribuire nel cercare di spiegare la patogenesi di questa condizione fibro-infiammatoria.

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CAPITOLO 1:

FIBROSI RETROPERITONEALE IDIOPATICA

La Fibrosi Retroperitoneale Idiopatica è una malattia rara, con patogenesi ancora non completamente definita, caratterizzata dalla comparsa di un tessuto fibro-infiammatorio a livello retroperitoneale.

Da alcuni autori viene inclusa nel contesto delle Periaortiti Croniche, insieme all’Aneurisma Infiammatorio dell’aorta addominale e alla Fibrosi Perianeurismatica.4

Tutte queste forme presentano caratteristiche cliniche e istologiche comuni nonostante la Fibrosi Retroperitoneale non sia associata alla presenza di aneurisma dell’aorta addominale e venga quindi classificata come una Periaortite cronica “non- aneurismatica”.

Numerose condizioni autoimmuni sia sistemiche che organo specifiche sono state associate a questa malattia.

In una percentuale rilevante di casi è stata riscontrata la copresenza di patologie tiroidee autoimmuni come la tiroidite di Hashimoto.4

Altre associazioni descritte sono con l’Artrite Reumatoide , la Spondilite Anchilosante, il Lupus Eritematoso Sistemico e le Vasculiti ANCA-associate.7,8

Questi dati e il frequente riscontro di autoanticorpi nel siero di questi pazienti depongono a favore di un meccanismo patogenetico immunologico alla base di questa malattia.

Un’ulteriore associazione è stata riscontrata con diversi tipi di Glomerulonefriti, in particolare con la Glomerulonefrite Membranosa.9

Mentre due terzi delle Fibrosi Retroperitoneali sono condizioni idiopatiche, un terzo è rappresentato da forme secondarie dovute a farmaci, radioterapia, traumi, infezioni o neoplasie.

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Nel corso degli anni, con l’identificazione e la definizione della Malattia IgG4-correlata, un numero sempre maggiore di casi di Fibrosi Retroperitoneali Idiopatiche è stato riesaminato e ridefinito alla luce dei dati sierologici e istologici come forme di Fibrosi Retroperitoneale IgG4-correlata.

Secondo due studi, uno americano e uno giapponese, la proporzione di Fibrosi Retroperitoneali IgG4-correlate tra quelle Idiopatiche sarebbe rispettivamente del 57% e del 59%. 10,11

Non sono state riscontrate sostanziali differenze tra queste due forme, cosa che ha portato ad ipotizzare che la Fibrosi Retroperitoneale Idiopatica e la Fibrosi Retroperitoneale IgG4-correlata altro non siano che due manifestazioni distinte dello stesso spettro patologico. Le caratteristiche epidemiologiche, cliniche e radiologiche sono infatti simili. Inoltre la risposta al trattamento steroideo e il tasso di complicanze, tra cui l’interessamento ureterale, non mostrano sostanziali differenze nei due casi. 11

Con la biopsia in entrambe le forme osserviamo un infiltrato infiammatorio cronico e tessuto fibroso, ma la Fibrosi IgG4-correlata presenta alcune caratteristiche istologiche e immunoistochimiche specifiche che la differenziano, come la presenza di un abbondante infiltrato di plasmacellule IgG4+.

Un’ulteriore differenza consiste nel coinvolgimento più frequente di altri organi che si riscontra nella Fibrosi Retroperitoneale IgG4-correlata.

Alla luce di questi aspetti nella recente letteratura è stata proposta un’eziologia comune tra la Fibrosi Retroperitoneale Idiopatica e la Fibrosi Retroperitoneale IgG4-correlata; inoltre si discute su un certo grado di sovrapposizione tra le due patologie.11,12,13

Infine ricordiamo che, nonostante la lesione si sviluppi nella regione retroperitoneale intorno alle arterie iliache e all’aorta, è stato documentato in alcuni pazienti un concomitante coinvolgimento dell’aorta toracica, dei vasi epiaortici e dei tessuti circostanti.14,15

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1.1 EPIDEMIOLOGIA

La Fibrosi Retroperitoneale Idiopatica è una patologia rara: è stata calcolata un’incidenza di 0,1- 1,3 su 100.000 persone l’anno e una prevalenza di 1,4 su 100.000. Colpisce prevalentemente soggetti adulti tra i 50 e 60 anni, e il rapporto tra i due sessi è di 2-3:1 con predominanza maschile 16.

È una condizione rarissima in età pediatrica con solo 30 casi documentati in letteratura.17

Per quanto riguarda le forme secondarie non vi sono dati disponibili al momento per calcolare una esatta prevalenza e incidenza. 2

1.2 FATTORI DI RISCHIO

La Fibrosi Retroperitoneale Idiopatica ha ad oggi un’eziologia sconosciuta ma presumibilmente multifattoriale.

Sono stati documentati fattori di rischio come il fumo di sigaretta e l’esposizione all’asbesto, che avrebbero un effetto sinergico. 18

L’allele HLA-DRB1*03 è stato riconosciuto come un fattore di rischio genetico per questa malattia (così come per il Lupus Eritematoso Sistemico e il Diabete Mellito di tipo I). 19

In uno studio del 2011 Boiardi et al.20 ha descritto una maggiore suscettibilità per lo sviluppo di Periaortite Cronica, in particolare per le “forme aneurismatiche”, nei soggetti portatori di un polimorfismo delta 32 nel gene del recettore C-C per le chemochine di tipo 5 (CCR5). Il CCR5 è espresso da molte cellule del sistema immunitario, ma in particolar modo dalle cellule Th1 e agisce legando diverse chemochine. Il polimorfismo delta 32 di questo gene è responsabile della trascrizione di un recettore non funzionante.

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1.3 CLASSIFICAZIONE

Al momento non esiste ancora una classificazione univoca e riconosciuta a livello internazionale. Riportando quella proposta da Vaglio et al. 2 la Fibrosi Retroperitoneale dovrebbe essere innanzitutto distinta in forme secondarie e in forme idiopatiche. Tra queste ultime, che l’autore include nel contesto più ampio delle Periaortiti Croniche, si riconoscono due varianti una IgG4-positiva e una IgG4-negativa.

La Fibrosi Retroperitoneale IgG4-positiva può essere isolata o svilupparsi in un contesto di interessamento sistemico della malattia IgG4-correlata. Le forme IgG4-negative possono a loro volta essere espressione di una fibro-sclerosi sistemica multifocale o presentarsi isolatamente.

Si distinguono infine i casi in cui abbiamo un riscontro di patologie autoimmuni concomitanti da quelli in cui non abbiamo questo tipo di associazione.

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1.4 FIBROSI RETROPERITONEALE SECONDARIA

Le forme secondarie rappresentano all’incirca il 25% dei casi e hanno varia eziologia tra cui esposizione a radiazioni, farmaci, tumori, infezioni, traumi e chirurgia addominale. I farmaci più frequentemente associati allo sviluppo di Fibrosi Retroperitoneale sono gli alcaloidi della segale cornuta (come ergotamina e metisergide), gli agonisti della dopamina, beta bloccanti e idralazina21–23.

I meccanismi patogenetici che portano allo sviluppo di queste lesioni sono chiari solo per la classe degli alcaloidi della segale cornuta. Questi infatti inducono un aumento del rilascio di serotonina che a sua volta ha un effetto stimolante sulla proliferazione dei miofibroblasti e la deposizione di matrice collagene. 21

Sono stati descritti anche dei casi che assocerebbero l’utilizzo di Infliximab e Etanercept con lo sviluppo di Fibrosi Retroperitoneale.24

Infine per quanto riguarda i casi correlati all’utilizzo di farmaci è stato recentemente descritto lo sviluppo di una fibrosi retroperitoneale in un paziente sottoposto a immunoterapia con un anticorpo anti-PD1.25

Tra le forme infettive primitive ritroviamo agenti eziologici come Mycobacterium Tuberculosis, Actinomyces e Histoplasma Capsulatum.26 È possibile anche una diffusione di infezioni per contiguità da regioni vicine come ad esempio da ascessi spinali o paraspinali.

