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Topografia e sociologia della comunicazione interpersonale

Appendice: le claque

II. La comunicazione interpersonale

2. Topografia e sociologia della comunicazione interpersonale

È possibile individuare i luoghi precisi in cui più frequentemente i rumores avevano origine o venivano “processati” attraverso il passaparola? Chi prendeva parte alle

369Si preferisce qui essere prudenti rispetto alla diffusione della conoscenza divulgata da questi acta in tutti gli strati della società, questione che risente delle scarse informazioni che abbiamo su questo strumento (nonostante le citazioni delle fonti agli acta ammontino ad una cinquantina): in particolare, nonostante sia probabile che essi fossero affissi e forse declamati dai circulatores (cf. pp. 121-2), persiste il dubbio che si trattasse di documenti di natura archivistica e che fossero dunque di accesso limitato e ben lungi perciò dal rappresentare, come alcuni vogliono, un antesignano dei quotidiani dell'età moderna e contemporanea: le pubblicazioni più recenti sul tema sono Baldwin 1979 e Behrisch 1995.

conversazioni che trasformavano l'informazione in diceria? Quali occasioni della vita quotidiana del cittadino inurbato potevano incoraggiare la conversazione o il pettegolezzo?

In questo paragrafo si cercherà di dare senso e sistematicità a una serie piuttosto disorganica di dati che è possibile trarre dalle fonti letterarie. La riflessione sarà svolta tenendo in considerazione alcune peculiarità ben note della vita quotidiana a Roma che stimolavano la comunicazione interpersonale e i momenti di aggregazione, quale lo svolgersi all'aperto di una moltitudine di attività, anche pubbliche; la forte tendenza della società a strutturarsi in gruppi più o meno grandi di cittadini, dal nucleo familiare, al quartiere, ai collegi, alle tribù; lo stabilirsi di legami di dipendenza economica e intellettuale tra individui di diversa estrazione; la necessità, per chi viveva nei quartieri più decentrati la quasi interezza della sua vita, di ottenere da terzi le informazioni di cui aveva bisogno.

i. Dal foro ai compita

Si è già accennato al fatto che i luoghi deputati all'attività politica, come il foro, erano certamente un punto privilegiato per la prima diffusione del rumor, che da qui muoveva i suoi passi verso il resto della città, per arrivare ai cittadini che non erano stati presenti all'evento riportato e informarli di ciò che non avevano potuto vedere. Questo itinerario è immortalato da un verso oraziano:

frigidus a rostris manat per compita rumor371.

Il passo ci dà una panoramica quasi fotogrammetrica di un tessuto comunicativo fatto di snodi periferici che veicolano la propagazione delle notizie: tali snodi, stando ad Orazio, coincidono con i compita, che per funzionare come tali devono aver rappresentato un punto di riferimento tradizionale per l'aggregazione degli individui; tale vocazione sociativa è confermata dalle fonti letterarie, che ce li descrivono come luoghi vivaci, dove ci si dava appuntamento e si facevano incontri: Properzio sembra essere stato un assiduo frequentatore dei compita, dove usava andare in cerca di avventure galanti, e li cita come luogo delle chiacchiere per antonomasia, dandoci dunque conferma della attitudine divulgativa che

traspare dal verso oraziano372. La funzione di centri di aggregazione era probabilmente

derivata e associata a quella di luoghi di culto: il compitum era infatti un'edicola o un altare posto in prossimità di un incrocio che fungeva da sacrario per i Lares compitales373; a questi

geni tutelari era dedicata anche una festività, i Compitalia374, sovrintesi dalle autorità locali375.

L'esistenza di una ricorrenza religiosa collegata ai compita ne sottolinea la centralità nella tessitura dei rapporti sociali, come punto di riferimento per le attività di quartiere, e chiarisce la loro funzione di conduttori dell'informazione.

A proposito del luogo oraziano Pina Polo scrive: “Los Rostra eran el lugar donde se originaban muchos de los rumores que tanto interesaban a los hombres públicos, porque, transmitidos por la ciudad por lo que Celio llama en una carta dirigida a Cicerón susurratores y subrostrani376, podían perjudicar la fama de un político creando una opinión pública hostil o podían influir en la toma de decisiones de interés para la comunidad”377. Seguita: “Los

compita debían de ser en cada barrio lugares de reunión espontánea de vecinos que servían de

altavoz para la expansión de tales rumores y para la progresiva consolidación de una opinión entre la plebe”378. Già Laurence 1994: 63-4 si basava su questo passo di Orazio, e sulla diffusione della falsa notizia della morte di Cicerone diffusa dai subrostrani, per rintracciare

372Prop. II 20 22: cum de me et de te compita nulla tacent. Ibid. 22a 3: nulla meis frustra lustrantur compita

plantis.

