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LA TUTELA DELL’UTENTE NELLA DISCIPLINA DELLE PRATICHE COMMERCIALI SCORRETTE

1. Il divieto di pratiche commerciali scorrette fra tutela dell’utente e tutela del mercato

Appare opportuno, al fine di inquadrare correttamente la disciplina di cui ci si occupa, gettare un primo sguardo alle premesse storiche da cui la stessa trae origine. Tali premesse sono rappresentate, in primo luogo, dal Libro Verde sulla comunicazione commerciale

elaborato dalla Commissione nel 199677. La comunicazione

commerciale è, secondo il Libro verde, «ogni forma di comunicazione

volta a promuovere i prodotti, i servizi, o l’immagine dell’impresa

stessa presso i consumatori finali e/o i distributori» e «si riferisce a tutte le forme di pubblicità, marketing, promozione delle vendite e relazioni pubbliche». Secondo la Commissione, la comunicazione commerciale rappresenta un potente fattore d’integrazione dei mercati nazionali e come tale va garantita e incentivata nella sua libera circolazione.

La Direttiva 2005/29/Ce sulle pratiche commerciali scorrette si propone, attraverso la disciplina del fenomeno della comunicazione commerciale, latu sensu intesa, ma anche dell’attività commerciale delle imprese nei confronti dei consumatori e degli utenti, di andare

verso la creazione del mercato unico nel segno dell’Unione europea, contribuendo così all’appianamento delle differenze che creano

incertezze negli operatori economici, rallentando e disincentivando la libera circolazione e il libero dispiegarsi dell’attività economica.

Ciò che si vuole mettere in luce è, piuttosto, il fatto che la Direttiva è un provvedimento di regolazione del mercato. Ed è rispetto a questo «macro obiettivo» che si articolano gli altri obiettivi affrontati dal legislatore comunitario, fra i quali merita particolare

considerazione quello dell’innalzamento del livello di protezione dei

consumatori-utenti. Tuttavia, esso non può certo essere considerato

come l’obiettivo principale78. La disciplina introdotta dalla Direttiva,

infatti, si dichiara ispirata al rafforzamento della tutela dell’utente ma

è innegabile che essa, dando luogo ad una protezione che coniuga

78

Il tema della regolazione dei mercati, che rileva nello studio della disciplina in esame, essendo la stessa disciplina preordinata, in primo ordine, alla tutela della concorrenza, è tema estremamente attuale. Per evidenti ragioni di sintesi non ci si potrà soffermare, in questa sede, sui molteplici caratteri che individuano il fenomeno. Pertanto, si rinvia alla seguente, per quanto parziale, bibliografia di riferimento: I. Musu - L. Ciocca, Economia per il diritto, Torino, Bollati

Boringhieri, 2006; M. D’Alberti, Poteri pubblici, mercati e globalizzazione, Bologna, Il Mulino,

divieti e obblighi di diligenza e di informazione da parte del professionista, con oneri di attenzione e avvedutezza da parte del consumatore-utente, rivela la sua natura di «macro obiettivo». La stessa introduce una soglia di proporzionalità della repressione delle violazioni che è palesemente ispirata alla ricerca di un punto di equilibrio fra tutela dell’utente e libertà di impresa e di iniziativa economica da parte del professionista, con particolare riferimento alla sua attività commerciale. Si assiste, cioè, ad una sorta di ridefinizione degli equilibri tra gli obiettivi perseguiti a livello comunitario: da un

lato, la tutela dei consumatori e degli utenti, dall’altro quella del

mercato, della concorrenzialità e del buon funzionamento dello stesso.

D’altro canto, che la tutela dell’utente non rappresenti il fine ultimo e

primario della Direttiva, lo si può desumere non appena ci si addentri in una più attenta analisi della stessa.