Altre cause di Fibrosi Retroperitoneale sono la radioterapia, la chirurgia addominale maggiore, i traumi e patologie come la sarcoidosi e la Malattia di Erdheim–Chester.27 La Malattia di Erdheim-Chester, forma di istiocitosi a cellule non-Langerhans, è una rara patologia con interessamento multi-sistemico caratterizzata dalla proliferazione di istiociti maturi in un contesto di infiammazione. Questa proliferazione può coinvolgere qualsiasi organo, ma viene ritrovata prevalentemente a livello osseo, della pelle, nel retroperitoneo, nel cuore, nei polmoni, nell’occhio e nell’encefalo. 28

Infine tumori primariamente retroperitoneali come Linfomi di Hodgkin, Linfomi non-Hodgkin e Sarcomi o metastasi (da tumori della mammella, del colon, della prostata o seminomi) sono associati a forme secondarie di Fibrosi Retroperitoneale.29

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Anche in pazienti con tumori carcinoidi non contigui e non metastatici è possibile riscontrare una Fibrosi Retroperitoneale secondaria, probabilmente dovuta al rilascio di serotonina o di altri fattori di crescita fibrogenici da parte della neoplasia. 2

Il riscontro di una Fibrosi Retroperitoneale impone quindi in prima istanza una diagnosi differenziale tra una forma primaria e secondaria. L’utilizzo di terapie immunosoppressive, come quelle per il trattamento delle condizioni idiopatiche, risulterebbe estremamente dannoso in caso di eziologia neoplastica o infettiva della lesione. Per un corretto approccio terapeutico dovrebbero essere considerati un’accurata anamnesi, uno screening neoplastico in base all’età del paziente e i caratteri radiologici della lesione. Infine in caso di incertezza diagnostica rimane dirimente l’esecuzione di una biopsia. 30

1.5 PATOGENESI

L’esatta patogenesi di questa condizione rimane al momento sconosciuta.

I primi studi sulla patogenesi della Fibrosi Retroperitoneale Idiopatica, considerata come parte dello spettro delle Periaortiti Croniche, giudicavano questa infiltrazione fibro-infiammatoria come una reazione spropositata ad alcuni antigeni contenuti nelle placche aterosclerotiche dell’aorta addominale.4,31 Gli autori Parums e Mitchinson

proposero un meccanismo patogenetico nel quale i macrofagi presenti nella placca, dopo aver processato le LDL ossidate, sarebbero migrati dalle tonache più interne all’ avventizia del vaso e avrebbero presentato questi antigeni ai linfociti e alle plasmacellule innescando una reazione infiammatoria peri-avventiziale.

Questa teoria venne poi abbandonata a causa dell’osservazione dello stesso processo fibro-infiammatorio anche in pazienti non affetti da ateromasia dell’aorta addominale. Inoltre il riscontro nei soggetti con Fibrosi Retroperitoneale Idiopatica di sintomi costituzionali, dell’aumento delle concentrazioni degli indici di flogosi, della presenza di autoanticorpi e dell’associazione con varie malattie autoimmuni e malattie fibro-infiammatorie, sembrava smentire la precedente teoria a favore di nuove ipotesi.

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Lo spettro di questa patologia risulta infatti molto più complesso, e sarebbe riduttivo considerarlo come la semplice manifestazione di una reazione locale all’aterosclerosi. Negli ultimi anni alla luce dell’identificazione della malattia IgG4-correlata e dell’inclusione di numerose patologie fibro-infiammatorie, prima considerate condizioni-organo specifiche, in questo contesto più ampio, è stato scoperto che anche la Fibrosi Retroperitoneale Idiopatica può essere una manifestazione di questa malattia. Tuttora di incerta classificazione rimangono però le rimanenti Fibrosi Retroperitoneali Idiopatiche e altre patologie che, pur presentandosi con un quadro fibro-infiammatorio, non soddisfano i caratteri istopatologici e sierologici che permettono di identificare lo spettro della IgG4-RD. Una teoria portata avanti da alcuni autori è quella di una condizione fibro-infiammatoria sistemica non IgG4-correlata di cui la IgG4-RD altro non sarebbe che un fenotipo clinico. Secondo questa ipotesi la Fibrosi Retroperitoneale Idiopatica e la Fibrosi Retroperitoneale IgG4-correlata rappresenterebbero uno stesso continuum patologico.2

Vaglio et al.2 definisce come fibrosclerosi multifocale una qualunque condizione fibro-infiammatoria che si sviluppa con un contesto sistemico e che non soddisfa i criteri istologici e sierologici per porre diagnosi di IgG4-RD.

Anche se non se ne conoscono i meccanismi è noto che vi sono alcuni fattori ambientali e genetici correlati allo sviluppo di Fibrosi Retroperitoneale come l’esposizione al fumo e all’asbesto, l’ HLA-DRB1*03 (associato ad un maggior rischio di sviluppo del LES e del Diabete Mellito di tipo I) e il polimorfismo Δ32 del gene del recettore CCR5.18–20 I meccanismi che portano allo sviluppo della Fibrosi Retroperitoneale Idiopatica non sono ancora del tutto chiari.

Un meccanismo descritto da Palmisano et al. 32 vedrebbe all’origine del processo la presentazione di un antigene non identificato da parte delle cellule presentanti l’antigene ai linfociti T CD4+ della regione retroperitoneale e la conseguente attivazione e proliferazione di questi. In seguito a questo stimolo le cellule T CD4+ produrrebbero IL6, una molecola capace di indurre l’attivazione dei fibroblasti e delle cellule B 33.

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L’importanza della IL6 nella patogenesi del fenomeno sembrerebbe confermata dall’efficacia della risposta alla terapia nei pazienti trattati con tocilizumab, un anticorpo monoclonale che blocca l’interleuchina.

Queste cellule T CD4+ inoltre secernono IL4, IL10, IL13 e TGF beta che nell’insieme favoriscono la fibrosi.34 Una risposta infiammatoria polarizzata verso il fenotipo Th2 è ipotizzata anche nella Malattia IgG4-correlata.35

Le cellule B, estremamente rappresentate nell’infiltrato infiammatorio, rivestirebbero importanza nel presentare l’antigene alle cellule T CD4+ di memoria e in tal modo alimenterebbero il maccanismo che favorisce la persistenza di malattia. Il blocco di tale processo sembrerebbe alla base dell’effetto terapeutico del rituximab, farmaco che lega il CD20 dei linfociti B, determinandone una deplezione.

È stato rilevato nei soggetti affetti da questa patologia un aumento dei livelli circolanti di Eotassina (CCL11) rispetto ai soggetti sani. Inoltre questa chemochina risulta espressa in abbondanza dai linfociti nell’infiltrato infiammatorio.

L’Eotassina è una chemochina che insieme all’IL5 induce il reclutamento di eosinofili e mastociti a livello dell’infiammazione. È importante sottolineare come il suo recettore CCR3 sia stato ritrovato ampiamente espresso non solo da parte di eosinofili e mastociti, ma anche dai fibroblasti della lesione retroperitoneale: ciò suggerisce un suo coinvolgimento nello stimolo alla produzione di collagene.36 In aggiunta la proliferazione dei fibroblasti e la deposizione di collagene sembrerebbe favorita anche da molecole prodotte dagli eosinofili e dai mastociti. 34

Infine la chemochina CCL18, correlata all’attivazione dei fibroblasti, è stata ritrovata elevata nei sieri di questi pazienti.37

Gli studi sulla patogenesi di questa malattia sono numericamente molto scarsi e bisogna considerare che in seguito alla definizione della malattia IgG4-correlata si sono concentrati prevalentemente sulla definizione dei meccanismi alla base di questa.

