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1. La scena di riconoscimento: un tentativo di definizione

Nelle tragedie attiche, conservate per tradizione diretta in forma integrale, l’individuazione della scena di riconoscimento risulta complicata per due motivi: non è una delle «parti quantitative» della tragedia, elencate da Aristotele nella Poetica (1452b 14‑27), e non coincide né con una di esse né con la scena, tipica del teatro moderno, delimitata dall’ingresso o dall’uscita di uno o più personaggi1. Inoltre, non occupa una posizione fissa

all’interno della struttura complessiva e talvolta presenta caratteristiche formali differenti.

In effetti, sempre nella Poetica Aristotele si sofferma a più riprese sull’anagnorisis2, ma egli la considera come un processo, come un elemento

della trama ovvero del mythos, non come una componente strutturale della rappresentazione teatrale. Alcune sue osservazioni al riguardo risultano, comunque, utili al tentativo di descrivere la scena di riconoscimento. In particolare, se Aristotele definisce il riconoscimento come il «volgere dall’ignoranza alla conoscenza» (1452a 29‑31 ἀναγνώρισις δέ, ὥσπερ καὶ τοὔνομα σημαίνει, ἐξ ἀγνοίας εἰς γνῶσιν μεταβολή), la scena di ricono ‑ scimento è quella parte del dramma in cui tale sviluppo si con cretizza: è necessario che almeno due personaggi siano presenti contemporaneamente nello spazio scenico e che almeno uno di essi ignori l’identità dell’altro; se entrambi ignorano l’identità altrui, di solito uno dei due supera lo stato di igno ranza in modo accidentale; chi sa, cerca quindi di portare l’inter ‑ locutore allo stesso livello di conoscenza, facendo ricorso a dimostrazioni di diverso tipo; infine, i due personaggi esprimono la gioia per la nuova consapevolezza acquisita e altri sentimenti, come sorpresa e incredulità dopo una lunga attesa oppure la paura di perdere la persona appena ritrovata.

1Cf. TAPLIN1977, 49‑60.

2Arist. Po. 1450a 33‑35, 1452a 12‑22, 1452a 30‑1452b 8, 1453b 27‑1454a 9, 154b 19‑

La scena di riconoscimento così intesa può essere individuata in sette diverse tragedie di Eschilo, Sofocle ed Euripide tra quelle conservate dalla tradizione manoscritta e può essere ridotta ad uno schema elementare, variamente declinato in rapporto alla trama specifica, ma sostanzialmente articolato in due momenti: prima l’“inchiesta” o riconoscimento in senso proprio, poi il “ricongiungimento”.

Affine alla scena di riconoscimento è la scena di ricongiungimento. In alcune tragedie i personaggi non hanno bisogno di riconoscersi ma semplicemente si ritrovano dopo un periodo più o meno lungo di separazione ed esprimono sorpresa, incredulità e gioia con modalità simili a quelle del “ricongiungimento” nelle scene di riconoscimento: è il caso di Admeto e Alcesti nel finale dell’Alcesti (1072‑1158) o di Giocasta e Polinice nel primo episodio delle Fenicie (261‑382).

TRAGEDIE CON SCENA DI RICONOSCIMENTO[O RICONGIUNGIMENTO]3

ESCHILO SOFOCLE EURIPIDE

458 Coefore 438 [Alcesti] 433 (?) Egeo 425‑413 Melanippe prigioniera 423‑422 Cresfonte 423‑416 Elettra 420‑409 Elettra 415 Alessandro 414‑412 Ifigenia fra i Tauri Elena Ione 411‑408 Antiope Ipsipile 410‑409 [Fenicie] 408 (?) Alcmeone a Corinto

3In grassetto sono indicate le tragedie euripidee, che verranno trattate in seguito.

La cronologia delle opere è discussa da CARPANELLI2005 (per Euripide) e da AVEZZÙ

2003 (in generale), nonostante la datazione di alcuni drammi resti particolarmente controversa, come mostrano le edizioni dei testi frammentari e alcuni studi specifici.

