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2.2 Analisi della struttura

2.2.4 Testo e dintorni

Gli studi condotti da Genette sulla funzione svolta dagli elementi che si trovano a margine del testo, siano essi testuali o grafici, rappresentano una pietra miliare nel settore della critica letteraria: risulta infatti impossibile ignorare la loro importanza al fine di una piena comprensione di un’opera tanto complessa quale è il romanzo. Secondo il critico francese, il paratesto è una soglia, una frangia o, per usare le parole di Borges, un

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“Così, adesso che abbiamo parlato, è inteso che io continui? Ci siamo ancora, su questo intendimento. Io potrei scrivere quello che ritengo opportuno, mentre io (TU) potresti aggiungere quello che io (TU) ritengo adatto. Non ho pianificato nulla su cui io (TU) non sia d’accordo, solo per scrivere un bel po’ prima che io (TU) lo legga. Mi scuso se ho pensato che io (TU) volessi ingannarmi, e non intendevo arrecare alcun danno.” The Prestige, p. 44

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“Io penso che io (TU) debba; sì. Sospetto che io (TU) sappia a cosa mi sto riferendo qui.” Idem, p. 72

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vestibolo. E’ una zona di confine tra il testo e il lettore (senza limiti ben definiti, né verso il testo, né verso l’esterno), in cui viene data a quest’ultimo la possibilità di andare avanti ed immergersi nel testo, o di tornare indietro. Alla luce di quanto detto, può essere considerato come

un luogo privilegiato di una pragmatica e di una strategia, di un’azione sul pubblico, con il compito, più o meno ben compreso e realizzato, di far meglio accogliere il testo e di sviluppare una lettura più pertinente, agli occhi, si intende, dell’autore e dei suoi alleati.122

Avendo già avuto modo di discutere dell’epitesto nel primo paragrafo di questo capitolo, si vuole qui prestare attenzione alla funzione del peritesto123, in particolar modo a quella svolta dalla copertina e dal titolo. E’ questa la parte più appariscente e che indubbiamente esercita il grado maggiore di seduzione sul potenziale lettore: in un certo senso ha il compito di ‘indirizzare’ la lettura, quasi di fornire una ‘chiave’ per la comprensione del testo stesso.

Nel caso specifico di The Prestige, non ci sono molte edizioni, e le differenze sostanziali sono imputabili al cambio di editore: infatti, la prima edizione è stata curata da Simon & Schuster nel 1995, mentre le successive sono curate dalla Tor Books per il mercato statunitense e dalla Gollancz per quello inglese. Di seguito sono inserite le

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Genette G., Soglie: i Dintorni del Testo, Torino, Einaudi, 1989, p. 4

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In questa sede risulta quanto mai opportuno richiamare la distinzione tra epitesto e peritesto operata da Genette: ‘Un elemento del paratesto, se costituito da un messaggio materializzato, ha necessariamente un’ubicazione, che si può situare in relazione a quella del testo stesso: intorno al testo, nello spazio del volume stesso, come il titolo o la prefazione, e qualche volta inserito negli interstizi del testo, come i titoli dei capitoli o certe note; chiamerò peritesto questa prima categoria spaziale, certamente la più tipica […]. Sempre intorno al testo, ma a distanza più rispettosa (o più prudente), tutti i messaggi che si trovano, almeno originariamente, all’esterno del libro: generalmente in ambito mediatico (interviste, conversazioni), o in forma di comunicazione privata (corrispondenze, giornali intimi, e altro). E’ questa seconda categoria che chiamo, in mancanza di meglio, epitesto. Genette, G., op. cit., p. 7

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immagini di copertina delle diverse edizioni, al fine di rendere più chiare le osservazioni che verranno fatte:

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Edizione Gollancz, 2005 UK

Edizione Tor Books, 2005 USA

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Edizione Gollancz, 2006 UK

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Analizzando le immagini scelte dai diversi editori è possibile distinguere due fasi, ovvero una antecedente ed una successiva all’uscita dell’omonimo film. La prima edizione124, che risale alla fine del 1995 – inizio 1996, mostra una composizione che, con i suoi disegni astratti, richiama esplicitamente il mondo della fantasia. Ma due elementi restringono per così dire il campo, riferendosi in maniera univoca alla magia: sia la mano dell’uomo sia l’ala sono i simboli per eccellenza degli illusionisti, rappresentando nel primo caso l’abilità manuale del prestigiatore e nel secondo la colomba, animale di sovente al centro di vari numeri. In questo contesto il nome dell’autore occupa la parte superiore della copertina, dove tra l’altro è inserito un frammento di recensione anonima dell’Independent, mentre al centro si trovano il titolo ed un richiamo al premio World Fantasy Award, chiaramente aggiunto successivamente alla stampa del volume.

