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1. INTRODUZIONE

1.7 Gli inibitori tirosinochinasici di EGFR e il loro meccanismo d’azione

1.7.1 Valutazione clinica dell’efficacia degli inibitori tirosinochinasici di EGFR

La promettente attività di gefitinib riscontrata negli studi di fase I nei pazienti con NSCLC 90-93 è stata approfondita in due studi di fase II multicentrici: IDEAL-1 (Iressa Dose Evaluation in Advanced Lung cancer) in Giappone e in Europa e IDEAL-2 negli Stati Uniti. 94,95 Entrambi gli studi hanno confrontato l’efficacia delle dosi orali giornaliere di gefitinib di 250 e 500 mg. Queste dosi sono state scelte perché 250 mg/die corrispondeva alla dose minima efficace e 500 mg/die rappresentava la dose massima tollerabile per un utilizzo prolungato. 94,95 Nello studio IDEAL-1 erano stati arruolati 210 pazienti con diagnosi di NSCLC precedentemente trattati con uno o più regimi di chemioterapia. Nei pazienti trattati con 250 e 500 mg l’objective response rate (ORR) era, rispettivamente, 18.4% (95% confidence interval [CI], 11.5-27.3) e 19.0% (95% CI, 12.1-27.9); la Progression Free Survival mediana (mPFS) 2.7 e 2.8 mesi e la sopravvivenza mediana (mOS) 7.6 e 8.0 mesi. Gli effetti avversi erano più frequenti nel gruppo con la dose di farmaco più elevata (1.9% contro 9.4%).

Nello studio IDEAL-2 erano stati arruolati 221 pazienti con diagnosi di NSCLC in stadio IIIB o IV, pretrattati con almeno 2 linee di chemioterapici. Anche in questo caso erano stati previsti due gruppi di trattamento, uno con 250 ed uno con 500 mg/die di gefitinib. Secondo i criteri RECIST, le risposte parziali erano il 12% (95% CI, 6% -20%) e il 9% (95% CI, 4% -16%) nei pazienti trattati con 250 e 500mg di gefitinib, rispettivamente. Anche in questo studio, la dose di 500 mg era associata ad una maggiore tossicità

40 cutanea (p=0.04) e gastroenterica (P=0.006). 95 Sulla base dei dati ottenuti dagli studi di fase II, Gefitinib ha ottenuto nel 2002 l’approvazione in Giappone e in Corea del Sud per il trattamento di II linea del tumore del polmone non a piccole cellule in stadio avanzato e nel 2003 l’approvazione dalla US Food and Drug Administration per il trattamento di III linea. 96

Contemporaneamente, Erlotinib è stato sviluppato con studi di fase I, per cui è stata selezionata la dose orale giornaliera di 150 mg. 97 L’efficacia di erlotinib è stata valutata in uno studio clinico di fase II condotto su 57 pazienti con NSCLC in stadio avanzato, pretrattati con chemioterapia a base di platino. 98 Il tasso di risposta obiettiva era 12.3% (95% CI, 5.1% to 23.7%). La PFS e l’OS mediane erano di 2.1 e 8.4 mesi, rispettivamente. 98

Modelli preclinici hanno indicato una possibile sinergia tra EGFR TKI e chemioterapia 99,100, pertanto erlotinib e gefitinib sono stati valutati in studi clinici di fase III come trattamento di prima linea.

Gefitinib in combinazione con chemioterapia è stato valutato negli studi INTACT-1 e 2. 101,102

Nello studio INTACT-1 sono stati arruolati 1093 pazienti (Tabella 1.1) con NSCLC in stadio IIIB-IV non pretrattati con farmaci chemioterapici. I pazienti ricevevano cisplatino 80 mg/m2 (giorno 1) e gemcitabina 1250 mg/m2 (giorni 1 e 8) ogni tre settimane per 6 cicli in associazione a placebo o gefitinib 250 e 500mg/die. Non si riscontravano differenze significative in termini ORR: 44.8%, 50.3% e 49.7%, mOS 10.9, 9.9 e 9.9 mesi (p=0.456) e mPFS 6.0, 5.8 e 5.5 mesi (p=0.763).

