5. La solidarietà ai migranti: registri d’azione, attori, pratiche,
5.5. Una lotta per i migranti senza più migranti
Migliaia di persone transitano dalla valle dalla primavera 2016 alla fine dell’estate 2017, momento in cui in questa rotta avviene una drastica diminuzione del passaggio, per una serie di ragioni, che hanno una dimensione strutturale – la diminuzione dei flussi, come osservato nel primo capitolo – ma anche, in particolare, una dimensione locale. Un elemento particolarmente importante è il rafforzamento del dispositivo di militarizzazione della valle, caratterizzato da un livello di difficoltà del passaggio dei migranti maggiore o minore in funzione della strategia del momento. Altri elementi interpretativi sono legati alla crescente criminalizzazione della solidarietà, con le immagini mediatiche dei solidali in manette, sconfitti nella propria azione. In tale scenario, anche tra i migranti a Ventimiglia comincia a girare la voce sul fatto che andare in Val Roja non sia più un buon piano. In primis, perché non è più possibile recarsi a Nizza per effettuare le domande d’asilo, rimanendo inutilmente bloccati nel
cul de sac di una valle militarizzata – una via senza uscita – e, nel tentativo di proseguire, venire
prima o poi respinti a Ventimiglia. La rotta che, per andare verso il Nord Europa, passa per la Val Roja, si esaurisce, dunque, perché per i migranti non è più efficace. A partire dal maggio 2018 assistiamo a un lieve ritorno della rotta, con qualche centinaio di migranti che passa ancora dalla valle, ma poi pian piano si esaurisce di nuovo.
Dall’inizio di maggio 2018 è tornato un minimo di passaggio in valle, e, come d’altronde durante la scorsa estate, arrivano direttamente al camping di Cedric, dove da inizio maggio sono tornati anche dei volontari. Varie motivazioni spiegano il ritorno: in primis, lo sgombero di metà aprile dell’accampamento a Ventimiglia antistante il ponte, con una risposta a scoppio ritardato. Le persone sono rimaste a vagabondare a Ventimiglia per qualche tempo e poi hanno ripreso la via della Roja. I migranti arrivano non solo da Ventimiglia, ma una parte anche dal Col di Tenda. Cedric, che voleva lavorare ad un’accoglienza di medio e lungo termine, deve confrontarsi di nuovo con l’accoglienza d’urgenza. Ripartono i “corridoi legali” verso Nizza; il protocollo è infatti tornato a piccole dosi, il che facilita il fatto che i migranti ritornino in valle. È anche per questo che non erano più arrivati migranti, che, con il passaparola si informano di quello che succede. Se si può uscire dalla valle, entrare in val Roja ha un interesse, diversamente non ha alcun interesse. A parte i pochissimi che rimangono del tempo in valle, la gran maggior parte
66 Come esempio lampante evidenziamo che la Lega, partito di ispirazione neo-razzista, alle ultime elezioni del
2018 ha avuto a Ventimiglia il 29,66 dei consensi, quando nel 2013 aveva avuto il sostegno del solo 2,52% dell’elettorato. Anche nei paesi della Val Roja, in termini generali i voti diretti al Front National negli ultimi anni hanno subito un incremento.
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dei migranti non vuole restare in un territorio rurale… erano d’altronde partiti per andare a Parigi, Londra, Berlino… (Diario di campo, giugno 2018).
Roya Citoyenne (2019) afferma di aver preso in carico nel 2018 circa trecento migranti, numero considerevole ma incomparabile con quelli dell’anno precedente, che, come abbiamo visto, andrebbe moltiplicato esponenzialmente. Nel 2019 il passaggio in valle diminuisce ulteriormente, fino quasi a scomparire. Anche se da circa due anni la rotta che passa dalla Val Roja sembra essersi praticamente esaurita, la mobilitazione per i migranti continua ad avere una presenza latente e gli sporadici momenti di passaggio a cui aleatoriamente si assiste non può far escludere che, in futuro, la valle possa tornare ad essere teatro del passaggio dei migranti verso il nord Europa, oltreché di pratiche di ospitalità e di supporto al transito. In ogni caso, al blocco provvisorio di una rotta se ne aprono o si intensificano delle altre, come quella che dalla Val Susa entra nel Brianzonese. Esistente già dal 2016, questa rotta ha visto un aumento repentino del passaggio a partire dall’agosto 2017, in corrispondenza con la diminuzione di quello in Val Roja. Tale rotta, che continua ad essere attiva, è in ogni caso più rischiosa e difficile, trattandosi di un territorio in alta quota, giungendo ai 1.762 metri d’altezza del Colle della Scala. Sia dal lato italiano che da quello francese si assiste all’intervento di reti di solidarietà ai migranti, come i gruppi legati al movimento No-Tav in Val Susa e l’associazione “Tous Migrants” nel Brianzonese, vicina a Roya Citoyenne.