2. Alcune osservazioni sulle scene di riconoscimento nelle tragedie attiche integrali

In generale, nella fase dell’inchiesta i personaggi si esprimono esclusiva ‑ men te in trimetri giambici recitati e la dimostrazione dell’identità indi vi duale può prevedere il ricorso ad uno o più oggetti o il coinvol gi ‑ mento del terzo attore come garante o testimone di un evento4.

Occasionalmente c’è anche un quarto personaggio che resta una presenza muta, come Pilade nell’Elettra di Euripide5. Il ricongiungimento ha subìto

dei cambiamenti nel corso del tempo ma si caratterizza anche per alcune costanti: in questa parte della scena di riconoscimento si rileva un progressivo sviluppo delle parti cantate, eseguite dagli attori in forma di amebei o monodie6, e sono generalmente presenti manifestazioni di gioia

e di affetto, sia verbali, come il reiterato impiego dell’aggettivo φίλος, «caro», nelle varie forme del vocativo, spesso al grado superlativo (ὦ φίλτατε / ὦ φιλτάτη, «o carissimo / o carissima»), sia gestuali, come l’abbraccio, che di norma viene suggerito da espressioni come ἔχω σε, «ti stringo (fra le braccia)»7.

I confini della scena di riconoscimento non coincidono necessariamente con l’entrata e l’uscita di qualche personaggio, nonostante a volte tali movimenti degli attori risultino comunque significativi. Nelle Coefore la scena di riconoscimento inizia dopo un canto corale infraepisodico, quando Elettra scopre alcuni segni insoliti presso la tomba di Agamennone (164‑ 166), mentre Oreste insieme a Pilade è ancora nascosto alla vista della sorella; nell’Elettra di Sofocle l’apostrofe che il Corifèo rivolge ad Elettra (1171‑1173), menzionandone il nome, e il conseguente disorientamento di Oreste segnano il passaggio dalla scena dell’inganno dell’urna a quella del riconoscimento. In effetti, solo nelle tragedie di Euripide l’inizio della scena di riconoscimento tende a coincidere con l’ingresso di un personaggio (il vecchio Pedagogo nell’Elettra, Ifigenia nell’Ifigenia fra i Tauri, Elena nell’o ‑

4Questo compito è affidato al vecchio Pedagogo nell’Elettra di Euripide, a Pilade

nell’Ifigenia fra i Tauri e a un Servo nell’Elena.

5Pilade è spettatore silenzioso della scena di riconoscimento anche nelle Coefore di

Eschilo e nell’Elettra di Sofocle.

6Fanno eccezione solamente le Coefore di Eschilo, dove i vv. 233‑245 sono ancora

trimetri giambici recitati, e l’Elettra di Euripide, in cui l’iniziale scambio di battute fra Elettra e Oreste in trimetri giambici recitati (578b‑584) cede il posto anche in questo caso al canto, ma la voce che canta è quella del Coro (585‑595).

7Questa spia lessicale del ricongiungimento è assente nella scena di riconoscimento

mo nima tragedia), ma l’arrivo di un ulteriore personaggio (Oreste insieme a Pilade nell’Elettra, il Messaggero nell’Elena) non comporta automa ‑ ticamente il passaggio ad una scena diversa8. E nello Ione, al contrario, la

scena di riconoscimento inizia con l’uscita della Pizia. Il transito verso la scena successiva, che spesso si focalizza sulla pianificazione di un inganno finalizzato alla vendetta o alla fuga, è suggerito in modo più o meno esplicito dalle parole di uno dei personaggi direttamente coinvolti nel riconoscimento (Oreste nelle Coefore di Eschilo e nell’Elettra di Sofocle e di Euripide). Nell’Ifigenia fra i Tauri l’esortazione a pensare alla salvezza viene pronunciata da un personaggio più marginale, Pilade, e il suo monito è preceduto da un breve commento del Corifèo, racchiuso in un distico; altre volte, invece, basta l’osservazione del Corifèo (nello Ione e nell’Elena).

