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Il Territorio libero di Trieste

Cap II La questione di Trieste II 1 L’esodo e il contro esodo

II. 3. Il Territorio libero di Trieste

Il 3 luglio 1947, all'interno del trattato di pace, fu prevista la costituzione, da Duino fino alla linea del fiume Quieto presso Cittanova d’Istria, del T.L.T. (Territorio Libero di Trieste54). La provvisorietà dell’amministrazione sarebbe dovuta ricadere sugli Alleati in una Zona A, amministrata da un Governo Militare Alleato (Allied Military Government - Free Territory of Trieste - British U.S. Zone) e sugli jugoslavi in una Zona B, con Capodistria sede dell'amministrazione militare e civile jugoslava della zona. Secondo l'articolo 21 del trattato, il TLT sarebbe stato riconosciuto dalle Potenze Alleate e dall'Italia, e la sua integrità ed indipendenza sarebbero state assicurate dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Uno Statuto appositamente redatto avrebbe fissato e garantito l’integrità e indipendenza, con proprie leggi e doveri per i cittadini dello neo-Stato; un governatore delle Nazioni Unite avrebbe governato su una striscia di terra tra due stati e due sistemi opposti. Tale strumento sarebbe rimasto in vigore fino alla data che il Consiglio di Sicurezza avrebbe dovuto determinare per l'entrata in vigore di uno Statuto Permanente, allegato al trattato di Parigi. In immediata successione si sarebbero dovute creare le forme di governo necessarie per il funzionamento dello Stato (un Governatore, un Consiglio di Governo, un'assemblea Popolare eletta dal popolo del territorio Libero ed un Corpo Giudiziario), nonché eleggere un'assemblea

costituente che avrebbe dovuto approntare la nuova costituzione del TLT. L'ONU avrebbe comunque mantenuto dei poteri di controllo sul TLT, per il tramite del proprio Consiglio di Sicurezza. Il porto di Trieste sarebbe stato un porto franco doganale, in grado di convogliare il commercio internazionale verso l’Italia, verso la Jugoslavia e verso l’Europa centrale. Una commissione internazionale avrebbe supervisionato il funzionamento e la libertà delle merci del porto franco. Il vizio all'origine del TLT stava nell'asimmetria delle amministrazioni.

La Zona A di 222,5 km² e circa 310 000 abitanti, era affidata in amministrazione a potenze non confinanti (inglesi e statunitensi), mentre la Zona B con la parte nord-occidentale dell'Istria, di 515,5 km² e circa 68 000 abitanti alla Jugoslavia, che aspirava ad annettersi l'intero territorio. In pratica mai funzionò come un vero stato indipendente. Il suo funzionamento dipendeva dalla nomina di un Governatore55 da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. La scelta del Governatore si protrasse per vari anni e i diversi nomi proposti furono sistematicamente oggetto di veto sia da parte degli Alleati che da parte dei sovietici. Gli Alleati commisero un errore di valutazione sulla strategicità del porto di Trieste: pur vantando illustri trascorsi, già nel periodo fra le due guerre mondiali aveva vissuto una crisi profonda, sia per la concorrenza di Venezia, sia per l’incapacità di mantenere i contatti commerciali ed economici con quello che era stato il suo retroterra mitteleuropeo in epoca asburgica. Pensarono di far riacquistare il vecchio prestigio di punto di collegamento. Ma così non fu.

E proprio per questo è da spiegare il rapido cambio di strategia che gli Alleati attuarono, con una netta chiusura a qualsiasi scelta di cedere alla Jugoslavia sovietica. Con il subentrare agli inglesi degli americani al governo di Trieste, la gestione della questione cambiò; la Zona A divenne per il nuovo assetto mondiale, l’ultimo baluardo dell’occidente contro il comunismo. Una sorta di la funzione di antemurale. Di contraltare, nella Zona B gli jugoslavi intrapresero un’azione di assimilazione e integrazione con il resto della Jugoslavia, con l’introduzione della valuta jugoslava, con la regolazione del fuso orario di Belgrado. La popolazione reagì con azioni di dissenso e resistenza, tutte represse sanguinosamente. Sparizioni, arresti, pestaggi, tutte ad opera della famigerata Ozna che era ovunque.

