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Un ulteriore approfondimento, a partire da De malo, q 6.

CAPITOLO PRIMO LA LIBERTÀ IN TOMMASO

3. Un ulteriore approfondimento, a partire da De malo, q 6.

3.1. La scelta umana viene presa in considerazione in alcuni suoi interessanti aspetti anche nella sesta delle Quaestiones disputatae De malo. In questo luogo, Tommaso prende le mosse dalla domanda se gli atti eliciti dell’uomo siano liberi oppure se essi, al contrario, vengano compiuti per necessità. L’autore, inoltre, nel principio del Respondeo a questa questione, sottolinea che «non ogni necessario è violento, ma solo quello che ha un principio esterno»156; inoltre riprende una considerazione – già aristotelica – intorno agli inconvenienti che risulterebbero dall’accettare l’ipotesi che, nei suoi atti di scelta, l’uomo subisca una qualsivoglia coazione, quando scrive che, «se in noi ci fosse qualcosa [di autonomo] e fossimo mossi per necessità a volere, verrebbero ad essere soppresse la deliberazione, l’esortazione, il precetto e la punizione, la lode e il biasimo, che sono gli oggetti della filosofia morale»157. Per Tommaso, infatti, «la libertà della volontà è ovviamente un presupposto indispensabile non solo per la fede, ma per la moralità in generale: se tutto venisse compiuto per necessità, nessun atto umano avrebbe la minima qualità morale»158.

3.2. Nel testo in questione, Tommaso scrive che nel considerare una stessa potenza o operazione, è necessario tenere presente che la stessa si presenta sotto due aspetti, insieme uniti e distinti: uno ex parte subiecti e l’altro ex parte obiecti. Il primo di essi riguarda «lo stesso esercizio dell’atto, cioè che si agisca o non si agisca oppure che si agisca meglio o che si agisca con meno efficacia»; il secondo aspetto, invece, riguarda «la specificazione dell’atto, infatti, l’atto è specificato dall’oggetto»159.

156 Cfr. De malo, q. 6, articolo unico, resp.: «non enim omne necessarium est violentum, sed solum illud

cuius principium est extra» (trad. it. di F. Fiorentino, Bompiani, Milano 2007).

157 Ibidem.: «Si enim non sit aliquid in nobis, sed ex necessitate movemur ad volendum, tollitur deliberatio,

exhortatio, praeceptum, et punitio et laus et vituperium, circa quae moralis philosophia consistit». Una

considerazione analoga è presente anche nel Commento a De interpretatione IX: «Quantum autem ad res

humanas ostendit esse impossibilia quae dicta sunt, per hoc quod homo manifeste videtur esse principium eorum futurorum, quae agit quasi dominus existens suorum actuum, et in sua potestate habens agere vel non agere; quod quidem principium si removeatur, tollitur totus ordo conversationis humana, et omnia principia philosophiae moralis. Hoc enim sublato non erit aliqua utilitas persuasionis, nec comminationis, nec punitionis aut remunerationis, quibus homines alliciuntur ad bona et retrahuntur a malis, et sic evacuatur tota civilis scientia» (cfr. Expositio libri Peryermeneias, lect. 14, n. 5).

158 Cfr. P.PORRO, Trasformazioni medievali della libertà/2, in M.DE CARO M.MORI E.SPINELLI, Libero

arbitrio, p. 204.

159 Cfr. De malo, q. 6, a. unicum, resp.: «Secundo considerandum est quod potentia aliqua dupliciter

movetur: uno modo ex parte subiecti, alio modo ex parte obiecti. Ex parte subiecti quidem, sicut visus per immutationem dispositionis organi movetur ad clarius vel minus clare videndum; ex parte vero obiecti sicut

Scrive Tommaso:

se prendiamo in esame il movimento delle potenze dell’anima dalla parte dell’oggetto che specifica l’atto, il primo principio del movimento procede dall’intelletto: in questo modo, infatti, il bene conosciuto muove anche la stessa volontà. Al contrario, se prendiamo in esame il movimento delle potenze dell’anima dalla parte dell’esercizio dell’atto, allora il principio del movimento procede dalla

volontà. Infatti, la potenza alla quale compete il fine principale, muove sempre

all’atto la potenza alla quale compete ciò che è ordinato al fine, come l’arte militare muove ad operare l’arte del fabbricare morsi. E in questo modo la volontà muove se stessa e tutte le altre potenze160.

