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TERAPIA SOSTITUTIVA ED ETEROGENEITA’ DEI PAZIENTI: ALTI E BASSI METABOLIZZATOR

PAZIENTI E METOD

TERAPIA SOSTITUTIVA ED ETEROGENEITA’ DEI PAZIENTI: ALTI E BASSI METABOLIZZATOR

I pazienti che si sottopongono a terapia sostitutiva endovenosa presentano una notevole eterogeneità clinica e biologica e la cinetica delle immunoglobuline infuse costituisce un ulteriore elemento di eterogeneità. In questo studio abbiamo preso in esame 45 pazienti, che si recano presso il Day Hospital dell’UO Immunoallergologia della AOUP per effettuare infusioni di immunoglobuline in regime sostitutivo. Si tratta di 15 soggetti affetti da CVID, 8 da deficit di sottoclassi sintomatico, 8 da ipogammaglobulinemia primitiva sintomatica e 14 da ipogammaglobulinemia secondaria sintomatica.

Lo scopo dello studio è verificare che la terapia sostitutiva sia efficace nel mantenimento dei livelli di IgG considerati protettivi nei confronti delle infezioni, e cercare un modo di categorizzare i pazienti in relazione al metabolismo delle immunoglobuline infuse. Una conoscenza approfondita dei fattori implicati nel metabolismo infatti permetterebbe di ottimizzare il dosaggio delle immunoglobuline a priori, e non in modo empirico una volta iniziata la terapia sostitutiva.

Gli strumenti che abbiamo utilizzato per studiare questi pazienti sono rappresentati dall’efficiency index, descritto e validato in letteratura, e l’indice di catabolismo, un nuovo parametro da noi costruito. I due parametri descrivono lo stesso fenomeno da due punti di vista differenti, che sono il mantenimento di un certo livello di IgG nel caso dell’efficiency index e l’eliminazione quotidiana di IgG nel caso dell’indice di catabolismo. Esiste quindi una correlazione inversa fra i due parametri, che si avvicina al livello di significatività senza però raggiungerlo (p=0,058). Ciò è probabilmente

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imputabile alla ristrettezza del campione in studio; verosimilmente un campione più ampio mostrerebbe una maggiore correlazione.

L’indice di catabolismo e l’efficiency index osservano infatti lo stesso fenomeno (il catabolismo delle immunoglobuline) da due punti di vista concettualmente diversi:

 L’ “indice di catabolismo” è stato valutato come IgG trough level T0 + dose somministrata T0/Volemia(Nadler) – IgG trough level T1/intervallo T0-T1 e tiene conto

della perdita quotidiana di IgG in mg/dL, differenziando la quantità di IgG al picco ematico (trough level precedente + la dose somministrata) a ciò che rimane a fine infusione (trough level successivo) rapportato ai giorni tra un’infusione e la successiva. Valuta quindi la perdita quotidiana media, in mg/dL, di immunoglobuline tra un infusione e l’altra.

 L’efficiency index, valutato come media degli IgG trough level – valori IgG preterapia/100/media dei g/kg/week di Ig[66]indica invece quanto è efficiente la

terapia sostitutiva nei singoli pazienti, tenendo conto di quante IgG sono mantenute a fine periodo infusionale (trough level), sottraendo i valori pre-terapia (che possono rappresentare grossolanamente la quantità di IgG che il paziente è in grado di produrre in modo endogeno) diviso la somministrazione settimanale di Ig; è quindi un indice di quante IgG infuse/settimana il paziente riesce a mantenere fino alla fine del periodo infusionale.

Oltre all’eterogeneità dei pazienti in studio, una difficoltà ulteriore è data dalla produzione endogena di IgG, più o meno conservata nei diversi pazienti, e mal distinguibile dalle IgG esogene infuse. Questo sicuramente complica la valutazione della cinetica delle immunoglobuline infuse.

