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TRIB� BARI 22 luglio

Nel documento Il diritto d'autore in ambito universitario (pagine 101-109)

L’UTILIZZAZIONE DI OPERE DELL’INGEGNO IN AMBITO ACCADEMICO: IPOTESI TIPICHE E INDICAZION

TRIB� BARI 22 luglio

(…) si distinguono l’opera fotogra- fica come vera e propria opera dell’ingegno e la fotografia come atto meramente riproduttivo di una realtà già esistente. L’opera del primo tipo è quella che possie- de un valore artistico e connotati di creatività tali da far riconoscere predominante l’intervento creati- vo e compositivo del fotografo (…) la fotografia è considerabile come un atto meramente riproduttivo di una realtà già esistente.

(iii) ove si tratti di una cosiddetta “semplice fotografia”, sarà possi- bile [→ 91] riprodurla all’interno di un’opera scientifica o didattica a fronte del pagamento del compenso previsto da un apposito decre- to ministeriale (è discusso, peraltro, se tale ultimo principio possa applicarsi anche al caso dell’opera fotografica in senso stretto). La riproduzione sarà invece libera, e nessun compenso sarà dovu- to, nel caso in cui l’esemplare della fotografia non riporti il nome del fotografo, l’indicazione dell’anno di produzione e, se del caso, il nome dell’autore dell’opera d’arte fotografata [→ 90.2].

È fondamentale osservare come il particolare trattamento che la legge riserva alle fotografie anonime non possa essere generalizza- to con riferimento ad opere dell’ingegno di diversa natura.

Le “opere anonime”, ovvero quelle per le quali non sia possibile risalire al nome dell’autore e/o del titolare dei diritti, non possono infatti essere considerate opere “di serie B”. Poiché la nostra leg- ge, a parte il caso appena citato delle fotografie, non effettua alcu- na distinzione tra opere anonime e opere non anonime, le prime devono considerarsi sottoposte a tutti gli effetti alle stesse regole che si applicano alle opere delle quali sia conosciuto l’autore, con la conseguenza, ad esempio, che non sarà possibile farne uso senza l’espressa autorizzazione del titolare dei diritti.

Ovviamente, la circostanza che il titolare dei diritti non sia agevol- mente individuabile o non sia individuabile affatto pone dei seri ostacoli alla possibilità di utilizzare le opere in questione, problemi che tuttavia non trovano soluzione nella nostra legge.

Così, l’atteggiamento verso le opere anonime oscilla spesso tra quello “prudenziale”, in forza del quale si rinuncia semplicemen- te ad utilizzarle, e quello più “disinvolto” (ma, a stretto rigore, ille- gittimo), in forza del quale le opere vengono sì utilizzate, ma con l’apposizione di un disclaimer con cui si invita l’eventuale titolare dei diritti a contattare l’utilizzatore dell’opera anonima in caso di contestazioni. Si tratta tuttavia, in quest’ultimo caso, di un approc- cio rischioso, oltre che illegittimo, che pertanto non può essere sug- gerito.

Una volta che l’elaborato scientifico sia stato redatto, esso sarà nor- malmente pronto per essere pubblicato, in versione cartacea e/o online.

La tradizionale pubblicazione in versione cartacea avviene tipica- mente mediante la conclusione di un contratto di edizione tra l’au- tore e l’editore. Con questo particolare contratto, come previsto dalla legge [→ 118], l’autore trasferisce ad un editore l’esercizio del diritto di pubblicare a stampa, per conto e a spese dello stesso edi- tore, un’opera dell’ingegno.

Il contratto di edizione non implica, pertanto, in linea di massima, la definitiva cessione della titolarità dei diritti, ma solo il temporaneo trasferimento del loro esercizio (cfr. par. 1.12) dall’autore all’edito- re, nei limiti di quanto previsto dal contratto o di quanto necessario per la pubblicazione a stampa dell’opera.

Accade di frequente, tuttavia, soprattutto in caso di pubblicazione di opere di carattere monografico, che l’editore inserisca nel con- tratto clausole in forza delle quali l’autore cede in via definitiva a quest’ultimo tutti i diritti sull’opera. Una volta che tale clausola sia stata sottoscritta, come abbiamo già osservato, l’autore non potrà più fare alcun utilizzo della propria opera, che dovrà essere trattata a tutti gli effetti come un’opera altrui (salva ovviamente la perma- nenza dei diritti morali sulla stessa).