373Varr. LL VI 25. Pare che, tipicamente, da un compitum si diramassero tre strade diverse: Varr. Menipp. fr. 402; Ov. fast. I 142; tuttavia sembrerebbe che la categoria lessicale del compitum restasse semanticamente distinta da quella del triuium, come si deduce dalla giustapposizione dei concetti nel seguente passo ciceroniano: nequissimi homines consumptis patrimoniis faciunt ut in atriis auctionariis potius quam in

triuiis aut in compitis auctionentur (leg. agr. I 3 7). Si potrebbe ipotizzare che la differenza risiedesse nel

fatto che la confluenza di tre vie conferisse automaticamente valenza magico-misterica ad un incrocio (cf. RE s.v. Τρίοδος), mentre il compitum, per essere tale, doveva essere contrassegnato da un elemento

architettonico presso cui si svolgevano le attività sacrali. Al di là di queste sfumature, anche al triuium era associata una connotazione popolare, come dimostra la diffusione dell'aggettivo derivato “triuialis”, attestato dall'età neroniana col significato, appunto, di “popolare”, “triviale”, “dozzinale”: cf. i triuiales ex circo di Suet. DA 74, commentati a p. 59.

374Si trattava di feriae conceptiuae la cui data veniva stabilita di anno in anno dal pretore, anche se veniva a cadere sempre pochi giorni dopo i Saturnalia, tra Dicembre e Gennaio: Gell. X 24 3. Le caratteristiche della festa (cf. Macrob. Sat. I 7 35; Dion. Hal. IV 15 3) rimandano ad un contesto rurale, che suggerisce di associare al fenomeno dell'inurbamento l'importazione della funzione del compitum dalle campagne, dove pure manifesta carattere di luogo di incontro, cf. Serv. ad Georg. II 383; Dion. Hal. IV 15 2 con Tarpin 2008: 40-1. Lott 2004: 37-9 ricorda che studi effettuati su città africane confermano la fondatezza antropologica dell'importazione di strutture sociali da parte di inurbati provenienti dalla campagna.

375Si tratta dei magistri uici, di cui si parlerà tra poche pagine. Per l'occasione erano autorizzati a vestire la toga

praetextaa: Liv. XXXIV 7 2; cf. Cic. in Pis. 8 con Ascon. Pis. 7 C; Cass. Dio LV 6 che menziona anche il diritto di avere due littori. L'ufficio del rito era affidato, tradizionalmente, agli schiavi del quartiere, il cui status servile veniva sospeso momentaneamente durante questa festività: Dion. Hal. IV 14 3-4; Cic. Att. VII 7 3.

376Cic. fam. VIII 1 4. 377Pina Polo 1996: 62. 378Pina Polo 1996: 63.

la traiettoria dei rumores dal foro a chi non era presente agli accadimenti o ai discorsi salienti379. Laurence sottolineava anche che i discorsi che si potevano udire nel foro non erano solo quelli delle contiones, ma anche le arringhe dei processi, nei quali il popolo, osserva, poteva cercare conferma dell'idea che di un certo personaggio si era già fatta attraverso i

rumores. Non a torto, per questa ragione, Laurence ritiene che l'interesse per lo svolgimento

di alcuni processi sia da ritenere indizio di un approccio critico dei cittadini che frequentavano il foro380. Stesso interesse critico sarà da estendere a coloro che il foro non lo frequentavano, ma ascoltavano ai compita ciò che aveva da dire chi ne proveniva.

L'icastica rappresentazione dei compita come casse di risonanza coniata da Pina Polo dà certamente giustizia della loro funzione di centro di smistamento delle notizie; sarebbe riduttivo tuttavia, contrapporre nettamente la funzione divulgativa di queste entità logistiche e comunitarie, dove l'informazione sarebbe stata semplicemente trasmessa, con quella propriamente politica del foro, dove invece l'informazione era creata, metabolizzata e dibattuta. Il processo di elaborazione dell'informazione politica non si arrestava ai compita e anzi qui continuava, facendo di questi luoghi di aggregazione delle articolazioni periferiche del foro stesso, della succursali della politica cittadina: rispetto a questa attitudine politica dei

compita è rivelatrice la descrizione liviana della campagna per l'abrogazione della legge

Oppia portata avanti dalle matrone romane, poiché vien detto che è nei compita che cercano di sensibilizzare i cittadini alla loro causa:

quid enim nunc aliud per uias et compita faciunt quam rogationem tribunorum plebi suadent, quam legem abrogandam censent?381

