Relatore:
Dott. Gabriele POSITANO
Giudice del Tribunale di Lecce
SOMMARIO: Premessa – Termine di costituzione per il convenuto – Natura del termine – Dies a quo per il termine di cui all’articolo 166 c.p.c. – Termine per la for-mulazione delle eccezioni da parte del convenuto – Questione della tassati-vità degli adempimenti – Durata dell’udienza di comparizione – Adempi-menti non previsti dalla norma – Notifica dell’atto introduttivo – Procura alle liti – Ipotesi in cui va concesso il termine al convenuto – Costituzione tardi-va nei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo – Incompetenza per terri-torio – La sequenza procedimentale – Altri adempimenti non previsti dalla norma – Provvedimenti ex articolo 648 c.p.c. – Provvedimenti ex articolo 649 c.p.c. – Dies a quo nelle ordinanze ex articolo 186-bis c.p.c. – Le ordinanze ex artt. 186-ter e quater c.p.c. – I provvedimenti di natura cautelare.
Premessa.
La presente relazione vuole essere una sintetica esposizione delle pro-blematiche relative agli adempimenti connessi all’udienza di prima com-parizione privilegiando la prospettazione di soluzioni pratiche costante-mente agganciate alla giurisprudenza di merito oltre che alla prassi ma-turata nei tre anni dalla introduzione della riforma del processo civile.
L’articolo 180 c.p.c. (udienza di prima comparizione e forma della trattazione) dispone: “all’udienza fissata per la prima comparizione delle parti il giudice istruttore verifica d’ufficio la regolarità del con-traddittorio e, quando occorre, pronuncia i provvedimenti previsti l’articolo 102, secondo comma, dall’articolo 164, dall’articolo 167, dal-l’articolo 182 e daldal-l’articolo 291, primo comma.
La trattazione della causa davanti al giudice istruttore è orale. Se ri-chiesto, il giudice istruttore può autorizzare comunicazioni di comparse a norma dell’ultimo comma dell’articolo 170. In ogni caso fissa a data suc-cessiva la prima udienza di trattazione, assegnando al convenuto un ter-mine perentorio non inferiore a venti giorni prima di tale udienza per pro-porre le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio.
Della trattazione della causa si redige processo verbale, nel quale si inseriscono le conclusioni delle parti e i provvedimenti che il giudi-ce pronuncia in udienza”.
Il testo come modificato dall’art. 4 del D.L. 432/1995 nel definire le attività da espletare fa rinvio ad una serie di adempimenti che ri-guardano questioni di rito attinenti alla regolarità del contraddittorio.
Tali adempimenti consistono nella verifica della regolarità del con-traddittorio nei provvedimenti relativi all’integrazione del contraddit-torio nelle ipotesi di litisconsorzio necessario (art. 102), la sanatoria delle nullità della citazione (art. 164) e della domanda riconvenziona-le (art. 167), la sanatoria dei difetti di capacità (art. 182) e dei vizi di notificazione della citazione (art. 291).
Può già anticiparsi che le attività previste dalla norma non vanno cir-coscritte a queste, in quanto oggetto della udienza di prima comparizione sono le attività attinenti alle questioni processuali potenzialmente idonee ad assorbire la trattazione nel merito della causa. Buona parte del presen-te lavoro è, appunto, dedicato alla individuazione degli adempimenti cer-tamente consentiti in tale fase del giudizio e delle ipotesi problematiche.
Termine di costituzione per il convenuto.
L’articolo 166 c.p.c. dettato in materia di costituzione del convenu-to è staconvenu-to da ultimo modificaconvenu-to dalla legge del 20 dicembre 1995 n. 534 che oggi prevede che “il convenuto deve costituirsi … almeno venti gior-ni prima dell’udienza di comparizione fissata nell’atto di citazione, o al-meno dieci giorni prima nel caso di abbreviazione …, ovvero alal-meno venti giorni prima dell’udienza fissata a norma dell’art. 168-bis c.p.c., 5°
comma ...”, nel senso che la possibilità di usufruire del nuovo termine di costituzione è prevista esclusivamente per l’ipotesi di slittamento del-l’udienza a seguito di provvedimento del giudice istruttore, adottato nel termine di cinque giorni dalla presentazione del fascicolo da parte della cancelleria, e non per il diverso caso – previsto dal 4° comma dell’art.
168-bis c.p.c. – di spostamento dell’udienza per il caso in cui nel giorno indicato in citazione l’istruttore non tenga udienza (art. 82 disp. att.).
Natura del termine ex art. 166 c.p.c. – termine libero – esclusione.