In primis, occorre rilevare che la Direttiva si pone come un provvedimento di armonizzazione massima, puntando quindi alla realizzazione di una piena e completa identità delle regole sulla comunicazione commerciale e sulle pratiche commerciali scorrette negli Stati membri a garanzia della semplificazione e della certezza

delle attività commerciali transfrontaliere79. Ciò appare invero in controtendenza rispetto alla tradizione comunitaria in materia di tutela del consumatore-utente da sempre ispirata ai principi della armonizzazione minima80, che consente agli Stati membri di mantenere regole diverse da quelle comunitarie purché più rigorose rispetto a queste ultime, in un’ottica, chiaramente, di maggiore favore e tutela verso il soggetto. Laddove quindi, il legislatore avesse inteso tutelare in via principale e prioritaria il consumatore-utente, avrebbe certamente optato per un provvedimento di armonizzazione minima, consentendo agli Stati membri di mantenere e/o introdurre regole più severe, in grado quindi di tutelarlo maggiormente. Scegliendo invece

79

Sebbene manchi una disposizione che riconosca espressamente alla Direttiva la natura di provvedimento di armonizzazione completa, non pare, alla luce di una serie di considerazioni, che sul punto possano nutrirsi ragionevoli dubbi. Ed invero, da un lato manca una espressa statuizione che consenta agli Stati membri di ricorrere a norme più rigorose, statuizione che normalmente si ritrova invece in tutte le direttive di tutela del consumatore-utente precedenti a questa. Dall’altro, il fatto che il legislatore comunitario consenta agli Stati membri di mantenere, fino al 2013, disposizioni «più dettagliate e vincolanti» rispetto a quelle della Direttiva e puntualizzi che in alcune materie e settori di attività, segnatamente quelli riguardanti i servizi finanziari e i beni immobili, gli Stati membri sono liberi di mantenere e/o introdurre tali disposizioni più vincolanti e dettagliate, fa senza dubbio propendere per questo tipo di lettura. Sulla armonizzazione completa della Direttiva la dottrina pare essere concorde. Si veda, fra gli altri, C. GRANELLI, Le «pratiche

commerciali scorrette» tra imprese e consumatori: l’attuazione della Direttiva 2005/29/Ce modifica il Codice del Consumo, in Obbligazioni e Contratti, 2007, p. 777; E. GUERINONI, La Direttiva sulle pratiche commerciali sleali. Prime note, in Contratti, 2, 2007.

80Fra le direttive adottate dal legislatore comunitario in materia di tutela del consumatore-utente e

ispirate al suddetto principio meritano, in particolare, di essere ricordate: la Direttiva 93/13/Cee concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori e gli utenti, la Direttiva 85/577/Cee e la Direttiva 97/7/Ce, oggi abrogate dalla Direttiva 2011/83/Ue, rispettivamente, sui contratti del consumatore-utente negoziati fuori dai locali commerciali e sui contratti a distanza, la Direttiva 2006/65/Ce sulla commercializzazione dei servizi finanziari a distanza, la Direttiva 2008/48/Ce sul credito al consumo. Un discorso a parte meriterebbe la Direttiva 2011/83/Ue sui diritti dei consumatori-utenti, che modifica la Direttiva 93/13/Cee e la Direttiva 1999/44/Ce e che abroga la Direttiva 85/577/Cee e la Direttiva 97/7/Ce.

la soluzione dell’armonizzazione massima, egli ha dimostrato come

prioritario fosse lo scopo della creazione del mercato unico, anche rispetto a quello della protezione dei consumatori e degli utenti.