Ai compita come nel foro, dunque, si fa propaganda e si parla di leggi. Questa vocazione politica doveva risultare amplificata in occasione dei Compitalia, capaci di catalizzare una forte identità di gruppo e corredate di spettacoli, i ludi compitalicii382. L'attitudine alla

379Cf. l'arrivo della notizia della disfatta al Trasimeno in Liv. XXII 7 7: Romae ad primum nuntium cladis eius cum ingenti terrore ac tumultu concursus in forum populi est factus. Matronae uagae per uias, quae repens clades allata quaeue fortuna exercitus esset, obuios percontantur […] M. Pomponius praetor "pugna" inquit "magna uicti sumus". Et quamquam nihil certius ex eo auditum est, tamen alius ab alio impleti rumoribus

domos referunt: consulem cum magna parte copiarum caesum. Millar 1998: 156 ritiene invece che la relazione tra forum e quartieri sia a mala pena percepibile.

380Plu. Gracc. 22 (1) 3: i cittadini prendono simpatia per Caio Gracco grazie alla sua performance nella difesa di Vettio. Cf. Vanderbroek 1987: 22: “Since much administration of justice was public, popular opinion played a part in this as well”.

381Liv. XXXIV 2 12.

politicizzazione di queste feste spinse i politici, a più riprese alla metà del I secolo a.C., a tentare di convertire la socialità e la tensione aggregativa dei compita e della loro festa in mobilitazione: gli studiosi sono concordi nell'attribuire un significato politico alla scelta di vari magistrati di legare alcune iniziative di forte appeal popolare alla celebrazione dei

Compitalia383; a cominciare da Manilio, il quale, entro brevissimo tempo dal suo insediamento

come tribuno nel 66, approfitta delle celebrazioni per sensibilizzare alla sua proposta coloro cui essa principalmente si rivolgeva, e che erano anche i padroni di casa dei festeggiamenti: i liberti384. Sembrerebbe che anche Catilina, nel 65, abbia approfittato dei ludi compitalicii per coinvolgere nel piano della sua prima congiura le comunità rionali. Dev'essere dunque legato al pericolo rivelato da queste manovre il divieto di celebrazione dei ludi compitalicii imposto dal senatoconsulto del 64; divieto associato alla messa fuori legge di alcuni collegi, segno che ciò che preoccupava era appunto lo spirito comunitario che creava vincoli di solidarietà, pericolosi se incanalati nella lotta politica385. La strategia di Manilio ebbe tanto successo che un anonimo tribuno, scrive Asconio, si arrischiò a patrocinare l'allestimento dei ludi nel 61, quando cioè erano già stati messi fuori legge per senatoconsulto386. Il legame tra compitalia e conlegia, già evidenziato dai divieti del senatoconsulto, appare confermato dal fatto che

Clodio, poco prima di presentare la legge per il rinnovamento dei conlegia (insieme alla legge frumentaria, a quella per l'indebolimento dei poteri censori e all'abolizione delle leggi Aelia e

Fufia)387 autorizza la celebrazione dei ludi compitalicii benché ne viga ancora il divieto, con

l'obiettivo di mostrare ai nemici l'appoggio di cui gode presso il popolo, e al popolo la propria

383Si prendono qui in considerazione, in particolare, le convergenti analisi di Laser 1997: 106-8; Marco Simón Pina Polo 2000: 161; Lott 2004: 49-54.

384La proposta mirava ad inserirli nelle 35 tribù, non più solo nelle 4 urbane. A nulla servì l'approvazione dei comizi, in quanto il risultato fu annullato per le violenze che avevano turbato le votazioni.

385Cic. Pis. 8: Aude nunc, o furia, de tuo dicere! cuius fuit initium ludi compitalicii tum primum facti post L. Iulium et C. Marcium consules contra auctoritatem huius ordinis; […] Tu, cum in Kalendas Ianuarias compitaliorum dies incidisset, Sex. Clodium, qui numquam antea praetextatus fuisset, ludos facere et praetextatum uolitare passus es; Ascon. Pis. 7 C ad loc.: L. Iulio C. Marcio consulibus quos et ipse Cicero supra memorauit senatus consulto collegia sublata sunt quae aduersus rem publicam uidebantur esse <constituta>. Solebant autem magistri collegiorum ludos facere, sicut magistri uicorum faciebant