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Figura 2:possibile modello patogenetico Fibrosi Retroperitoneale Idiopatica13

1.5.1 PATOGENESI IgG4-RD

Per quanto riguarda la Malattia IgG4-correlata abbiamo vari studi, modelli e teorie che tentano di spiegarne la patogenesi.

Uno dei modelli patogenetici più accreditati prevede l’interazione tra i linfociti T e B alla base di una risposta immune cronica che si autoalimenta contro uno specifico antigene non identificato.

L’importanza dei linfociti T CD4+ nella patogenesi della malattia sembra confermata dal ritrovamento cospicuo di queste cellule a livello dell’infiammazione.

Non è ancora del tutto chiaro, e vi sono studi discordanti in merito, se la risposta infiammatoria sia guidata dalla polarizzazione dei linfociti T CD4+ in senso Th1 o Th2. La maggior parte degli autori depone a favore di questo secondo caso, considerato il ritrovamento in queste lesioni di citochine come IL4, IL5, IL13 normalmente prodotte dalle cellule Th2. 34,38,39

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Sono riscontrati nell’infiltrato infiammatorio anche linfociti T regolatori che produrrebbero TGFβ e IL10 34,40,39 e linfociti Th-follicolari produttori di IL21. La presenza di linfociti Th-follicolari disfunzionanti è stata associata in alcune patologie autoimmuni alla genesi degli auto-anticorpi 41. Il ritrovamento di linfociti Th-follicolari

potrebbe spiegare la formazione di centri germinativi extra-linfonodali, tuttavia il loro preciso ruolo è ancora da definire.

È stato inoltre documentato un aumento dei linfociti Th2 circolanti e delle cellule T-regolatorie nel siero di questi pazienti. 42,43

Per questi motivi alcuni autori propongono un meccanismo di formazione della fibrosi mediato dalle cellule Th2 e T-regolatorie dell’infiltrato infiammatorio. L’IL4 e IL13 prodotte dai linfociti Th2 e l’IL10 prodotta dai linfociti T-regolatori infatti indurrebbero un’attivazione alternativa dei macrofagi che a loro volta, secernendo TGF β e PDGF, recluterebbero altri macrofagi, fibroblasti e miofibroblasti. L’IL5 prodotta dalle cellule Th2 recluterebbe invece gli eosinofili, anch’essi produttori di PDGF e TGFβ. È importante sottolineare che l’IL10 e l’IL4 sono le citochine alla base del class-switch degli anticorpi verso la produzione di IgG4.

Questo modello non spiega però il ritrovamento, sostenuto da alcuni autori, di un maggior numero di citochine coinvolte nella risposta Th1. 44,45

Il ruolo delle cellule T-regolatorie tuttavia non è stato ancora del tutto compreso e bisogna considerare il fatto che l’IL10 può essere prodotta anche da cellule dell’immunità innata. Un’ipotesi sul ruolo di queste cellule produttrici di IL10 (molecola che determina il class-switch verso gli anticorpi IgG4) prevede la produzione di IgG4 come un tentativo fallito di sopprimere la risposta infiammatoria Th2. Secondo altri invece le cellule T-regolatorie avrebbero un’azione sinergica alle cellule Th2 nel determinare fibrosi.

Si possono riscontrare nell’infiltrato infiammatorio anche numerosi linfociti B e plasmacellule.

È stata documentata un’espansione clonale di cellule B IgG4+ iper-mutate46. Questa

espansione di un clone di cellule andato incontro a iper-mutazione somatica, oltre alla presenza di centri germinativi extra-linfonodali, suggerisce che il class-switch e

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l’iperproduzione delle IgG4 sia determinato dalla risposta delle cellule B ad un qualche antigene. Questo meccanismo è promosso dall’interazione delle cellule T attivate antigene-specifiche con i linfociti B.

L’importante risposta di questa patologia alla terapia con rituximab, anticorpo monoclonale anti-CD20 che determina una deplezione dei linfociti B, potrebbe essere spiegata attraverso la considerazione che le cellule B siano necessarie per il mantenimento dell’infiammazione tramite l’attivazione e lo stimolo delle cellule TCD4+ di memoria.

Durante la terapia con rituximab è possibile notare non solo una risoluzione dell’infiltrato infiammatorio e in parte della fibrosi, con riduzione di linfociti B e T, ma anche una diminuzione dei livelli di IgG4 circolanti non accompagnati da una riduzione delle altre sottoclassi.

Le cellule B hanno una capacità di presentare l’antigene alle cellule T e la loro riduzione in circolo determina un’interferenza con il meccanismo di mantenimento delle cellule T CD4+ di memoria che guidano il processo patologico. Inoltre le cellule B possono determinare un’espansione antigene-indipendente dei linfociti T tramite la produzione di molecole come l’IL6.

Per quanto concerne il ruolo dell’immunità innata in questa patologia è stato documentato, a livello lesioni fibro-infiammatorie, un aumento dei macrofagi CD163+ M2.

I macrofagi possono avere due distinti fenotipi: il primo M1 è attivato dalla risposta di tipo Th1 ed ha un ruolo centrale nella difesa contro virus e batteri, il secondo M2, indotto dalle citochine Th2 4 e IL-13) e dalle citochine dei linfociti T-regolatori (IL-10), ha una funzione antiinfiammatoria e determina la riparazione e il rimodellamento tissutale.

A livello delle ghiandole salivari dei pazienti affetti da IgG4-RD è stato riscontrato un aumento dell’interleuchina 33 (IL-33), normalmente prodotta da macrofagi, cellule dendritiche e cellule epiteliali danneggiate, che potrebbe determinare un’attivazione della risposta linfocitaria Th2.

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Inoltre i macrofagi, se stimolati attraverso i recettori Toll-like (TLR) e i recettori NOD-like, possono indurre la produzione da parte dei linfociti B di IgG4.

I basofili, spesso ritrovati nelle lesioni, conducono ad una differenziazione dei macrofagi verso il fenotipo M2, hanno una funzione di cellule presentanti l’antigene e producono IL-4. Anche la loro attivazione tramite i TLR induce la produzione da parte dei linfociti B di IgG4.

Gli eosinofili possono spesso essere ritrovati nel tessuto patologico e hanno un ruolo nel promuovere la fibrosi attraverso la produzione di TGFβ, PDGF e IL-13.

Tutte queste considerazioni suggeriscono che l’immunità innata apporti un contributo nella patogenesi della Malattia IgG4-correlata attraverso l’interazione con l’immunità acquisita.

Il ruolo patogenetico delle IgG4 in questa patologia non è ancora stato chiarificato e vi sono teorie discordanti. Queste Immunoglobuline, ritrovate elevate nella maggior parte dei pazienti affetti da IgG4-RD, hanno delle caratteristiche peculiari rispetto alle altre sottoclassi.

In prima istanza possono andare incontro ad un particolare fenomeno definito Fab-arm Exchange. Questo fenomeno consiste nello scambio casuale di catene pesanti con altri anticorpi della stessa classe. Tale processo porta l’anticorpo neoformato ad essere bispecifico ma funzionalmente monovalente. Per questo motivo le IgG4 sembrerebbero incapaci di formare immunocomplessi e di attivare il complemento.

Un altro tratto distintivo delle Immunoglobuline della sottoclasse 4 è la bassa affinità per i recettori FcγR attivatori e per il C1q.47 Tale caratteristica determina un’inefficiente

attivazione anticorpo-dipendente dei fagociti e un’inefficace attivazione del complemento.Hanno invece maggiore affinità per FcγRIIb un recettore inibitore.

Le IgG4 sono solitamente prodotte in risposta agli allergeni ambientali e alimentari e si accompagnano spesso alla risoluzione delle allergie infantili. Il meccanismo alla base di ciò sembrerebbe il sequestro dell’antigene da parte delle IgG4 (prodotte sotto stimolo dei linfociti T-regolatori tramite IL10) che ne impedisce il legame con le IgE legate ai mastociti.