Occorre esaminare il primo problema che pone la nuova formula-zione dell’art. 166 c.p.c., e cioè se il termine di venti giorni di cui sopra
debba essere considerato “libero” oppure no in quanto, a differenza dell’art. 163-bis c.p.c. che parla espressamente di “termini liberi” e del-l’art. 166 – pre-vigente, ove si precisava che andava “computato nel ter-mine il giorno della costituzione”, l’attuale art. 166 c.p.c. non fornisce alcuna indicazione a riguardo.
La dottrina sulla base del disposto dell’art. 155 I comma c.p.c. (“nel computo dei termini a giorni … si esclude il giorno … iniziale”) ha af-fermato che non si tratterebbe di “termini liberi”, per cui va computato nel termine il giorno di costituzione (BALENA, FAZZALARI, MAN-DRIOLI).
In effetti, problema analogo si era posto per l’art. 416 c.p.c. a pro-posito del termine di dieci giorni ivi previsto ed in tal caso l’opinione prevalente della dottrina aveva ritenuto che non si trattasse di “termi-ni liberi” (contrari a tale tesi TARZIA e VERDE oltre che Cass. 2 apri-le 1992 n. 4034). Opera quindi il criterio generaapri-le previsto dall’art. 155 c.p.c. che impone di calcolare il termine a ritroso, considerando dies a quo quello dell’udienza, che non va conteggiato, e dies ad quem, quel-lo della costituzione.
Dies a quo per il termine di costituzione ex art. 166 c.p.c..
Si è già accennato all’art. 168-bis c.p.c., a proposito della determina-zione del dies a quo di tale termine di costitudetermina-zione. In realtà, prima del D.L. 7 ottobre 1995 n. 571, l’art. 166 c.p.c. imponeva quale unico termine di costituzione quello “dell’udienza di comparizione fissata nell’atto di ci-tazione” rendendo irrilevante a tali fini l’eventuale slittamento disposto dal giudice istruttore ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 168-bis c.p.c..
Recependo le critiche dei primi commentatori sulla inutilità di una costituzione perentoria ed a volte precipitosa, anche per il caso di udienza spostata dall’istruttore, il legislatore dell’Ottobre 1995 ha con-sentito di spostare il termine di costituzione per la sola ipotesi di slit-tamento che sia stato disposto dal giudice (TARZIA) e non, lo si ripe-te, per le differenti ipotesi di non coincidenza tra il giorno di udienza e la data indicata dall’attore nell’atto di citazione.
Termine per la formulazione delle eccezioni da parte del convenuto.
Il disposto dell’art. 167 c.p.c. è stato ulteriormente modificato a partire dal D.L. del 21 giugno 1995 n. 238. È stato attenuato il rigore
previsto dalla legge n. 353 del 1990 facendo “slittare” ad un momento successivo la formulazione delle c.d. eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio e disciplinando le nullità della domanda ricon-venzionale.
Conseguentemente in accoglimento delle critiche mosse da taluni autori (TARZIA) oltre che dall’Avvocatura (vedi in Corriere giuridico 658/1995), il convenuto che non deve proporre domande riconvenzio-nali ovvero chiamare in causa il terzo può non rispettare il termine dei venti giorni (prima dell’udienza di comparizione) ben potendo differi-re la costituzione anche alla stessa udienza ex art. 180 c.p.c., magari con una comparsa di stile, di mera contestazione della pretesa attorea, per poi beneficiare del successivo termine per proporre le eccezioni non rilevabili d’ufficio; ancora, nel caso in cui ritenga di non dover for-mulare neppure tali eccezioni potrà costituirsi direttamente all’udien-za di trattazione ex art. 183 c.p.c..
Può essere interessante individuare, a titolo meramente esemplifi-cativo, alcune delle ipotesi riconducibili al novero delle eccezioni pro-cessuali e di merito non rilevabili ovvero rilevabili d’ufficio poiché ciò assume rilevanza determinante ai fini dalla individuazione del mo-mento preclusivo.
A1) Eccezioni processuali non rilevabili d’ufficio:
Incompetenza per territorio derogabile (art. 38 2° comma c.p.c.);
giurisdizione del giudice italiano nei confronti dello straniero costi-tuito (art. 37 2° comma c.p.c.); nullità della citazione ex art. 163 n. 7 c.p.c. se il convenuto sia costituito; compromesso per un arbitrato ri-tuale, ecc..
A2) Eccezioni processuali rilevabili d’ufficio:
Competenza per territorio funzionale, per materia, per valore (entro l’udienza di trattazione ex art. 183 c.p.c.); litispendenza; conti-nenza; difetto del G.O. nei confronti della P.A.; connessione (entro la prima udienza).