La scelta operata dalla Tor Books privilegia ancora una volta le mani, evidenziando nello specifico due momenti dello spettacolo: la presentazione e la performance. Nel riquadro centrale infatti, dove tra l’altro è inserito anche il titolo, è raffigurata una mano con guanto, colta nell’atto di ‘presentare’ qualcosa; nel riquadro laterale due mani controllano una bacchetta senza toccarla, sotto di loro è inserita una recensione. Nei riquadri superiori sono invece presentate due figure grottesche, ed un coniglio, simbolo anch’esso del mondo dell’illusione; anche qui è inserito un richiamo al premio World

Fantasy Award. Elemento degno di nota è l’inserimento di un commento autorevole

accanto al nome dell’autore, nello specifico quello di John Fowles.

Nell’edizione della Gollancz dello stesso anno viene invece preferito il tema del doppio. Un uomo in abito da sera si riflette allo specchio, ma il suo riflesso presenta alcune differenze: indossa dei guanti bianchi ed un cappello di seta nero, che essendo accessori tipici di un abito da sera, vengono spesso associati agli illusionisti di fine secolo. Questa

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scelta può essere interpretata in due modi diversi: potrebbe infatti sia riferirsi alla condizione dei fratelli Borden, dove lo specchio è una sorta di finestra per guardare l’uno all’altro, oppure alla doppia vita di Angier, dato che il riflesso potrebbe rappresentare il Great Danton, mentre l’uomo che si riflette allo specchio potrebbe essere Lord Colderdale. Indipendentemente dal fatto che si preferisca la prima o la seconda ipotesi, è indubbio che questa immagine è di grande effetto ed ‘introduce’ il lettore nell’elegante mondo dei teatri vittoriani.

Anno 2006: in entrambe le edizioni che accompagnano l’uscita del film, campeggiano sulla copertina scritte come NOW A MAJOR FILM e FALL 2006 – A MAJOR MOTION PICTURE. La Tor Books sceglie di utilizzare uno sfondo colorato, senza immagini, lasciando al particolare tipo di sfumatura che contorna il titolo il compito di suggerire l’idea di aleatorietà, di un qualcosa di non definito: una scelta che parzialmente richiama anche il genere della Science Fiction. Scelta diversa opera invece la Gollancz, che decide di utilizzare una locandina del film: la differenza sostanziale risiede nel fatto che in questo caso la magia richiamata da uno sfondo quasi ‘ipnotico’ è posta in secondo piano, mentre la scena è dominata dai due maghi, la cui posizione opposta richiama esplicitamente l’idea della rivalità. Come si avrà modo di approfondire nella sezione dedicata ai temi, e soprattutto in quella relativa alla trasposizione cinematografica, è proprio la rivalità l’elemento scelto dagli sceneggiatori per “rappresentare” la storia.

Con riferimento alle scelte grafiche, riprendendo quanto citato in apertura, ovvero la funzione che secondo Genette dovrebbe espletare il paratesto in generale, si deduce che il tentativo più ‘riuscito’ è quello della Gollancz125: anche se non sappiamo fino a che punto l’autore sia stato reso partecipe della decisione, in una intervista a Richard Hawkins, è lo stesso Priest ad evidenziare,

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[…] the two essential elements of the novel — obsessive secrecy and obsessive curiosity126.

Il che si attaglia perfettamente alla spiegazione qui fornita dello specchio, dato che quest’ultimo è usato sia per migliorare la visibilità sia per sviare, rendendo in questo modo la duplice idea di curiosità e segretezza.

