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Esiste sempre una forma etica di comunicazione nel- le cose che faccio. Quasi un dovere di comunicare in modo che la cosa sia capita da chi la guarda. Questo livello minimo di comunicazione va sempre tenuto presente prima di sbizzarrirsi nel cercare elaborate forme narrative38.

Se vuoi comunicare qualcosa alla gente devi proporre qualcosa di dolce, un piccolo zuccherino. È fuori luogo avere un cattivo rapporto col pubbli- co. La dichiarazione di guerra alla tua audience si rivela un disastro39.

L’intento di questo progetto, che vuole essere un vero e proprio kolossal videomusicale, anche dal punto di vista della durata, quasi un’ora, si pone l’intento di visualizzare in una serie di episodi famosi brani di musica classi- ca, nel caso specifico il Concerto per pianoforte e orchestra n. 21 di Wolfgang Amadeus Mozart, la Marcia funebre di Fryderyk Chopin, l’Adagio di Tomaso Albinoni, la Sinfonia della Gazza ladra di Gioacchino Rossini, l’Ave Maria di Franz Schubert, per finire con il Bolero di Maurice Ravel. Inutile sottolineare il riferimento al celebre film del 1940 di Walt Disney Fantasia.

Sulla riva di una spiaggia rocciosa, un nano vestito in stile ottocentesco raccoglie un palloncino giallo, un velo da sposa e uno scialle rosso per metterli dentro una carrozza funebre: ora siamo all’interno di un teatro riccamente ar- redato, dove Adamo ed Eva guardano il palco come se fossero frastornati. Sul palco compare un cameriere con un vassoio e due candele: le spegne con le dita e posa il vassoio su un letto dove sono posati due anziani vestiti da sera; sullo sfondo si vede un giardino-labirinto elegantemente rifinito. Il cameriere spinge il letto come se fosse una barella dotata di ruote, e qui comincia, insieme al Concerto per pianoforte e orchestra n. 21 di Mozart, un movimento di macchina che disegna una sinusoide e che ci presenta varie situazioni concatenate nel classico pianosequenza simulato caro all’artista polacco. Varie persone anziane,

38 Alessandro Giancola, Rybczyński!, cit., p. 101. 39 Mark Matousek, Zbigniew Rybczyński, cit., p. 35.

dall’abbigliamento costoso, si alzano dal letto come se fossero rinate, alcune abbandonano stampelle e sedie a rotelle. Si presenta una persona più giovane che, come un affettato avventore, offre sigari agli uomini e bei vestiti e specchi alle donne. Egli, in modo un po’ sgarbato, toglie tutti questi doni dalle mani degli anziani, per offrire loro delle valigie dentro le quali vengono messi oggetti piuttosto essenziali: berretti e maglie di lana dalla fattura dozzinale, dentifrici, spazzolini dai colori vistosi. Queste valigie vengono caricate su una gondola guidata dall’avventore che si dirige in un’altra zona dove gli anziani incontra- no i loro cari con i fiori in mano, come se fossero al loro funerale. Gli anziani abbracciano e baciano questi altri personaggi che non reagiscono, come se non li vedessero. A questo punto gli anziani, con i fiori in mano, cominciano a pian- gere. L’avventore assume sempre di più il ruolo di un prestigiatore: fa comparire fiori e addobbi che servono agli anziani per preparare una tavola che si riempie di cibo (conigli vivi, frutta, forme di pane) e bicchieri di vino. In alcuni tavoli i piatti e i bicchieri prendono fuoco, ma ciò non blocca l’atmosfera di festa. Ora gli anziani danzano a coppie e l’illusionista si esibisce in un numero da gioco- liere con delle torce infuocate per condurci all’ultima “stazione”, una scalinata con due torce, dei conigli vivi che scorrazzano e una figura vestita di bianco, in piedi, ripresa di schiena.