B1) Eccezioni di merito rilevabili d’ufficio:
Pagamento, novazione, rinuncia al diritto, risoluzione consensua-le, simulazione, condizione, termine, presupposizione, rimessione, nullità del contratto, legittima difesa, compensatio lucri cum damno, concorso del fatto colposo del creditore, ecc.
B2) Eccezioni di merito non rilevabili d’ufficio:
Prescrizione, decadenza, nullità del brevetto, compensazione,
ec-cezione di annullamento, rescissione, inadempimento, vizi della cosa venduta, difformità nel contratto di appalto, ecc..
La tassatività degli adempimenti da espletare all’udienza di prima compa-rizione.
La questione della tassatività o meno degli adempimenti previsti dall’articolo 180 c.p.c. influenza tutte le problematiche che saranno esaminate, attenendo alla individuazione delle attività processuali che possono essere compiute all’udienza prima di comparizione oltre a quelle espressamente previste dalla norma.
Il punto controverso riguarda la eventuale prospettazione di adempimenti ulteriori rispetto a quelli relativi al controllo della rego-larità ed integrità del contraddittorio, della validità degli atti introdut-tivi e della rappresentanza o assistenza in giudizio.
Deve anticiparsi che l’opinione maggioritaria in dottrina ammette che all’udienza di prima comparizione il giudice possa occuparsi di tutte le questioni attinenti ai presupposti processuali, sia rilevabili d’ufficio che rilevate dalle parti, oltre che di tutte le questioni ordina-torie del processo, determinandosi così un allargamento degli adem-pimenti. (In particolare ritengono non tassativa l’elencazione ex arti-colo 180 c.p.c. VERDE e CHIARLONI. Secondo LUISO, l’udienza in esame può essere dedicata a tutti gli adempimenti attinenti le que-stioni processuali “potenzialmente idonee ad assorbire la trattazione nel merito della causa”).
A tale opinione si contrappone quella che sottolinea come il legi-slatore del 1995 abbia voluto delimitare le attività che possono essere compiute alla prima udienza imponendo una precisa sequenza di fasi al processo (FRASCA), con la conseguenza che ulteriori questioni pro-cessuali, diverse da quelle espressamente previste dalla norma, po-tranno essere esaminate all’udienza di trattazione (BALENA). Secon-do il detto orientamento, il legislatore del 1995 ha introSecon-dotto un ele-mento di rigidità nella fase introduttiva del processo non superabile in via interpretativa a differenza della precedente formulazione prevista della legge del 1990 che aveva consentito alla dottrina di mitigare la di-stinzione tra le due fasi di udienza (preliminare e di trattazione).
Nell’esaminare le problematiche connesse alla individuazione delle attività previste (e non) dall’articolo 180 c.p.c., in assenza di un orientamento della Corte di Cassazione e poiché, come è noto, su molte questioni, vi è una prospettazione diversificata di soluzioni,
ap-pare opportuno affiancare all’esame teorico delle problematiche, le va-lutazioni espresse da autorevole dottrina, le soluzioni concretamente adottate dai giudici di merito.
Con tutti i limiti facilmente intuibili, sono stati utilizzati i dati rac-colti nel 1998 presso il distretto della Corte d’Appello di Lecce sulla base delle risposte date al un questionario distribuiti dall’A.N.M. alcuni mesi prima. Questi dati sono stati valutati con quelli precedentemente as-sunti dall’Osservatorio Barese e resi noti nell’incontro tenutosi a Bari il 30 e 31 maggio 1997; gli stessi sono stati confrontati con le valutazioni espresse dai diversi Consigli dell’Ordine forense e riportate in sintesi nell’incontro del 331 gennaio 1998 di Frascati dall’avv. Remo DANOVI.
Durata dell’udienza di prima comparizione.
Le attività strettamente attinenti al rito che non pongono proble-mi di tipicità degli adempimenti sono, in primo luogo, quelle relative alla regolarità della costituzione.
In queste ipotesi occorre stabilire se il giudice, nel fissare una nuova udienza per permettere di sanare il vizio, deve rinviare ancora ad una udienza ex art. 180 c.p.c. oppure a quella di trattazione.
Deve ritenersi che, poiché il sistema processuale è strutturato in modo tale che alcuni preclusioni scattano dopo la verifica di alcuni adempimenti, opportunamente il giudice deve rinviare ad una nuova prima udienza ex art. 180 c.p.c. per evitare di compromettere la posi-zione di una delle parti in conseguenza dell’attività posta in essere dal-l’altra.