Tuttavia, il passaggio dalla scena di riconoscimento alla scena di pianificazione non è sempre immediato. Le parole di Pilade nell’Ifigenia fra

i Tauri, ad esempio, non sortiscono l’effetto atteso, non subito: fratello e sorella si dilungano ancora a ricordare le sventure personali e familiari, trovando in esse finalmente validi motivi per desiderare la salvezza e progettare la fuga. Questa sezione della tragedia, in cui i personaggi cercano di acquisire dall’interlocutore maggiori informazioni sul loro trascorso e sulla situazione presente, è chiusa nuovamente da un commento del Corifèo e si configura come un prolungamento della scena di riconoscimento. Il suo contenuto e la sua forma ricordano, in particolare, la fase dell’inchiesta e per questo può essere definita “supplemento d’inchiesta”. Nell’Elena Menelao inizia a vagliare le possibilità di riprendere la rotta verso Sparta insieme alla moglie appena ritrovata solo dopo che i due coniugi si sono scambiati delle informazioni sulle loro disavventure più recenti, senza che la sticomitia venga interrotta in alcun modo, e questo “supplemento d’inchiesta” si realizza dopo un ulteriore ampliamento della scena di riconoscimento, in cui anche il Servo viene messo a parte della scoperta appena compiuta da Elena e Menelao e della loro gioia9. Ione,

infine, nell’omonima tragedia chiede a Creusa conferme in merito all’identità del padre e i suoi dubbi verranno fugati definitivamente solo dall’intervento di Atena come dea ex machina.

8Qualcosa di analogo si verifica anche nella scena di riconoscimento delle Coefore,

nel corso della quale Oreste e Pilade escono dal nascondiglio da cui, senza essere visti, hanno osservato e ascoltato Elettra (212).

9Un’espansione della scena di riconoscimento, simile a questa, si trova anche

nell’Elettra di Sofocle, in seguito all’uscita dal palazzo del Vecchio pedagogo, di cui la protagonista ignora l’identità.

Indipendentemente dall’inserimento di simili espansioni, la scena di riconoscimento non occupa una posizione fissa all’interno della tragedia. Di solito, quando è seguita da una scena di pianificazione, si trova nella parte iniziale del dramma, come nelle Coefore, o centrale, come nell’Elettra di Euripide, nell’Elena e nell’Ifigenia fra i Tauri: fa eccezione l’Elettra di Sofocle, dove Oreste e il vecchio Pedagogo avevano già progettato la mor‑ te di Clitemnestra ed Egisto all’inizio della tragedia e la scena di ricono ‑ sci mento, inserita in prossimità dell’esodo, sembra rimandare tem pora ‑ neamente l’attuazione del piano. Nello Ione, invece, la scena di riconosci‑ mento si trova proprio nell’esodo e costituisce il momento culminante della vicenda drammatica.

3. Le tragedie frammentarie di Euripide, contenenti una scena di ricono ‑ scimento

Nell’ambito della produzione tragica euripidea è possibile ipotizzare la presenza di una scena di riconoscimento, simile a quelle finora considerate, in almeno sette opere frammentarie10: Egeo, Cresfonte, Melanippe prigioniera,

Alessandro, Antiope, Ipsipile, Alcmeone a Corinto. Note solo per tradizione indiretta o grazie a qualche ritrovamento papiraceo, esse coprono un arco cronologico pari a circa un trentennio, almeno secondo la datazione più plausibile, ed ampliano così lo spettro d’osservazione su Euripide, che altrimenti risulta limitato a un decennio, se non a un misero quinquennio. Di seguito verranno analizzate tre tragedie, che risalgono ad un periodo precedente (Egeo), contemporaneo (Alessandro) o successivo (Ipsipile) rispetto a quello in cui si concentrano Elettra, Ifigenia fra i Tauri, Elena e Ione. Infine, si cercherà di delineare un quadro complessivo delle scene di riconoscimento presenti nelle tragedie attiche, integrando i dati ricavabili anche dalle opere euripidee frammentarie.