Ciò che preme evidenziare inoltre, è che nella normativa sulle

pratiche commerciali scorrette, l’ottica individualistica (tipicamente

civilistica) della tutela del consumatore-utente viene contaminata con quella economica e generale del mercato (tipicamente regolatoria). Ciò che, però, più di ogni altra cosa pare mettere a fuoco la logica e la ratio del provvedimento in esame, è la scelta di introdurre, per la prima volta anche attraverso un’espressa definizione legislativa, un parametro soggettivo cui conformare la tutela e sul quale sarà opportuno soffermarsi: secondo il testo della Direttiva infatti, il destinatario della protezione apprestata dalla stessa non è il consumatore-utente individualmente inteso. O meglio, lo è nella misura in cui egli risponde al parametro del «consumatore-utente medio», di colui, cioè, «ragionevolmente informato, normalmente attento e avveduto»81 che secondo quanto si legge nella relazione illustrativa della proposta di Direttiva della Commissione, altro non rappresenta che un criterio di proporzionalità necessario a chiarire il

parametro che i tribunali nazionali dovranno applicare per ridurre considerevolmente la possibilità di valutazioni divergenti all’interno

dell’Ue di pratiche tra loro simili.

La disciplina introdotta dalla Direttiva, dunque, tende «ad allontanarsi sempre di più dal modello di un diritto privato dei consumatori-utenti per avvicinarsi ad un modello di diritto delle imprese e del mercato»82. Con quanto detto sopra, tuttavia, non si intende sostenere che la Direttiva non abbia o non si proponga di avere un fine anche di tutela del consumatore-utente. Ciò che si vuole sottolineare è piuttosto il fatto che la protezione dello stesso costituisce un fine mezzo rispetto al fine ultimo, rappresentato dalla creazione di un regime delle pratiche commerciali quanto più unitario

e omogeneo possibile all’interno degli Stati membri, che tende a

ridurre i costi ad essa connessi, aumentando l’offerta di beni e servizi in tale spazio comunitario e innalzando così il livello di concorrenza.

La Direttiva quindi costituisce, in primis, una misura di

armonizzazione e di riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri adottata dagli organi comunitari per garantire il corretto e

82 C. CAMARDI, Pratiche commerciali scorrette e invalidità, in Le Riviste Ipertestuali,

pieno funzionamento del mercato interno. E quindi, secondariamente,

anche una misura attraverso la quale l’Unione europea ha inteso

contribuire alla tutela degli interessi economici dei consumatori e degli utenti al fine di assicurare loro un elevato ed uniforme sistema di protezione. Sul punto non va peraltro dimenticato che la gran parte dei commentatori e delle interpretazioni dottrinali aventi ad oggetto discipline riguardanti la tutela degli utenti e quella della concorrenza difficilmente scindono il binomio utente/mercato e riconoscono, anzi,

come mercato interno e tutela dell’utente finiscano comunque per

convergere nella misura in cui la seconda si consegue efficacemente proprio ottenendo che la concorrenza non venga falsata nel mercato interno. E viceversa, la concorrenza viene effettivamente preservata solo laddove sia garantita una tutela della libera e consapevole scelta degli utenti83.

1.1. La tutela del consumatore-utente medio nel mercato

La tutela dell’utente è dunque obiettivo prioritario dell’AGCM

nell’esercizio delle nuove e specifiche competenze riguardanti le

pratiche commerciali scorrette84.

La disciplina sulle pratiche commerciali scorrette è, infatti, lo strumento che completa il novero di quelli offerti dalla disciplina antitrust per la tutela di consumatori ed utenti e la connessione stretta tra questa disciplina e il funzionamento del mercato è esplicitata proprio nella stessa Direttiva 2005/29/Ce85.

La decisione del legislatore italiano di affidare la competenza

sulle pratiche commerciali scorrette all’AGCM codifica questa stretta

connessione: i due piani della correttezza delle relazioni tra imprese e dei rapporti tra utenti sono legati e si integrano reciprocamente: entrambi i corpora normativi costituiscono espressione delle regole

generali di correttezza che l’Antitrust è chiamata ad applicare secondo

una logica coerente ed unitaria.

Poiché le tutele previste dalla Direttiva sono volte a garantire le libertà economiche, la disciplina ha lo scopo di evitare che, attesa la

84 Cfr. M. D’ALBERTI, La tutela dei consumatori nella disciplina della concorrenza e della

pubblicità ingannevole, in L. LANFRANCHI (a cura di), La tutela giurisdizionale negli interessi collettivi e diffusi, Torino, Giappichelli, 2003, p. 167.

