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terpretano la risurrezione nel linguaggio della glorificazio

ne, esaltazione e ascensione.

Gv. 2 0 , 2 2

racconta che il Gesù risorto dona lo Spirito santo in occasione della sua prima apparizione ai discepoli la sera della domenica di pasqua. Pertanto Luca ha ragione di includere l 'ascensione e il dono dello Spirito nel periodo della risurrezione, ma separandoli con un lasso di tempo di quaranta e cinquanta giorni, sceglie di descrivere l'escatologico con categorie temporali.t74 E cosl, nonostante che la tradizione

geroso-l7l

Per l'ascensione c/. Benoit pp. 475, 485-487; e anche il suo articolo in Theology Digest 8 ( 196o) 10_5-r ro; A.M. RAMSEY, What Was the Ascension? in Historicity and Chronology in the New Teslamenl, ed. M.C. Perry, Theologica.l Collections 6, London 1965, pp. 1 3_5·144 ·

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In effetti egli usa persino le categorie spaziali . L'esaltazio­

ne alla destra di Dio e il dono dello Spirito sono concetti teologici, ma Luca li ha introdotti nel campo del sensibile descrivendo

qr

limitana delle apparizioni pasquali {specialmente Luca­

Atti) attinga a dati precedenti, non può essere seguita per stabilire l'effettiva successione di quelle apparizioni.

E

allora, la tradizione galileana delle apparizioni

è

forse più attendibile dal punto di vista cronologico? Proprio come la tradizione gerosolimitana lascia uno spazio ridotto

o nullo alle successive apparizioni in Galilea, i racconti della tradizione galileana sembrano escludere ogni prece­

dente apparizione

di

Gesù ai dodici in Gerusalemme. La direttiva dell'angelo in Mc. 1 6,7 e Mt. 28,7 invita ì disce­

poli ad andare in Galilea per vedere Gesù - invito che non avrebbe avuto senso se avessero dovuto vederlo prima a Gerusalemme. Quando Gesù appare ai discepoli sul monte in Galilea (Mt. 2 8 , 1 6- 1 7 ) essi sono dubbiosi; e questa esitazione altrove

è

associata con le apparizioni ini­

zi·aJi (Le. 24,37; Gv. 20,25 ; Mc. I6,13-14). Non ci sarebbe stata ragione di dubitare se i discepoli avessero già visto Gesù a Gerusalemme e saputo della sua risurrezione. Il redattore che aggiunse il capitolo 2 1 al quarto vangelo cercò di adattare il suo racconto di una apparizione in Galilea col racconto precedente (Giovanni 20), dove le appanz1om erano a Gerusalemme. Addolcl la durezza della transizione aggiungendo indicazioni di tempo: per esem­

pio «Gesù si manifestò di nuovO>) ( 2 I ,I ) e e< questa era Gesù sollevato da una nuvola che lo rende invisibile e parlando di una potente raffica di spirito-vento (la parola ebraica ruah può essere tradotta sia con 'spirito' che con 'vento') che scende dal cielo. Anche se è vero che Luca ha cercato di descrivere l'ascen­

sione e il dono dello Spirito, nessun altro autore del Nuovo Testamento ha però cercato di descrivere la risurrezio!le. Il più antico tentativo di descrivere la risurrezione che ci sia rimasto è il Vangelo di Pietro 39-40, del secondo secolo: «Essi videro ancora tre uomini uscire dal sepolcro, due dei quali sostenevano il terzo, e una croce li seguiva. Le teste dei due raggiungevano il cielo, ma la testa di colui che sorreggevano sorpassava i cieli».

142 l R.E. Brown, Risurrezione corport�J di Gesù

la terza volta che Gesù si manifestava ai suoi discepoli»

( 2 1 ,14). Ma questo accomodamento redazionale non dis­

simula il fatto che nella storia del capitolo 2 1

i

discepoli vedono il Gesù risorto per la prima volta

(

2 1 .4. 7 . r 2).

Pertanto dobbiamo respingere la teoria secondo la quale i vangeli si possono armonizzare mediante u n arrangia­

mento in base al quale Gesù sarebbe apparso più di una volta ai dodici, prima a Gerusalemme e poi in Galilea.

