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L’indagine: Delphi e validazione concettuale del modello

4.3 L’analisi dei risultat

4.3.1 Il primo round

4.3.1.1 I tre mondi del valore

In merito alla preliminare suddivisione del processo di co- creazione del valore nei tre sotto-processi del value-in-echange, value- in-use, value-in-context, dal punto di vista concettuale la classificazione sembra convincere tendenzialmente la maggior parte degli esperti (4 “molto d’accordo”, 8 “abbastanza d’accordo”, 2 “per niente d’accordo”, 1 “incerto”), fatta eccezione per due posizioni

negative, come riportato in figura 3338.

38 L’esiguità del campione e la natura qualitativa dell’indagine non consentono di effettuare confronti, né di ragionare in termini percentuali. I grafici qui riportati hanno la finalità di sintetizzare i risultati a livello visivo, ma sono corredati dai commenti forniti dagli esperti tramite domande a risposta aperta. Inoltre, a conferma della natura discorsiva dell’indagine Delphi, anche coloro che esprimono massimo grado di accordo verso le affermazioni proposte (tramite le domande a risposta multipla) forniscono il proprio feedback (positivo o negativo che sia) spontaneamente nelle successive domande a risposta aperta.

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Fig. 33- Grado di accordo degli intervistati sulla suddivisione del processo di co-creazione del valore in value-in-exchange, value-in-use, value-in-context

Fonte: ns. elaborazione

Sia coloro che concordano con la categorizzazione che coloro che dissentono nutrono lo stesso dubbio sulla validità concettuale dell’ipotetica separazione tra i tre sottoprocessi di co-creazione del valore e in particolare tra value-in-exchange e value-in-use, poiché il primo è ritenuto essere “sottostante e strumentale al secondo”.

Il problema sembra tuttavia essere legato alla rappresentazione grafica dei processi come insiemi separati. Così, a causa di un’inesatta formulazione della domanda e di una rappresentazione grafica poco chiara, gli esperti sembrano percepire i tre sotto-processi come momenti separati o alternativi di co-creazione del valore.

Come ribadito più volte nel corso del lavoro, invece, la separazione tra livelli è ipotizzata esclusivamente per finalità teoriche. In effetti, la presentazione della domanda aperta sui tre sotto-processi è posta cronologicamente prima della precisazione sia concettuale che grafica

Molto d'accordo 4 Abbastanza d'accordo 8 Poco d'accordo 2 Per nulla d'accordo 1 Non so 1

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qui discussa nel paragrafo 3.2 (e rappresentata nelle figure 20, 23 e 24, poi sottoposte agli esperti).

Le dimensioni, rese come insiemi a livello grafico, non sono considerate come divise semanticamene o in una logica sequenziale. Le relazioni tra i livelli e la loro sovrapposizione temporale, spaziale e/o semantica sono confermate dalla proposta dell’ipotesi 5, che tuttavia gli esperti hanno modo di visionare solo durante il secondo round.

Dunque, nonostante la predisposizione di figure deputate alla rappresentazione della concentricità dei livelli, si è provveduto ad eliminare l’ambiguità dal punto di vista grafico nella figura principale del modello, sovapponendo le tre sfere da un punto di vista grafico (vd. Figura 34).

Pertanto, così come inteso ma non precisato abbastanza efficacemente nella prima versione del modello, il value-in-context e il value –in-use sono sovrapposti (né dunque “successivi” o “alternativi”) al value-in-exchange: ovvero, già gli scambi diadici possono essere intesi come esperienze al livello meso e occorrono in un contesto socio-culturale (sia dato che co-creato) ma non è detto che tale riversamento nel sociale avvenga automaticamente. Infatti, nella parte sinistra della figura è possibile identificare uno “spazio” destinato al solo value-in-exchange e al value-in-use, che non sconfina dunque nella sfera sociale.

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Fig. 34- Revisione grafica della prima parte del modello: dimensioni sovrapposte e concentricità dei livelli

Fonte: ns. elaborazione

Un’ulteriore perplessità riguarda l’esclusione del “value-in- cultural-context”, che però si ritiene possa essere incorporato nel livello del value-in-context. Inoltre, uno degli intervistati pone la possibilità di includere altresì il “value-in-experience”. Tuttavia, si preferisce mantenere la dimensione generica del value-in-use- in linea con la volontà di astrarre delle macro-categorie generali- e all’interno di questa prevedere l’experience come sub-categoria al solo livello meso, poiché non è detto che l’interazione legata al servizio generi esperienza. Come discusso nella presentazione del modello, difatti, la letteratura di marketing esperienziale conferma che la co-creazione di esperienze risulta essere generata tramite le interazioni, il value-in-use e la partecipazione attiva degli utenti (Prahalad e Ramaswamy, 2004): dunque, alla sua emersione preesiste un momento interattivo per così dire “di base”.