Infatti, se la sequenza processuale risulta alterata da un vizio non imputabile ad una delle parti, la stessa ha diritto ad ottenere che la se-quenza riparta dall’inizio per potere diluire tutte le attività difensive secondo la scansione che il legislatore gli ha garantito.
In tali ipotesi l’udienza ex articolo 180 c.p.c. potrà essere legitti-mamente frazionata in più tempi riservando ad un secondo giorno di udienza l’esame delle decadenze relative alla posizione del convenuto e delle preclusioni relative alle eccezioni non rilevabili d’ufficio ad una successiva udienza. D’altra parte anche per l’udienza di trattazione la dottrina e la giurisprudenza di merito ritengono ammissibile il frazio-namento in più udienze degli adempimenti previsti dall’art. 183 c.p.c.
nel caso in cui ragioni di opportunità o la complessità della vicenda impongano di dedicare a tali adempimenti un tempo superiore a quel-lo generalmente impiegato.
La previsione di uno sdoppiamento o ulteriore frazionamento del-l’udienza di comparizione si verifica in tutte le ipotesi in cui interven-gano ipotesi patologiche in relazione alla costituzione delle parti.
Ad esempio, nel caso di nullità sebbene l’ultimo comma dell’art.
164 c.p.c. prevede che in caso di integrazione della domanda viziata in presenza di convenuto costituito il giudice debba fissare l’udienza ai sensi dell’art. 183 c.p.c., il riferimento deve essere inteso in favore del-l’udienza di comparizione ed il giudice dovrà fissare una ulteriore udienza ex art. 180 c.p.c.. Diversamente, potrebbe verificarsi il caso che a seguito dell’integrazione, venendo a realizzarsi una nuova do-manda attorea, il convenuto non avrebbe più il doppio termine di di-fesa (quello per la riconvenzionale e quello per le eccezioni in senso stretto) ma dovrebbe a pena di decadenza entro i soli venti giorni prima dell’udienza di trattazione, spiegare domanda riconvenzionale, chiedere la chiamata del terzo e depositare le memorie contenenti le eccezioni non rilevabili d’ufficio.
Ad analoga conclusione dovrebbe pervenirsi in riferimento ai casi di inosservanza dei termini a comparire ovvero per la mancanza del-l’avvertimento di cui all’art. 163 n. 7 c.p.c. per i quali occorrerà fissa-re una nuova prima udienza di comparizione.
Sotto tale profilo non assume rilevanza la circostanza della con-tumacia o meno di una delle parti convenute, poiché in ogni caso anche il convenuto costituito subirebbe una indebita limitazione della propria sfera processuale nel caso in cui a seguito del rilievo di un vizio di costituzione, il giudice dovesse rinviare, con effetto sanante, ad una successiva udienza ex art. 183 c.p.c..
Nell’ipotesi di rituale costituzione, se il convenuto eccepisce l’i-nosservanza dei termini a comparire ovvero la mancanza dell’avverti-mento ex art. 163 n. 7 c.p.c., il giudice deve rinviare ad una ulteriore udienza nel rispetto dei termini: udienza che sarà sempre di prima comparizione.
Analogamente, il giudice deve rinviare ad una nuova udienza quando verifica la sussistenza di un vizio della editio actionis, con il conseguente ordine di integrazione della domanda.
In ogni caso, e nell’ipotesi in cui ricorrano vizi relativi alla regola-rità degli atti e della costituzione delle parti o della rappresentanza, as-sistenza o autorizzazione ex art. 182 c.p.c., il giudice dovrà assegnare un termine per la regolarizzazione.
In conclusione, in queste ipotesi l’udienza di prima comparizione si protrae per più udienze.
In alcuni limitatissimi casi ed ove in una udienza successiva a
quella di prima comparizione emergano circostanze che avrebbero dovuto essere prese in esame in quella sede, il processo subisce una vera e propria regressione, ritornando, per così dire, all’udienza di prima comparizione. Così, ad esempio, nel caso di informazioni as-sunte ex art. 213 c.p.c., o per il rinvenimento tardivo di documenti, si prospetti l’ipotesi di litisconsorzio necessario (ad esempio, una diffe-renza nel nominativo del proprietario del veicolo investitore in un giu-dizio di risarcimento danni da sinistro stradale).
È interessante conoscere quale è stata la valutazione che dell’u-dienza di prima comparizione hanno espresso gli operatori del diritto diversi dai magistrati.