4. L’Egeo: lo schema “inchiesta” – “ricongiungimento”

In assenza di una hypothesis, la trama dell’Egeo di Euripide può essere ricostruita solo a partire da fonti mitografiche: gli studiosi ne hanno individuato principalmente tre – uno scolio all’Iliade, un passo della Biblio ‑

10I frammenti delle tragedie di Euripide sono citati secondo l’edizione di KANNICHT

2004. Per i frammenti delle tragedie di Sofocle, si fa riferimento all’edizione di RADT

tecadi Apollodoro (Epit. 1, 4‑6) e uno della Vita di Teseo di Plutarco (12, 2‑6) – che per certi aspetti sono fra loro discordanti. D’altra parte, è noto che anche Sofocle compose una tragedia sulla stessa vicenda di quella euripidea.

Lo scolio a Omero, Iliade 11, 741, attribuito al grammatico Didimo11,

presenta alcuni fatti precedenti l’arrivo di Teseo ad Atene, che riguardano in particolare il personaggio di Medea: «Medea era figlia di Eeta e moglie di Giasone. Dopo aver ucciso i figli, giunse esule ad Atene e visse insieme ad Egeo, figlio di Pandione». In questo contesto si colloca la vicenda ateniese di Teseo, «figlio di Etra e di Egeo, giunto là da Trezene per il riconoscimento del padre»: Medea inizia a tessere le sue trame criminali contro di lui e «convince Egeo a dare a Teseo un veleno mortale, asserendo che egli era venuto per cospirare contro il suo regno». Il progetto di Medea si sta per compiere ma la morte del giovane viene scongiurata dal suo riconoscimento da parte del padre: «proprio quanto Teseo si accingeva a bere», Egeo riconobbe «la spada e i calzari, che aveva lasciato a Trezene come oggetti per il riconoscimento (del figlio)»: allora «rovesciò il veleno e scacciò Medea dall’Attica». Nel raccontare la vicenda, dunque, lo scoliasta aggiunge un’altra informazione sull’antefatto, ricordando con una breve analessi, non più di un inciso, che Egeo aveva lasciato a Trezene alcuni oggetti (γνωρίσματα) che gli avrebbero consentito di riconoscere l’even ‑ tuale figlio partorito da Etra. D’altra parte, l’espressione ἐπὶ τὸν τοῦ πατρὸς ἀναγνωρισμὸν può essere intesa in due modi diversi, a seconda che si attribuisca al genitivo τοῦ πατρὸς un valore soggettivo («perché il padre lo riconoscesse») oppure oggettivo («per riconoscere suo padre»): nel primo caso si può supporre che Teseo conosca fin dall’inizio l’identità del padre, mentre nel secondo caso si tratterebbe inevitabilmente di un ricono ‑ scimento reciproco.

È stato notato che, rispetto a questa versione dei fatti, il testo di Apollo ‑ doro12presenta almeno una variante significativa. Seguendo i consigli di

11Schol. in Hom. Il.11, 741 ἣ τ ό σ α φ ά ρ μ α κ α ᾔ δ η : Μήδεια ἐγένετο Αἰήτου