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Tabella 1.1. Confronto dell’efficacia in termini di ORR (Objective Response Rate), mTTP (median Time To Progression) e mOS (median Overall Survival) degli studi clinici di fase III condotti su gefitinib (INTACT-1, INTACT-2) ed erlotinib (TRIBUTE, TALENT) vs placebo.

Anche lo studio INTACT-2 ha confrontato l’efficacia di gefitinib (250 e 500mg) con placebo in associazione a chemioterapia nella popolazione americana, dove lo standard di trattamento era rappresentato dallo schema carboplatino AUC 6 e paclitaxel 225mg/m2. ORR era 28.7%, 30.4% e 30% nei pazienti trattati con placebo, 500mg e 250mg di gefitinib e chemioterapia, rispettivamente; mTTP 5, 5.3 e 4.6 mesi (p=0.056); mOS 9.9, 9.8 e 8.7 mesi (p=0.638).

Gli studi di combinazione di chemioterapia e TKI per il trattamento di prima linea del tumore del polmone non hanno dimostrato alcun vantaggio in termini né di sopravvivenza né di PFS (Tabella 1.1), a scapito di una maggiore tossicità per il trattamento sperimentale. 101-104 I motivi di questo fallimento sono sconosciuti; speculazioni sono state fatte sul possibile ruolo

Tabella 1.1

Studio clinico Reference PMID Braccio N. pazienti ORR mTTP (mesi) mOS (mesi)

INTACT-1 (2004) Giaccone G. et al. 14990632 1093 p=0.763 p=0.456

placebo+CDDP/GEM 356 44.8% 6 10,9

gefitinib 250 mg+CDDP/GEM 365 50.3% 5,8 9,9

gefitinib 500 mg+CDDP/GEM 363 49.7% 5,5 9,9

INTACT-2 (2004) Herbst R. et al. 14990633 1037 p=0.0562 p=0.6385

placebo+CBDCA/TXL 347 28.7% 5 9,9

gefitinib 250 mg+ CBDCA/TXL 345 30.4% 5,3 9,8

gefitinib 500 mg+CBDCA/TXL 347 30% 4,6 8,7

TRIBUTE (2005) Herbst R. et al. 16043829 1059 p=0.36 p=0.95

placebo+CBDCA/TXL 523 19.3% 4,9 10,5

erlotinib 150 mg+CBDCA/TXL 526 21.5% 5,1 10,6

TALENT (2007) Gatzmeier U. et al. 17442998 1159 p=0.74 p=0.49

placebo+CDDP/GEM 579 29.9% 5,7 10,3

42 citostatico degli inibitori TKI in vivo e del suo possibile antagonismo con la chemioterapia. In particolare, si è ipotizzato che l'arresto del ciclo cellulare in fase G1 ad opera degli inibitori tirosinochinasici possa ridurre l’attività della chemioterapia.

Lo studio di fase III TORCH è stato disegnato per verificare l'ipotesi che erlotinib possa essere un'alternativa efficace alla chemioterapia di prima linea in pazienti non selezionati con NSCLC avanzato. TORCH confrontava la sequenza erlotinib e poi chemioterapia rispetto alla sequenza inversa: chemioterapia e poi erlotinib. I pazienti assegnati al braccio sperimentale hanno ricevuto erlotinib 150 mg/die fino a progressione di malattia e in seconda linea cisplatino 80 mg/m2 (giorno 1) e gemcitabina 1200 mg/m2 (giorni 1 e 8) ogni 3 settimane per un massimo di sei cicli. I pazienti assegnati al braccio standard hanno ricevuto gli stessi farmaci, ma con sequenza inversa. Dal confronto dei due bracci è emerso che il trattamento standard era superiore rispetto a quello sperimentale per quanto concerneva OS: mediana di 11.6 contro 8.7 mesi (HR 1.22; 95% CI, 1.03-1.44; p<0.05) e PFS: mediana di 8.9 e 6.4 mesi (HR 1.21; IC 95%, 1.04-1.42; p<0.05). Dei pazienti assegnati al braccio standard, 32.6% ha ottenuto una risposta obiettiva: 25.6% con chemioterapia di prima linea, 4.7% con seconda linea di erlotinib e 2.4% con entrambe le linee. Tra i pazienti assegnati al braccio sperimentale, il 20.3% ha ottenuto una risposta obiettiva: 8.7% con erlotinib in prima linea, 10.5% con chemioterapia in seconda linea e 1.1% con entrambe le linee. Dei pazienti trattati in prima linea con chemioterapia, il 61% ha ricevuto un trattamento di II linea con erlotinib; al contrario,