Compitalicios praetextati, qui ludi sublatis collegiis discussi sunt. Post VI deinde annos quam sublata erant P. Clodius tr. pl. lege lata restituit collegia. Lott 2004: 56 identifica convincentemente il tribuno di cui Cicerone tace il nome, e che Asconio non ricorda, nell'Erennio che propose la legge per far passare Clodio alla plebe, ostacolata dallo stesso Metello, che cercò di impedire al tribuno anonimo di celebrare i ludi del 61. 386Cic. Pis. 8: quos [scil. ludos] Q. Metellus […] designatus consul, cum quidam tribunus pl. suo auxilio

magistros ludos contra senatus consultum facere iussisset, priuatus fieri uetuit atque id quod nondum potestate poterat obtinuit auctoritate.; Ascon. Pis. 7 C: Ante biennium autem quam restituerentur collegia, Q. Metellus Celer consul designatus magistros uicorum ludos Compitalicios facere prohibuerat, ut Cicero tradit, quamuis auctore tribuno plebis fierent ludi; cuius tribuni nomen adhuc non inueni.

387Le tempistiche sono davvero troppo coerenti per essere casuali: le leggi furono presentate all'assemblea il 4 Gennaio, tre giorni dopo la fine dei compitalia (svoltisi il 1 Gennaio), o forse addirittura l'ultimo giorno delle celebrazioni, se a quella data la loro durata era stata già estesa da uno a tre giorni.

vicinanza ai suoi interessi religiosi388. Non è chiaro se Clodio abbia mai ripristinato la legalità dei ludi, quel che è certo è che, se così fece, Cesare non si curò, quando rinnovò il divieto di associazione per certi tipi di collegio, di estenderlo ai ludi compitalicii 389.

I compita sembrano dunque aver rappresentato uno dei punti di riferimento dell'attività politica delle classi basse, per il loro carattere di luoghi di ritrovo e socialità delle comunità di quartiere: qui venivano convogliate notizie e pettegolezzi, e gli echi della politica del foro venivano qui discussi, chiacchierati e rielaborati; la connotazione non solo civica e religiosa, ma anche politica delle comunità aggregate intorno agli altari dei Lares li rese bersaglio della propaganda di singoli politici.

ii. Tra compita e uici

Fin qui si è potuto a mala pena evitare di citare un elemento topografico-sociativo che con i

compita appare legato a doppio filo: i uici, ossia i quartieri dell'Urbe. Dovrebbe essere chiaro,

da quanto detto, che i compita rappresentavano il punto di riferimento di vicinati e quartieri, benché il rapporto preciso che intercorreva tra i due non si lasci facilmente definire390. Vale la pena aprire una parentesi sui uici poiché, come si vedrà più nel dettaglio, il loro ruolo nello svolgersi dell'attività politica a livello popolare non fu meno importante di quello dei compita e, anzi, la comprensione della loro funzione sociale e politica nella città è necessaria perché appaia chiaro il ruolo dei compita stessi; inoltre, il loro studio fortifica la visione di una opinione pubblica ampiamente segnata, nella sua formazione, dalla configurazione per gruppi della società romana. Proprio queste caratteristiche, sulla scia della rinata attenzione della critica per la vita politica al di fuori delle istituzioni, ha incoraggiato, soprattutto nell'ultimo decennio, alcuni studi di approfondimento sui uici, a cominciare da quelli di Tarpin, in particolare la monografia del 2002, seguita a breve giro da quella di Lott, del 2004, e da

388Lott 2004: 56-7 ritiene che in questi due casi i tribuni intendessero proteggere la loro intrapresa illegale dal sabotaggio di altre autorità avvalendosi dell'auxilium (cf. Cic. in Pis. 8: cum quidam tribunus pl. suo auxilio magistros ludos contra senatus consultum facere iussisset). Cf. Laser 1997: 107-8 per il messaggio politico che Catilina vuole imprimere alla celebrazione dei ludi.

389Va comunque segnalato, con Lott 2004: 55 e 56, che non c'è ragione di credere che con i ludi sia stata vietata in blocco la festività dei Compitalia: la parte sacrale della festa, con i suoi riti, può ben aver continuato ad essere osservata in piena legalità negli anni che seguirono il senatoconsulto del 64.

390Il discorso è complesso. Ritengo che ogni uicus facesse capo ad un compitum, che rappresentava in particolare il punto di riferimento delle attività cultuali della comunità vicana, ma che allo stesso compitum potessero far riferimento più comunità vicinali; alla mancanza di biunivocità sarebbe da ricondurre la difficoltà di ricostruire la natura del rapporto tra le due entità sulla base delle fonti.

alcuni lavori di Lo Cascio, i più significativi dei quali risalgono al 2007 e al 2008391.