85Su cui si veda M. Dona, Pubblicità, pratiche commerciali e contratti nel Codice del Consumo,

normale asimmetria nelle posizioni sostanziali tra imprese e utenti persone fisiche, le prime utilizzino la propria posizione di forza per condizionare la libertà di decisione: intanto la posizione competitiva delle imprese può variare, in quanto i cittadini siano in grado di

esercitare un’adeguata pressione nei confronti del mercato e ciò può

avvenire sia nella fase di scelta di acquisto del prodotto o servizio, sia nella stessa fase di svolgimento del rapporto contrattuale; in

quest’ultimo caso la più che probabile condizione di inferiorità del

contraente non professionista non deve mai arrivare a inibire le sue legittime facoltà di reazione. La disciplina tende a ristabilire le condizioni che consentono al consumatore-utente tipo di apprezzare, nella situazione data, il proprio interesse, e di valutare conseguentemente le decisioni da assumere.

La disciplina ha tuttavia carattere generale: riguarda tutte le imprese e tutti i settori economici. In presenza di una normativa speciale imposta dal diritto comunitario con riferimento a mercati specifici, però, la stessa diviene cedevole se le regole di settore riguardano aspetti specifici delle pratiche commerciali, come gli obblighi di informazione e le norme sulle modalità di presentazione.

norme che stabiliscano obblighi di informazione riguardo a comunicazioni commerciali.

La disciplina sulle pratiche scorrette si pone dunque come

contesto normativo generale, all’interno del quale i vari obblighi di

protezione che originano dalle diverse discipline settoriali refluiscono. Le discipline settoriali possono integrare i parametri di valutazione del

comportamento dell’impresa stabiliti dalla normativa generale e

contribuiscono a delineare il contenuto dello specifico dovere di diligenza del professionista nei singoli contesti.

Si consideri che uno degli elementi costitutivi della pratica commerciale scorretta, insieme alla contrarietà alla diligenza

professionale della condotta, è l’idoneità di essa a falsare il

comportamento del «consumatore-utente medio»86. La scelta circa il tipo di consumatore-utente sul quale parametrare la tutela nei confronti delle pratiche commerciali scorrette riguarda, infatti, la decisione di non gravare le imprese di eccessivi costi di informazione o protezione, che sarebbero poi scaricati anche su utenti che, di quelle

86

Cfr. il «considerando» n. 18 della Direttiva 2005/29/Ce e gli artt. 5 comma 2, lett. b); 6, 7 e 8, della stessa Direttiva, che il nostro legislatore ha trasfuso negli art. 18, lett. e); 20, commi 2 e 3; 21, commi 1 e 2; 22, commi 1 e 2; 24, comma 1, c. cons.

informazioni o protezioni, non hanno certamente bisogno87. La scelta

riguarda quindi l’incidenza della disciplina su soggetti che hanno

conoscenze, capacità patrimoniali e preferenze diverse e la capacità di questa disciplina di definire anche conflitti fra domande di tutela consumeristica diverse e in contrasto. La scelta riguarda inoltre

l’entità dei costi di una produzione e l’allocazione di tali costi nelle

diverse fasi di un ciclo produttivo o commerciale.

Da questo punto di vista, l’attivismo che la normativa esige dall’utente, pena il diniego di protezione, va anche, caso per caso, o

settore economico per settore economico, posto in relazione con

l’entità dei costi che l’impresa sarebbe chiamata ad affrontare per

rapportarsi con il soggetto in modo più corretto ed equilibrato88. La scelta evidenzia quindi l’incidenza di questa disciplina sulle

condizioni di svolgimento dell’attività delle imprese e sulla

87

Cfr. F. DENOZZA, Aggregazioni arbitrarie v. «tipi» protetti, la nozione di benessere dei

consumatori decostruita, in Giur. Comm., 2009, I, p. 1059 ss.

