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Il treno per Auschwitz

Nel documento Un testimone e la verità (pagine 144-152)

I due documenti presentati qui di seguito non sono soltanto uno straordi- nario esercizio di memoria; sono soprattutto il risultato di un’indagine tenace che Primo Levi avviò subito dopo il ritorno dalla deportazione, mettendosi alla ricerca dei compagni di prigionia, riallacciando con loro rapporti perso- nali ed epistolari, chiedendo ovunque notizie sulle persone che avevano viag- giato con lui verso il Lager, o che con lui erano state internate in Buna-Mo- nowitz (gli uomini) e in Birkenau (le donne). I lettori di Se questo è un uomo ricorderanno che il libro finisce evocando le «lunghe lettere» scambiate con Charles dopo il rimpatrio, ed esprimendo la speranza «di poterlo ritrovare un giorno»: il che avvenne.

Il primo dei fogli qui riprodotti, inedito, proviene dall’archivio privato di Primo Levi. Ringraziamo vivamente i figli dello scrittore per averne consen- tita la pubblicazione. È una copia dell’elenco consegnato il 3 maggio 1971, a Torino, al procuratore tedesco Dietrich Hölzner che – nella fase istruttoria del processo contro l’ex colonnello SS Friedrich Bosshammer – era venuto personalmente in Italia per interrogare Primo Levi, Leonardo De Benedetti e altri reduci da Auschwitz. Nel colloquio col magistrato fu lo stesso Levi a specificare i caratteri del documento:

Allego alla presente deposizione un mio appunto che consiste in una lista di 75 nomi che ho potuto ricostruire dopo il mio ritorno in Italia. Si tratta di 75 sui 95 o 96 uomini adatti al lavoro che entrarono con me nel campo di Monowitz. I nomi cerchiati sono quelli di coloro che sopravvis- sero alla liberazione, i nomi contrassegnati con «t» sono quelli che fece- ro parte del trasporto di evacuazione avvenuto nel gennaio 1945 da Au- schwitz verso Buchenwald e Mauthausen; con «s» sono contrassegnati i nomi dei morti in selezioni; con «m» i nomi dei morti di malattia, e con «l» il nome dell’unico prigioniero morto dopo la liberazione e prima del rimpatrio. Di alcuni miei compagni ho potuto ricostruire il numero di ma- tricola: le prime cifre di detto numero sono in tutti i casi 174. Il mio nu- mero di matricola era 174517.

140 levi - de benedetti

Quindici anni piú tardi, nel capitolo Violenza inutile di I sommersi e i sal-

vati, Levi avrebbe fornito un dettaglio significativo sul suo viaggio: «Il con-

voglio con cui sono stato deportato io, nel febbraio del 1944, era il primo che partisse dal campo di raccolta di Fossoli (altri erano partiti prima da Roma e da Milano, ma non ce n’era giunta notizia)». Sui dodici vagoni era stampi- gliata la sigla RSHA, ossia Reichssicherheitshauptamt. Era l’Ufficio centrale per la sicurezza del Reich, creato il 27 settembre 1939 da Himmler, che ne affidò il comando a Reinhard Heydrich. Dopo la morte di quest’ultimo in un attentato messo a segno da partigiani cecoslovacchi (Praga, 4 giugno 1942) Himmler in persona ne assunse provvisoriamente la guida, per poi affidarla dal 30 gennaio 1943 a Ernst Kaltenbrunner. La deportazione degli ebrei ri- entrava nei compiti del RSHA; lo specifico settore era affidato a Adolf Eich- mann. Altri dati essenziali sul significato della lista prodotta da Levi si pos- sono leggere nel volume di Liliana Picciotto Il libro della memoria. Gli ebrei

deportati dall’Italia (1943-1945) [1991], nuova edizione aggiornata, Mursia,

Milano 2002, pp. 48-49:

Secondo i documenti conservati nell’archivio del Museo di Auschwitz 95 uomini che all’arrivo superarono la selezione per il gas furono immessi nel campo con i numeri di matricola da 174471 a 174565; le donne imma- tricolate furono 29 e presero i numeri da 75669 a 75697.

La Transportliste non è conservata sicché non si conosce il numero tota- le dei deportati. Quelli identificati nel corso della ricerca del Cdec [Cen- tro di documentazione ebraica contemporanea, Milano, ndr] sono 489, 23 dei quali reduci. Si tratta per lo piú di ebrei italiani e stranieri arrestati da agenti di Pubblica Sicurezza italiana in seguito all’ordine di arresto data- to 30 novembre 1943 del Ministro dell’Interno [della Repubblica Sociale Italiana, ndr] Guido Buffarini Guidi. […]

Il comando generale della Polizia di Sicurezza tedesca con sede a Ve- rona [sotto il comando di Friedrich Bosshammer, ndr], temendo di non raggiungere in tempo il «quorum» per la formazione del convoglio, aveva fatto pressione su prefetti e questori non solo perché effettuassero nuovi arresti, ma affinché le traduzioni avvenissero «entro e non oltre il 18 del

corrente mese (febbraio)».

Tra gli identificati di questo convoglio i bambini (nati dopo il 1931) era- no 31, gli anziani (nati prima del 1885) erano 18. La piú anziana, nata nel 1855, si chiamava Anna Jona; il piú giovane, Leo Mariani, aveva un anno. Leo Mariani aveva in realtà due mesi, essendo nato a Venezia il 18 dicem- bre 1943; subito prima di lui, il 7 novembre a Ferrara, era venuto alla luce Bruno Farber; queste ultime informazioni si devono alla ricerca di Italo Ti- baldi, che da parte sua arriva a identificare 490 persone, e fissa a 24 la cifra dei superstiti, di cui 8 donne e 16 uomini; si veda Italo Tibaldi, Primo Levi e

il treno per auschwitz 141

in Primo Levi testimone e scrittore di storia, a cura di Paolo Momigliano Levi e Rosanna Gorris, Giuntina, Firenze 1999, pp. 149-232.

Proprio a Tibaldi fu affidato (ma si ignora quando) il secondo documento che presentiamo: una copia conforme dell’elenco approntato per Hölzner, co- pia eseguita interamente a mano da Levi con due interventi chiarificatori di Leonardo De Benedetti in testa e in fondo al foglio. La paternità della grafia di Leonardo non era stata riconosciuta prima d’ora. Come già gli era capita- to in precedenti testimonianze, l’amico di Levi anticipò di un giorno le date della partenza e dell’arrivo in Lager.

Già riprodotto in appendice allo studio sui compagni di viaggio di Levi, il foglio è conservato in fotocopia presso la Fondazione Memoria della Depor- tazione, Milano, Fondo Tibaldi, busta 121, fascicolo 293 dal titolo «Ricordi di Primo Levi».

Un testimone e la verità

Nel documento Un testimone e la verità (pagine 144-152)