Le definizioni forniteci dai lessicografi antichi non mancano di suscitare problemi interpretativi. Quella più estesa ce la dà Festo, che la trae probabilmente da Verrio Flacco392, ed è dunque verosimile che rifletta una situazione di tardo I secolo, presumibilmente augustea. Festo distingue tra tre diversi tipi di uicus, dei quali è il secondo che interessa questa analisi393. Tali definizioni ci consentono, al netto dell'incertezza interpretativa, di delimitare almeno alcune caratteristiche minime, a partire dal fatto che per uicus si deve intendere propriamente l'agglomerato di edifici, non la via che lo attraversa (sebbene il termine sopporti di essere applicato sia ad un ambito strettamente topografico che sociale, per designare cioè la comunità che vi abita394) e che ciascuno era contraddistinto da un suo proprio nome. Inoltre, non ci sono ragioni per ritenere che esistessero parti della città non inquadrate nella suddivisione in uici395. Al di là di questi dati, che sembra possano essere riferiti con buon margine di sicurezza anche all'epoca repubblicana, informazioni più precise sulla conformazione dei uici sono desumibili da fonti che si riferiscono alla situazione di età imperiale. Quanto al numero, abbiamo a disposizione una stima valida per l'età flavia, fornitaci da Plinio, che ammonta a 265396. Se si basa il calcolo delle loro dimensioni sull'estensione dell'area abitata, stimata in circa 900ha, si ricava che la dimensione media dei 265 uici di età flavia doveva aggirarsi intorno ai 3-4 ha. Su questa base, calcolando una popolazione stimabile tra 600.000 e 1.000.000 di abitanti, ogni uicus avrà raccolto

391Lo Cascio biasima Lott per una certa ingenuità ricostruttiva, mentre si trova spesso d'accordo con le proposte di Tarpin. Alcuni interessanti contributi provengono da lavori non specifici, come Virlouvet 1995 e Coarelli 1997; cf. Lo Cascio 2007: 146.

392Cf. Lott 2004: 13. Recentemente si sono cimentati sulla restituzione di questo dibattuto passo, pervenendo a soluzioni non molto dissimili, Todisco 2006 e Letta 2005. La proposta dei due studiosi appare buona, anche se non fuga tutte le perplessità (su cui non è comunque qui il caso di soffermarsi), come osserva anche Lo Cascio 2007: 149 n. 21.

393Fest. 371 M: <uici tribus modis intelleguntur. Uno cum id genus aedificiorum definitur quo hi se re>cipiunt

ex agris, qui ibi uillas non habent […]. Altero, cum id genus aedificio<rum defi>nitur, <quae in oppidis aedificantur, aut> quae continentia sunt his oppidis, quae<que> … itineribus regionibusque distributa inter se distant, nominibusque dissimilibus discriminis causa sunt dispartita (testo restituito da Letta 2005: 95);

Varr. LL V 145: uicus a uia, quod ex utraque parte uiae sunt aedificia; Isid. Etym. XV 2 11-2: licet et uici

dicantur ipsae habitationes urbis; 22: uicus, ut praedictum est, ipsae habitationes urbis sunt; unde et uicini dicti. Viae ipsa spatia angusta quae inter uicos sunt.

394Cf. Lott 2004: 14.

395Cf. Wallace-Hadrill 2000, che sottolinea l'assenza a Roma di una ripartizione di tipo sociale o funzionale delle aree urbane, come mostra ad esempio il fatto che Cesare, fino all'elezione a pontefice massimo nel 63, viveva in uno dei quartieri più degradati della città, la Suburra: Suet. DJ 46; si veda anche la scelta di C. Gracco di trasferirsi in un quartiere più popolare: Plu. Grac. 33 (12) 1.

396Plin. NH III 66-7. Alcuni fanno coincidere questo numero, immaginando un'iperbole poetica, con i 300 distretti di cui sembra si parli in Verg. Aen. VIII 714-6, che potrebbero risalire alla riforma dei uici

organizzata da Augusto; contra Lott 2004: 15, 87. Per scoraggiare il confronto, Lott evoca anche Ov. fast. V 145-6, in cui si parla di 500 distretti.

mediamente 2-3000 persone e 750-1000 maschi adulti, numero ragionevole per ammettere una conoscenza reciproca all'interno dei singoli distretti397. La struttura potrebbe essere stata incardinata su una via centrale, o essere stata delimitata dalle arterie più grosse.

La realtà dei quartieri cambiò sensibilmente, in termini topografici e funzionali, nel corso