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Test empirico sull’effetto dei rating sui mercati

PARTE 3 Analisi e Commenti

3.2. APPROFONDIMENTI DEI RATING SUL DEBITO SOVRANO ITALIANO

3.2.3. Test empirico sull’effetto dei rating sui mercati

A partire dai dati analizzati precedentemente, si è voluto effettuare un test empirico per verificare se e in quale misura i giudizi emessi dalle agenzie di rating influiscono sull’andamento dello spread e quindi sui mercati finanziari.

Successivamente, si riportano i risultati derivanti dalla regressione effettuata e dagli indicatori utilizzati per studiare gli effetti dei rating sui mercati.

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Innanzi tutto, analizzando le serie storiche prese in considerazione mediante il software statistico E- Views, si verifica facilmente che siamo in presenza di serie storiche non stazionarie.

Lo studio dell’econometria suggerisce che la maggior parte delle serie economiche e finanziarie sono appunto dei processi non stazionari, poiché possono presentare un andamento temporale marcatamente tendenziale con più o meno elevate fluttuazioni cicliche o un profilo temporale erratico che non evidenzia un valore medio, costante o variabile, attorno a cui la serie si evolve. La presenza di una componente non stazionaria in una serie storica comporta diversi problemi sia teorici sia pratici.

Per quanto riguarda l’aspetto teorico, basti ricordare come la teoria asintotica fondamentalmente richieda che gli stimatori empirici dei momenti convergano in probabilità ai momenti teorici. Per serie non stazionarie, questa conclusione non è più valida, per cui non è più possibile procedere all’inferenza statistica sui parametri utilizzando le usuali distribuzioni. Inoltre, condurre un’analisi di regressione basata su serie di dati non stazionari, se non opportunamente trattati, comporta il rischio di ottenere delle regressioni spurie, cioè dei modelli che evidenziano delle relazioni tra variabili economiche che in effetti non sussistono27.

Per evitare appunto di giungere a conclusioni errate in seguito ad una regressione spuria, le serie I(1) sono state rese I(0) attraverso una differenziazione. La regressione quindi è stata calcolata sulle differenze prime.

Con il nome SPREAD1 si individua la serie delle differenze relative allo spread tra btp e bund a 10 anni; con il nome SP1, MOODY1 e FITCH1 si individuano rispettivamente le serie delle differenze corrispondenti ai giudizi di rating delle tre agenzie. In questo modo le serie corrispondono alla variazione di spread e alla variazione di giudizio emesso dalle tre sorelle.

Lo studio effettuato analizza la relazione che sussiste tra le variabili, studiando come varia lo spread in funzione di una variazione di rating. Si analizza quindi se e in quale misura i giudizi di rating influiscono sull’andamento dello spread, ovvero si studiano gli effetti sui mercati finanziari in seguito ad un downgrade o upgrade della classe di rating del debito sovrano italiano.

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Di seguito si riportano i risultati della regressione effettuata.

Tabella 28. La regressione tra lo spread e i rating.

Dai risultati della regressione, si osservano i principali indicatori per valutarne la bontà o meno dei risultati. In presenza di un R2 pari a 0.005553, si osserva che il modello stimato non consente di approssimare la realtà con i dati osservati e quindi non presenta un buon potere esplicativo.

Inoltre, considerando un livello di significatività pari al 5%, i coefficienti ottenuti non sono significativi poiché presentano un p-value maggiore dello 0.05.

Queste risultati portano ad accettare l’ipotesi nulla di non significatività dei parametri stimati, i quali dimostrano che le serie relative ai giudizi di rating non aiutano a spiegare la variabile dipendente rappresentata dalle variazioni dello spread. Ciò significa che non esiste una relazione significativa tra le variabili. Infatti, come si era già osservato graficamente nel precedente paragrafo, i mercati non rispondono sempre allo stesso modo alle emissioni di downgrade da parte delle agenzie di rating. Non viene evidenziato un comportamento coerente e ricorrente nell’andamento dello spread rispetto al rating.

L’interpretazione conclusiva che viene data è appunto che la variazione dei giudizi di rating non influisce sulla variazione dello spread. La variazione di rating non produce alcun effetto sui mercati finanziari e le serie mantengono un andamento indipendente l’una dalle altre.

94 Si riporta inoltre la matrice di correlazione ottenuta:

Tabella 29. La matrice di correlazione.