43 solamente il 52% dei pazienti trattati in prima linea con erlotinib ha avuto la possibilità di eseguire la II linea con chemioterapia. 105

Sebbene in prima linea i farmaci TKI di EGFR non si siano dimostrati utili da un punto di vista clinico, dati in II linea di trattamento ne hanno dimostrato l’efficacia. Infatti, contemporaneamente agli studi di prima linea, sono stati condotti studi di fase III randomizzati contro placebo per erlotinib (BR21) e gefitinib (ISEL).

Lo studio BR-21 ha valutato l’efficacia di erlotinib nei pazienti pretrattati con chemioterapia. I pazienti inclusi nello studio venivano randomizzati (2:1) a ricevere erlotinib 150 mg/die o placebo. Nel braccio con erlotinib le risposte obiettive sono state 8.9%, mentre in quello con placebo erano <1% (P<0.001). Inoltre, erlotinib mostrava un vantaggio in PFS e OS (mPFR 2.2 e 1.8 mesi (HR=0.74; p<0.01); mOS 6.7 e 4.7 mesi (HR=0.7; p<0.001) (Figura 2.9). Pertanto erlotinib è stato registrato per il trattamento di II linea dei pazienti con NSCLC. 106

Figura 2.9. Progression free survival e overall survival riportate nello studio BR21 per il braccio di trattamento con erlotinib (linea continua) e placebo (linea tratteggiata). 106

44 Analogamente, lo studio ISEL (Iressa Survival Evaluation in Lung Cancer) ha confrontato il trattamento con gefitinib 250mg/die rispetto a quello con placebo in pazienti pretrattati con chemioterapia. Sebbene ORR fosse 8.0% nel gruppo trattato con gefitinib e 1.3% in quello trattato con placebo (p<0.0001), lo studio ha fallito nel dimostrare un vantaggio significativo in OS, rispettivamente 5.6 e 5.1 mesi (HR=0.89; p=0.087). I motivi di questo fallimento non sono stati del tutto chiariti. Sono state avanzate alcune ipotesi: l’inefficacia di gefitinib in pazienti refrattari al trattamento chemioterapico, il dosaggio non ottimale perché non corrispondente alla dose massima tollerata e l’intrinseca non-responsività a gefitinib della popolazione indagata, con l’inevitabile conseguenza che la mancanza di beneficio in sopravvivenza sarebbe stata presente ab initio. 107

Studi di fase III hanno confrontato il trattamento in II linea con chemioterapia (docetaxel o pemetrexed) con gefitinib (INTEREST e V-15-32) o erlotinib (DELTA, TITAN e HORG). Lo studio INTEREST ha valutato 733 pazienti per braccio e ha dimostrato una non inferiorità di gefitinib rispetto a docetaxel, ma associata ad un profilo di tossicità più tollerabile. 108 Lo studio V-15-32, al contrario, non ha raggiunto i criteri sufficienti per dimostrare la non inferiorità di gefitinib 109 (Tabella 1.2). Anche gli studi con erlotinib versus chemioterapia (DELTA, HORG e TITAN) non hanno dimostrato nessuna differenza significativa in sopravvivenza tra i due bracci di trattamento. 110-112

45

Tabella 1.2. Confronto di efficacia in termini di ORR, mPFS e mOS negli studi clinici di fase III con gefitinib (INTEREST, V-15-32) ed erlotinib (DELTA, HORG, TITAN) vs chemioterapia.

