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Terentius Varro in Argo<nautis> facit : Poiché la o finale di Argo non appare chiusa nel codice,

CAPPELLETTO 2003, 110 propone in apparato la lettura Argr., da sciogliere in Arte grammatica, titolo del primo libro della perduta opera varroniana Disciplinarum libri IX, dedicato alla grammatica, di cui possediamo un solo frammento trasmesso da Cassiodoro nel De orthographia (gramm. VII 153, 1

praeterea in libro qui est de grammatica Varro, cum de litteris dissereret, item h inter litteras non esse disputavit eqs. = FUNAIOLI 1907, 206). L’ipotesi è ingegnosa ma piuttosto fragile: oltre ai dubbi sulla riconoscibilità dell’abbreviazione appare improbabile che si indicasse il primo libro delle Disciplinae con il titolo Ars grammatica e problematica risulta anche la menzione da parte di Varrone della genealogia delle Furie all’interno di un testo grammaticale. Facilmente spiegabile è invece l’indicazione errata del prenome dell’autore (P<ublius> per M<arcus>), scambio piuttosto diffuso in età medievale e umanistica, determinato dalla confusione con il nome del più noto commediografo. OSANN 1826, 39-40, ignaro della lezione in Argo omessa da Mai, nel tentativo di avvalorare una possibile citazione varroniana, rimandava a Paul. Fest. p. 73, 14 L. Varro vero Erebo natam noctem ait, frammento di incerta provenienza, che solo per ipotesi si potrebbe attribuire alle Antiquitates divinae. Sulle Eumenidi/Furie si conosce inoltre una testimonianza, anch’essa di dubbia origine varroniana, tramandata da uno scolio a Virgilio (cod. Paris. Lat. 7930, saec. XI): Eumenides dicuntur Furiae per contrarium; quae quamvis

vulgatis nominibus utantur, tamen propria nomina habent; nominantur autem his nominibus: Agmentis, Pecmentis, Furina (CARDAUNS 1976, 88; ma il fr. non figura nel commento a p. 219). La soluzione più semplice consiste, a mio avviso, nell’intepretare Argo come l’abbreviazione del titolo Argonautis (in

Argo. o in Arg., con il tratto poco chiaro della -o equivalente a un punto) e cogliere nel passo un rimando

alle Argonautae di P. Terentius Varro Atacinus – risulterebbe pertanto corretta l’indicazione del

praenomen nel codice –, poema di cui gli editori individuano una decina di frammenti498, e che Minuziano potrebbe aver trovato citato nell’opera di qualche umanista. Per la brutta espressione facit in

Argo, possibile indizio delle difficoltà incontrate dal falsario nella composizione del testo, si può

richiamare Grill. rhet. 1, 7 p. 43 l. 63 habet in se sententiae dictionem: in omnibus enim deliberativis

sententia dicitur, ut facit (Cicero) in Philippicis; 1, 21 p. 91 l. 44 quod facit in Cluentiana; Schem. dian.

13 ajnakefalaiw'si", latine recapitulatio, ut Tullius in Caeliana facit in epilogis.

§ 12 «Staphylus con y. Per primo insegnò a mischiare acqua e vino, ne sono testimoni Gaio Plinio e

Sallustio. E dal nome di Stafilo l’uva fu chiamata ‘stafile’ (stafuvlh) da Democrito. L’etolo Stafilo dunque, del quale Virgilio (narra) “l’uva scoperta mischiò con tazze di acqua dell’Acheloo”, secondo le testimonianze di Donato e Probo fu pastore del re Eneo, dal nome del quale Libero decise, per la gloria

497 La fonte più probabile è per Cappelletto uno degli scolii ad Apollonio Rodio (editio princeps a cura di I. Lascaris,

Florentiae 1496); troppo tarde risultano invece le prime edizioni di Ateneo (ed. princ. M. Musurus, Venetiis 1514) e degli scolii a Pindaro (Z. Calliergus, Romae 1515): si ricordi che le Lectiones di Ricchieri, con la prima notizia del De orthographia, furono pubblicate nel febbraio del 1516.

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della scoperta, che il vino fosse chiamato ‘oenon’ (oi{non). Fu figlio di Bacco nato da Arianna, come affermano Plutarco e Dione, oppure da Erigone figlia di Icario, secondo le testimonianze di Luciano nel

filosofo barbuto e Ovidio nelle Metamorfosi. Lino nel Pluto di Aristofane dice che Stafilo è amico di

Bacco, Grinico (dice) che è lo zio materno di Semele».

Il contenuto del lemma è ricavato certamente da una pagina dell’Hecatostys di Costanzi.