Come si osserva dai risultati, si nota che esiste una correlazione bassissima tra lo spread e i giudizi di rating. Ciò sottolinea l’indipendenza delle serie oggetto di analisi, come osservato precedentemente mediante i risultati della regressione.

In altre parole, il modello afferma che i giudizi di rating emessi dalle agenzie non producono effetti sui mercati. L’andamento dello spread non dipende quindi dalla mera valutazione del merito di credito dei sovrani ma viene influenzato da altre variabili. Ad esempio, alcune analisi empiriche disponibili confermano che gli spread sono fortemente correlati alle bilance commerciali, e dipendono perciò dalla maggiore o minore competitività delle produzioni nazionali28.

I risultati della regressione possono essere fuorvianti in quanto si considera tutto il campione, non solo i periodi antecedenti e successivi al downgrade. Per questo motivo si effettua una seconda analisi per verificare se in questi periodi specifici l’andamento dello spread sia influenzato dai downgrade.

A questo fine vengono utilizzati due indicatori basati sul trend e sui livelli e calcolati separatamente. Per quanto riguarda i livelli viene calcolata la media dello spread nella finestra temporale che comprende 10 giorni precedenti e 10 successivi alla data di downgrade del rating sul debito sovrano italiano da parte delle agenzie. Per il trend, invece, esso consiste nel rapporto tra le variazioni positive e il numero totale di variazioni nella stessa finestra temporale che comprende 10 giorni precedenti e 10 giorni successivi rispetto ad un downgrade da parte di Standard & Poor’s, Moody’s o Fitch.

Questi calcoli vengono effettuati per ciascuna agenzia di rating in prossimità dei downgrade più importanti nell’arco temporale 2009-2012 e vengono riportati di seguito. Si evidenziano con il

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colore rosso le reazioni del mercato non coerenti con il downgrade, mentre in verde si osservano le reazioni in linea con il nuovo rating emesso. Ciò che ci si aspetterebbe in seguito ad un downgrade, sarebbe un aumento dello spread nei livelli e nella voce trend una percentuale maggiore di variazioni positive rispetto a ciò che avviene prima del nuovo giudizio.

La prima tabella mostra le variazioni in prossimità dei principali declassamenti annunciati da Standard & Poor’s negli anni 2011 e 2012.

Standard & Poor's

pre downgrade data downgrade post downgrade

mercato agenzia 19/09/2011 Mercato agenzia

Livelli 302,18 A+ 315,4 314,64 A

Trend 0,55555556 A+ --> A 0,444444444

mercato agenzia 13/01/2012 Mercato agenzia

Livelli 441,66 A 417,1 369,26 BBB+

Trend 0,55555556 A --> BBB+ 0,222222222

Tabella 30. Gli indicatori in Standard & Poor’s.

Si osserva come in entrambe le variazioni di rating del 19 Settembre 2011 e del 13 Gennaio 2012, la media dello spread diminuisce successivamente al downgrade del paese. Nel primo caso, quando il rating dell’Italia passa da A+ a A, il differenziale diminuisce lievemente scendendo da 315 punti base a 314. Nel secondo caso, invece, quando l’Italia vede il suo rating scendere di due categorie da A a BBB+, la variazione dello spread è più importante e si abbassa di ben 50 punti osservando la media delle successive 10 osservazioni. Questa reazione è esattamente l’opposto di ciò che si sarebbe atteso. In presenza di una forte correlazione tra le serie, lo spread sarebbe dovuto aumentare significativamente in seguito al downgrade di ben due classi.

Osservando il trend, si nota facilmente che il numero delle variazioni positive sullo spread è maggiore prima del downgrade ed è pari al 40% e al 20% successivamente.

Le celle rosse evidenziano appunto una reazione del mercato opposta a quello che ci si sarebbe aspettato. Ad un peggioramento del rating ci si aspetta un elevato numero di variazioni positive ed un aumento dello spread.

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Questa prima conclusione riguardante la prima agenzia Standard & Poor’s conferma i risultati ottenuti dalla precedente regressione, evidenziando un comportamento illogico ed incoerente dei mercati come risposta ad un downgrade del Paese.

Procediamo con l’analisi degli eventi caratterizzanti le altre due agenzie di rating, focalizzandoci nei downgrade più importanti.

La seguente tabella riporta le variazioni in concomitanza con i giudizi emessi da Moody’s tra il 2011 e 2012.