Complessivamente, questi studi clinici con gefitinib avevano rivelato la presenza di un sottogruppo di pazienti responsivo al trattamento con tassi di risposta obiettiva di circa il 10% nei caucasici e circa il 30% negli asiatici.

94,95,113

Inoltre, la maggior parte dei pazienti che rispondevano al trattamento con TKI erano non fumatori, donne, giovani e con diagnosi istologica di adenocarcinoma. 17,95,114 Lynch e Paez, sequenziando il gene EGFR, hanno dimostrato nei pazienti rispondenti al trattamento la presenza di frequenti mutazioni del dominio tirosinochinasico (esoni 18-21) del recettore. 11,12,46 Il gruppo di studio del Memorial Sloan Kettering Cancer Center estese queste osservazioni al trattamento con erlotinib e riuscì a dimostrare che alcune mutazioni attivanti EGFR erano associate ad una maggiore percentuale di risposta. 11

Sulla base di queste osservazioni lo studio IPASS ha confrontato il trattamento con gefitinib rispetto a quello con carboplatino e paclitaxel in prima linea in un gruppo selezionato di pazienti: asiatici, non fumatori e con

46 adenocarcinoma del polmone in stadio IIIB-IV. Su 1217 pazienti arruolati, gli autori hanno riportato una migliore PFS per i pazienti trattati con gefitinib che con chemioterapia (mediana 5.7 e 5.8; HR=0.74; 95%CI 0.65-0.85 p<0.001). Ancor più rilevante, risultava essere il test di interazione significativo per lo stato mutazionale di EGFR (P<0.0001). Infatti, nei 261 pazienti con mutazione di EGFR il trattamento con gefitinib determinava una miglior PFS rispetto alla chemioterapia (HR=0.48; 95% CI 0.36-0.64; p<0.001). Al contrario, nei pazienti con tumori senza mutazione di EGFR, il trattamento con carboplatino e paclitaxel era superiore in termini di PFS (HR=2.85; 95% CI: 2.05-3.98; p<0.001). Tuttavia, differenze significative non erano riportate per l’OS. Un alto tasso di cross over è stato chiamato in causa per spiegare tali differenze. 115

Pertanto, in pazienti con NSCLC con mutazione di EGFR, sono stati disegnati studi clinici di fase III per confrontare il trattamento con EGFR TKI con la chemioterapia (Tabella 1.3).

47

Tabella 1.3. Confronto di efficacia degli studi clinici di fase III con erlotinib (EURTAC, OPTIMAL), gefitinib (WJTOG3405, NEJ002, IPASS) e afatinib (LUX-Lung 3, LUX-Lung 6) vs chemioterapia in pazienti con NSCLC in stadio avanzato con mutazioni attivanti di EGFR.

Due studi giapponesi hanno confrontato l’efficacia di gefitinib rispetto alla combinazione di platino e di un taxano in popolazioni di pazienti selezionate per mutazioni di EGFR: WJTOG3405 e NEJ002. Lo studio WJTOG3405 del West Japan Oncology Group ha confrontato l’impiego di gefitinib e di cisplatino più docetaxel in prima linea in pazienti con NSCLC con mutazioni attivanti di EGFR. I pazienti erano randomizzati in due bracci di trattamento: gefitinib 250 mg/die oppure cisplatino 80 mg/m2 più docetaxel 60 mg/m2 ogni 21 giorni per massimo di sei cicli. Il trattamento con gefitinib era superiore in PFS rispetto alla chemioterapia (mediana 9.2 e 6.3; HR=0.489; 95% CI 0.336–0.710; p<0.0001). L’analisi per sottogruppi mostrava che i pazienti con delezione dell’esone 19 avevano rispettivamente mPFS di 9.0 e di 6.0 mesi; mentre i pazienti con mutazione L858R avevano

48 mPFS di 9.6 e di 6.7 mesi (Figura 1.5). L’ORR era dell’85% nei pazienti trattati con gefitinib e 38% per quelli con chemioterapia. 116 Nessuna differenza statisticamente significativa era stata osservata per quanto riguarda l’OS tra i due bracci di trattamento.