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L’indice di catabolismo è stato valutato per ogni intervallo disponibile, a seconda dei prelievi ematici eseguiti ai pazienti. E’ stata poi fatta una media degli indici calcolati per ogni paziente, che sono risultati piuttosto costanti nelle diverse misurazioni effettuate ad ogni ciclo di terapia nei pazienti che hanno raggiunto lo steady state. Nei pazienti che non sono ancora allo steady state, gli indici di catabolismo sono più bassi rispetto ai successivi. Una possibile spiegazione potrebbe essere l’esistenza di meccanismi di feedback recettoriale implicati nella regolazione dei livelli circolanti di immunoglobuline. Ulteriori approfondimenti sono necessari per avvalorare tale ipotesi. Per questo motivo i valori ottenuti prima dello steady state sono stati esclusi dal calcolo dell’indice medio di ogni paziente, a partire dal quale è stata calcolata la mediana della popolazione, utilizzata poi come cut-off nella distinzione tra alti e bassi metabolizzatori.

Il valore mediano degli indici di catabolismo calcolati per tutti i pazienti è risultato 19,62 mg/dL/die. Tale valore è stato considerato il cut-off nella distinzione dei pazienti: al di sopra di 19,62 mg/dL/die sono alti metabolizzatori, al di sotto sono bassi metabolizzatori.

Dei 45 pazienti 22 sono risultati bassi metabolizzatori e 23 alti metabolizzatori. Dei bassi metabolizzatori 6 sono affetti da CVID, 5 da deficit di sottoclassi, 6 da ipogammaglobulinemia primitiva e 5 da ipogammaglobulinemia secondaria. Degli alti metabolizzatori 9 sono affetti da CVID, 3 da deficit di sottoclassi, 2 da ipogammaglobulinemia primitiva e 9 da ipogammaglobulinemia secondaria. Non esistono differenze statisticamente significative tra gruppi diagnostici e distinzione in base all’indice di catabolismo.

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I due gruppi di pazienti, alti e bassi metabolizzatori, valutati secondo l’indice di catabolismo, si caratterizzano per IgG trough levels più bassi negli alti metabolizzatori (p=0,0114) e i per valori di mg/kg di immunoglobuline infuse più elevate negli alti metabolizzatori (p<0,0001). Questo conferma l’accelerato consumo di immunoglobuline negli alti metabolizzatori e la necessità di alzare il dosaggio. Il fatto che l’IgG trough rimanga più basso negli alti rispetto ai bassi metabolizzatori indica che tali pazienti arrivano a fine periodo infusionale avendo perso più immunoglobuline somministrate.

Non sussiste invece una differenza significativa nell’intervallo di giorni tra un’infusione e la successiva. Nel nostro centro la consuetudine è di aumentare la dose di immunoglobuline infuse più che aumentare la frequenza delle infusioni.

Sembra esserci anche una percezione della malattia diversa tra il gruppo dei bassi e degli alti metabolizzatori. In particolare i bassi metabolizzatori riferiscono un maggior benessere (p=0,0199) e un minore impatto della malattia sulla qualità della vita (p=0,006). Questi risultati sono basati su risposte soggettive a domande soggettive, che però danno l’idea della percezione che i pazienti hanno del proprio stato di malattia.

L’efficiency index tiene conto dei valori di IgG pre-terapia. Dal momento che di due pazienti non sono noti tali valori, è stato possibile calcolare l’efficiency index solamente per gli altri 43 pazienti.

Il valore mediano degli efficiency index valutabili è stato 28,45 kg/week/L, utilizzato come cut off nella distinzione tra gli alti e i bassi metabolizzatori: al

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di sopra di 28,45 stanno i bassi metabolizzatori, al di sotto gli alti metabolizzatori.