La carrozza che abbiamo visto all’inizio transita all’esterno del teatro (L’Opéra National di Parigi), dove è appoggiata la tastiera di un pianoforte. Iniziano le note della Marcia funebre di Chopin. Davanti a questa tastiera compare in dissolvenza una serie di personaggi che suonano il celebre brano, guardando in macchina: sono pallidi, hanno delle profonde occhiaie, sono disperati, spaventati, la maggior parte poveri, guardano verso l’alto come se aspettassero qualcosa, si mettono le mani sul viso, sconfortati, fino a quando dal cielo cominciano a piovere scarpe vecchie, valigie malandate, forme di pane, salami, bottiglie di vodka che si affannano a prendere con una certa foga. A un certo punto dall’alto non cade più nulla e dopo un attimo di scon- certo i personaggi, divisi in figure femminili da un lato e maschili dall’altro, cominciano a guardarsi e a dirigersi gli uni verso le altre Alcuni personaggi femminili cominciano a spogliarsi, invitando le figure maschili a seguirle sot- to la testiera del pianoforte.

Durante la variazione del primo tema musicale, un movimento di mac- china orizzontale trasforma la tastiera del pianoforte in una struttura poten- zialmente infinita sulla quale scorrono vari personaggi. Come in Imagine un

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bambino e una bambina crescono incontrando gli inevitabili passaggi verso il mondo adulto: i primi desideri sessuali, i tradimenti, la fame, la povertà, mentre sullo sfondo l’esterno del teatro si riempie di bambini che giocano. Si ritorna al primo tema e una folla di personaggi fugge verso le scale del teatro svanendo nel nulla: riprende il disperato carosello di figure che toccano la tastiera – morti di morte violenta, militari, gente lacera, contusa, sanguinan- te, fino a quando un personaggio che stava sullo sfondo, accompagnato dal cameriere che ci ha introdotto al primo quadro, suona l’ultima nota del brano di Chopin.

Sulle note dell’Adagio di Albinoni il cameriere viene trascinato dal perso- naggio di Eva che abbiamo visto all’inizio del video, ora vestita e seguita da un enorme serpente, nel cielo dove sono piazzate delle assi di legno sospese nel vuoto. Sempre con un effetto di pianosequenza simulato, il cameriere at- traversa tutte queste assi dove di volta in volta sono seduti vari personaggi: un violinista che si butta nel vuoto, una coppia che amoreggia (poi la donna di- venta una sorta di prostituta al soldo del personaggio maschile), gente povera che addenta enormi panini, gente ricca e obesa che divora torte gigantesche, persone disperate e ubriache. Si traccia quindi una sorta di linea narrativa: una donna bionda (pare sempre il personaggio di Eva) in biancheria intima e dedita al consumo di droghe, si concede a un cliente per poi ucciderlo, una volta conquistata una valigia piena di soldi. Ricompare il protettore di pri- ma (evidentemente la prima compagna, coi capelli scuri, non esiste più) che picchia la donna per conquistare la borsa; in seguito due personaggi all’appa- renza innocui, uno cieco e l’altro con delle vistose stampelle, rapinano e ucci- dono il protettore; ma la borsa è oramai vuota. Quindi i due balordi tagliano la corda dove era stata impiccata la prostituta bionda, inciampano e cascano nel vuoto. Il cameriere afferra un palloncino giallo tenuto da un personaggio accovacciato planando sull’esterno del teatro. Si chiude il sipario.

Si sente il brusio di una folla in attesa. Le tende si aprono e ci troviamo all’interno del Museo del Louvre. Il cameriere (lo stesso attore che interpreta la parte della guida in Steps) si aggira un poco spaesato in una grande sala. Apre una tovaglia dalla quale sbuca la prostituta di prima e un personaggio maschile coperto solo da un asciugamano: si presenta un plotone di soldati dell’Ottocento e si aprono le note della Sinfonia della Gazza ladra di Rossini. Il personaggio sbucato fuori dalla tovaglia è il direttore d’orchestra che dirige i soldati mentre il cameriere lo veste: lungo una serie di complessi movimenti

di macchina a ellisse Rybczyński concatena, sempre usando l’effetto sfruttato in Imagine, l’azione nella quale man mano che il direttore si veste, i soldati si svestono.