La dimostrazione dell’ipotesi che la volontà non sia mossa a volere in modo necessario – quanto all’esercizio dell’atto – viene suggerita da Tommaso poco oltre, e questo sulla base del fatto che la volontà, per determinarsi ad un oggetto piuttosto che ad un altro, opera un giudizio, come colui che, malato, desideri guarire e, decisosi a seguire una cura, si consigli intorno alla medicina da prendere:

in ordine all’esercizio dell’atto, è innanzitutto evidente che la volontà è mossa da se stessa. Infatti, come muove le altre potenze, così muove anche se stessa. Né da ciò consegue che la volontà sia, sotto lo stesso rapporto, in potenza e in atto. Infatti, come l’uomo, per quel che concerne l’intelletto, nel corso d’una ricerca muove se stesso verso la scienza, in quanto da una cosa conosciuta in atto perviene a qualche altra cosa ignota, che era conosciuta solo in potenza, così per il fatto che l’uomo vuole qualcosa in atto, muove se stesso a volere un’altra cosa in atto. Così, per il fatto che uno vuole guarire, muove se stesso a voler prendere la medicina. Infatti, poiché vuole guarire, comincia a consultarsi intorno a quelle cose che danno la salute e, infine, dopo aver preso una deliberazione, vuole prendere la medicina. E così, dunque, la volontà di prendere la medicina è preceduta dal consiglio, il quale certamente procede dalla volontà di volersi consigliare. Poiché, dunque, la volontà muove se stessa mediante il consiglio e poiché il consiglio è una determinata indagine non dimostrativa, ma indifferentemente rivolta verso due oggetti contrari, la volontà non muove se stessa per necessità161.

visus nunc videt album, nunc videt nigrum. Et prima quidem immutatio pertinet ad ipsum exercitium actus, ut scilicet agatur vel non agatur, aut melius vel debilius agatur; secunda vero immutatio pertinet ad specificationem actus, nam actus specificatur per obiectum».

160 Ibidem: «Si ergo consideremus motum potentiarum animae ex parte obiecti specificantis actum, primum

principium motionis est ex intellectu: hoc enim modo bonum intellectum movet etiam ipsam voluntatem. Si autem consideremus motus potentiarum animae ex parte exercitii actus, sic principium motionis est ex voluntate. Nam semper potentia ad quam pertinent id quod est ad finem, sicut militaris movet frenorum factricem ad operandum. Et hoc modo voluntas movet et se ipsam et omnes alias potentias» (corsivi nostri).

161 Ibidem: «Quantum ergo ad exercitium actus, primo quidem manifestum est quod voluntas movetur a se

ipsa: sicut enim movet alias potentias, ita et se ipsam movet. Nec propter hoc sequitur quod voluntas secundum idem sit in potentia et in actu; sicut enim homo secundum intellectum in via inventionis movet se ipsum ad scientiam, in quantum ex uno noto in actu venit in aliquid ignotum quod erat solum in potentia notum, ita per hoc quod homo aliquid vult in actu, movet se ad volendum aliquid aliud in actu. Sicut per hoc quod vult sanitatem, movet se ad volendum sumere potionem: ex hoc enim quod vult sanitatem, incipit consiliari de his quae conferunt sanitatem, et tandem determinate consilio vult accipere potionem; sic igitur

Ancora una volta, è la dimensione propriamente razionale dell’appetito a fare da sostegno all’indagine tommasiana intorno alla libertà del volontà dell’uomo, la quale si muove sempre sulla base di un consilium intorno alle cose da perseguire in vista del fine. Per il momento, ci accontenteremo di quanto Tommaso ha finora raggiunto, con l’intento di riprendere in mano il testo di De malo, q. 6 nel capitolo successivo.

voluntatem accipiendi potionem praecedit consilium, quod quidem procedit ex voluntate volentis consiliari. Cum igitur voluntas se consilio moveat, consilium autem est inquisitio quaedam non demonstrative sed ad opposite viam habens, non ex necessitate voluntas se ipsam movet».

CAPITOLO SECONDO