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Sempre per evidenziare gli elementi del peritesto, tra le edizioni di cui si è parlato nel paragrafo precedente, si sceglie l’edizione Gollancz del 2006. In questa edizione, come si è già accennato, la versione cinematografica gioca un ruolo fondamentale, tanto che il

blurb pubblicitario non si trova in una sopracoperta bensì è parte integrante della copertina

stessa, ‘condizionando’ così la disposizione degli altri elementi. Nella parte anteriore i protagonisti (Hugh Jackman e Christian Bale) sono raffigurati nei loro costumi di scena, mentre in quella posteriore si leggono tutte le informazioni relative alla pellicola, come quelle che di solito si trovano alla fine di un trailer. Da questa scelta, più che da qualunque altra, si evince lo stretto rapporto che lega i due lavori: se da un lato, infatti, l’uscita del film ha rinnovato l’interesse nei confronti del libro, dall’altro è il libro a ‘pubblicizzare’ il film. E’ utile soffermarsi qui sul formato dell’edizione scelta: si tratta di una edizione

paperback, formato tascabile 19.8 x 13.8, il che sottolinea il ruolo che Christopher Priest

gioca all’interno del mercato letterario. A dispetto del grande successo ottenuto dal

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“[…] I due elementi essenziali del romanzo segretezza ossessiva e curiosità ossessiva.” Hawkins R., “Christopher Priest – Interview on The Prestige”, Science Fiction Uk Review, 3 July 2006

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romanzo, si continua a non utilizzare il formato dedicato ai best sellers, ovvero l’edizione hardcover di dimensioni maggiori: questo è senza dubbio legato a quanto David Kendall scrive alla fine di una sua intervista allo scrittore, sintetizzando in poche battute la carriera di quest’ultimo:

Back in 1983 Chris was nominated as one of the Best Young British Novelists. He now seems ‘doomed’ to write intelligent, unpretentious novels which explore a literary vein reminiscent of Peter Ackroyd’s Dan Leno and The Limehouse Golem, but with the thrills and imaginative scope of the best genre work.127

Sul significato di queste parole c’è davvero poco da aggiungere, mentre per ulteriori riflessioni in merito al rapporto esistente tra Priest ed Ackroyd si rimanda al capitolo riservato alle conclusioni.

Tornando all’analisi della ‘cornice del testo’, addentrandosi tra le pagine del volume, si nota che il contenuto delle prime pagine di copertina, ovvero di quelle che vanno dalla prima alla quinta, segue una disposizione standard: qui troviamo informazioni come le opere pubblicate dall’autore, le note sulla casa editrice e la pubblicazione, e la dedica fatta ai suoi figli (Elizabeth e Simon).128

A differenza di G. Brandreth, nelle cui opere sono presenti delle appendici contenenti i riferimenti ai ‘materiali’ utilizzati dallo scrittore, Priest decide di non inserire nel testo alcun richiamo alle fonti di cui si avvale: questa scelta potrebbe essere spiegata in due modi, uno più specifico inerente la storia e l’altro più generale riferito alle intenzioni

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“Nel lontano 1983 Chris era indicato come uno dei migliori giovani scrittori britannici. Adesso sembra ‘destinato’ a scrivere romanzi intelligenti, non pretenziosi, che esplorano una vena letteraria reminiscente di Dan Leno and the Limehouse Golem di Peter Ackroyd, ma con le emozioni ed il potenziale inventivo del miglior lavoro di genere.” Kendall D., The Edge, 1995

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Intervista a Langford, «[…] their twin children's names can be found on the new book's dedication p.e».

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dello scrittore. Per quanto riguarda il primo caso, il fatto che la storia narrata si svolga nel presente e che il recupero dei testi ottocenteschi sia già ‘spiegato’ dagli stessi protagonisti, rende ogni altro riferimento quasi superfluo. Dal punto di vista generale invece, mentre per Brandreth c’è la volontà in un certo senso di ‘validare’ il background della sua storia, per il nostro scrittore manca l’intenzione primaria di scrivere un romanzo storico, anche se poi il risultato non ne è molto differente.