88Secondo V. MELI, Le clausole generali relative alla pubblicità, in AIDA, 2008, p. 257 ss. Non

si può considerare «l’effetto complessivo di una pratica, se non ponendolo in relazione con l’entità degli obblighi esigibili dal professionista (e, dunque, dei costi impostigli). In tal modo, si

potranno ricomprendere entrambi i profili di possibile rilevanza dei potenziali effetti di una pratica sotto una comune formula che consideri la relazione proporzionale tra questi (sia che essi vadano ponderati rispetto al numero di consumatori coinvolti, sia che essi debbano esserlo con riferimento

al valore economico dell’operazione indotta) e i costi richiesti al professionista per evitarli: tanto minori saranno i primi, tanto meno rigoroso dovrà essere il giudizio sull’adeguatezza dei costi affrontati dal professionista per evitare l’esito scorretto».

concorrenza reciproca che le imprese si possono fare anche «stressando», per così dire, i bisogni degli utenti.

L’orientamento della disciplina alla tutela del «consumatore-

utente medio» è quindi indicativo di un modello europeo di regolazione delle attività economiche e della concorrenza che punta a possibili sinergie fra diritto antitrust e divieti di pratiche commerciali scorrette, per il fine ultimo della crescita economica e del buon funzionamento del mercato comune89. Il consumatore-utente tutelato nei confronti di pratiche commerciali scorrette è infatti quello che, agendo in modo normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, «sceglie», sicché la sua tutela comporta tutela microeconomica del medesimo consumatore-utente che il diritto antitrust tutela su scala macroeconomica90.

Sembra, perciò, corretto assumere il consumatore-utente tutelato dai divieti di pratiche commerciali scorrette come consumatore-utente di riferimento il cui benessere è da prendere in considerazione anche in sede di tutela e promozione della concorrenza. Ciò anche in quanto

il modello di tutela dell’utente nelle relazioni di mercato che le

89

Cfr. V. FALCE, Appunti, cit., p. 423 ss.

90Cfr. A. GENOVESE, Ruolo dei divieti di pratiche commerciali scorrette e dei divieti antitrust,

istituzioni comunitarie hanno elaborato e veicolato negli ordinamenti nazionali, non può essere definito a prescindere dal modello di mercato concorrenziale da esse promosso e tutelato91.

Si può dunque concludere che le previsioni in materia di pratiche commerciali scorrette attengano al buon funzionamento del mercato e

alla libertà dell’agire di consumo che è, come accennato,

complementare alla libertà di concorrenza. Per cui, ritornando alle considerazioni da cui siamo partiti, la scelta di assegnare all’AGCM (già preposta all’enforcement pubblicistico del diritto antitrust) la competenza riguardante l’applicazione del divieto di pratiche commerciali scorrette, si profila largamente appropriata. Ciò, tuttavia, non significa che tale scelta non possa evidenziare criticità di assestamento. Le norme sulle pratiche commerciali scorrette sono il

risultato di un’importante e ambiziosa scelta di politica legislativa che

non si affida tanto ad una tutela ex post del consenso del consumatore- utente, ma si preoccupa di salvaguardarlo ex ante92, al fine di proteggere sia la libertà delle imprese di adottare le più efficaci

91

Cfr. V. FALCE, Appunti, cit., p. 423 ss.

92T. Febbrajo, L’informazione ingannevole nei contratti del consumatore, Napoli, ESI, 2006, p.

16. Quanto alla circostanza che il nuovo contesto economico, sociale, ambientale e politico richieda un cambiamento di orientamento da parte della politica comunitaria dei consumatori cfr. Comunicazione della Commissione europea del 13/3/2007 relativa alla «Strategia per la politica

dei consumatori dell’Ue 2007-2013. Maggiori poteri per i consumatori, più benessere e tutela più

strategie di comunicazione, sia il diritto dei singoli a non essere vittime di un uso spregiudicato dei mezzi di persuasione93. La scelta indicata presuppone che non ci si limiti ad osservare la posizione degli individui, isolatamente e soggettivamente considerati94, ma si valuti il

più ampio ambito della regolamentazione dell’attività di impresa e la

stretta relazione tra tutela dei singoli e tutela del mercato95.

