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Ulteriori perplessità circa il rispetto dei diritti fondamen- fondamen-tali nell’ambito della procedura accelerata possono

rinvenir-si in relazione al diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva, a prescindere dalla qualità soggettiva del richiedente prote-zione internazionale. Ciascun migrante ha infatti diritto di ottenere adeguate garanzie procedurali che gli consentano di essere ascoltato e di validamente contestare un provvedi-mento nazionale di allontanaprovvedi-mento.

Il diritto ad un equo processo costituisce un fondamen-to di qualsiasi società democratica e deve trovare applica-zione in relaapplica-zione a qualsiasi persona, cittadino o straniero.

Tuttavia, con riferimento ai procedimenti relativi all’ingres-so, al soggiorno o all’espulsione degli stranieri, la Corte di Strasburgo ha escluso l’applicabilità dell’art. 6 della con-venzione, volto a tutelare il diritto ad un equo processo105, non rinvenendo in tali circostanze la natura civile o penale del procedimento106. Tale posizione della Corte è stata però oggetto di critica in dottrina, in particolare con riferimento

all’esclusione dell’applicabilità dell’art. 6 CEDU alle ipote-si in cui ipote-sia facilmente ravvisabile un collegamento con una questione di natura civile107. Neppure è stato ritenuto ap-plicabile in materia di riammissione di migranti irregolari il protocollo n. 7 alla convenzione108, nonostante la previsione di specifiche disposizioni di tutela in materia di espulsione, riservate tuttavia ai migranti in condizione regolare soggetti alla giurisdizione di uno Stato ratificante109.

È stata invece ritenuta contraria all’art. 13 CEDU110, in combinato disposto con l’art. 3, la indisponibilità di un ri-corso effettivo nell’ambito delle procedure di espulsione.

Gli Stati partecipanti alla convenzione godono di un certo margine di apprezzamento in relazione alla scelta delle mo-dalità con cui conformarsi alle obbligazioni imposte da tale disposizione, tuttavia le tutele accordate dall’art. 13 devono risultare effettive sia in diritto che nella applicazione pratica.

In una recente sentenza, la Corte di Strasburgo ha concluso all’unanimità che vi fosse stata violazione dell’art. 13 CEDU in combinato disposto con l’art. 3 CEDU, in quanto la ri-corrente, cittadina nigeriana espulsa dal Belgio, non aveva potuto beneficiare di rimedi efficaci in sede di appello ad un provvedimento di allontanamento, poiché il procedimento di appello risultava privo di effetto sospensivo111. La Corte ha osservato che la previsione della possibilità di un ricorso conservativo solo all’inizio della procedura privasse defini-tivamente la richiedente della possibilità di richiedere suc-cessivamente la sospensione della misura di allontanamento.

L’effettività di un ricorso, ai sensi dell’art. 13 CEDU, do-vrebbe invece condurre al riconoscimento di effetti sospen-sivi al ricorso stesso, almeno nei casi in cui l’esecuzione del provvedimento di allontanamento possa avere conseguenze irreparabili per il ricorrente112. Nella sentenza S. J. c. Belgio, la Corte ha ritenuto non corrispondente alle finalità dell’art.

13 della convenzione, in combinato disposto con l’art. 3, il

fatto che previsioni procedurali di diritto belga potessero astrattamente garantire effetti sospensivi, quando nella pra-tica risultavano eccessivamente complesse, anche per chi, come nel caso di specie, si fosse avvalso dell’assistenza di un avvocato specializzato in materia. Se infatti, secondo la legislazione belga, lo straniero non avesse ritirato il proprio ricorso di annullamento parziale introducendone uno nuo-vo, accompagnato dalla domanda di sospensione ordinaria, questi non avrebbe disposto, di fatto, di un ricorso con effet-to sospensivo contro l’ordine di espulsione. Avueffet-to riguardo all’importanza del diritto protetto e al carattere irreversibile di un allontanamento, la procedura belga in materia è stata ritenuta incompatibile con la convenzione.

Ugualmente la Corte di Strasburgo ha ritenuto lesiva dell’art. 13 CEDU la previsione di tempi di ricorso troppo brevi contro un provvedimento di allontanamento.

14. Nel sistema dell’Unione il diritto ad un ricorso effettivo è previsto dall’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali e, per quanto qui interessa, trova importanti declinazioni nella direttiva procedure113, che impone agli Stati membri di ga-rantire che i richiedenti asilo abbiano accesso a procedure di ricorso, e nella direttiva rimpatri114, che contiene disposizio-ni dettagliate sull’effetto sospensivo dei ricorsi e sul diritto a mezzi di ricorso effettivo. Tuttavia, con specifico riferimento a quest’ultima, le tutele garantite dalla direttiva rimpatri115 potrebbero non risultare applicabili ai migranti irregolari colti nell’attraversamento della frontiera ai quali non possa applicarsi la tutela per i rifugiati.

In primo luogo, la maggior parte degli accordi di riam-missione dell’Unione europea non contiene riferimenti all’applicabilità anche in tali procedure dei diritti garantiti dalla direttiva. L’unico accordo che vi fa riferimento è quel-lo recentemente entrato in vigore con la Turchia, il cui art.

18, par. 3, relativo alla clausola di non incidenza,

espressa-mente fa salva l’applicazione dei diritti e delle garanzie pro-cedurali «delle persone oggetto di procedure di rimpatrio di cui alla direttiva 2008/115/CE, in particolare per quanto riguarda l’accesso alla consulenza legale, le informazioni, la sospensione temporanea dell’esecuzione di una decisione di rimpatrio e l’accesso ai mezzi di ricorso» (corsivo aggiunto).

Ma la lettera dell’art. 2, par. 2, lett. a), della direttiva preve-de espressamente la possibilità per gli Stati membri di non applicare la direttiva alle ipotesi di migranti irregolari colti nell’atto dell’attraversamento «irregolare via terra, mare o aria della frontiera esterna di uno Stato membro, [...] che non abbiano ottenuto un’autorizzazione o un diritto di sog-giorno in tale Stato membro»116.

Siffatta esclusione sembrerebbe ricondurre all’applica-zione delle regole procedurali contenute nell’accordo di ri-ammissione, e nello specifico alla procedura accelerata che, come appena visto, non contiene clausole specifiche a tutela del diritto ad un ricorso effettivo.

Maggiormente orientata al rispetto dei diritti umani ap-pare la raccomandazione formulata nel 2011 dalla Comissio-ne europea agli Stati membri, in cui si suggeriva di inserire espressamente negli accordi di riammissione una clausola delimitativa di applicabilità alle sole persone per le quali non sia stata sospesa la decisione di rimpatrio o allontana-mento117.

Appare opportuno infine sottolineare come una maggio-re compatibilità con le norme internazionali e dell’Unione a tutela di un ricorso giurisdizionale effettivo potrebbe perve-nire dall’adozione della proposta di rifusione della direttiva procedure118, che prevede l’introduzione del principio gene-rale di un effetto sospensivo automatico.

15. Molti accordi di riammissione dell’Unione europea