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Il titolo dell’opera è un titolo apparentemente semplice, composto da un sostantivo ed il suo articolo, e secondo le tipologie individuate da Genette, rientra nella categoria dei titoli tematici, ovvero tra quelli che hanno un riferimento diretto al contenuto del testo. La scelta è spiegata dal suo autore in questi termini:

I was thinking of writing a thematic sequel to my novel The Glamour (published in 1984), and thought that “prestige” had a lot of possibilities. However, when I noticed its closeness to the magicians’ word “prestidigitation” (sleight of hand) I realized it would make a perfect title for the book I was then planning. This sort of coincidence is always valuable to a novelist129.

Alla luce di quanto detto da Christopher Priest, e considerando che The Glamour si basa su una metafora dell’invisibilità, è possibile identificare almeno quattro delle potenzialità di

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“Stavo pensando di scrivere un sequel tematico per il mio romanzo The Glamour (pubblicato nel 1984), e credevo che ‘prestige’ avesse molte possibilità. Comunque, quando notai la sua vicinanza al termine usato dai maghi “prestidigitazione” (destrezza di mano) mi resi conto che sarebbe stato il titolo perfetto per il libro che stavo progettando. Questo genere di coincidenze è sempre molto utile per uno scrittore.” Iffergrin D., op. cit.

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cui parla lo scrittore, tre legate alla trama del romanzo e l’ultima più vicina al lettore. Partendo dalla considerazione ‘più ovvia’ si ha:

1 la rivalità tra i due illusionisti è una vera e propria lotta per la conquista della fama, cercando di realizzare l’illusione migliore, così da ottenere l’ammirazione del pubblico, il prestigio;

2 il termine prestige è utilizzato per descrivere la terza parte di un numero di magia, quella in cui al pubblico è presentato il “risultato” dell’illusione;

3 nel libro sono descritti i risultati di diversi trucchi, più o meno ovvi: il primo è quello dei fratelli Borden, che fanno del loro numero una regola di vita, vivendo due metà della stessa vita. Rupert Angier, a metà tra scienza e pura magia, ‘duplica’ se stesso ad ogni apparizione teatrale, nel disperato tentativo di superare l’effetto ottenuto dal suo rivale. Infine, Andrew Westley, credendo di avere un fratello gemello, si ritrova ad essere egli stesso un risultato, un prestige: va infatti sottolineato come non ci sia nessuna discriminante per distinguere il prestige dal suo originale, quindi effettivamente non si sa se il ‘vero’ Nicky Borden è il piccolo che è rimasto a Caldlow House o il bambino che è stato adottato dalla famiglia Westley.

La quarta interpretazione, come si diceva, a differenza delle prime è legata al rapporto autore lettore: il termine potrebbe sì riferirsi ad un numero di magia, ma non uno presentato dai protagonisti della storia, bensì quello che lo scrittore vuole mettere in scena per i suoi lettori. In merito l’autore dice:

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This isn’t sleight of hand: real misdirection is when the performer allows or encourages his audience to make assumptions about what they are seeing … or in my case, assumptions about what they are reading.130

A proposito della struttura del titolo, e a sostegno dell’ipotesi sopra indicata, si cita un passaggio dell’articolo di Nicholas Ruddick:

Priest’s recent habit of giving his novels titles that consist of the definite article followed by an abstract noun […] contrasts with his more ostentatious denominative practice in his earlier fiction […] For these reticent titles […] mark the presence in the texts of one complex, unifying, and stylistically striking

conceit.

In the metaphysical lyric, the title’s definite article may have the function of indicating a special usage which overrides but does not entirely obliterate the abstract noun’s common meaning, with the consequence that the poem’s whole text is deliberately ironised and rendered duplicitous.131

Egli individua la chiave del titolo nel “potentially chaotic doubling and redoubling”132, a cui si sottopongono i due protagonisti, fornendo altresì una accurata analisi dell’etimologia del termine prestige. Dal latino praestigium, con l’accezione di delusione o illusione, in inglese si individua un primo uso con il significato di illusione al singolare e di inganno al

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“Questo non è un gioco di prestigio: il vero sviamento si ha quando chi si esibisce permette o incoraggia il suo pubblico a fare congetture su quello che stanno vedendo … o nel mio caso, congetture su quello che stanno leggendo.” Iffergrin D., op. cit.