μὲν θυγάτηρ, Ἰάσονος δὲ γυνή. αὕτη μετὰ τὴν ἀπεργασθεῖσαν τεκνοκτονίαν φυγὰς εἰς Ἀθήνας ἀφίκετο καὶ συνῴκησεν Αἰγεῖ τῷ Πανδίονος. κἀκεῖ Θησέα τὸν ἐξ Αἴθρας γενόμενον τῷ Αἰγεῖ, ἐπὶ τὸν τοῦ πατρὸς ἀναγνωρισμὸν ἐκ Τροιζῆνος ἀφικόμενον, πείθει τὸν Αἰγέα φάρμακον αὐτῷ δοῦναι θανάσιμον, ἐπίβουλον αὐτοῦ τῆς βασιλείας εἰποῦσα παραγίνεσθαι. πεισθεὶς δὲ Αἰγεὺς φάρμακον ἔδωκε παραγενομένῳ τῷ παιδί· μέλλοντος δὲ καταπίνειν ἐπιγνοὺς τό τε ξίφος καὶ τὰ ὑποδήματα (ταῦτα γὰρ ἐν Τροιζῆνι γνωρίσματα κατέλιπεν) τὸ μὲν φάρμακον ἀφείλετο, τὴν δὲ Μήδειαν ἐξέβαλε τῆς Ἀττικῆς. οἰκήσασα δὲ αὕτη τὴν πλησίον Ἤλιδος Ἔφυραν πολυφάρμακον ἐποίησεν αὐτὴν ἐπονομασθῆναι. ἱστόρηται παρὰ Κράτητι (fr. 84 M.) AT.

Medea, infatti, Egeo tenta di far morire Teseo due volte, in due modi diversi: prima «lo mandò ad affrontare il toro di Maratona» e, «dopo che Teseo lo ebbe ucciso, gli porse un veleno». La vicenda poi prevede il riconoscimento del figlio da parte di Egeo, che fa cadere la coppa dalle mani di Teseo, e il conseguente allontanamento di Medea, colpevole delle insidie ordite. Inoltre, nonostante le parole «riconosciuto dal padre» forniscano solo il punto di vista di Egeo, il racconto di Apollodoro sembra implicare un riconoscimento reciproco fra padre e figlio: Etra, tenendo fede alle disposizioni di Egeo13, si sarebbe limitata a consegnare a Teseo «il coltello

e i sandali» (3, 15, 7 μάχαιραν καὶ πέδιλα) trovati sotto un macigno e, senza rivelargli l’identità del padre, ad inviarlo ad Atene, dove Egeo avrebbe riconosciuto il figlio grazie alla sola «spada» (τὸ ξίφος)14.

Generalmente, si ritiene che questa “versione secondaria”, o “variante”, dipenda da una fonte tragica: così lascia supporre l’uso dell’avverbio αὐθημερινόν, che colloca entrambi i tentativi «nello stesso giorno» in ossequio all’unità di tempo che di solito caratterizza la tragedia attica. Lo scarto rispetto alla vicenda narrata dallo scolio omerico, indicata anche come “versione standard”, di solito viene attribuito dalla critica moderna all’originalità di Euripide15, ma nell’Egeo di Sofocle il fr. 25 κλωστῆρσι

χειρῶν ὀργάσας κατήνυσε [Theseus] σειραῖα δεσμά, «dopo averli resi flessuosi (scil. dei ramoscelli) avvolgendoli come una matassa intorno alle mani, fece dei legacci da usare come una fune» descriverebbe la cattura del toro di Maratona da parte del protagonista: così queste parole vengono spiegate da Fozio16. Al contrario, nulla impedisce di supporre, in base agli