La mancata entrata in vigore dello statuto permanente e la mancata nomina del governatore e degli altri organi di governo del TLT determinarono uno stallo che mise in dubbio fra gli studiosi di diritto internazionale l'effettività dell'esistenza stessa di uno stato denominato Territorio Libero di Trieste, carente di uno degli elementi costitutivi per essere definito tale, la sovranità, e soggetto perennemente ad un governo provvisorio militare. A farne le spese fu il Territorio Libero di Trieste. Ma quali furono le cause del fallimento di questo Stato? I sovietici volevano attribuire più poteri all’assemblea popolare e al Consiglio di governo eletti dai cittadini, cosi facendo il TLT sarebbe caduto in mano jugoslava. Più poteri estesi all’Assemblea dove era forte la presenza di partiti filo-jugoslavi avrebbero indebolito il Governatore. L’allarme venne lanciato dal Foreign Office per l’esistenza di un piano per ottenere il controllo del Territorio Libero; ma dopo tali valutazioni americani e inglesi boicottarono l’istituzione del TLT. Nel marzo del 1948 sia per aiutare le forze anticomuniste, sia a dare un segnale forte all’Unione Sovietica e alla Jugoslavia, le tre nazioni occidentali in una nota tripartita56 dichiararono che erano favorevoli al passaggio all’Italia di tutto il Territorio Libero. Con l’uscita della Jugoslavia dal Cominform, tuttavia, l’interesse strategico di Trieste e del suo territorio perse valore, e gli americani cercarono di risolvere la questione dei confini direttamente con la Jugoslavia. L’8 settembre 1953, con una nota congiunta anglo-americana, le due potenze ribadivano il trasferimento della Zona A all’Italia. Il governo jugoslavo venne altresì informato che una sua annessione della Zona B non avrebbe ricevuto reazione negative. La Jugoslavia accolse la nota molto negativamente

55P. SPIRITO, Trieste a stelle e striscie, Mgs press, Trieste, pp. 30- 37 56M. CATTARUZZA, l’Italia e il confine orientale, Il mulino, Bologna, pp. 314

perché temeva una modifica degli equilibri a proprio sfavore. Anche se la spartizione ventilata nella nota fu discussa e proposta da Tito con il ministro degli esteri britannico Eden nella primavera del 1953. Gravi tumulti e spostamenti di mezzi lungo il confine si registrarono in quei giorni. A Trieste la tensione alimentata da “intelligence” italiane, scaturì in scontri e disordini contro le forze Alleate. Detonatore delle violenze fu l’ammaino della bandiera dal municipio da parte della polizia alleata. Si registrarono sei morti. Disordini si registrarono anche in Jugoslavia contro Consolati e centri culturali italiani, inglesi e americani. Le dichiarazioni di Tito avevano mosso gli animi. Intanto venivano ammassate truppe jugoslave nella Zona B per esercitare pressione per il ritiro dell’esecuzione della nota bipartita. La reazione Jugoslava dimostrava quanto era forte il potere negoziale jugoslavo. L’ambasciatore jugoslavo Valebit tentò di ottenere ulteriori vantaggi in Zona A in cambio sulla rinuncia di Trieste, riproponendo il progetto di un corridoio sloveno; però questa soluzione tagliava fuori la città dal territorio italiano, con cessioni di sobborghi sloveni e istituzione di una zona franca. Queste proposte formulate nelle trattative nella primavera/estate 1953, finirono in nulla di fatto per il gioco al rialzo praticato dagli jugoslavi. L’Italia invece si trincerò in una rivendicazione di tutto il Tlt, e nelle trattative di aprile/maggio 1953 si dimostrò intransigente. Questa intransigenza si palesò nel rifiuto della proposta americana del febbraio del 1953 fatta dal Segretario di stato Dulles a De Gasperi sull’annessione della Zona A ma anche di alcune città costiere della Zona B. L’indecisione diplomatica deteriorò la situazione negoziale di quei mesi. L’ambasciatore Valebit rivendicava in cambio di piccoli cambiamenti territoriali sulla costa della Zona B (la creazione di un polo industriale, commerciale opposto a Trieste).

Nel corso delle trattative tra il 1952 e il 1953 gli jugoslavi formularono troppe dichiarazioni di ammissione dell’italianità di diverse città della Zona B e di disinteresse per esse. E’ probabile che l’obiettivo jugoslavo fosse quello di interrompere la continuità territoriale tra Trieste e lo stato italiano, di creare difficoltà con le cittadine costiere istriane trasformate in tante enclave dove la sovranità italiana era puramente nominale. Tra giugno e agosto del 1954 le trattative arrivarono alla conclusione, e qualcosa trapelò nella stampa italiana sui negoziati. Secondo quanto riportato in diversi articoli, gli jugoslavi rivendicarono la possibilità di costruire a Capodistria in Zona B un porto internazionale in concorrenza con Trieste, e richiedevano una striscia di territorio nella penisola di Muggia per lo sviluppo del porto. Probabilmente erano mosse tattiche, volte a garantirsi quote di aiuti economici americani e contropartite per Trieste. Nel 1952 nella Zona A alcune competenze (fra cui il Direttorato delle finanze e dell'economia), vennero affidate a dirigenti nominati direttamente dal Governo italiano. Il 5 e 6 novembre 1953 vi furono a Trieste violenti scontri di piazza da parte di coloro che reclamavano la riunificazione della città all'Italia. Nella rivolta di Trieste finirono uccisi sei cittadini, cui è stata successivamente conferita un'onorificenza dal governo italiano. Comunque la vita del Tlt e delle diverse trattative si concretizzò il 5 ottobre con la stipula del Memorandum di Londra, dove si arrivò alla suddivisione delle due Zone che lo componevano.