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Il ruolo patogenetico delle IgG4 nella IgG4-RD è ad oggi ancora dibattuto. Alcuni, alla luce delle proprietà antiinfiammatorie di tali immunoglobuline, considerano la loro iperproduzione solamente come un epifenomeno di malattia. Altri, vista la diminuzione di questi anticorpi in seguito a terapia e considerata la loro correlazione con la severità del processo patologico, depongono a favore di un ruolo patogenetico nello sviluppo della IgG4-RD.35

A favore del ruolo patogenetico delle Immunoglobuline ritroviamo la diminuzione dei livelli di complemento, fenomeno particolarmente comune nei pazienti con Nefrite Tubulo-interstiziale IgG4-correlata. Tuttavia come precedentemente ricordato questa sottoclasse non ha un’alta affinità per le molecole del complemento.

Vi sono alcune teorie a riguardo: secondo alcuni la fissazione del complemento in questi pazienti avverrebbe tramite altre sottoclassi come le IgG1 (comunemente aumentate nei pazienti con IgG4-RD), secondo altri sarebbero direttamente le IgG4 a attivare il complemento tramite la via alternativa.

Sembrerebbe inoltre possibile la formazione di immunocomplessi formati da IgG4 tramite due meccanismi: il primo, considerando la monovalenza delle IgG4, prevede la formazione di immunocomplessi piccoli e solubili, il secondo porta in causa il meccanismo del Fab-arm Exchange. Tramite tale meccanismo infatti si formano anticorpi bi-specifici che possono legare diversi epitopi dello stesso antigene e formare dei grandi immunocomplessi.

L’identificazione di un antigene target potrebbe avere un’importanza rilevante per capire i meccanismi alla base dello sviluppo della IgG4-RD: anche se sono stati descritti in questa malattia vari autoanticorpi diretti verso antigeni del self, il loro contributo patogenetico rimane non chiaro.

Sono stati documentati nei sieri di pazienti affetti da pancreatite IgG4-correlata (AIP) autoanticorpi diretti verso l’inibitore pancreatico della tripsina, la lactoferrina e l’anidrasi carbonica. Tuttavia autoanticorpi IgG4 non sono stati ritrovati in altri pazienti affetti da IgG4-RD ma con diverso coinvolgimento d’organo.

Per questo motivo l’idea che gli autoanticorpi potessero avere un ruolo patogenetico importante nello sviluppo di questa patologia è stata messa in discussione.

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Ulteriori studi sono stati condotti per cercare di identificare probabili autoanticorpi coinvolti nello sviluppo della IgG4-RD.

In uno studio giapponese è stata identificata la laminina 511-E8, una componente della matrice extra-cellulare, come un possibile antigene target nella pancreatite IgG4-correlata. Tuttavia solo il 51% dei pazienti dello studio affetti da AIP è risultato positivo a questi autoanticorpi. 48

Un altro studio ha invece identificato la galectina-3, una lectina legante il galattosio, come possibile autoantigene nella IgG4-RD, ma solamente il 28% dei pazienti è risultato positivo per gli autoanticorpi diretti contro la lectina. Tale studio ha anche evidenziato delle IgE dirette contro la galectina-3.49

Altri autori hanno rilevato che la galectina-3 ha livelli di espressione tre volte superiori rispetto al normale in pazienti con pancreatite IgG4-correlata.50

Inoltre i macrofagi, le cellule dendritiche e i miofibroblasti esprimono galectina-3 negli organi interessati dal processo fibro-infiammatorio della IgG4-RD. Poiché tale lectina è risultata coinvolta in varie patologie caratterizzate dalla proliferazione di fibroblasti come la Fibrosi Polmonare e la steatoepatite non alcolica, sembra probabile che autoanticorpi diretti contro la galectina-3 possano avere un qualche ruolo nello sviluppo della fibrosi osservata nella IgG4-RD.

Uno studio cinese ha identificato come possibile autoantigene implicato nel processo patologico la proibitina, e autoanticorpi contro questa molecola sono stati ritrovati nel 73% dei pazienti con AIP, nel 53% dei pazienti con interessamento delle ghiandole salivari e nel 54% dei pazienti con Fibrosi Retroperitoneale IgG4-correlata.51

Tali autoanticorpi sono però stati rilevati anche nel 13% dei pazienti con Sindrome di Sjogren e nell’1% dei controlli sani.

La proibitina è una molecola ubiquitaria e possiede multiple funzioni nella proliferazione cellulare, nella trascrizione e nella trasduzione del segnale. Tale molecola è in grado di legarsi al DNA e a proteine come i componenti del complemento C3a e C3b, l’annessina A2 e la PCR.

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Infine uno studio europeo ha identificato come possibile autoantigene l’annessina A11.52 Dato che l’annessina A11 è localizzata a livello nucleare non dovrebbe essere esposta al sistema immunitario; tuttavia autoanticorpi diretti contro tale proteina sono stati rilevati anche in patologie autoimmuni come la Sindrome da Anticorpi Anti-fosfolipidi e il Lupus Eritematoso Sistemico. Infatti in seguito a danno cellulare la proteina potrebbe essere esposta e riconosciuta come autoantigene dal sistema immunitario.

Per concludere, sono stati quindi identificati autoanticorpi contro 4 antigeni diversi: la laminina 511-E8, la galectina-3, la proibitina e l’annessina A11. Tutti questi autoantigeni sono proteine ubiquitarie espresse nelle cellule e nella matrice extra-cellulare. Tuttavia se questi autoanticorpi siano in qualche modo coinvolti nella patogenesi del fenomeno rimane ancora incerto, anche considerando il fatto che la loro positività non è stata riscontrata in tutti i pazienti ma in percentuali del 51% per la laminina 511-E8, 28% per la galectina-3, del 73% per la proibitina e del 18% per l’annessina.

Bisogna inoltre sottolineare come anticorpi diretti contro antigeni organo-specifici ritrovati in alcuni pazienti non siano poi stati riscontrati in pazienti con coinvolgimento di altri organi.

Per questi motivi alcuni autori sostengono che non sia un solo particolare autoantigene a causare la malattia.

1.6 MANIFESTAZIONI CLINICHE

Da un punto di vista clinico la Fibrosi Retroperitoneale si può associare a sintomi costituzionali come astenia, febbre di lieve entità, perdita di peso e nausea.

Molti pazienti lamentano un dolore sordo e continuo al fianco, in sede lombare o in sede addominale. Talvolta però la malattia è asintomatica e il suo riscontro può essere del tutto occasionale.

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La crescita del tessuto fibroso spesso può andare a coinvolgere uno o entrambi gli ureteri determinandone l’ostruzione. Di rado possiamo riscontrare nei pazienti un dolore di tipo colico dovuto a questa complicanza.53,54

Nella maggior parte dei casi l’ostruzione di un solo uretere con conseguente idronefrosi e danno del rene omolaterale rimane misconosciuto e si ha una diagnosi tardiva. Diversamente l’ostruzione di entrambi gli ureteri, determinando un’insufficienza renale, porta solitamente a una diagnosi più precoce.

L’ostruzione ureterale è la complicanza più frequente che possiamo riscontrare nei pazienti affetti da Fibrosi Retroperitoneale, tuttavia è possibile anche riscontrare un interessamento dei vasi del peduncolo renale. La compressione dell’arteria renale può determinare l’insorgenza di un’ipertensione nefro-vascolare con conseguente danno renale.

