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V ERSO LA CRISI DEL SISTEMA DELLE PARTECIPAZIONI STATALI : L ’ AVVIO DEL

Nel documento Pubblico e privato nelle società legali (pagine 103-107)

Come supra accennato, il codice civile del 1942 aveva riconosciuto e sistematizzato il fenomeno dell’azionariato di Stato, risolvendo molti dei dubbi che la dottrina degli anni Trenta aveva sollevato al riguardo. Ciò nonostante, come si è visto, si è preferito utilizzare lo strumento dell’ente pubblico economico, sperimentato con l’istitutzione dell’Iri e reputato più idoneo al perseguimento di fini d’interesse generale. Neanche l’affacciarsi di una nuova crisi economica agli inizi degli anni Settanta aveva frenato tale processo, al contrario determinando la nascita di nuove articolazioni del sistema delle partecipazioni statali con l’istituzione, con legge 22 marzo 1971 n. 184, della GEPI, società finanziaria gestione e partecipazioni industriali competente per il finanziamento, la ristrutturazione e il salvataggio delle imprese industriali in temporanea difficoltà economica. Essa venne costituita

180 IRTI, Dall’ente pubblico economico alla società per azioni (profilo storico-giuridico), in

quale società per azioni con azioni intrasferibili, intestate ad enti pubblici (IRI, IMI, ENI, EFIM), destinata ad agire mediante piani di assetto o di riconversione, costituendo anche società di rilevamento o di gestione di imprese o di aziende fino al completo risanamento, all’atto del quale operava la cessione ai privati dell’impresa181.

Nel decennio successivo il sistema delle partecipazioni statali, così come configurato dalle ultime leggi citate, entrò in crisi, come emerge dal rapporto della commissione Chiarelli182 del 1976 nel quale si

rilevavano la crisi del settore e la caduta di efficienza del sistema, sin dalla fine degli anni 60, e si auspicava che il sistema delle partecipazioni pubbliche tornasse al rispetto del criterio dell’economicità. La relazione sollevava inoltre una serie di rilievi critici, rimarcando l’esistenza di errori e responsabilità di direzione, nonché di illeciti; fenomeni di accentramento e burocratizzazione, con riduzione dell’autonomia aziendale e dell’imprenditorialità, nonché espansione non giustificata da una strategia industriale, sperperi di risorse e insoddisfacente guida politica del sistema.

Anche nel successivo Rapporto sulle partecipazioni statali, predisposto dal ministero delle Partecipazioni statali nel 1981, si richiamava l’esigenza del ritorno delle imprese a condizioni di economicità e si proponeva di introdurre delle disposizioni che

181 Tale operazione si è invero rivelata spesso molto difficile, come sottolinea

GIANNINI, cit., pag. 169. Ed invero il salvataggio di aziende in temporanea difficoltà sollevava almeno due ordini di problemi, il primo relativo alla compatibilità con la funzione tipica del sistema delle partecipazioni statali, ovvero quello di svolgere attività produttiva con criteri di economicità, piuttosto che attività economiche passive. In secondo luogo il finanziamento statale, modificando le regole della libera concorrenza, ha istituito un regime di aiuti di dubbia compatibilità con le norme europee, in particolare con gli articoli 92 e 93 del trattato istitutivo CEE. Cfr. al riguardo QUADRI, cit., pag. 330.

182 Relazione finale della commissione per il riordinamento del sistema delle

imponessero alle società operative e agli enti di gestione di remunerare i fondi di dotazione ottenuti dallo Stato. Si auspicava inoltre la predisposizione di un controllo maggiore sul perseguimento degli obiettivi di redditività e l’individuazione dei settori prioritari sui quali intervenire.