12Apollod. Epit. 1, 4‑6 καθάρας οὖν Θησεὺς τὴν ὁδὸν ἧκεν εἰς Ἀθήνας. Μήδεια δὲ Αἰγεῖ τότε συνοικοῦσα ἐπεβούλευσεν αὐτῷ, καὶ πείθει τὸν Αἰγέα φυλάττεσθαι ὡς ἐπίβουλον αὐτοῦ. Αἰγεὺς δὲ τὸν ἴδιον ἀγνοῶν παῖδα, δείσας ἔπεμψεν ἐπὶ τὸν Μαραθώνιον ταῦρον. ὡς δὲ ἀνεῖλεν αὐτόν, παρὰ Μηδείας λαβὼν αὐθημερινὸν προσήνεγκεν αὐτῷ φάρμακον. ὁ δὲ μέλλοντος αὐτῷ τοῦ ποτοῦ προσφέρεσθαι ἐδωρήσατο τῷ πατρὶ τὸ ξίφος, ὅπερ ἐπιγνοὺς Αἰγεὺς τὴν κύλικα ἐξέρριψε τῶν χειρῶν αὐτοῦ. Θησεὺς δὲ ἀναγνωρισθεὶς τῷ πατρὶ καὶ τὴν ἐπιβουλὴν μαθὼν ἐξέβαλε τὴν Μήδειαν. 13 Cf. Apollod. 3, 15, 7 Αἰγεὺς δὲ ἐντειλάμενος Αἴθρᾳ, ὰν ἄρρενα γεννήσῃ, τρέφειν, τίνος ἐστὶ μὴ λέγουσαν.

14Non si dice nulla in merito al ruolo del dio Poseidone nella vicenda, dopo che

egli si accostò ad Etra la stessa notte in cui Egeo giacque con la giovane donna: cf. Apollod. 3, 15, 7.

15Così ad esempio ancora LLOYD‑JONES1996; JOUAN/VANLOOY1998; GUÉRIN2015. 16Phot. α 808: […] Σοφοκλῆς δὲ ἐν Αἰγεῖ <φησι> (fr. 25 R.) τὸν Θησέα στρέφοντα

καὶ μαλάττοντα τὰς λύγους ποιῆσαι δεσμὰ τῷ ταύρῳ. Λέγει δὲ οὕτως· κλωστῆρσι χειρῶν ὀργάσας κατήνυσε σειραῖα δεσμά. L’allusione al toro di Maratona, presente nell’Egeo di Sofocle è stata rilevata da HAHNEMANN1999 e 2003.

elementi disponibili, che Euripide abbia portato in scena la vicenda nella versione standard17.

La trama della tragedia euripidea potrebbe essere alla base di un’altra fonte, la Vita di Teseo di Plutarco18, che segue la “versione standard” ma,

rispetto allo scolio omerico, aggiunge alcuni dettagli relativi al carattere dei personaggi e alla situazione generale: per quanto riguarda l’antefatto, insiste sui disordini e sulle tensioni presenti in città e nel palazzo di Egeo; presenta il re come un anziano che teme i disordini politici; precisa che il tentativo di avvelenamento si inserisce nel contesto di un ἄριστον, un pasto offerto all’ospite. In questo caso, si dice chiaramente che Teseo «non ritenne opportuno rivelare per primo la propria identità», ma decise di «offrire a Egeo uno spunto per il riconoscimento» e, per tagliare della carne, utilizzò la μάχαιρα che permise al padre di capire. Anche in questo caso, dunque, nonostante Egeo avesse lasciato sotto il macigno a Trezene due oggetti, una spada e un paio di sandali (3, 7 ξίφος καὶ πέδιλα), come indicato nello scolio omerico (τό τε ξίφος καὶ τὰ ὑποδήματα), il riconoscimento è reso possibile solamente (o almeno principalmente) da uno di essi, un coltello (τὴν μάχαιραν)19. Rispetto al racconto di Apollodoro, d’altra parte, in

questo caso è evidente che qui si tratta di un riconoscimento semplice, ovvero del riconoscimento di Teseo da parte di Egeo.

Il racconto plutarcheo presenta il riconoscimento come la successione di due momenti: dopo aver riconosciuto il coltello e aver rovesciato la coppa con il veleno, Egeo prima interroga Teseo (ἀνακρίνας), poi lo abbraccia, lo accoglie con gioia, gli fa festa (ἠσπάζετο), due azioni che corrispondono sostanzialmente allo schema della scena di riconoscimento tragica, uno schema basato sulla sequenza “inchiesta” – “ricongiungimento”. Alla fine,