La crescita di questo tessuto può dare altre complicanze ostruttive, tuttavia non molto frequenti, andando a interessare i vasi sanguigni e linfatici della regione retroperitoneale, determinando edema degli arti inferiori, trombosi venosa profonda e in caso di interessamento arterioso claudicatio. Infine, sempre per compressione vascolare, ma raramente, possiamo riscontrare edema scrotale, varicocele o idrocele.1,16

Non di rado questi pazienti possono lamentare stipsi, mentre un’occlusione dell’intestino tenue per compressione diretta del duodeno è un evento estremamente raro 1

È importante inoltre ricordare che in una Fibrosi Retroperitoneale IgG4-correlata il danno renale dovuto all’idronefrosi si può sommare a quello dovuto ad altre manifestazioni della IgG4-RD come la Nefrite tubulo-interstiziale IgG4-correlata, rendendo la prognosi peggiore.

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1.6.1 MANIFESTAZIONI EXTRARETROPERITONEALI

La Fibrosi Retroperitoneale correlata e la Fibrosi Retroperitoneale non IgG4-correlata hanno manifestazioni cliniche praticamente sovrapponibili. Non sono state infatti rilevate differenze per quanto riguarda le complicanze locali della malattia, la morfologia della lesione alla TC e la risposta al trattamento steroideo. Tuttavia i pazienti affetti da Fibrosi Retroperitoneale IgG4-correlata hanno più frequentemente una storia clinica di manifestazione allergiche come atopia, asma e eczema.55

Un’altra sostanziale differenza tra le due forme è la prevalenza maggiore di manifestazioni extra-retroperitoneali di malattia nella Fibrosi Retroperitoneale IgG4-correlata.11,56,57

L’interessamento multiorgano della Fibrosi Retroperitoneale IgG4-correlata può essere sincrono con la comparsa della lesione retroperitoneale o può svilupparsi successivamente. In questi casi le manifestazioni cliniche e la gravità della malattia saranno quindi estremamente eterogenee e dipenderanno dalla sede e dal numero degli organi coinvolti.

Nella Malattia IgG4-correlata ritroviamo, oltre ai classici sintomi sistemici come febbre, astenia e perdita di peso, una serie variabile di segni e sintomi organo-specifici. Gli organi più frequentemente interessati dal processo fibro-infiammatorio sono: le ghiandole salivari, il pancreas, le ghiandole lacrimali, la via biliare, il retroperitoneo, la tiroide, i reni, i polmoni, l’occhio e i tessuti perioculari, l’aorta e il fegato. Con frequenza minore sono invece colpiti: l’ipofisi, le meningi, la prostata, la mammella, la cute, il pericardio, le vie aeree superiori, la pleura e il mediastino.35

Wallace et al.58 analizzando le caratteristiche cliniche e l’impegno d’organo di una

grossa coorte di pazienti con malattia IgG4-correlata, ha proposto una classificazione in fenotipi clinici di malattia. Ha raggruppato in quattro gruppi principali i diversi pattern di presentazione: il primo gruppo con interessamento di malattia a livello pancreatico e epatobiliare, il secondo con fibrosi retroperitoneale e/o coinvolgimento aortico, il terzo con malattia limitata alle regioni della testa e del collo e l’ultimo sempre con interessamento di queste regioni, ma con un pattern di presentazione più simile alla sindrome di Mikulicz e con un coinvolgimento sistemico maggiore. Nei vari gruppi

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sono state inoltre calcolate le percentuali di associazione con altre manifestazioni cliniche.

Per quanto riguarda il fenotipo con coinvolgimento retroperitoneale e/o aortico le manifestazioni extra-retroperitoneali più frequentemente riscontrate sono state: l’impegno linfonodale (25%), polmonare (15%), renale (13%), pancreatico (12%) e a carico dell’aorta toracica (10%).

Da questo studio si evince inoltre che l’interessamento multiorgano e l’aumento dei livelli sierici di IgG4 sono meno comuni nelle Fibrosi Retroperitoneali IgG4-correlate rispetto ad altre manifestazioni di IgG4-RD.58

1.7 LABORATORIO

La Fibrosi Retroperitoneale non presenta caratteristiche specifiche da un punto di vista laboratoristico.

In un 25-50% dei casi è possibile riscontrare un’anemia, dovuta verosimilmente all’infiammazione cronica, e un aumento della ferritina.

Gli indici di flogosi come la Velocità di Eritrosedimentazione (VES) e la Proteina C Reattiva (PCR) sono frequentemente aumentati e alcuni autori riportano casistiche in cui l’intensità della sintomatologia è correlata con l’alterazione di questi parametri59,60.

Tuttavia il monitoraggio della VES e della PCR non si è dimostrato utile nel predire la risposta al trattamento e la prognosi della malattia. 18,59,60 Inoltre sono indici estremamente aspecifici e poco sensibili per la diagnosi e per distinguere le forme secondarie da quelle idiopatiche. 2

In molti casi possiamo riscontrare autoanticorpi nei sieri di questi pazienti di cui i più rappresentati sono gli anticorpi Anti-nucleo (30%) anche in assenza di patologie autoimmuni associate61. Tra le altre classi di auto-anticorpi troviamo: anticorpi anti-muscolo liscio (14%), anticorpi anti-tiroide (31 %), fattore reumatoide (14%) e ANCA (10%) 62.

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La creatinina e i livelli di urea sono elevati nel 40-50% dei pazienti per l’ostruzione data della massa fibrotica a livello ureterale e la conseguente disfunzione renale.18

I valori delle IgG4 possono essere aumentati nei pazienti affetti da Fibrosi Retroperitoneale IgG4-correlata, ma è importante ricordare che altre condizioni possono determinare un aumento dei livelli sierici di queste immunoglobuline e che in un 5% dei casi risultano elevate anche nei soggetti sani.63,64 Sono stati riscontrati infatti

valori elevati di IgG4 in pazienti affetti da tumori maligni, patologie allergiche e da alcune patologie autoimmuni, in particolare da Artrite Reumatoide.65,66

Non sempre comunque nei soggetti con IgG4-RD si riscontrano concentrazioni elevate di IgG4 e per questo motivo devono essere correlate ad altri criteri clinici e istologici per poter porre diagnosi. In alcuni studi è stato dimostrato che dal 3% al 30% dei pazienti con IgG4-RD le concentrazioni sieriche di IgG4 sono normali.67

Utile può risultare il calcolo del rapporto tra la sottoclasse e il totale delle IgG nel siero, definito IgG4/IgG ratio. Nei soggetti sani si riscontrano valori al di sotto del 5%, mentre il valore medio dei soggetti affetti da IgG4-RD risulta essere molto aumentato. La soglia di IgG4/IgG >11% è stata suggerita come marker di malattia.

Oggi in tutti i pazienti affetti da Fibrosi Retroperitoneale dovrebbero essere dosati i livelli sierici di questa sottoclasse di immunoglobuline. Alcuni autori propongono, in seguito al riscontro di valori elevati (IgG4> 135 mg/dl), di considerare l’esecuzione di una biopsia.68

Bisogna poi ricordare che le concentrazioni sieriche di IgG4 non sono correlate con l’attività di malattia e non sono predittive della risposta al trattamento, ma hanno uno stretto rapporto con il numero di organi interessati dalla patologia.69

È emerso da alcuni studi che nel siero dei pazienti affetti da IgG4-RD è possibile rilevare un aumento dei livelli dei plasmablasti circolanti; tale aumento sembrerebbe essere predittivo dell’attività di malattia e della risposta al trattamento.70

Un altro elemento tipico nei pazienti affetti da IgG4-RD è il riscontro di ipergammaglobulinemia al tracciato elettroforetico. Questi soggetti possono inoltre avere un aumento delle IgE e degli eosinofili.