Figura 1.5. Studio WJTOG3405: confronto di efficacia in termini di PFS (A) e OS (B) nei pazienti trattati con gefitinib e con cisplatino più docetaxel.

Lo studio NEJ002 del North-East Japan Oncology Group confrontava l’impiego in prima linea di gefitinib con quello di carboplatino e paclitaxel. Questo studio è stato interrotto precocemente per i risultati dell’interim analysis che dimostravano una miglior PFS per il trattamento con gefitinib rispetto alla chemioterapia: mPFS 10.8 e 5.4 mesi (HR=0.30; 95% CI: 0.22- 0.41; p<0.001). 115,117

Risultati simili erano stati osservati per il trattamento con erlotinib in pazienti non pretrattati e selezionati per le mutazioni di EGFR: studio OPTIMAL e EURTAC).

I pazienti inclusi nello studio OPTIMAL (CTONG-0802) erano randomizzati a ricevere in prima linea erlotinib 150 mg/die oppure

49 carboplatino AUC 5 (giorno 1) più gemcitabina 1000 mg/m2 (giorni 1 e 8) ogni 21 giorni per un massimo di 4 cicli. Gefitinib determinava una PFS significativamente maggiore rispetto al trattamento chemioterapico (mPFS 13.1 e 4.6 mesi, rispettivamente; HR=0.16; 95% IC 0.10-0.26; p<0.0001) (Figura 1.6). Anche in questo studio non si apprezzavano significative differenze in OS nei due bracci di trattamento: mOS 22.8 e 27.2 mesi con erlotinib e con chemioterapia; HR=1.19; 95% IC 0.83-1.71; p=0.2663). 118

Figura 1.6: STUDIO OPTIMAL. Confronto di PFS nei due bracci di trattamento (erlotinib vs carboplatino/gemcitabina).

Lo studio EURTAC è stato il primo realizzato su pazienti caucasici (popolazione europea) per confrontare l’efficacia dell’impiego di erlotinib in I linea rispetto al trattamento chemioterapico standard in pazienti con NSCLC in stadio IIIB-IV con mutazioni attivanti di EGFR. Il braccio di chemioterapia standard prevedeva, secondo scelta dell’investigatore, l’utilizzo di cisplatino (o carboplatino) più docetaxel oppure di cisplatino (o carboplatino) più

50 gemcitabina. Si noti che il pemetrexed non fu incluso nelle opzioni di trattamento perché all’epoca dello studio non era ancora stato approvato come trattamento di I linea. Erlotinib determinava un incremento della PFS rispetto al trattamento standard (mPFS 9.7 e 5.2 mesi; HR=0.37; 95% IC 0.25-0.54; p<0.0001) (Figura 1.7). L’analisi per sottogruppi mise in evidenza che nei pazienti con mutazione Ex19del trattati con erlotinib e in quelli trattati con chemioterapia la mPFS era di 11.0 e di 4.6 mesi (HR=0.30; 95% CI 0.18- 0.50; p<0.0001), mentre in quelli con L858R era di 8.4 e di 6.0 mesi (HR=0.55; 95% CI 0.29-1.02; p=0.0539). 119

Figura 1.7. Studio EURTAC: confronto di PFS nella popolazione generale di pazienti trattati con erlotinib o chemioterapia (platino più docetaxel oppure platino più gemcitabina).

Complessivamente, tutti gli studi in pazienti con mutazione di EGFR in prima linea hanno dimostrato un vantaggio in PFS per il trattamento con erlotinib e gefitinib rispetto alla chemioterapia. Tuttavia, nessun vantaggio significativo in OS è stato ottenuto. Data l’elevata efficacia del trattamento

51 con TKI nei pazienti con mutazione di EGFR, in tutti gli studi descritti è stato riportato un alto tasso di cross-over con erlotinib o gefitinib nei pazienti trattati in prima linea con chemioterapia.

