BOX 5: RECENTI DEFINIZIONI DI RAZZA
V. ALLEGATO DESCRITTORI PER SPECIE 6.5 Altre informazion
6.6 Descrittori molecolar
6.6.1 Tipi di marcatori molecolar
I primi marcatori utilizzati negli animali sono stati i polimorfismi di geni codificanti per le proteine (allozimi), il cui impiego è comunque limitato dal basso livello di polimorfismo. Questi marcatori sono stati pertanto rapidamente rimpiazzati, non appena nuove tecnologie di analisi del DNA si sono rese disponibili.
Ad oggi, tra i marcatori di DNA più comunemente usati rientrano gli RFLP (Restriction Fragment
Lenght Polymorphisms), anche analizzati in seguito all’amplificazione di porzioni del genoma (PCR-
RFLP), i VNTR (Variable Number of Tandem Repeats), di cui fanno parte i microsatelliti (chiamati anche STR, Short Tandem Repeats, o SSR, Simple Sequence Repeats) e i minisatelliti, gli AFLPs (Amplified Fragment Lenght Polymorphisms), gli STS (Sequence Tagged Site), gli SNPs (Single
Nucleotide Polymorphisms) e i polimorfismi del DNA mitocondriale (mtDNA, nella regione D-loop o
Controllo).
In particolare, l’attenzione rivolta ai marcatori del mtDNA deriva dal fatto che lo stesso è ereditato solo per via materna e, quindi, senza la possibilità di ricombinazioni; pertanto, l’entità delle differenze nucleotidiche tra genomi mitocondriali riflette direttamente le distanze genetiche tra gli stessi. Inoltre, esso muta con una frequenza 5-10 volte maggiore rispetto al DNA nucleare, permettendo in tal modo lo studio delle differenze tra razze/popolazioni selvatiche e domestiche. Analogamente al mtDNA, sequenze di cromosoma Y forniscono informazioni simili, ma sulla linea paterna.
Gli AFLPs sono dei marcatori biallelici dominanti, che, per le loro caratteristiche, ben si prestano allo studio della variabilità tra razze, ma presentano lo svantaggio di una ridotta efficienza nello studio della diversità entro razza. Gli AFLPs sono ampiamente utilizzati per la individuazione di variabilità genetica in gruppi di individui appartenenti ipoteticamente a razze/popolazioni differenti ma molto vicine. Sono stati utilizzati anche per le diagnosi di paternità, in genetica di popolazione, per determinare piccole differenze entro popolazioni, e in studi e ricerche per definire la mappe di linkage per analisi di Quantitative Trait Loci (QTL).
Recentemente, per gli studi sulla variabilità genetica delle razze/popolazioni sono stati utilizzati i microsatelliti e gli SNPs.
I VNTR (Variable Number of Tandem Repeats), di cui fanno parte i microsatelliti, sono delle sequenze ripetute note di DNA non codificante, disposte in tandem. Sono altamente polimorfici, geneticamente stabili, con modalità di trasmissione mendeliana: tali caratteristiche li rendono idonei per lo studio di malattie genetiche, indagini forensi, test di paternità e studi di diversità genetica fra ed entro razze/popolazioni.
Gli SNPs (Single Nucleotide Polymorphisms ovvero polimorfismi a singolo nucleotide) sono caratterizzati da una differenza a carico di un unico nucleotide, per lo più biallelici e si presentano tra individui della stessa specie. Gli SNPs sono talvolta usati come alternativa ai microsatelliti negli studi sulla diversità genetica, in quanto sono state sviluppate recentemente numerose tecnologie per studiare e tipizzare questo tipo di marcatori (Muir et al., 2008). Gli SNP portano poca informazione e se ne devono utilizzare molti (migliaia), per ottenere un livello di informazione paragonabile ad un panel standard di 20-30 microsatelliti. Tuttavia, l’interesse nei loro confronti deriva essenzialmente da due considerazioni: permettono paragoni diretti e facilitano analisi congiunte tra esperimenti differenti e permettono di studiare sia le mutazioni neutre che quelle funzionali. Quest’ultima caratteristica, in particolare, può aprire nuove linee di ricerca negli studi di diversità genetica. Negli ultimi anni, numerosi studi sono stati condotti (e molti altri sono ancora in corso) su ampia scala, per l’identificazione di SNPs in polli (Wong et al., 2004), suini (Chen et al., 2007), bovini (Van Tassel & Wiggans, 2007) e in tutte le specie di interesse zootecnico.
Nonostante le considerazioni fin qui fatte, bisogna sottolineare che ad oggi, i marcatori molecolari maggiormente utilizzati e che hanno dato maggiori informazioni riguardo alla caratterizzazione genetica tra le razze domestiche a livello mondiale sono i microsatelliti. Il loro alto tasso di
mutazione e la loro natura codominante, infatti, permettono la stima dei parametri di variabilità genetica entro e tra razze e della admixture genetica anche in razze strettamente connesse. I parametri più comuni per misurare la diversità genetica entro razza sono il numero medio di alleli per popolazione e l’eterozigosità attesa e osservata. Per quanto riguarda la differenziazione fra razze, i parametri più semplici ed utilizzati sono gli indici di fissazione, tra cui FST, che misura il grado di differenziazione genetica tra sottopopolazioni attraverso il calcolo delle varianze standardizzate nelle frequenze alleliche tra le popolazioni (Weir & Basten, 1990). I dati ottenuti dai microsatelliti, inoltre, vengono anche comunemente utilizzati per misurare le relazioni genetiche tra le popolazioni e gli individui, tramite la stima delle distanze genetiche, che possono essere studiate anche tramite la costruzione di alberi filogenetici. L’analisi combinata dei dati ottenuti dai microsatelliti in studi diversi è raramente possibile.
Più recentemente, anche tecniche basate sui profili degli RNA trascritti (trascrittomica) e delle proteine (proteomica) hanno dimostrato un enorme potenziale per studiare la variabilità connessa a molteplici fattori tra cui adattamento, resistenza ed espressione di caratteri specifici (e.g., Zanetti et al., 2009). Potenziale in larga misura non ancora sfruttato. Il trascrittoma ed il proteoma (rispettivamente l’insieme di tutti gli mRNA e delle proteine presenti in una cellula o in un tessuto) possono essere investigati direttamente con tecniche ad alta produttività, come microarray di DNA e proteine, spettrometria di massa, tecniche di separazione cromatografica ed elettroforetica. Questo tipo di tecniche permette idealmente l’analisi parallela di tutti i geni espressi e dei prodotti genici presenti in un tessuto in un determinato momento. La difficile applicazione di queste tecniche è dovuta proprio alla loro capacità di “rivelare il tutto a discapito della parte”. L’impressionante quantità di informazioni ottenibili è perciò ad oggi ancora di difficile gestione.
A conclusione di quanto fin qui asserito, è opportuno sottolineare che, in generale, negli studi di diversità genetica e/o caratterizzazione molecolare è di fondamentale importanza l’entità del campionamento. La Secondary Guideline della FAO (FAO, 1998) richiede che il campionamento riguardi almeno 25 individui non imparentati delle popolazioni oggetto della caratterizzazione e la genotipizzazione per almeno 25 loci marcatori microsatelliti con almeno due alleli. Baumung et al. (2004) ha osservato che su un totale di 87 progetti di ricerca con tematica la conservazione della biodiversità, il 50% presentava, come oggetto di studio, più di otto differenti razze e il 96%
presentava un campione composto da più di 25 individui. Il tessuto preferito per le analisi è stato il sangue e nel 90% dei progetti sono stati utilizzati marcatori microsatelliti impiegando almeno 18 loci.