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L’ipocomplementemia è invece più caratteristica delle forme di IgG4-RD in cui si ha un impegno renale.61

1.8 IMAGING

L’approccio diagnostico a questa lesione prevede spesso, in prima istanza, l’esecuzione di una ecografia addominale. Sebbene questa tecnica non possa essere considerata né sensibile né specifica per la diagnosi di Fibrosi Retroperitoneale, può essere utile per il rilevamento dell’idronefrosi o di un aneurisma dell’aorta addominale. In alcuni casi è anche possibile evidenziare un tessuto ipoecogeno in sede periaortica.15

La TC (Tomografia Computerizzata) e la RM (Risonanza Magnetica) sono invece le metodiche di imaging più utilizzate e appropriate ai fini diagnostici.15 L’esecuzione di questi esami permette una valutazione accurata dell’interessamento ureterale e uno studio morfologico dettagliato utile per differenziare le forme secondarie.

La Fibrosi Retroperitoneale appare alla TC come un tessuto omogeneo, di densità pari a quella del tessuto muscolare, che circonda anteriormente e lateralmente (“a manicotto”) l’aorta addominale e che può arrivare nella sua estensione a inglobare e dislocare medialmente uno o entrambi gli ureteri. La lesione ha tipicamente carattere compressivo e non infiltrativo come le neoplasie maligne. In caso di aneurisma associato, la fibrosi si trova solitamente a circondare l’intero diametro arterioso.

Spesso è possibile rilevare nelle vicinanze di questa massa alcune linfoadenopatie subcentrimetriche di eziologia probabilmente reattiva al processo infiammatorio.16 La somministrazione di mezzo di contrasto dovrebbe essere raccomandata durante l’esecuzione di questa metodica di imaging per mettere in evidenza l’enhancement della massa, caratteristico della sua fase attiva.

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Figura 3: Immagini TC di Fibrosi Retroperitoneale intorno alle arterie iliache e all’aorta addominale13

La Risonanza Magnetica è utile in tutti quei casi in cui non è possibile l’esecuzione di una TC con mezzo di contrasto, come ad esempio per insufficienza renale di stadio avanzato o per ipersensibilità. La RM può fornire informazioni aggiuntive allo studio della lesione, indicando la presenza di edema o tessuto infiammatorio.

Con la Risonanza Magnetica la massa retroperitoneale appare ipointensa nelle immagini T1-pesate, mentre nelle immagini T2-pesate varia la sua intensità a seconda dell’attività di malattia: sarà ipointensa nelle fasi quiescenti e iperintensa nelle fasi attive con edema e infiammazione. 71

Vi sono alcune caratteristiche essenziali all’imaging per differenziare questa malattia da una lesione maligna. La Fibrosi Retroperitoneale si presenta tipicamente come una massa omogenea a livello periaortico (anteriormente e lateralmente all’aorta), lontana dall’ilo renale, e che tende a dislocare medialmente gli ureteri. Le lesioni maligne a sede retroperitoneale hanno invece un accrescimento nodulare e infiltrativo. Le neoplasie tendono a invadere strutture vicine come le vertebre e il muscolo Ileo-Psoas, e possono presentarsi posteriormente all’aorta addominale determinandone una dislocazione anteriore; non determinano mai invece una dislocazione mediale dell’uretere. 72–74

Il riscontro di ulteriori lesioni fibrotiche a carattere simmetrico e bilaterale in sede perirenale dovrebbe invece indurre il sospetto della malattia di Erdheim-Chester. 75

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Infine l’ultima metodica utile per lo studio della Fibrosi Retroperitoneale è rappresentata dalla Tomografia ad Emissione di Positroni (PET) con fluorodesossiglucosio (18FDG). Questa metodica si basa sulla captazione da parte di aree ad elevato metabolismo (neoplasie, infiammazione e infezioni) del radiofarmaco 18FDG.

Nonostante la bassa specificità nel caratterizzare forme idiopatiche da infezioni o neoplasie, è un esame molto utile per quantificare l’attività di malattia. Ha quindi acquisito un ruolo non solo nella diagnosi ma anche nel follow-up della malattia. Inoltre il grado di attività di malattia avrebbe un valore predittivo terapeutico, in quanto, un’attività maggiore di malattia sarebbe correlata con una maggiore risposta al trattamento immunosoppressivo; viceversa un basso grado di attività avrebbe risvolti negativi sull’efficacia della terapia.68

In caso di malattia sistemica tramite questa metodica possiamo identificare altre aree patologiche associate. Un esempio può essere rappresentato dal rilevamento di zone dell’aorta toracica con impegno vasculitico, una situazione che non di rado si presenta in pazienti affetti da Periaortite Cronica. Un’altra evenienza potrebbe essere il rilevamento di vari organi interessai dal processo fibro-infiammatorio nel contesto di una Malattia IgG4-correlata. Infine la PET può essere utile per individuare un interessamento d’organo silente o per localizzare organi colpiti che possono essere un bersaglio per la biopsia più facilmente raggiungibile del retroperitoneo.

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In conclusione quindi le varie metodiche di imaging hanno un ruolo fondamentale nella diagnosi della Fibrosi Retroperitoneale. Nei casi incerti o nel sospetto di malignità rimane importante l’esecuzione di una biopsia della lesione.

Figura 4: Studio PET di un paziente con Fibrosi Retroperitoneale13

1.9 BIOPSIA

In molti casi la biopsia con tecnica open o la biopsia TC guidata sono indicate nonostante la natura invasiva di queste procedure. Infatti solo tramite queste tecniche è possibile determinare l’eziologia della lesione e escluderne con certezza la natura maligna.

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La biopsia è uno step fondamentale nella diagnosi della Fibrosi Retroperitoneale e può permettere la distinzione tra forme Idiopatiche e forme secondarie nei casi in cui l’imaging risulti ambiguo. Inoltre tramite l’analisi del campione istologico è possibile identificare le varianti IgG4-correlate.

La biopsia open tramite chirurgia è il metodo più sensibile per l’identificazione di metastasi in questa sede, tuttavia viene quasi sempre attuata la metodica TC guidata per la minore invasività. Una biopsia TC guidata però talvolta non consente un adeguato reperimento di materiale tale da permettere una diagnostica differenziale fine tra fibrosi retroperitoneale IgG4-correlata e fibrosi retroperitoneale non IgG4-correlata.

Nel caso non possa essere eseguita una biopsia del tessuto retroperitoneale, l’utilizzo della PET può risultare utile per localizzare aree di malattia più facilmente accessibili.

1.10 ISTOLOGIA

Da un punto di vista macroscopico la Fibrosi Retroperitoneale appare come una massa dura, biancastra, di spessore variabile, sprovvista di capsula e infiltrante il tessuto adiposo della zona retroperitoneale. Si sviluppa circondando l’aorta addominale, le arterie iliache, la vena cava inferiore e gli ureteri. 2

Questa massa nasce spesso a livello della tonaca avventizia dell’aorta e si espande attraverso il tessuto adiposo circostante. Per questo motivo le aree più periferiche appaiono di una colorazione differente con combinazione tra il grigio e il giallo.76 Macroscopicamente la Fibrosi Retroperitoneale Idiopatica e le forme secondarie appaiono spesso simili.1

I reperti istopatologici di questa malattia sono caratterizzati dalla presenza di una componente fibrosa e di una componente infiammatoria in proporzioni variabili a seconda dei casi, e talvolta all’interno della stessa lesione.

Il tessuto fibroso è costituito da una matrice extracellulare di fibre collagene di tipo I. Queste fibre si organizzano in dei fasci densi che risultano avere una disposizione irregolare. Tali fasci fibrosi si caratterizzano poi per una particolare disposizione

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concentrica (“a cipolla”) attorno alla tonaca avventizia dei piccoli vasi presenti nella regione. Non di rado è possibile il riscontro di fibre nervose intrappolate in questa matrice fibrosa.

Nel contesto di queste fibre collagene ritroviamo una componente cellulare con morfologia fusiforme. Si tratta di fibroblasti e miofibroblasti identificati tramite metodiche immunoistochimiche per la positività a molecole come la vimentina e l’alfa actina. Queste cellule hanno un indice di proliferazione MIB1 estremamente basso poiché vanno raramente incontro a mitosi. Non ci sono inoltre segni di necrosi.