Moody's

pre downgrade data downgrade post downgrade

mercato agenzia 03/10/2011 Mercato agenzia

Livelli 314,64 Aa2 313,8 299,4 A2

Trend 0,55555556 Aa2 --> A2 0,666666667

mercato agenzia 13/02/2012 Mercato agenzia

Livelli 312,28 A2 300,3 300,46 A3

Trend 0,22222222 A2 --> A3 0,444444444

mercato agenzia 13/07/2012 Mercato agenzia

Livelli 379,81 A3 407,6 420,85 Baa2

Trend 0,55555556 A3 --> Baa2 0,555555556

Tabella 31. Gli indicatori in Moody’s.

Anche in questo caso, si può notare dai risultati illustrati nella tabella di cui sopra, che non esiste un andamento coerente tra l’emissione di un nuovo giudizio di rating e la reazione dei mercati. Infatti, in seguito al primo downgrade del 3 Ottobre 2011, lo spread nei livelli diminuisce di ben 14 punti base (come evidenziato nella prima cella rossa) al peggiorare del rating, passando da Aa2 a A2. Per quanto riguarda il trend, però, le variazioni positive sono maggiori e pari al 66% come sottolineato dal colore verde. Il primo indicatore indica quindi una incoerenza di risposta dei mercati, in quanto ci saremmo aspettati un auento del livello dello spread, ma il secondo indicatore invece è in linea con le aspettative post downgrade.

In seguito al secondo cambiamento avvenuto in data 13 Febbraio 2012, in cui il rating dell’Italia passa da A2 a A3, lo spread rimane stabile nelle successive 10 osservazioni. Apparentemente quindi

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sembra che i mercati non abbiano reagito al downgrade da parte dell’agenzia. L’indicatore di trend mostra delle variazioni positive pari al 44% (cella rossa).

Ed infine, dopo il più grande downgrade del rating dell'Italia da parte di Moody’s il 13 Luglio 2012, che ha portato il paese ad un livello Baa2 per la prima volta nella storia, lo spread sale di 13 punti base, coerentemente con le aspettative del mercato, come evidenziato nella cella verde. L’indicatore di trend supera il 50%, esattamente come ci si aspettava.

Si può quindi osservare la mancanza di una risposta dei mercati coerente e logica. Alcune volte le reazioni sono pari alle aspettative, altre volte di maggiore o minore intensità ed altre volte ancora completamente l’opposto di ciò che razionalmente ci si aspetterebbe.

Si procede con l’ultima analisi riguardante la terza agenzia di rating Fitch, illustrata nella seguente tabella.

Fitch

pre downgrade data downgrade post downgrade

mercato agenzia 07/10/2011 Mercato agenzia

Livelli 305,5 AA- 288,7 306,88 A+

Trend 0,44444444 AA- --> A+ 0,666666667

mercato agenzia 27/01/2012 Mercato agenzia

Livelli 377,37 A+ 336 312,28 A-

Trend 0,22222222 A+ --> A- 0,333333333

Tabella 3. Gli indicatori in Fitch.

Anche in quest’ultimo caso è facilmente verificabile l’indipendenza dei giudizi di rating rispetto all’andamento dello spread. Si nota infatti come, in seguito a declassamenti importanti effettuati dall’agenzia nei confronti dell’Italia, le reazioni sono completamente diverse.

In seguito al primo downgrade avvenuto il 7 Ottobre 2011, lo spread nei livelli aumenta di 18 punti base e l’indicatore di trend mostra un numero maggiore di variazioni positive (celle verdi), esattamente come ci si aspettava.

Nel secondo caso però, quando Fitch dichiara il downgrade dell’Italia di due classi di rating da A+ a A-, le reazioni del mercato sono totalmente inaspettate. Infatti, osservando lo spread nei livelli, quest’ultimo diminuisce di ben 24 punti base, come evidenziato dal colore rosso. Per quanto riguarda il trend invece, le variazioni positive sono nettamente inferiori mostrando un indicatore del 33%. Anche nel caso di Fitch, i risultati ottenuti portano a concludere che non esistono delle reazioni lineari e coerenti nei mercati finanziari, in seguito ad un downgrade del rating assegnato al debito sovrano italiano.