In più, un esperto si interroga sulla necessità di considerare il value-in-experience come “quarto elemento della sequenza dei 3

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concetti di value”, alla luce della proposta in letteratura di un meta- level che va ad aggiungersi ai livelli micro, meso, macro. Lo spunto fornito anticipa l’adozione della logica “meta”, introdotta all’interno dell’ultima parte della survey, dunque potenzialmente corroborando la validità della prospettiva adottata. Tuttavia, il modello inizialmente non prevede l’oprerativizzazione di un apposito livello di confine che, proprio essendo trasversale alle tre fasi dovrebbe essere costituito da categorie astratte di osservazione delle varie declinazioni specifiche del modello. Pertanto, sulla scorta del suggerimento –come illustrato in Figura 35- si è deciso di porre le modalità classificatorie identificate all’interno del “meta” - level, poiché queste si mostrano come cross-

cutting rispetto al processo di co-creazione del valore tripartito.

Fig. 35- Applicazione del meta-livello alle modalità classificatorie: cross- cutting

179 4.3.1.2 I tre contesti di scambio

In merito al grado di accordo sull’associazione tra i tre sotto- processi del value-in-exchange, value-in-use, value-in-context rispettivamante ai livelli ecosistemici, vi è un leggero calo di consensi rispetto alla proposta della prima classificazione: 5 soggetti molto d’accordo, 4 soggetti abbastanza d’accordo, 3 soggetti né d’accordo né in disaccordo, 2 in disaccordo, 1 fortemente in disaccordo (si veda la Figura 36).

Fig. 36- Grado di accordo degli intervistati sull’associazione tra value-in- exchange, value-in-use, value-in-context e i tre livelli ambientali micro, meso,

macro

Fonte: ns. elaborazione

Gli esperti ribadiscono la necessità di chiarire che i tre contesti non sono alternativi tra loro. Tale indispensabile puntualizzazione appare essere rapportata in particolare al value-in-context: come nota un intervistato, difatti, “gli attori percepiscono gli outcome della co- creazione in maniera differente in base al contesto da cui

Molto d'accordo 5 Abbastanza d'accordo 4 Poco d'accordo 2 Per nulla d'accordo 1 Non so 3

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provengono”. Nel modello proposto, come ribadito più volte, il value- in-context è inteso come contesto co-creato, non antecedente o conseguente alla co-creazione del valore ma vero scenario co-creato che fa da sfondo agli scambi e deriva dall’intersezione, dallo spazio sociale creato ex novo dagli specifici co-creatori che agiscono in una data porzione di senso sociale.

Sembra essere necessaria, così, un’ulteriore precisazione: se è vero che la co-creazione è un concetto dinamico, bisogna assicurare il trade-off tra astrattezza del costrutto e finalità euristica di misurazione. Com’era atteso, molti degli aspetti introdotti nella classificazione sono risultati controversi perché di per sé può risultare limitante “confinare” il problema in categorie di analisi che sembrano essere statiche. Per parte della letteratura, il problema stesso della misurazione della co-creazione del valore sembra essere una fallacia logica39.

Nella convinzione di voler mediare tra irriducibilità dei fenomeni complessi a “semplici” item di misurazione e la necessità di produrre conoscenza scientifica, si è tentato di proporre un modello che riuscisse a riprodurre, per quanto possibile, l’idea di dinamicità e processualità della co-creazione del valore.

39 In tal proposito, alcuni degli esperti giudicano il modello come semplicistico, o ritengono i confini semantici tra le diverse dimensioni e sottodimensioni troppo sfumati tra loro, ribadendo l’impossibilità di tenere separati (o addirittura anche solo di classificare) i diversi contesti della co-creazione. Ancora, alcuni tra gli intervistati non percepiscono l’attività di classificazione delle attività, modalità relazionali e risorse di co-creazione a livello micro, meso e macro come un’operazione utile dal punto di vista scientifico, ritenendo che il costrutto non sia scomponibile al suo interno.

181 4.3.2 Il secondo round