La componente cellulare del tessuto fibroso si caratterizza da un punto di vista immunoistochimico, oltre che per la positività a proteine come la vimentina e l’alfa-actina, per la mancanza di espressione di molecole come citocheratine, caldesmone, S100, CD34, ALK-1, beta-catenina, desmina e mioglobina.

Tipicamente, l’interfaccia tra questo tessuto fibroso di nuova formazione e il tessuto adiposo che si trova in regione retroperitoneale è scarsamente demarcato. Possiamo osservare una combinazione tra le due componenti, quella patologica della fibrosi e quella fisiologica del tessuto residente. La prima presenta delle caratteristiche leggermente differenti da quelle sopraelencate come la presenza di fasci fibrosi più sottili. Questo sembrerebbe suggerire il fatto che siano aree di formazione più recente.2 La colorazione con il Rosso Congo risulta negativa deponendo a favore dell’assenza di sostanza amiloide a livello della lesione.76

Nel contesto di questo tessuto fibroso ritroviamo poi un infiltrato infiammatorio, costituito da linfociti, plasmacellule, macrofagi e rari eosinofili, che assume diversi pattern di presentazione. Possiamo infatti ritrovarlo a circondare i piccoli vasi o in forma più diffusa, disperso nella componente fibrosa.

L’infiammazione perivascolare si caratterizza per piccoli linfociti strettamente impacchettati tra di loro intorno e all’interno della tonaca avventizia del vaso. Non è raro che l’infiammazione arrivi ad estendersi alle tonache più interne della parete vascolare determinando un processo vasculitico. Tramite metodiche immunoistochimiche possiamo caratterizzare questa componente infiammatoria perivascolare come costituita in uguale proporzione da linfociti T e linfociti B con un

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rapporto tra cellule T CD4+ e cellule T CD8+ di circa 3:1. La maggior parte dei linfociti che compongono l’infiltrato infiammatorio perivascolare si organizza in aggregati linfoidi (e talvolta in centri germinativi) con una porzione centrale occupata da linfociti B e una zona periferica che la circonda costituita da linfociti T CD4+ e linfociti T CD8+.

La componente infiammatoria con pattern diffuso invece è costituita da aggregati dispersi di linfociti, macrofagi e rari eosinofili che vanno ad occupare i ristretti spazi tra i fasci fibrosi della matrice extracellulare. Queste aree infiammatorie si caratterizzano per una prevalenza di linfociti T rispetto ai linfociti B, differenziandosi dalla componente precedentemente analizzata dove le due popolazioni di linfociti si equivalgono numericamente. La percentuale delle sottopopolazioni di linfociti T risulta invece identica a quella degli infiltrati infiammatori perivascolari, con una prevalenza di cellule CD4+ rispetto alle CD8+. 76

Negli stadi più avanzati di malattia l’istologia mostra una sclerosi pronunciata con calcificazioni diffuse e una riduzione della componente infiammatoria.1

È importante sottolineare come queste caratteristiche morfologiche non identifichino solamente la Fibrosi Retroperitoneale Idiopatica ma anche le altre forme di Periaortiti Croniche come la Fibrosi Retroperitoneale Perianeurismatica e l’Aneurisma Infiammatorio dell’aorta addominale. Inoltre possiamo ritrovare aspetti istologici identici anche nelle periaortiti che interessano l’aorta toracica e nella maggior parte delle fibrosi retroperitoneali di origine secondaria.2

Figura 5: prima immagine tessuto fibroso che sta infiltrando il tessuto adiposo retroperitoneale (asterisco) e aggregato linfoide (freccia); seconda immagine infiltrato infiammatorio diffuso, con linfociti e plasmacellule disperse tra le fibre collagene13

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1.10.1 ISTOLOGIA FIBROSI RETROPERITONEALE IgG4+

Nella Fibrosi Retroperitoneale IgG4-correlata i reperti istologici sono simili rispetto al quadro precedentemente descritto, ma presentano alcune caratteristiche peculiari che ne permettono la differenziazione. Queste caratteristiche morfologiche sono fondamentali per poter porre diagnosi di Malattia IgG4-correlata.

Gli elementi istopatologici più tipici della IgG4-RD sono: un denso infiltrato linfoplasmacellulare con una elevata percentuale di plasmacellule IgG4+, la fibrosi storiforme, la flebite obliterante e una eosinofilia live-moderata.77,78,79 Caratteristiche istologiche minori come la presenza di centri germinativi, follicoli linfatici, arterite obliterante e flebite non obliterante possono comunque essere riscontrate.78

L’infiltrato infiammatorio è costituito da un elevato numero di linfociti T CD4+ che circondano piccoli aggregati linfoidi e talvolta centri germinativi, costituiti da linfociti B e plasmacellule 77. Queste plasmacellule sono per la maggior parte plasmacellule IgG4+.

La componente eosinofila dell’infiammazione è solitamente scarsamente rappresentata e soltanto in alcuni tipi di lesione, come ad esempio nella fibrosi angiocentrica eosinofila, può risultare preponderante. 80

Mentre l’osservazione di un abbondante infiltrato macrofagico, di cellule giganti multinucleate e di granulomi depone a favore di diagnosi alternative, non di rado possiamo riscontrare nella lesione alcuni macrofagi.

Gli aggregati linfoidi costituiti da linfociti B sono ubiquitari, invece il riscontro di centri germinativi è poco frequente 77. Questi centri germinativi extra-linfonodali sono simili a

quelli linfonodali e sono costituiti da centrociti, centroblasti e cellule follicolari dendritiche.

Le plasmacellule IgG4+ sono una componente fondamentale per poter porre diagnosi di IgG4-RD. Vengono rilevate tramite metodiche immunoistochimiche e i valori proposti per considerare questo criterio positivo sono:

• Plasmacellule IgG4+/HPF >10

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Considerando che la componente plasmacellulare IgG4+ può risultare elevata in svariati altri casi, il rapporto tra le plasmacellule IgG4+ e le plasmacellule IgG+ è molto più indicativo di IgG4-RD e costituisce un criterio più affidabile per la diagnosi.

Le altre condizioni in cui è possibile riscontrare un aumento delle plasmacellule IgG4+ tissutali sono: la malattia di Castleman multicentrica, alcune malattie infiammatorie, vari tumori solidi e i linfomi a cellule B di basso grado. 77

Il cut-off appropriato per il conteggio delle plasmacellule IgG4+ può variare a seconda dell’organo interessato. Nel nostro caso Deshpande et al.77 propone come indicativo di

Fibrosi Retroperitoneale IgG4-correlata un numero di plasmacellule IgG4+ /HPF > 30. La fibrosi storiforme, caratteristica distintiva della Malattia IgG4-correlata, è un pattern insolito di deposizione delle fibre collagene e, mentre può essere riscontrato in alcune neoplasie, si osserva raramente in altre patologie infiammatorie.

La morfologia di questa fibrosi è peculiare e ricorda i raggi della ruota di un carro con le cellule fusiformi che si irraggiano da un centro. Tali cellule fusiformi sono fibroblasti e miofibroblasti.77

Nelle fasi attive di malattia la componente fibroblastica è ben rappresentata e risulta immersa nell’infiltrato linfoplasmocitario. Negli stadi più avanzati della patologia la fibrosi arriva a dominare il quadro istologico a discapito della componente infiammatoria. In questo caso la conta delle plasmacellule IgG4+ è molto meno indicativa per la diagnosi, mentre il rapporto tra plasmacellule IgG4+ e le plasmacellule IgG + risulta utile.35

Bisogna ricordare che un campione di tessuto limitato, come quello che si ottiene con ago-biopsia, potrebbe non essere sufficiente per rilevare questo pattern storiforme. Figura 6: Fibrosi storiforme 82

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Infine l’ultima caratteristica istologica identificativa di IgG4-RD è la presenza di flebite e, meno frequentemente, di arterite obliterante.