Dei 45 pazienti 21 sono risultati bassi metabolizzatori e 22 alti metabolizzatori. Dei bassi metabolizzatori 9 sono affetti da CVID, 1 da deficit di sottoclassi, 5 da ipogammaglobulinemia primitiva e 6 da ipogammaglobulinemia secondaria. Degli alti metabolizzatori 6 sono affetti da CVID, 6 da deficit di sottoclassi, 2 da ipogammaglobulinemia primitiva e 8 da ipogammaglobulinemia secondaria. Non esistono differenze statisticamente significative tra gruppi diagnostici e distinzione sulla base dell’efficiency index.

Gli alti e i bassi metabolizzatori distinti secondo l’efficiency index mostrano valori di IgG pre-terapia significativamente diversi (p=0,0401), in particolare tali valori sono più elevati negli alti metabolizzatori. Parlando di IgG pre- terapia si valutano solamente le IgG endogene in pazienti non ancora in trattamento sostitutivo.

L’IgG trough level medio raggiunto in corso di terapia è inferiore negli alti metabolizzatori rispetto ai bassi (p=0,0425) indicando in effetti un più rapido consumo di immunoglobuline.

Utilizzando l’efficiency index non emerge una differenza statisticamente significativa nei mg/kg medi di immunoglobuline infuse.

Anche nella distinzione secondo l’efficiency index non ci sono differenze significative nei giorni di intervallo tra le infusioni, a conferma della tendenza ad aumentare la dose della singola infusione piuttosto che aumentare la frequenza delle infusioni.

98 VALORI IgG PRE-TERAPIA e IgG TROUGH LEVEL NELLE CLASSI DIAGNOSTICHE

I pazienti affetti da deficit di sottoclassi IgG, in trattamento sostitutivo endovenoso perché sintomatici, mostrano dei livelli di IgG pre-terapia superiori rispetto ai pazienti affetti da CVID (p=0.0002), ipogammaglobulinemia primitiva (p=0.0023) e ipogammaglobulinemia secondaria (p=0.048). Questo rimane in linea con la definizione stessa del deficit di sottoclassi[11], dai cui criteri diagnostici si evince che i valori di IgG totali possono essere nella norma; al contrario, nella diagnosi di Immunodeficienza Comune Variabile come nelle ipogammaglobulinemie, le IgG totali sono per definizione ridotte.

Anche dopo l’inizio della terapia i pazienti con deficit di sottoclassi mantengono valori di IgG trough, misurati subito prima dell’infusione successiva, più elevati rispetto ai pazienti con CVID (p=0,0014), ipogammaglobulinemia primitiva (p=0.0047) e ipogammaglobulinemia secondaria (p=0.0316). Anche questo è in linea con la definizione stessa di deficit di sottoclassi, in cui si mantiene una capacità di produzione endogena delle IgG superiore rispetto alle altre malattie considerate.

I pazienti con CVID presentano anche valori di IgA e IgM alla diagnosi minori rispetto alle altre categorie diagnostiche. Anche questo riflette la definizione diagnostica di queste malattie.

IgG TROUGH LEVEL

I valori medi di IgG trough level raggiunti nei gruppi di pazienti sono superiori alle soglie considerate protettive nei confronti delle infezioni. Non esistono standard internazionali riguardo a questi valori protettivi né un consenso unanime. Dalla letteratura emerge comunque che il valore minimo

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considerato protettivo per la polmonite, nei pazienti affetti da CVID, sia di almeno IgG > 500 mg/dL. Negli ultimi tempi la tendenza è di portare i valori di IgG ai limiti minimi della norma, ovvero ad almeno 650-700 mg/dL; questo correla con una netta riduzione degli eventi infettivi[61-64].

Nei gruppi di pazienti studiati il valore di IgG trough medio in tutto il gruppo dei pazienti è 787,93 ± 144,52, nella CVID 737,3 ± 97,61 mg/dL, nel deficit di sottoclassi 941,01 ± 158,32 mg/dL, nell’ipogammaglobulinemia primitiva 761,21 ± 103,39 mg/dL e nell’ipogammaglobulinemia secondaria 769,98 ± 151,70 mg/dL. Sono quindi al di sopra della soglia minima ritenuta protettiva.

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