Anche Afatinib, un TKI irreversibile di II generazione attivo contro tutti i recettori della famiglia HER, è stato confrontato con il trattamento con chemioterapia in pazienti non pretrattati e con tumori EGFR mutati.

Lo studio LUX-Lung 3 includeva pazienti asiatici e caucasici con NSCLC, stadio IIIB-IV, con mutazioni di EGFR (l’analisi interessava i codoni 18-21), suddivisi nei due bracci di trattamento: quello sperimentale con afatinib 40 mg/die e quello standard con cisplatino 75 mg/m2 e pemetrexed 500 mg/m2 ogni 21 giorni, fino ad un massimo di 6 cicli. L’impiego di afatinib determinava un incremento della PFS rispetto alla chemioterapia: mPFS 11.1 e 6.9 mesi, rispettivamente (HR=0.58; 95% CI 0.43-0.78, p=0.0004). Nel braccio sperimentale e in quello standard si riscontrava mOS di 31.6 e 28.2 mesi (HR=0.78) (Figura 1.8), mentre ORR era, rispettivamente, del 56.1% e del 22.6%. 120,121

52 I risultati ottenuti dallo studio LUX-Lung 3 sono stati confermati dalle osservazioni scaturite dallo studio LUX-Lung 6. In un setting analogo di pazienti, stavolta però esclusivamente di origine asiatica, afatinib 40mg/die veniva confrontato con cisplatino 75 mg/m2 (giorno 1) e gemcitabina 1000 mg/m2 (giorni 1 e 8) ogni 21 giorni per un massimo di 6 cicli Lo studio dimostrava un significativo incremento di PFS nel braccio di trattamento con afatinib rispetto a quello con cisplatino/gemcitabina (mPFS 11.0 e 5.6 mesi, rispettivamente (HR=0.28; 95% CI 0.20-0.39; p<0.0001). Differenze significative in OS non erano descritte, con una mOS di 23.6 e di 23.5 mesi per i pazienti tratti con afatinib e chemioterapia, rispettivamente. 117,121

Successivamente, è stata riportata l’analisi combinata dei dati di sopravvivenza degli studi Lux-Lung-3 e 6 con un follow-up più maturo (Figura 1.9). Nell’analisi per sottogruppi prepianificata dei pazienti con mutazione Ex19del, il trattamento con afatinib determinava un incremento significativo dell’OS (mOS 31.7 e 20.7 mesi; HR=0.59, 95%-CI: 0.45-0.77; p=0.0001). Tale vantaggio in OS era presente in entrambi gli studi per il sottogruppo di pazienti con Ex19del. Al contrario nessuna differenza statisticamente significativa era osservata per i pazienti con mutazione L858R.

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Figura 1.9: Risultati di OS combinati degli studi Lux-Lung 3 e 6. (A) dati relativi ai pazienti con tumori con delezione dell’esone 19 e (B) con la mutazione L858R.

Sebbene l’efficacia degli inibitori TKI sia stata dimostrata indiscutibilmente nei pazienti con mutazioni Ex19del e L858R di EGFR, il ruolo di questi farmaci nel trattamento dei pazienti senza mutazione attivante di EGFR è stato a lungo controverso. Lo studio TAILOR (Tarceva Italian Lung Optimization Trial) ha confronto il trattamento con erlotinib e quello con docetaxel in pazienti con EGFR wild-type, progrediti dopo una prima linea di chemioterapia a base di platino. I risultati ottenuti mostravano che nel trattamento di seconda linea di pazienti con NSCLC EGFR wild-type la chemioterapia era più efficace di erlotinib, sia in termini di mOS (8.2 e 5.4 mesi, HR=0.73; 95% CI 0.53-1.00; p=0.05) che in termini di mPFS (2.9 mesi e 2.4 mesi, HR=0.71; 95% CI 0.53-0.95; p=0.02) 122 (Figura 2.0).

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Figura 2.0: Studio TAILOR. Confronto di efficacia in termini di OS (A) e PFS (B) in pazienti con NSCLC con EGFR wild-type trattati con erlotinib o docetaxel.

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