Così, l’autore non potrà più, ad esempio, condividere via email la propria opera con i propri colleghi o distribuirla in classe agli stu- denti. È pertanto opportuno che l’autore ponga estrema attenzione ai contratti sottoposti alla sua firma da parte dell’editore e che, nei limiti del possibile, si riservi, negoziando le relative clausole, la pos- sibilità di ripubblicare o utilizzare in altro modo l’opera per finalità didattiche o di ricerca (e.g mediante pubblicazione dell’opera all’in- terno di archivi aperti).

Va osservato, tuttavia, che non sempre tra autore ed editore esiste un contratto scritto, e ciò accade soprattutto quando si tratti della pubblicazione di contributi scientifici all’interno di riviste. Questa prassi, peraltro molto più diffusa in Italia che all’estero, discende

anche dalla circostanza che la nostra legge prevede [→ 107] che i diritti patrimoniali su di un’opera dell’ingegno possono essere tra- sferiti in tutti i modi e in tutte le forme consentiti dalla legge, es- sendo la forma scritta richiesta solo a fini probatori [→ 110] e non anche per la validità del contratto (il quale resta valido anche se stipulato oralmente o “per fatti concludenti”).

L’assenza di un atto scritto, tuttavia, finisce spesso con il creare no- tevoli problemi, determinando una sostanziale incertezza, sia per l’autore che per l’editore, circa l’estensione del diritto di ognuno. Proprio per questo motivo appare sempre opportuno prevedere, non necessariamente mediante la formale sottoscrizione di un con- tratto, ma anche solo mediante uno scambio di email tra autore ed editore, quali siano i diritti effettivamente trasferiti dal primo al secondo, e quali i diritti che l’autore intende espressamente riser- varsi (in caso contrario, per es., varrà la presunzione che siano stati trasferiti i diritti in via esclusiva [→ 119]).

L’attenzione da parte dell’autore alle clausole presenti nel contratto stipulato con l’editore, pertanto, è il primo strumento di tutela per l’autore e l’unico che possa garantirgli la possibilità di continuare ad utilizzare in modo pacifico la propria opera per finalità didattiche e di ricerca.

3�3 Diritto d’autore e biblioteche

Per la funzione svolta nel consentire alla collettività l’accesso alle opere e, in senso ampio, alla cultura, il ruolo delle biblioteche e dei soggetti a queste assimilabili (discoteche ed enti affini) appare davvero di fondamentale importanza.

Di tale circostanza il legislatore ha tenuto conto dettando varie nor- me atte a regolamentare gli atti che le biblioteche stesse, in adem- pimento delle loro funzioni istituzionali, normalmente compiono in relazione alle opere presenti nelle loro collezioni.

Il principale tra tali atti è verosimilmente quello di mettere le ope- re a disposizione degli utenti mediante il prestito pubblico. Come

abbiamo osservato nel par. 1.6, tuttavia, un atto del genere rientre- rebbe in linea di principio tra quelli riservati all’autore [→ 18-bis.2]. Così, per consentire l’ordinaria attività di quelle che appaiono come le biblioteche più rilevanti per il loro impatto sull’attività di ricerca (quali le biblioteche di atenei e centri pubblici di ricerca), la nostra legge ha dovuto prevedere una specifica eccezione [→ 69] che con- senta loro, senza necessità di acquisire il previo consenso dei titola- ri dei diritti, e per i fini istituzionali che sono loro propri, il prestito pubblico:

(i) degli esemplari a stampa delle opere (con esclusione, tuttavia, degli spartiti e delle partiture musicali);

(ii) dei fonogrammi e dei videogrammi contenenti opere cinemato- grafiche o audiovisive o sequenze di immagini in movimento. La norma che consente liberamente il prestito pubblico delle opere da parte delle biblioteche ha tuttavia carattere eccezionale, ed è pertanto insuscettibile di essere interpretata analogicamente. Pertanto, poiché il prestito è definito dalla legge come il diritto di concedere in uso gli “originali”, le “copie” o i “supporti” contenenti opere dell’ingegno, devono ritenersi in linea di principio:

9 legittime le attività, come il prestito “interbibliotecario”, che presuppongono il prestito in senso stretto di una copia fisica dell’opera tra due biblioteche (indipendentemente dalla circostanza che tale opera venga successivamente prestata dalla biblioteca ricevente ad un utente di quest’ul- tima);

9 illegittime le attività, come ad esempio il document delivery o la cosiddetta “superdistribuzione”, che presuppongono la digitalizzazione dell’opera o, comunque, un atto di riprodu- zione, anche in formato digitale, della stessa.