Sulle note più celebri di questo brano musicale una serie di danzatrici mol- tiplicate eseguono vezzosi movimenti, seguite da una carrellata in avanti, in- frammezzate dai gesti imperiosi del direttore d’orchestra. Lungo i corridoi del Louvre, sullo sfondo di alcuni celebri quadri, le danzatrici giocano con una mela, lanciandola fra di loro e passandola ad alcuni soldati: in mezzo a specchi, rossetti, mazzi di fiori e ventagli, inizia un gioco amoroso fra le danzatrici e i soldati. Il cameriere continua a tenere la tovaglia aperta, mentre intorno a lui una serie di coppie danzano; a un certo punto il cameriere uccide con una spa- da, mentre ella sta per indossare una collana di diamanti, la prostituta bionda che era rimasta seduta su uno sgabello dietro di lui a fumare una sigaretta, con aria evidentemente annoiata: dalla tovaglia sbucano armi dell’epoca, corsetti bianchi attaccati a bastoni come se fossero delle improvvisate “bandiere bian- che”, cadono gioielli, soldi e argenteria prontamente raccattati da mani ignote, fino a quando la tovaglia si sporca di enormi macchie di sangue.

Si ritorna all’esterno del Louvre e, con la medesima carrellata in avanti sfruttata precedentemente, ricompaiono le danzatrici e i soldati che ci condu- cono nuovamente all’interno del Louvre: qui, in un crescendo di evoluzioni coreografiche e di movimenti di macchina, il corteggiamento delle danzatrici si fa sempre più esplicito, fino a quando compare il direttore d’orchestra che con le mani coordina una serie di vestiti che volano nello spazio e di gambe sia maschili sia femminili che si aprono da fuori campo: sul finale il direttore d’orchestra si getta verso le gambe aperte; il cameriere rimane allibito, con in mano il suo vassoio e due bicchieri di vino, a guardare.

Chiuso il sipario, si passa all’episodio musicato dall’Ave Maria di Schu- bert. Una coppia di personaggi vestiti da sposi, inseriti in chroma key negli ambienti della cattedrale di Chartres, si spogliano, volano e si esibiscono in un duo dove il confine fa coreografia ed esibizione acrobatica si fa molto labi- le. Rybczyński approfitta della libertà del chroma key per costruire una serie di evoluzioni geometriche che ragionano sulla figura del cerchio, ponendo spesso i due danzatori in posizioni simmetriche, ma contrapposte (per esem- pio, l’uomo in piedi e la donna capovolta) e facendoli roteare uno di fronte all’altra. Solo alla fine i due si abbracciano e si baciano.

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sizionati su un piccolo podio addobbato con un telo rosso: sullo sfondo c’è un minaccioso paesaggio con un cielo carminio e nuvole violacee. Uno dei due microfoni non funziona, per cui il cameriere tira fuori una scarpa, la sbatte sul podio (mimando il celebre gesto di Nikita Chruščëv all’Assemblea dell’ONU il 12 ottobre 1960) e, mentre nel paesaggio campeggia una serie di lampi e il microfono brucia, compare una scalinata che prende il sopravvento sull’immagine. Sulle note del Bolero di Ravel Rybczyński, riproponendo l’ef- fetto usato in Imagine, compie una lunga carrellata virtualmente infinita lun- go la scalinata (ora sembra quasi un’enorme piramide Maya), dove si alterna- no una folla di personaggi a rappresentare l’ascesa e il declino della dittatura comunista russa (ma non solo). Da una serie di corpi riversi, a simboleggiare le ceneri della rivoluzione bolscevica, si alza un gruppo di personaggi che si dirige verso l’alto.

Attraverso l’azione di grigi funzionari, muniti di funzionali telefoni celati sotto gli ampi cappotti scuri, comincia l’epurazione degli intellettuali e dei personaggi scomodi. Attraverso ridicole parate sportive si attiva l’indottrina- mento dei giovani, mentre si fa sempre più serrata la creazione delle strette maglie della burocrazia e del controllo. Sorgono gli arrivisti, coloro che sfrut- tano la situazione per un poco di potere. Crescono il culto dell’immagine, le sfilate, le ipocrisie del regime. Si consuma il tradimento del proletariato che soccombe ai fucili dei militari. Stalin, dopo essersi guardato per un attimo indietro, come indeciso, getta a terra il libro che stava leggendo, estrae dal cappotto un telefono e sbraita ordini. Dopo di lui compare un corteo funebre condotto da Marx, Che Guevara e Fidel Castro che portano una tomba sulla quale vi è uno scheletro che continua a telefonare: sul finale essi stramazzano a terra. Si chiude definitivamente il sipario.