Come Descamps dimostrava persuasivamente alcuni anni orsono,175 i diversi racconti evangelici narrono in sostanza la stessa fondamentale apparizione ai dodici, sia che la localizzino a Gerusalemme o in Galilea - apparizione che è di particolare importanza per la chiesa, perché attraverso di essa i dodici ricevono il mandato per il loro compito futuro.

Il lettore ancora perplesso potrebbe giustamente chie­

dersi : ma come potrebbero riferirsi alla stessa apparizione ai dodici dei racconti evangelici cosl diversi? Abbi amo già visto

che

le varianti di spazio e tempo possono essere at­

tribuite almeno in parte agli evangelisti stessi che cercano di inserire il resoconto di una apparizione in un racconto compiuto.176 Se si lasciano da parte questi particolari

mi-175 A. DEsCAMPS, La structure cles r�its évangéliques de la

�surrection, in Biblica 40 ( 1959) 726-74 1 . E interessante notare che uno dei primi tentativi cattolici di applicare una rigorosa critica biblica ai racconti pasquali sia da attribuirsi ad uno studioso che sarebbe diventato vescovo e membro della Pontifi­

cia Commissione Biblica.

176 Altri particolari nei racconti evangelici indicano quale fos­

se l'intento teologico degli evangelisti. Per esempio, soltanto Giovanni racconta che Tommaso era assente quando Gesù ap­

parve ai dodici, e pertanto Giovanni deve far apparire Gesù a Tommaso una settimana più tardi. Nel mio commentario a Gio­

vanni (supra n. r69) pp. IOJ I·IOJJ, avanzo l'ipotesi che questa seconda apparizione sia una drammatizzazione dell'evangelista, nella quale Tommaso starebbe a personificare un atteggiamento.

Gli altri vangeli parlano di paura o incredulità quando Gesù a

p-143

nori, c'è una certa analogia tra i racconti evangelici di questa apparizione di Gesù ai dodici: 177

1 ) si descrive una situazione nella quale i discepoli di Gesù sono privi di lui

2 )

apparizione di Gesù

3 )

suo saluto ai discepoli

4) loro riconoscimento di Gesù

5 ) sua parola di comando o di missione.

Per lo scopo che si prefigge questo capitolo, il fatto che i comandi del Gesù risorto ai dodici cosl come sono ripor­

ta ti nei vangeli, benché simili quanto alla finalità, diver­

gano quanto all'espressione rappresenta una grave difficol­

tà. I l lettore confronti accuratamente M:.

2 8 , 1 8-20;

Le.

24147-49 ;

Gv.

20,21-23

e Appendice di Marco J 6 , 1 5 - 1 8 . Troverà in questi comandi i motivi della missione al mon­

do, della predicazione e dell'insegnamento, della remis­

sione dei peccati, del battesimo e del dono dello Spirito santo promesso. Ma ciascun vangelo esprime questi motivi in modo diverso dagli altri e spesso nello stile caratteri­

stico del rispettivo evangelista.178 Nell'esempio della

for-pare, ma Giovanni ha trasferito questo dubbio in un episodio separato e lo ha personificato in Tommaso. Questo tipo di libera drammatizzazione è caratteristico del quarto vangelo.

177 Un 'importante analisi dei modelli dei racconti si trova in C.H. Dono, The Appearances of the Risen Christ: An Essay in Form-Criticism of the Gospels, in Studies in the Gospels, ed.

D.E. Nineham (RH. Lightfoot volume), Oxford 1957, 9-35 . I due modelli che distingue sono i «racconti concisi» e i «racconti circo­

stanziati,. (Benoit preferisce un'altra terminologia: racconti che con­

tengono una missione e racconti che contengono un riconoscimento).

L'esempio riportato sopra è del tipo «racconti concisi». Nei racconti circostanziati i dettagli del riconoscimento sono più sviluppati.

176 Evans p. 67 esprime in modo conciso la difficoltà: « .. che non solo il Signore non dice le stesse cose in due vangeli, ma quasi non è lo stesso Signore che parla. In Matteo è evidentemente un

144 l R.E. Brown, Risurrezione corporea di Gesù

mula battesimale «tnmtaria» di

Mt. 28,19,

anche i critiCI moderati ammetterebbero che si tratta di una formulazione che difficilmente potrebbe risalire ai primi giorni del cri­

stianesimo.179 Questa osservazione ci pone di fronte ad