La riproduzione di un’opera, infatti, non può essere considerata come implicitamente ricompresa nella nozione di “prestito” e, per altro verso, l’unica forma di riproduzione libera che la nostra legge consente espressamente alle biblioteche [→ 68.2] è quella:

(i) che venga effettuata a mezzo fotocopia (e non anche, dunque, a mezzo scansione o altra forma di riproduzione in formato digitale); (ii) rispetto ad opere esistenti nelle biblioteche (e non anche, dun- que, in relazione ad opere che esistano in biblioteche diverse); (iii) per i “propri” servizi (e non anche, dunque, per quelli forniti ad utenti di altre biblioteche).

Alla luce della normativa vigente, dunque, occorre concludere che l’unico modo per effettuare legittimamente attività quali il docu- ment delivery e la superdistribuzione è quello di ottenere un’auto- rizzazione espressa da parte dei titolari dei diritti.

A parte le tradizionali ipotesi di lettura in loco e di prestito pubblico di una copia fisica dell’opera, la nostra legge prevede che le biblio- teche possano predisporre un’unica ulteriore modalità di fruizione delle opere stesse, consistente nella messa a disposizione del pub- blico delle opere contenute nelle loro collezioni su terminali aventi tale specifica funzione (non PC utilizzati anche per altri scopi, dun- que) e collocati all’interno delle biblioteche stesse [→ 71-ter]. Tale possibilità è peraltro espressamente esclusa qualora le opere pos- sedute dalle biblioteche siano sottoposte a vincoli particolari che derivino da apposite pattuizioni contrattuali.

Come abbiamo già osservato (cfr. par. 2.4), peraltro, il tenore let- terale della norma sembrerebbe rendere libera solo la messa a di- sposizione del pubblico delle opere che siano presenti nei cataloghi delle biblioteche già in formato digitale, e non anche la previa digi- talizzazione di opere possedute solo in versione cartacea. Secondo una diversa interpretazione, tuttavia, la possibilità per le bibliote- che di riprodurre digitalmente le opere dovrebbe considerarsi im- plicitamente prevista dalla norma in quanto strettamente funzio- nale alla successiva messa a disposizione del pubblico delle opere sugli appositi terminali, oltre che prevista dalla norma comunitaria da cui la stessa norma interna deriva. Il dubbio interpretativo pare tuttavia non poter trovare una definitiva soluzione finchè non si ar- rivi a consolidare un preciso orientamento della giurisprudenza sul

punto (ma cfr. le risposte fornite alla domanda n. 3 dei questionari pubblicati in appendice al testo).

Una volta che l’utente sia in possesso della copia dell’opera conces- sa in prestito da parte della biblioteca, questi potrà fotocopiarla nel rispetto dei limiti quantitativi previsti dalla legge (15% di ciascun volume o fascicolo di periodico, escluse le pagine di pubblicità), purché ciò avvenga per un uso esclusivamente personale, ovvero per finalità di lettura, studio individuale e ricerca [→ 71-ter]. Non costituisce “uso personale”, pertanto, la fruizione dell’opera condi- visa con altri soggetti (in questo senso, “personale” può considerar- si come sinonimo di “individuale”) o l’uso che avvenga nell’ambito di un’attività commerciale.

Il limite quantitativo del 15% sopra indicato non è applicato alle opere “rare”, ovvero quelle che non siano più presenti nei catalo- ghi editoriali e che siano inoltre di difficile reperibilità attraverso i normali canali commerciali [→ 68.5]. Tali opere potranno dunque essere fotocopiate per intero.

La legge prevede [→ 68.5] che, a fronte della possibilità di fotoco- piare le opere, i titolari dei diritti riscuotano un compenso forfe- tario, che saranno le biblioteche stesse a versare annualmente in applicazione degli accordi che periodicamente vengono rinnovati a tal fine tra la Società italiana degli Autori ed Editori (SIAE) e la Conferenza dei Rettori delle Università italiane (CRUI). Tali accordi, peraltro, lo si noti, vincolano anche gli Atenei privati, stante la rap- presentanza generale attribuita alla CRUI.

È completamente libera, invece, la riproduzione (a mezzo fotocopie o mediante altri strumenti, anche digitali) delle opere per le quali siano trascorsi più di 70 anni dalla morte dell’autore e per le quali, pertanto, siano venuti a scadere i diritti esclusivi.

APPENDICE

Legge 22 aprile 1941, n� 633

sulla protezione del diritto d’autore e di altri diritti

Nel documento Il diritto d'autore in ambito universitario (pagine 101-109)