Quando qui in Roja ha cominciato a diventare più difficile, la rotta ha iniziato a spostarsi verso Briançon. Ma dopo è anche vero che ci sono percorsi in base alla nazionalità. I sudanesi passano da una parte, i maliani da un altro posto ... funziona anche per ondate... in relazione ai contatti... (Stephane).
Quest’ultima interpretazione, che pure trova sul campo le sue evidenze empiriche, vede una parziale diversità delle nazionalità dei migranti sull’una e sull’altra rotta: in particolare sudanesi ed eritrei sulle Alpi Marittime, guineani, ivoriani e maliani nel Dipartimento delle Alte Alpi. In Val Roja, pur in assenza del passaggio dei migranti, Roya Citoyenne continua la sua lotta di frontiera. Venendo meno il passaggio dalla valle e dunque non essendo più attiva la pratica dell’ospitalità e del supporto al transito, i solidali continuano con attività di monitoraggio del confine, di rivendicazione giuridica e politica, di sostegno agli attivisti internazionali di Kesha Niya Kitchen per l’attività delle maraudes, oltreché nell’organizzazione di incontri e attività culturali, come per esempio il Festival “Passeurs d’Humanité”, menzionato anteriormente. Venendo meno il passaggio dei migranti non termina la lotta, ma si trasformano le dinamiche di riferimento. In ogni caso, la rete di solidarietà permane, sia perché, come dice Anne, “c’è tutta una macchina che abbiamo lanciato, che non vogliamo ora bloccare”, sia perché la lettura del fenomeno è opaca e non si può escludere che, da un momento all’altro, la rotta che passa dalla valle possa riattivarsi.
Questo per me ha un carattere esistenziale… abbiamo trascorso molto tempo a costruire tutto ciò. Non butteremo tutto all’aria ora... qui abbiamo la logistica, le donazioni... Continuiamo ad essere invitati nei dibattiti... e il sito, il Facebook... Ho passato ore, ore e ore... non lascio adesso... anche se non sappiamo se torneranno a passare da qua, di questo non ne sappiamo nulla... (Anne).
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Anne, in questo senso, ci parla di una dimensione di attesa, che brillantemente metaforizza con il riferimento ad un testo letterario.
Anne mi sta raccontando, con l’emozione che si percepisce sul suo volto e nelle sue parole, che la loro lotta non smetterà ora che è lanciata, che ha cambiato le loro vite, che ha avuto delle ripercussioni sul territorio. Sembra quasi volermi dire qualcosa che non dice, fa giri di parole. E allora a un certo punto non riesco a trattenermi e le chiedo: “Tu speri che ritorni il passaggio dei migranti? "Non lo so… non vogliamo che sia come l’anno scorso, arrivavano troppe persone e in quel modo non andava bene né per loro, né per noi… ma…”. Ma… Poi sta zitta per qualche secondo… e infine dice: “Il deserto dei tartari”; capisco subito cosa vuole indicare, comprendo immediatamente la metafora che sta evocando, mi sembra particolarmente calzante. Il romanzo di Dino Buzzati, che ho letto tanti anni fa e che ricordo ancora come l’avessi letto ieri, evoca finemente questa dimensione di surreale attesa e di fragilità esistenziale che attraversa Anne e una parte della valle (Estratto del diario di campo, aprile 2018).
Una lotta per i migranti senza più migranti, dunque, che prende forma nella dimensione del “Deserto dei tartari”, di un’attesa esistenziale, con le parole proferite da Anne, che, in ogni caso, mi ricorda che anche se non passano più dalla valle, “i migranti sono a Ventimiglia e Ventimiglia fa parte del mio territorio”.
Ciò che permane in una valle senza migranti è, inoltre, la criminalizzazione. Oltre ai processi ancora in corso, periodicamente si assiste ad attacchi alla solidarietà, anche in riferimento a situazioni ormai passate, riferite al periodo in cui la valle si era trovata al centro delle rotte verso il nord Europa. Nel marzo 2019, per esempio, sette persone – alcune legate a Roya Citoyenne, altre scelte invece in modo apparentemente casuale – vengono raggiunte dalle forze dell’ordine nelle loro case con un blitz spettacolarmente innecessario, alle 6,30 del mattino, alcune di loro ammanettate in presenza dei loro bimbi piccoli. Dopo custodie cautelari e interrogatori di circa 30 ore – ogni accusato preso individualmente, con sequestri di cellulari e computer per alcune di queste persone, accusate di favoreggiamento all’entrata di migranti irregolari in Francia relativamente allo scorso anno – vengono infine tutte scagionate. Il fine è probabilmente alimentare un clima di tensione, ricordare che l’azione solidale è tenuta sott’occhio anche in momenti di apparente inattività e tranquillità.
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