La flebite obliterante si presenta come una parziale o totale occlusione del lume delle vene di piccolo e medio calibro, causata da un infiltrato infiammatorio composto da linfociti e plasmacellule. La parete di questi vasi non presenta mai necrosi e deposizione di fibrina, caratteristica invece di frequente riscontro nelle vasculiti come la poliarterite nodosa, la granulomatosi con poliangioite e la poliangioite microscopica. 35

Figura 7: flebite obliterante (le frecce indicano il contorno del vaso)55

La presenza di arterite obliterante è una condizione molto più rara e si ritrova prevalentemente a livello polmonare. Solitamente interessa i vasi arteriosi di piccolo e medio calibro ma può arrivare a interessare vasi più grandi fino addirittura all’aorta. 35 Quindi il riscontro bioptico di queste caratteristiche morfologiche e di un infiltrato plasmacellulare con rapporto IgG4+/ IgG+ > 40% sono fondamentali per identificare una Fibrosi Retroperitoneale IgG4-correlata.

1.11 DIAGNOSI

L’identificazione di un tessuto tipico in sede retroperitoneale impone, in prima istanza, l’esclusione di cause secondarie di Fibrosi Retroperitoneale e successivamente uno studio più dettagliato del paziente, per identificare quelle forme che si sviluppano nel contesto di una malattia IgG4-correlata.

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Scheel et al 82 propone tre criteri per la definizione di una Fibrosi Retroperitoneale Idiopatica:

• La presenza di un tessuto molle che circondi l’aorta sottorenale o le arterie iliache, documentata tramite TC o RMN

• L’assenza di eziologia maligna confermata con biopsia

• L’assenza di un processo fibrotico multifocale sistemico come la Malattia IgG4-correlata

La diagnosi di Fibrosi Retroperitoneale, a meno di una manifestazione eclatante come un’insufficienza renale acuta, è quasi sempre di esclusione. Non è ancora stato validato un iter diagnostico univoco per questa malattia e l’approccio iniziale prevede solitamente l’esecuzione di esami di laboratorio e di una metodica di imaging.

La clinica e le indagini sierologiche risultano frequentemente aspecifiche, mentre indagini più approfondite, come una TC o una RMN, possono rilevare il caratteristico tessuto omogeneo che circonda “a manicotto” l’aorta addominale.

L’imaging assume in questa patologia un ruolo fondamentale e consente, nella maggior parte dei casi, di escludere forme neoplastiche o infettive. La distinzione tra le forme idiopatiche e le forme secondarie maligne è di fondamentale importanza, poiché l’approccio terapeutico nella Fibrosi Retroperitoneale Idiopatica prevede l’utilizzo di farmaci immunosoppressori.

Un’accurata raccolta anamnestica, le indagini laboratoristiche e un dettagliato studio radiologico possono permetterci di escludere le forme secondarie di Fibrosi Retroperitoneale.

Nei casi di incertezza si decide sempre di eseguire una biopsia della lesione; tale esame è comune anche in seguito al riscontro di livelli sierici aumentati di IgG4.

La biopsia rimane il gold standard per la diagnosi di Fibrosi Retroperitoneale Idiopatica e ci permette, tramite l’analisi istologica e immunoistochimica, di differenziare le forme che sono IgG4-correlate.

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Alla luce dell’identificazione della Malattia IgG4-correlata, sono stati condotti vari studi retrospettivi per poter identificare le forme di Fibrosi Retroperitoneale IgG4-correlata, andando a rianalizzare i dati di popolazioni con Fibrosi Retroperitoneale Idiopatica. Tuttavia non sono sempre stati utilizzati gli stessi criteri per differenziare le due varianti: Castelein et al.83 in uno studio del 2015 si basa solo sui livelli plasmatici aumentati di IgG4, mentre altri come Zen et al.10 nel 2010 e Koo et al.84 nel 2014 hanno

utilizzato criteri immunoistochimici e istologici.

La Fibrosi Retroperitoneale correlata e la Fibrosi Retroperitoneale non IgG4-correlata non hanno mostrato nella maggior parte degli studi sostanziali differenze nella risposta al trattamento, nelle manifestazioni cliniche e nei dati laboratoristici; tali considerazioni hanno portato a ipotizzare l’appartenenza di queste due condizioni ad un unico spettro patologico. Tuttavia da queste analisi è emerso un maggior tasso di interessamento extra-retroperitoneale e, in due casi, una prevalenza nel sesso maschile della Fibrosi Retroperitoneale IgG4-correlata.

Oggi per identificare le Fibrosi Retroperitoneale IgG4-correlata vengono utilizzati principalmente i criteri elaborati da Umehara et al.81 per la Malattia IgG4-correlata, riportati nella tabella sottostante.

Figura 8: criteri diagnostici IgG4-RD proposti da Umehara 68

Secondo questi criteri la diagnosi di IgG4-RD può essere propabile, possibile o definitiva.

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Per una diagnosi definitiva sono necessari criteri clinici come il rigonfiamento diffuso o locale di uno o più organi, elevati livelli sierici di IgG4 (>135 mg/dl), e i criteri istologici rappresentati dall’infiltrato linfoplasmocitario con la fibrosi e dall’abbondanza di plasmacellule IgG4+ (IgG4+/IgG+ >40% e IgG4 /HPF >10). La diagnosi è invece definita probabile in presenza dei criteri istologici e clinici, mentre è definita solo come possibile in assenza dei caratteri istologici ma con l’aumento delle IgG4 sieriche

Quindi nell’ambito della Fibrosi Retroperitoneale non esistono tuttora delle linee guida che indirizzino la gestione della malattia; l’esecuzione di una biopsia rimane un passo fondamentale per la caratterizzazione della lesione, nonostante tale metodica sia invasiva e non esente da complicanze.

Inoltre sono al momento in corso di elaborazione nuovi criteri diagnostici per la IgG4-RD.

Roussel et al.68 propone l’algoritmo diagnostico-terapeutico per la Fibrosi Retroperitoneale riportato nel grafico sottostante.

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1.11.1 DIAGNOSI DIFFEERENZIALE

Le principali diagnosi differenziali della Fibrosi Retroperitoneale Idiopatica sono rappresentate da tutte le forme di fibrosi retroperitoneale secondarie.

Come precedentemente esposto queste forme possono essere determinate da tumori originatesi in loco (ad esempio sarcomi e linfomi) o da metastasi di tumori della mammella, della prostata, del testicolo o del colon.

Ritroviamo poi le infezioni determinate da vari batteri e miceti e le forme di fibrosi retroperitoneale iatrogene, causate da farmaci o da interventi di chirurgia addominale. Ulteriori patologie che è necessario escludere sono: la malattia di Erdheim-Chester e la Sarcoidosi. La Malattia di Erdheim-Chester deve essere sospettata in base alla caratteristica distribuzione della lesione alla TC. In questa malattia infatti la fibrosi è tipicamente bilaterale e va ad occupare la zona peri-renale.75 Tale ritrovamento dovrebbe essere seguito da una scintigrafia ossea per confermare il sospetto diagnostico. Tutte queste forme possono essere facilmente escluse tramite l’esecuzione di una biopsia e l’analisi del campione istologico. Ad esempio in caso di patologia maligna saranno evidenziate cellule neoplastiche insieme all’infiltrazione e alla distruzione delle strutture vicine, mentre in presenza di una Malattia di Erdheim-Chester potremo ritrovare i classici istiociti schiumosi (CD68KP1 positivi e CD1a negativi).27

Le diagnosi differenziali da tenere in considerazione per la Fibrosi Retroperitoneale IgG4-correlata comprendono malattie come la granulomatosi con poliangioite e la malattia di Castleman. In entrambi i casi infatti è rilevabile un incremento delle plasmacellule IgG4+ e del rapporto IgG4+/IgG+ nel tessuto retroperitoneale e nei linfonodi. 85,86

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