17Cf. HAHNEMANN2003, 213; COLLARD/CROPP2008, 4, seppure con cautela. 18Plut. Thes. 12, 2‑6 κατελθὼν δ’ εἰς τὴν πόλιν εὗρε τά τε κοινὰ ταραχῆς μεστὰ καὶ διχοφροσύνης, καὶ τὰ περὶ τὸν Αἰγέα καὶ τὸν οἶκον ἰδίᾳ νοσοῦντα. Μήδεια γὰρ ἐκ Κορίνθου φυγοῦσα φαρμάκοις ὑποσχομένη τῆς ἀτεκνίας ἀπαλλάξειν Αἰγέα συνῆν αὐτῷ. προαισθομένη δὲ περὶ τοῦ Θησέως αὕτη, τοῦ δ’ Αἰγέως ἀγνοοῦντος, ὄντος δὲ πρεσβυτέρου καὶ φοβουμένου πάντα διὰ τὴν στάσιν, ἔπεισεν αὐτὸν ὡς ξένον ἑστιῶντα φαρμάκοις ἀνελεῖν. ἐλθὼν οὖν ὁ Θησεὺς ἐπὶ τὸ ἄριστον, οὐκ ἐδοκίμαζε φράζειν αὑτὸν ὅστις εἴη πρότερος, ἐκείνῳ δὲ βουλόμενος ἀρχὴν ἀνευρέσεως παρασχεῖν, κρεῶν παρακειμένων σπασάμενος τὴν μάχαιραν ὡς ταύτῃ τεμῶν ἐδείκνυεν ἐκείνῳ. ταχὺ δὲ καταμαθὼν ὁ Αἰγεύς, τὴν μὲν κύλικα τοῦ φαρμάκου κατέβαλε, τὸν δ’ υἱὸν ἀνακρίνας ἠσπάζετο καὶ συναγαγὼν τοὺς πολίτας ἐγνώριζεν, ἡδέως δεχομένους διὰ τὴν ἀνδραγαθίαν. λέγεται δὲ τῆς κύλικος πεσούσης ἐκχυθῆναι τὸ φάρμακον ὅπου νῦν ἐν Δελφινίῳ τὸ περίφρακτόν ἐστιν· ἐνταῦθα γὰρ ὁ Αἰγεὺς ᾤκει, καὶ τὸν Ἑρμῆν τὸν πρὸς ἕω τοῦ ἱεροῦ καλοῦσιν ἐπ’ Αἰγέως πύλαις.

inoltre, c’è spazio per un aition, simile ad altri presenti nelle tragedie di Euripide: il luogo dove Egeo ha rovesciato a terra il veleno è il Delfinio, un santuario di Apollo in cui storicamente ad Atene si giudicavano ed eventualmente venivano purificate le persone colpevoli di omicidio, che sostenevano di aver agito legittimamente.

Purtroppo, i pochi frammenti noti dell’Egeo di Euripide non presentano alcun legame evidente con la scena di riconoscimento. Secondo alcuni studiosi, il fr. 6 τί γὰρ πατρῴας ἀνδρὶ φίλτερον χθονός; («un uomo, che cosa ha di più caro della patria?») esprimerebbe la gioia di Teseo in seguito al riconoscimento da parte del padre, verosimilmente nella fase del ricongiungimento20. In effetti, considerazioni simili a questa sono presenti

nel primo episodio delle Fenicie, dopo che Giocasta e Polinice si sono ritrovati21, ma il loro incontro avviene all’inizio della tragedia e il figlio fa