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Conclusioni

La recente crisi dell’Eurozona o cosiddetta crisi dei debiti sovrani ha posto l’attenzione sulle agenzie di rating, chiamate a giudicare la bontà dei titoli emessi dagli stati sovrani e l’affidabilità degli stessi emittenti. In periodi di tensione finanziaria e forte recessione, come quello che sta colpendo in particolar modo i paesi europei, nasce la necessità di conoscere nel dettaglio le metodologie ed i processi utilizzati dalle “sorelle del rating” per la loro valutazione e l’emissione dei loro giudizi. Infatti, nonostante l’imparzialità delle agenzie, le loro valutazioni e le informazioni da esse fornite producono degli effetti rilevanti sulle scelte degli investitori.

Come si è osservato in questo elaborato, le metodologie utilizzate per la valutazione dei rating sovrani da parte delle tre agenzie di rating sono pressoché simili. Esse analizzano tre ambiti di analisi principali, caratterizzanti l’affidabilità di un sovrano ed il relativo rischio di credito. I processi utilizzati iniziano il loro approfondimento con l’analisi della situazione economica, intesa come performance e possibilità di crescita, in cui si utilizza come indicatore primario il PIL pro capite; il passo successivo riguarda l’analisi della situazione politica, osservando la stabilità del governo, le politiche adottate e la credibilità dello stesso; infine l’ultima analisi mira ad un approfondimento della situazione finanziaria e monetaria, osservandone il debito pubblico, il servizio del debito, il debito estero e le reazioni agli shock economici.

Analizzando dettagliatamente le metodologie, si possono notare alcune lievi differenze per quanto riguarda le assunzioni alla base, il modello utilizzato e le considerazioni finali. Mentre Standard & Poor’s si basa sulla probabilità di default, Moody’s considera diversi livelli di perdite attese e non specifica un modello preciso; Fitch spiega invece il modello di regressione multipla utilizzato. Quindi, si può facilmente notare che con le informazioni a disposizione, che le stesse agenzie di rating pubblicano, non è possibile effettuare un confronto approfondito. Secondo infatti la documentazione fornita dalle tre società, mostrata dettagliatamente nella prima parte di questo elaborato, persiste una certa opacità nei processi utilizzati. Le spiegazioni fornite lasciano molti quesiti e impongono al lettore di ricorrere all’interpretazione o ad accettare le cosiddette “opinioni” espresse. Si nota, appunto, come sia mancante una spiegazione uniforme e parallela delle tre metodologie. Tutto ciò non contribuisce alla trasparenza di cui necessitano i mercati finanziari e lascia ulteriori dubbi agli investitori che intendono comprendere i processi di analisi adottati dalle agenzie.

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Nonostante l’opacità dei giudizi di rating, ci si chiede quali siano le loro conseguenze sui mercati finanziari. Nell’attuale crisi dei debiti sovrani, parallelamente al peggioramento dei giudizi di rating si assiste ad un innalzamento dello spread. Questo fenomeno porta ad interrogarsi sulle conseguenze dei rating per quanto riguarda il differenziale tra titoli di stato di un paese ed il relativo benchmark. Diversi studi empirici portano a differenti risultati che non evidenziano delle reazioni prevedibili, razionali e coerenti nei mercati in seguito a downgrade espressi dalle agenzie.

Lo studio svolto in questo elaborato sul debito sovrano italiano mostra una totale assenza di correlazione tra le variazioni dei rating e le variazioni in termini di spread, sia a livello di intero campione 2009-2012 che a livello di specifici periodi antecedenti e successivi i singoli downgrade. Si è in questo modo verificata l’indipendenza delle variabili e della dinamica che caratterizza da un lato i giudizi di rating e dall’altro i rendimenti dei titoli obbligazionari. Confermano questo risultato le reazioni incoerenti ed irrazionali dei mercati in risposta ad un downgrade della classe di rating e l’imprevedibilità delle conseguenze, come è stato dimostrato mediante gli indicatori di livelli e trend. Questi ultimi hanno evidenziato dei movimenti dello spread indipendenti da un declassamento del rating assegnato al debito sovrano italiano. Razionalmente ciò che ci si aspettava era un aumento dello spread nei livelli nelle osservazioni successive al downgrade e un maggiore numero di variazioni positive per quanto riguarda l’indicatore di trend. I risultati in realtà hanno mostrato alcune reazioni coerenti con le aspettative, altre completamente opposte.

Le analisi delle metodologie di rating condotte in questo lavoro e i risultati ottenuti mediante le analisi empiriche effettuate portano a concludere che i giudizi di rating sulle emissioni governative sono poco confrontabili e che le variazioni di rendimento dei titoli non vengono significativamente influenzate dai downgrade.

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