Quest’opera impegnativa si concentra sul potenziamento, tecnologico e al contempo semantico, di alcuni processi tipici dell’estetica dell’artista polacco. Dal punto di vista operativo Rybczyński e la sua équipe adottano un metodo che lavora sulla contraddizione fra due fasi: da un lato caricano su computer le musiche per avere sott’occhio i picchi delle frequenze e quindi monitora- re visivamente l’andamento dei brani; l’artista polacco produce una serie di schemi, disegni preparatori e complicati diagrammi per andare nei luoghi scelti e, con la telecamera pilotata dal motion control, fare le riprese in assenza dei performer. Questi diagrammi preparatori sono dei lunghi fogli che, tra le altre cose servono a stabilire dei parametri, una volta piazzati i carrelli dove

si muoverà la telecamera, fra la velocità di spostamento della telecamera e un dato numero di secondi del brano musicale. Sono, di fatto, degli spartiti dello spazio. Dall’altro lato l’artista polacco non ha le idee precise su quello che accadrà: nel momento in cui prepara le riprese ha in mente solo una struttura fatta di movimenti di macchina regolati precisamente dai diagrammi delle musiche. Una volta arrivato in studio, con le riprese già fatte degli sfondi, ha inizio il momento dell’improvvisazione con i performer, comincia così la libertà del “live”. Combinare il dato con il flusso, la scienza con l’arte, è uno dei perni del suo processo creativo. Come afferma ripetutamente in diverse interviste, Rybczyński vuole fare i video come se fossero un’improvvisazione jazz: si parte da alcuni dati certi (la ripresa dello spazio), per poi improvvisare nel momento in cui si aggiungono i movimenti dei corpi.

In media negli Stati Uniti, per finire un film, dal momento in cui si comin- cia a lavorare sulla sceneggiatura ci vogliono sette anni. Bisogna program- mare ogni effetto speciale, far disegni e costruire modellini e set, e bisogna decidere in anticipo praticamente su ciascun secondo delle riprese. Il mio sogno è di arrivare ad un meccanismo che permetterà una lavorazione spon- tanea tanto da poter fare ad esempio un film con effetti speciali della durata di cinquanta minuti in un giorno. No, siamo realistici, diciamo un mese40.

Tutto questo comporta una serie di problemi piuttosto seri in fase di ri- presa, data la natura dei luoghi che l’artista polacco sceglie, pieni di storia, e scarsamente adattabili:

Per realizzare The Orchestra sono andato in Francia partendo dagli Stati Uniti con tre tonnellate di attrezzature ad Alta Definizione e una semplice testata della videocamera con il motion control. Ho ripreso diverse location tra le quali la Cattedrale di Chartres. La Cattedrale di Chartres è grandis- sima, e molto buia. Ho sparato verso l’alto un fascio di luce di circa 250 kilowatt, ma ancora non riuscivo d illuminare il tetto. E il resto dell’edificio era immerso nell’oscurità. Per mostrare il disegno mandalico sul pavimento ho dovuto far togliere tutte le sedie, dovevano essere qualche migliaio, o per lo meno parecchie centinaia. C’erano delle brutte lampade bianche appese

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al soffitto, a intervalli di circa cinque metri, così quando usavo l’illumi- nazione ovviamente tutto risultava sovresposto. Terribile. Erano le due del mattino, mi sono deciso a dare una mancia al guardiano e così ci siamo arrampicati fino a un punto da cui potevamo raggiungere le luci per cercare di rimuoverle. Poi venne fuori che c’erano degli altoparlanti attaccati alle pareti, e simboli religiosi. Cosa potevo fare? Molto poco. Non potevo volare fra le colonne; non potevo cambiare l’arredamento. Così mi sono seduto sul pavimento e ho deciso di “riprendere” la coppia volante che avevo visto con la fantasia a Danzica, quando avevo quindici anni41.