93 Occorre stabilire in che misura devono distribuirsi tra i soggetti coinvolti i costi connessi al

rischio della ingannevolezza. In questi termini G. CASABURI, La tutela civilistica del

consumatore avverso la pubblicità ingannevole dal d.lgs. n. 74 del 1992 al codice di consumo, in Giur. Merito, 2006, p. 623.

94«È il superamento della concezione dell’individuo considerato come monade, come un soggetto

astratto che si pone solo in un contesto vuoto e anch’esso astratto››. In questi termini L. ROSSI

CARLEO, Il mercato tra scelte volontarie e comportamenti obbligatori, in Eur. dir. priv., 2008, p. 162. Quanto alla necessità di una nuova impostazione istituzionale della soggettività nei rapporti privati si vedano N. LIPARI, Introduzione, in Tradizione civilistica e complessità del sistema.

Valutazioni storiche e prospettive della parte generale del contratto, Milano, Giuffrè, 2006; G.

BENEDETTI, Tutela del consumatore e autonomia contrattuale, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1998, I, p. 17.

95 Sul necessario interagire tra protezione dei singoli e tutela del mercato cfr. R. ALESSI,

Contratto e mercato, in Scintillae iuris. Studi in memoria di Gino Gorla, Milano, Giuffrè, 1994,

III, p. 2339; N. LIPARI, Riflessioni di un giurista tra mercato e solidarietà, in Rass. dir. civ., 1995, p. 24; ID., Il mercato: attività privata e regole giuridiche, in N. IRTI, A. GAMBARO, N. LIPARI, V. ROPPO (a cura di), Il diritto della transizione. Quaderni della civilistica di diritto

privato, 1998, p. 39; ID., Diritto e mercato della concorrenza, in Riv. dir. comm., 2000, I, p. 324;

N. Irti, L’ordine giuridico del mercato, Bari-Roma, Laterza, 1998, p. 67; G. Grisi, L’autonomia

privata. Diritto dei contratti e disciplina costituzionale dell’economia, Milano, Giuffrè, 1999, p.

94; G. Auletta, Un saggio di economia del diritto, in Scritti giuridici, I, Milano, Giuffrè, 2001, p. 81; G. Oppo, Contratto e mercato, in Vario Diritto. Scritti giuridici, VII, Padova, Cedam, 2005, p. 193; E. NAVARRETTA, Buona fede oggettiva, contratti di impresa e diritto europeo, in Riv. dir.

civ., 2005, p. 509; V. BUONOCORE, Contratto e mercato, in Giur. Comm., 2007, I, p. 383; S.

POLIDORI, Regole dei rapporti e regole del mercato: fra disomogeneità del quadro normativo e

responsabilità dell’interprete, in P. D’ADDINO SERRAVALLE (a cura di), Mercato ed etica,

Napoli, ESI, 2009, p. 353; V. ROPPO, From Consumer Contracts to Asymmetric Contracts: a

Trend in European Contract Law? in European Review of Contract Law, 2009, p. 304; A.

GENTILI, Pratiche sleali e tutele legali: dal modello economico alla disciplina giuridica,in Riv.

dir. priv., 2010, p. 39; L. MINERVINI, Tutela dei consumatori e libera concorrenza nel nuovo approccio dell’unione europea: significato ed implicazioni dell’«armonizzazione massima» in materia di pratiche commerciali sleali, in Foro Amm., 2010, p. 1169. Quanto alla imprescindibilità

dei valori personalistici e solidaristici anche nella strutturazione di un mercato efficiente si

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