Le risposte date dai consigli dell’ordine (raccolte con le modalità indicate nelle pagine precedenti ) sono negative: secondo i Consigli, in-fatti, l’udienza di prima comparizione è semplicemente una “udienza di smistamento o di routine, a vuoto, dove manca una qualsiasi atti-vità, ed è una pura formalità inutile” (C.O. di Gorizia, Trieste, Terni e Lecce); anche le risposte più diplomatiche (C.O. Perugia ed Ancona) finiscono indirettamente per criticare l’utilità di tale passaggio pro-cessuale.
Così, ad esempio “l’obbligo della costituzione venti giorni prima dell’udienza”, nel caso in cui non debbano essere spiegate domande ri-convenzionali o chiamate del terzo viene considerato superfluo, tanto che è prevalsa la prassi (a Genova) della costituzione all’udienza.
Adempimenti da espletare all’udienza di prima comparizione anche in difetto di espressa previsione normativa.
La opinione secondo cui l’elenco delle attività disciplinate dall’art.
180 c.p.c. non è tassativa, ma prevede un minimo di adempimenti da integrare con quelli previsti da specifiche disposizioni, ha fatto legitti-mamente ritenere che in sede di prima comparizione il giudice debba (quasi necessariamente) adottare una serie di provvedimenti previsti da norme diverse dall’art. 180 c.p.c..
Così, è naturale, che la verifica della regolarità degli atti introdut-tivi è finalizzata alla dichiarazione di contumacia dei convenuti che va adottata all’udienza in esame.
Per altri provvedimenti è opportuno verificare se, sulla base delle parziali prospettazioni delle parti, gli elementi raccolti consentono di prendere in esame la richiesta già alla prima udienza o a quella di trat-tazione. Infatti, generalmente è possibile disporre l’interruzione del
giudizio in quanto le ipotesi che la determinano possono anche verifi-carsi sin dalla prima udienza di comparizione.
Quanto alla riunione di giudizi occorre separare le due ipotesi: nel caso di richiesta di riunione tra procedimenti pendenti innanzi allo stesso ufficio giudiziario è stato ritenuto possibile ed è opportuno che la stessa venga disposta già alla prima udienza (in tal senso Pret. Ma-cerata, 6 febbraio 1996, in Giur. merito, 1996, I, 436); al contrario, per il caso di riunione per connessione di procedimenti che pendono in-nanzi a differenti uffici giudiziari il provvedimento dovrà essere adot-tato all’udienza ex articolo 183 c.p.c. che rappresenta il limite ultimo per rilevare il difetto di competenza ai sensi dell’art. 40 II comma c.p.c..
In ogni caso è possibile che i profili di connessione (soprattutto oggettiva) vengano correttamente evidenziati solo a seguito degli adempimenti previsti dall’art. 183 c.p.c. e quindi, anche con le memo-rie di cui all’ultimo comma della norma; in questi casi la richiesta di riunione dovrà essere opportunamente presa in esame quando risul-terà definito il thema decidendum.
Perplessità sorgono nell’ipotesi di sospensione necessaria per pre-giudizialità ex art. 295 c.p.c., poiché la modificazione delle domande durante l’udienza di trattazione ai sensi del IV e V comma dell’artico-lo 183 c.p.c. rileva ai fini della decisione sulla sospensione stessa.
Lo stesso ragionamento vale per i casi di sospensione per rimes-sione alla Corte Costituzionale, per pregiudiziale comunitaria o per proposizione del regolamento di giurisdizione e di competenza ex ar-ticolo 47 c.p.c. (v. ordinanza del 16 ottobre 1998, Trib. Lecce, Olivieri contro Calabrese);
Nell’àmbito degli adempimenti previsti appaiono opportune alcu-ne brevi considerazioni in tema di notificazioalcu-ne degli atti introduttivi e regolarità della procura alle liti sulla base dei principi precedente-mente affermati dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale e di Cassazione.
La notifica degli atti introduttivi.
La Corte Costituzionale con la sentenza n. 346 del 23 settembre 1998 ha:
a) dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 8, secondo comma, della legge n. 890/82 (Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti
giu-diziari), nella parte in cui non prevede che in caso di rifiuto di ricevere il piego (da parte delle persone abilitate alla ricezione ovvero in caso di mancato recapito per temporanea assenza del destinatario o per man-canza, inidoneità o assenza delle persone sopra menzionate) sia dato avviso con raccomandata con avviso di ricevimento dell’avvenuto com-pimento delle formalità descritte e del deposito;
b) dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 8, terzo comma nella parte in cui prevede che il piego sia restituito al mittente, in caso di mancato ritiro da parte del destinatario, dopo dieci giorni dal deposi-to presso l’ufficio postale.
Effetti della decisione. Quale prima conseguenza della sentenza
Effetti della decisione. Quale prima conseguenza della sentenza