L’idea della ricreazione della realtà a partire dalla combinazione fra perso- naggi e sfondi viene qui scandagliata in tutte le sue possibilità, determinando, nonostante le ambientazioni e i costumi rimandino a delle epoche precise, una sospensione spazio-temporale, come se il passato fosse stato proiettato in un futuro indefinito. Rybczyński, inoltre, vuole indagare sempre di più quella procedura di “postproduzione in diretta”, desidera coniugare l’idea di collage elettronico con la diretta: non è un caso che in questo video la danza e il teatro vengano richiamati in maniera esplicita.

The Orchestra è un’opera teatrale elettronica che adotta come palco prefe- renziale lo schermo blu del chroma key, una dimensione virtuale, vuota, da riempire con altre immagini. La performance è la vera protagonista del video, sia essa una camminata lungo assi di legno sospese nel vuoto, sia essa una reale danza coreografata. La combinazione fra il dato (lo spazio ricostruito) e il flusso del movimento offre come risultato, nonostante la cura che l’artista polacco pone nel creare un collage coerente fra corpo e ambiente, l’annulla- mento di qualsiasi livello di credibilità, per cui le situazioni diventano total- mente irrealistiche, quasi astratte: il Louvre, l’Opéra di Parigi, la Cattedrale di Chartres si disintegrano diventando frammenti di un puro gioco visivo surrealista. I danzatori a questo punto possono volare, moltiplicarsi in cloni infiniti, muoversi in uno spazio che chiaramente non appartiene a loro, ma a una dimensione quasi ultraterrena.

Perché se è vero che gli spazi trasmutano, anche i corpi diventano liquidi, ombre, tracce di una figura riconducibile al puro movimento. Tutti i perso- naggi di questo video sembrano venire dall’oltretomba a eseguire le loro per-

formance, e il tema della morte, del passaggio, del transito fatale è costante in tutto il video. Lo “zuccherino” di The Orchestra è piuttosto amaro, dominato da corpi che automaticamente si ostinano a esternare istinti vitali, come gli abbienti anziani che da morti resuscitano e continuano a danzare e a man- giare nel loro personale “privé” ultraterreno del primo episodio, beffarda rap- presentazione del Paradiso dei ricchi, se confrontata con la folla di cadaveri viventi, zombie ridicoli e grotteschi, che meccanicamente pigiano le loro dita sulla tastiera infinita della Marcia funebre di Chopin.

La guerra, la povertà e la fame sono temi costanti di gran parte degli episo- di: la traballante umanità che il cameriere incontra, nell’episodio dell’Adagio di Albinoni, passeggiando sulle assi di legno sospese nel cielo non riesce mai a vincere contro un destino avverso che prima o poi la farà cadere. I passaggi d’età sono sempre dolorosi, dominati dal tradimento. I vecchi rimpiango- no la giovinezza perduta, i giovani crescono troppo in fretta. La sessualità il più delle volte è una trappola o un’arma: apparentemente giocosa nell’epi- sodio della Gazza ladra, diventa ben presto un’isterica coazione a ripetere di seduzioni meccaniche che nulla hanno di umano, ripetitive come parate militari, ossessivamente ritmate a tempo di musica. La danza amorosa degli sposi dell’episodio musicato dall’Ave Maria è eseguita chiaramente da corpi- fantasmi, eterei, bianchi, riflessi di un mondo estinto.

La perdita di umanità è un altro tema che ricorre sovente, anche e soprat- tutto a livello sociale e politico: l’episodio del Bolero di Ravel è un’invettiva contro le ideologie che si trasformano in dittatura, ma il comportamento can- nibalistico strisciante presente in molti personaggi di questo video si riferisce anche alla denuncia di un sistema consumistico che ha trasformato il corpo in qualcosa che ha solo più istinti animali primari: mangiare, fare sesso, crescere il più velocemente possibile, diventare ricco, in una parola possedere a tutti i costi.

Alla base della civiltà umana c’è una speranza, un sogno, un credo, ovvero che noi possiamo un giorno diventare una specie elevata, raggiungere una forma di esistenza superiore: sebbene nel fondo dei nostri cuori sappiamo che non è verosimile. Continuiamo, da un secolo all’altro, a tentare di

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