La crisi in cui entrò il sistema delle partecipazioni statali fu aggravato dalle pressioni europee, che imponevano un ripensamento dell’intero sistema a tutela della libera concorrenza e dell’eliminazione di forme di aiuti di stato incompatibili con il Trattato CE183. Soprattutto

a seguito dell’elaborazione e dell’entrata in vigore del Trattato di Maastricht fu infatti chiara la crescente diffidenza delle istituzioni comunitarie verso le imprese pubbliche, e le azioni di sostegno non autorizzate dalla Commissione. Con un ulteriore effetto: la modifica del contesto del mercato in cui le aziende a partecipazione pubblica operavano (in special modo nel campo dei servizi pubblici), a causa dell’armonizzazione delle normative e dell’eliminazione degli ostacoli alla libera circolazione delle merci e delle persone, nonché degli interventi volti a liberalizzare settori sino ad allora protetti, ovvero in regime di riserva. Vi si aggiunga la crescente esigenza di recuperare

183 Le ragioni della crisi del sistema sono state variamente individuate

nell’eccessiva espansione dei settori d’intervento, che ha reso pressoché impossibile il controllo ed il coordinamento del sistema; nel graduale abbandono dell’ottica imprenditoriale in favore di quella di sostegno di settori in crisi strutturale, per il perseguimento di finalità politiche e sociali; nella dipendenza del sistema dal meccanismo di finanziamento gestito dal potere politico, con conseguente asservimento del primo all’influenza del secondo; nell’inesistenza per le società a partecipazione pubblica della “sanzione economica” a tutela dell’equilibrio finanziario della gestione: il socio pubblico può destinare d’autorità, a differenza di quanto avviene nelle società a partecipazione privata, le risorse finanziarie necessarie alla propria impresa, libero dai condizionamenti del mercato all’emanazione delle leggi sulla programmazione economica nazionale. Cfr. in tal senso URBANO, Le società a partecipazione pubblica tra tutela della concorrenza, moralizzazione e amministrativizzazione, in Amministrazione in Cammino, 2012, pag. 6.

risorse pubbliche al fine di rispettare quei vincoli di salubrità finanziaria imposti proprio a livello comunitario.

Nella consapevolezza che il sistema delle partecipazioni statali non avrebbe potuto reggere ancora a lungo, a cavallo tra gli anni ottanta e gli anni novanta se ne avviò dunque il graduale ridimensionamento, processo accompagnato, sul piano politico e istituzionale, l’abolizione del Ministero per le partecipazioni Statali.

Il processo di privatizzazione ha importato il mutamento della forma giuridica dell’impresa pubblica verso assetti più flessibili ed adeguati all’esercizio di attività imprenditoriali ed, in particolare, la trasformazione delle aziende autonome e degli enti di diritto pubblico in società di diritto privato, nonché la vendita a privati delle partecipazioni nelle società - a volte anche la quotazione in borsa (come nel caso di ENI ed ENEL) - anche al fine di destinare i proventi al risanamento del bilancio pubblico184. Al termine di tale complesso

procedimento, il legislatore mirava a garantire una partecipazione privata prevalente, se non totalitaria, con la conseguente contendibilità della società sul mercato; al contempo però introduceva adattamenti ritenuti necessari per garantire l’intervento della partecipazione pubblica in una struttura organizzativa strumentale ad un’attività di carattere lucrativo, riproponendo il problema della “confluenza dell’interesse pubblico nell’interesse sociale”, senza nondimeno snaturare le caratteristiche tipologiche della società185. Tuttavia, come si vedrà nel

prosieguo, sin dall’inizio gli interventi di privatizzazione sono stati reputati da parte della dottrina non del tutto adeguati alla

184 Il primo fenomeno può definirsi privatizzazione formale o in senso debole, il

secondo privatizzazione sostanziale (o in senso forte).

185 Cfr SANTONASTASO, Le società di diritto speciale, cit., p. 280. Si veda anche, in tal

concretizzazione del fine dichiarato, per la frammentarietà dei provvedimenti, l’inadeguatezza delle fonti prescelte, quasi esclusivamente decreti legge, spesso reiterati in più occasioni, sintomo che l’intero processo ha seguito un percorso accidentato, sotto le pressioni sociali e politiche dell’epoca, nonché sulla scia dell’ampliamento della sfera d’intervento delle istituzioni comunitarie. Il quadro che ne deriva è frammentato e in tale sede non è opportuno, né utile, seguirne pedissequamente gli sviluppi. Si è di contro preferito un approccio diacronico essenziale, volto a cogliere nei suoi aspetti salienti lo spirito di una riforma che, pur imperfetta, ha comunque segnato la storia dell’amministrazione repubblicana, sulla scia delle trasformazioni che proprio negli anni a cavallo tra ottanta e novanta avrebbero aperto nuovi scenari economico-finanziari in tutta Europa.

Nel documento Pubblico e privato nelle società legali (pagine 103-107)