CONSTANTIUS Hecatostys cap. VI (Anii Deliorum regis fabula enarrata, qua Nasonis uersus aperitur

atque corrigitur [v. anche § 4 Rhoeo]), 12r: «Staphylus Anii pater, qui a Stephano, nisi codex mendosus

sit, Ananius nuncupatur; B acc h i f il iu s fu i t e x A ria dna ut Pl uta rc hu s in Theseo scribit, ve l ut aliis placet e x E ri gon e I c a r i fi lia , quae in uvae speciem ab hoc deo mutato compressa legitur Ovi di s e xt o M e ta mor ph ose on : Liber ut Erigonen falsa deceperit uva, unde eorum filio nomen impositum St a p h yl us, q ui a st a fu v lh u va m si gn if i ca t. Licet Ar i st op ha ni s i n Pl u tu m c omme n ta r i u s h u nc non B a cc h i f i l ium se d a mic u m a ppe l let. De quo non praetermittenda videtur quae P r obu s V i rgi li i enarrator memoriae tradit, qui non Staphylum a staphyle, sed staphylen a Staphylo dictam existimat. Sic e ni m i n e um G e or gi c or u m ve r sum p oc ul aq ue i nv e nti s a. m. u. scriptum

relinquit. Ae to lu s p as tor S t ap hy l u s cum Oe nei capellas in pabulum duceret notavit unam [...] Li be r, ut perpetua in ve nt oru m esset gl ori a, con[12v]stituit ut a b Oe ne o oe n o n a pp e l la re t ur v in um , a St a ph y lo u va st ap hy l e. Hae c Pr ob us. Sed hoc etiam adde (quoniam in Staphyli

venimus mentionem) e um pr i mum vi n u m a qua mi sc er i P li n io t e ste d oc u i sse »499.

Cfr. CONSTANTIUS Assumenta 90r: «Liber ut Erigonen falsa deceperit uva: haec Erigone Icari filia fuit, quam sub uvae specie Bacchus decepit et gravidam reddidit; unde natus puer nomine Staphylus a facti qualitate ita appellatus: nam stafuvlh uvam significat, quamvis non desint qui Staphylum Baccho et Ariadna natum litteris tradant: ut in tertio Argonauticon commentario interpretes scribunt et Plutarchus in Theseo»; v .anche TORTELLI 1501, 123: «Aquam vino miscere Staphilus Sileni filius primus dicitur invenisse».

Sull’intero paragrafo sono state tracciati nel codice dei tratti diagonali di calamo, verosimilmente da parte di Stazio, con l’intento apparente di cassare il lemma: forse l’umanista portoghese aveva motivo di dubitare della genuinità del paragrafo, o della sua appartenenza al De orthographia500, oppure, pur riconoscendone l’autenticità, intendeva segnalarne l’errata collocazione501. Potrebbe in qualche modo essere legato alla cancellazione del paragrafo l’ampia porzione di testo vergata nella pagina, che risulta essere la più ‘piena’ del codice.

Tra le numerose fonti menzionate nel paragrafo (Plinio, Sallustio, Democrito, Virgilio, Donato, Probo, Plutarco, Dione, Luciano, Ovidio, Lino, Grynicus) solo la metà sono individuabili con certezza (Plinio, Virgilio, Probo, Plutarco, Ovidio, forse Luciano e Lino).

499

La dipendenza del lemma di Minuziano dal capitolo di Costanzi sfugge a HOLLIS 1996, 165, che invece, notando come met. 6, 124 e 125 costituiscano rispettivamente la fonte dei §§ 51 e 12, si domanda se Minuziano non attinga a un commento al sesto libro delle Metamorfosi.

500 Questa sembra essere l’opinione di M

AI 1823,131(«ut aliena vel spuria deleta fuerant»), che estrae il lemma dall’edizione, stampandolo nell’apparato in corpo minore.

501

Staphylus cum hya : Per hya v. § 8.

Primus docuit uinum aqua misceri : La storia del pastore Stafilo, scopritore del vino, è narrata da Serv.

georg. 1, 9 circa hunc [fluvium Acheloum] Staphylus, Oenei pastor, cum animadvertisset ex capellis unam esse pinguissimam, intellexit id pabuli ubertate fieri; secutus itaque eandem cum vidisset uvis vesci, ... deceptum fructum pertulit regi; qui cum liquorem expressisset, a suo nomine appellavit oi\non, ab inventore stafulhvn (sim. Prob. Verg. georg. 1, 9). Il particolare della miscela di acqua e vino, assente nel

testo serviano, si legge in Plinio (v. infra) e in un commentario virgiliano tardoantico (rev. expos. Verg.

georg. 1, 9 de Acheloo flumine, in cuius ripa uva fuerat inventa, aquam miscuit vino [Staphylus], atque ita cum potum optimum fecisset, speciem uvae et potum obtulit regi). Nel brano di Costanzi sono tenute

distinte le due tradizioni che fanno di Stafilo un pastore del re etolo Eneo e il figlio di Bacco, nato dall’unione con Arianna, dopo che l’eroina fu abbandonata da Teseo a Nasso, oppure, secondo una diversa versione (v. infra Ov. met. 6, 125), con Erigone, che lo aveva ospitato insieme al padre Icario. Nel lemma di Minuziano invece le due figure, presentate di seguito, sembrano confondersi. Stafilo sposò in seguito Crisotemi, dalla quale ebbe le tre figlie Molpadia, Reo e Parteno; in quanto padre di Reo divenne anche nonno di Anio (cfr. § 4).