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“La consuetudine di Priest di dare ai suoi romanzi titoli che sono composti da un articolo determinativo seguito da un nome astratto […] contrasta con la sua pratica denominativa dei libri iniziali tendente all’ostentazione […] Perché questi titoli reticenti […] evidenziano la presenza nei testi di un singolo concetto complesso, unificante e stilisticamente interessante.” “Nella lirica metafisica, l’articolo determinativo del titolo potrebbe avere la funzione di indicare un uso speciale che sovrasta, ma non oblitera completamente, il significato comune del nome astratto, con la conseguenza che l’intero testo della poesia è deliberatamente ironizzato e reso ingannevole.” Ruddick N., op. cit., p. 86

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plurale; è inoltre associato – pur non essendovi etimologicamente connesso – all’attività del prestigiatore. Da questo Ruddick deduce che

The title The Prestige refers directly to, even offers to summarize or define, the text that follows […] the narrative generates a specialised, probably nonce meaning of the title noun.133

A partire dunque da quest’ultimo concetto, ovvero dall’utilizzo di un termine creato ad hoc per la materia del libro, e prestando attenzione alla funzione dell’articolo determinativo – che, come scrive lo stesso Ruddick, sottolinea soltanto uno dei tanti ‘significati’ impliciti della parola – prende sempre più corpo la tesi che il titolo si riferisca ad Andrew Westley, dato che è egli stesso un ‘risultato’, sia pure di una performance che non ha avuto effetti piacevoli sui presenti.

A dispetto della complessità del titolo, gli intertitoli sono di natura tematica con una menzione rematica, ossia sono composti dalla parola ‘parte’ seguita da un numero ordinale (la parte rematica appunto) e dal nome del personaggio che è il narratore della sezione in oggetto. A questo proposito, si noti come la quinta parte, intitolata The Prestiges, potrebbe costituire un’eccezione, dato che il titolo sarebbe riferito alla scoperta della caverna contenente tutti gli Angier (frutto dei vari spettacoli), ovvero tutti i prestige. Ma questa scelta implica anche una considerazione diversa: infatti, se è vero che ogni sezione del libro è individuata da un narratore, dal momento che quest’ultima è narrata in prima persona da Andrew Westley, ne conseguirebbe che lo stesso Andrew è un prestige, interpretazione in linea con quanto esposto nel paragrafo precedente.

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“Il titolo The Prestige si riferisce direttamente a, addirittura si offre di sintetizzare o definire, il testo che segue […] la narrativa genera probabilmente un neologismo specializzato del nome del titolo.” Idem, p. 88

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I paragrafi sono muti, ovvero sono identificati esclusivamente da un numero progressivo. Entrambi i testi, sia il libro di Borden (scandito in paragrafi numerati come il resto della narrazione) sia i diari di Angier (organizzati per date come il genere impone) occupano due sezioni, la seconda e la quarta, senza che però ci siano delle indicazioni particolari a riguardo. Infatti, per quanto concerne i diari, il lettore ne conosce solo il contenuto134, mentre per il libro di Borden è presente un’accurata descrizione degli elementi del paratesto.

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Come ultima parte di questa sezione dedicata agli elementi editoriali, è interessante analizzare l’utilizzo che nel testo viene fatto del corsivo: questa tipologia di carattere è scelta in prevalenza per le testate giornalistiche (come il Chronicle, l’Evening Post, ecc.) ed i nomi delle parti di cui è composto un numero di magia; inoltre, viene utilizzata per l’inserimento all’interno del testo di elementi che in effetti non ne fanno parte, o meglio di altri ‘testi’, come ad esempio un messaggio che Borden invia ad Angier135. Le indicazioni relative alla Rapturous Church riportate da Andrew così come altri messaggi dello stesso Borden136, sono invece inserite in maiuscoletto. In diversi casi però, il corsivo ha un uso ben diverso, per così dire meno esplicito: serve infatti ad evidenziare quelli che sono dei veri e propri indizi. Si veda ad esempio la parola amateur, che ricorre sia a pag. 7 che a pag. 322, utilizzata da Lord Colderdale per descriversi: chiaramente in contrasto con la sua vera professione, è funzionale ad evidenziare la netta separazione tra le ‘due’ vite di

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Mi riferisco al fatto che il lettore viene a conoscenza dei diari di Angier a p. 26, ovvero quando Kate mostra ad Andrew il materiale appartenuto al suo antenato: vari tipi di testi, tra cui notebooks