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Tradurre figure nell’Origin

Analogia e personificazione nelle prime traduzioni italiana e spagnola dell’Origin of Species di Darwin

3. Tradurre figure nell’Origin

Dal punto di vista della traduzione della metafora, Van Besien e Pelsmaekers hanno gettato nuova luce su quelle metafore della scienza che Boyd (1979 [1993]) chiama “pedagogiche” e “costitutive di teorie”. Per questi autori, la loro funzione primordiale è quella di fornire un’alternativa alla terminologia scientifica classica tramite il loro adattamento a nuove ipotesi, ma, mentre le prime offrono una migliore comprensione dei concetti allacciando i loro significati ad altri già noti, e possono, nella traduzione, essere riformulate tramite delle parafrasi, le seconde, costitutive di teorie, sono alla base del modello teorico e non accettano riformulazioni. Il lettore, attraverso questo tipo di metafora “is invited to explore similarities and analogies between the two subject matters, including aspects of the new subject matter that have not yet been discovered or fully understood. The metaphor thus acts as an invitation for further research” (1988: 143).

Si è già detto che nell’Origin, l’analogia e la personificazione appaiono come costitutive della teoria nella misura in cui permettono di stabilire un’ipotesi esplicativa basata sulle relazioni di somiglianza tra il mondo della selezione artificiale, ben noto a Darwin e a gran parte dei suoi lettori inglesi, e quello della selezione naturale, ancora da esplorare. L’analogia tra azione umana e azione della natura spiega che la selezione naturale e la natura si presentino nel testo con caratteristiche umane tramite aggettivi come “niggard”, “rigorous” o “prodigal” e verbi come “act”, “destroy”, “produce” o “lead”, che sembrano dotare i concetti di una coscienza (Young 1985: 125). Di fatto, nonostante le espressioni metaforiche siano per Darwin meccanismi esplicativi efficaci e i meccanismi descritti non possano avere un comportamento cosciente, nel testo c’è “a pervasive feeling that selection of any kind implies consciousness” (Ruse 1999: 208).

Di fronte alle caratteristiche delle figure contenute nel testo di partenza, per quanto riguarda la traduzione, bisogna dunque considerare il ruolo dell’analogia

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come funzionalmente rilevante e dunque l’obbligo per il traduttore di renderla in modo coerente nel testo ai fini comunicativi cercati dall’autore (Samaniego 1996). Il traduttore, oltre che dalla sua competenza linguistica e, in questo caso, scientifica, è anche vincolato dalla necessità di restituire nella lingua-cultura di arrivo i molteplici significati che interagiscono in quella metafora d’accesso che è l’analogia tra i due tipi di selezione, al fine di fornire al lettore1 un testo accessibile e una teoria comprensibile e convincente.

3.1. La prima traduzione italiana

In Italia, il libro fu tradotto nel 1864 da Giovanni Canestrini (1835-1900) e Leonardo Salimbeni (1830-1889) a partire dalla terza edizione inglese del 1861. La traduzione venne pubblicata a Modena “col consenso dell’autore” dalla casa editrice Zanichelli, fondata da appena cinque anni. Canestrini era uno dei principali naturalisti italiani dell’epoca anche se al momento della traduzione era un giovane biologo che muoveva i primi passi nell’ambito accademico. Sul secondo traduttore, Salimbeni, si sa che negli anni della traduzione era docente di Geografia e Storia naturale presso il Collegio San Carlo di Modena e che pubblicava sui giornali locali articoli di tema naturalistico (Pancaldi 1983: 158-159).

Il volume contiene una breve nota indirizzata “Al Lettore” in cui i traduttori affermano le due necessità a cui desiderano far fronte: in primo luogo, divulgare in Italia l’opera di Darwin; in secondo luogo, rettificare alcuni malintesi a cui potrebbero essere andati incontro i lettori che avessero letto l’Origin nella versione francese di Clémence A. Royer (1862). Infatti, essi dichiarano che se il lettore crede di valersi della traduzione francese non acquisterà un’idea precisa e inalterata del testo, dato che secondo i traduttori essa è in molti punti erronea e troppo libera e inesatta. Allontanandosi dunque da Royer, dichiarano:

Noi non vogliamo prevenire il giudizio del lettore con intempestive annotazioni e ci asteniamo dall’esporre il nostro avviso sui punti principali di questa dottrina; solamente noi osserveremo, che essa porta dei cambiamenti più o meno profondi in quasi tutte le scienze naturali; che essa cerca di spiegare alcuni termini astratti fin’ora incompresi e tuttavia continuamente applicati; che in fine essa tende a ridurre ai limiti i più ristretti l’ingerenza immediata della forza sopranaturale (Canestrini e Salimbeni 1865, s.n.).

3.2. La prima traduzione spagnola

La prima traduzione completa in spagnolo, di Enrique Godínez y Esteban (1845- 1894), fu pubblicata nel 1877 a Madrid dalla casa editrice Biblioteca Perojo e realizzata a partire dalla sesta edizione inglese. Godínez era un ufficiale della Marina che negli anni sessanta aveva effettuato diversi viaggi tra la Spagna e il continente americano. Nel 1871 abbandonò la Marina e iniziò una carriera da giornalista e traduttore di saggi filosofici e di testi letterari (Gomis, Josa 2009). Nel 1876 cominciò a tradurre l’Origin, un progetto che avrà anche in questo caso il consenso dell’autore. Il volume non contiene alcuna nota o introduzione del traduttore ma nella pagina VIII vi sono trascritte, in inglese e in spagnolo, due lettere inviate da Darwin a Godínez: la prima è una risposta positiva alla richiesta di autorizzazione a portare a termine la traduzione; la seconda, una nota di buon augurio per proseguire con il

1 Non è facile determinare quale fosse all’epoca il lettore dell’Origin poiché sappiamo che il libro

circolò tra scienziati di discipline diverse e in ambienti non scientifici in cui acquistò un significato più politico e filosofico che scientifico (Bulhof 1992: 51).

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lavoro. Sappiamo inoltre che questa traduzione apparve dopo una prima versione incompleta realizzata da un traduttore anonimo a partire dalla traduzione francese di Royer. In questa versione del 1872, il traduttore avverte il lettore: “Para ella [Royer] la naturaleza lo constituye todo. Conviene que esto se tenga presente para [...] leer con prevención sus temerosas afirmaciones” (1872, x).2 Anche se non è possibile provarlo con i dati a disposizione, è probabile che Godínez conoscesse questa versione pubblicata presso la Biblioteca social, histórica y filosófica dallo stampatore Luengo, così come la dichiarazione del traduttore contenuta nel testo, simile per certi versi all’avvertenza di Canestrini e Salimbeni.

In ogni caso, possiamo pensare che l’obiettivo dei primi traduttori italiani e spagnolo fosse quello di allontanare i rispettivi lettori da una traduzione, quella francese, che portava le tematiche del libro troppo oltre gli intenti dell’autore e applicava concetti come “lotta per l’esistenza” al di fuori dell’ambito strettamente scientifico. Possiamo supporre che il loro intento fosse quello di ridare voce all’autore, e che dunque le strategie di traduzione adottate siano prevalentemente

source-oriented.