19 Si noti che, in modo speculare, nel racconto di Apollodoro si menziona una

μάχαιρα tra gli oggetti lasciati a Trezene da Egeo e uno ξίφος come oggetto effettivamente utile al riconoscimento. Nel testo di Plutarco il riconoscimento è strettamente legato al pasto offerto da Egeo all’ospite straniero: se si accetta che egli abbia basato il suo racconto sulla trama di una tragedia, bisogna ammettere che non è usuale che i personaggi tragici mangino in scena; d’altra parte, non è necessario immaginare che gli spettatori vedessero qualcuno banchettare, ma è sufficiente ipotizzare che l’ἄριστον venisse preparato e interrotto ancor prima di iniziare, come accade nel Ciclope, appena Polifemo si accorge dei nuovi arrivati, oppure nell’Alcesti, quando Eracle biasima il servo per la sua tristezza scoprendo così della morte della padrona di casa. Sarebbe sufficiente suggerire la circostanza attraverso alcuni oggetti di scena: possiamo supporre che Egeo facesse preparare un pasto in onore del suo ospite e che Teseo, appena arrivato in scena, accingendosi a tagliare la carne, mostrasse la spada, o meglio il coltello, la μάχαιρα lasciata da Egeo a Trezene. Cf. anche E. El. 493‑500, all'inizio della scena di riconoscimento. In alternativa, questa parte della vicenda poteva svolgersi in uno spazio extra‑scenico, come nello Ione, ma dobbiamo immaginare che poi, per qualche motivo, Egeo e Teseo arrivassero in scena. Per l’espressione ὡς ξένον ἑστιῶντα, cf. E. Alc. 765. Sul significato di ἄριστον, cf. E. Cyc. 214 e cf. USSHER1978, 79‑80; O’SULLIVAN/COLLARD2013, 160.

20Cf. JOUAN/VANLOOY1998, 7.

21Cf. E. Ph. 358‑360 Πο. ἀλλ’ ἀναγκαίως ἔχει / πατρίδος ἐρᾶν ἅπαντας· ὃς δ’

ἄλλως λέγει, / λόγοισι χαίρει, τὸν δὲ νοῦν ἐκεῖσ’ ἔχει (Polinice: «è inevitabile che chiunque ami la propria patria: chi dice altrimenti, si compiace di dirlo, ma la sua mente corre là»), 388‑389 Ιο. […] τί τὸ στέρεσθαι πατρίδος; ἦ κακὸν μέγα; / Πο. μέγιστον· ἔργῳ δ’ ἐστὶ μεῖζον ἢ λόγῳ (Giocasta: «Com’è essere privati della patria? Una grande rovina?», Polinice: «Una rovina enorme! Più grande di quanto dicano le parole»), 406‑407 Ιο. ἡ πατρίς, ὡς ἔοικε, φίλτατον βροτοῖς. / Πο. οὐδ’ ὀνομάσαι δύναι’ ἂν ὡς ἐστὶν φίλον (Giocasta: «A quanto sembra, gli uomini hanno molto a cuore la loro patria», Polinice: «Non si possono trovare parole per dire quanto l’abbiano a cuore!»).

tali affermazioni appena rimette piede nella sua città, nella sua patria. La trama dell’Egeo di Euripide sembra essere diversa: Teseo, quando arriva in Attica, sa che quella è la terra su cui regna suo padre ed è plausibile che il fr. 6 debba essere collocato all’inizio della tragedia, in una battuta pronun ‑ ciata verosimilmente dal giovane molto prima del suo riconoscimento da parte del re di Atene.

Accettare la Vita di Teseo di Plutarco come fonte principale per ricostruire la trama dell’Egeo di Euripide implica che in questa tragedia, databile agli anni ’30 del V secolo, non solo era presente una scena di riconoscimento, una tra le più antiche almeno nella produzione euripidea, ma anche che essa aveva queste caratteristiche: 1) era basata su un riconoscimento semplice, perché Teseo sa fin dal principio che Egeo è suo padre22; 2)

coinvolgeva padre e figlio; 3) sfruttava un oggetto, la μάχαιρα; 4) rimediava a una situazione potenzialmente mortale per Teseo; 5) si articolava in due momenti: l’inchiesta e il ricongiungimento, sottolineato dall’abbraccio; 6) si inseriva nella trama in prossimità del finale, anche se non è possibile stabilire con sicurezza la sua posizione all’interno della tragedia23.

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