• Non ci sono risultati.

Determinazione della mutazione di resistenza acquisita T790M nel DNA circolante di pazienti progrediti dopo trattamento con un inibitore tirosinochinasico di EGFR

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Determinazione della mutazione di resistenza acquisita T790M nel DNA circolante di pazienti progrediti dopo trattamento con un inibitore tirosinochinasico di EGFR"

Copied!
99
0
0

Testo completo

(1)

1

ABSTRACT

Nei pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule, localmente avanzato o metastatico, la presenza di mutazioni attivanti di EGFR è un fattore predittivo di risposta al trattamento con inibitori tirosinochinasici (TKI). Gefitinib, erlotinib o afatinib sono lo standard di trattamento di prima linea per questi pazienti. Nonostante un tasso del 50-70% di risposte obiettive, i pazienti progrediscono dopo una mediana di 9-13 mesi per l’insorgenza di fenomeni di resistenza acquisita. La seconda mutazione T790M di EGFR si ritrova nel 50% dei pazienti progrediti e determina resistenza al trattamento con TKI in vitro. Recentemente, farmaci inibitori di EGFR di terza generazione (AZD9291 e rociletinib) hanno dimostrato una promettente attività nei pazienti progrediti al trattamento con TKI di prima linea che abbiano sviluppato la mutazione T790M. Tuttavia, l’esecuzione di biopsie al momento della progressione di malattia può essere problematica, causare sofferenza al paziente ed essere associata a possibili complicanze. Pertanto, la determinazione della comparsa della mutazione T790M nel plasma del paziente potrebbe rappresentare un utile biomarcatore di questa tipologia di resistenza acquisita.

La mutazione T790M è stata ricercata nel plasma di 34 pazienti affetti da tumore con mutazione attivante di EGFR (L858R, L747P o Ex19INDEL) e progrediti durante trattamento con TKI. Il 65% dei pazienti aveva sviluppato la mutazione T790M al momento della progressione. Dieci pazienti avevano eseguito una nuova biopsia al momento della progressione: 4 pazienti presentavano la mutazione T790M a livello istologico e nel plasma, 4 erano

(2)

2 negativi in entrambi i test e 2 pazienti avevano una biopsia negativa, ma la mutazione T790M riscontrabile nel plasma. I pazienti con mutazione di resistenza acquisita T790M avevano un vantaggio in sopravvivenza rispetto a quelli senza tale mutazione (43 e 25.4 mesi, p=0.002).

Il plasma dei pazienti può rappresentare uno strumento per la determinazione delle mutazioni di resistenza acquisita. I nostri risultati sono in linea con quanto riportato in letteratura per frequenza di mutazione e comportamento clinico. Rimane da indagare il ruolo della biopsia liquida nella predizione della risposta a trattamenti con inibitori tirosinochinasici di terza generazione.

(3)

3

INDICE

ABSTRACT………..3

1. INTRODUZIONE ... 5

1.1 Epidemiologia ... 5

1.2 Struttura del recettore EGFR e sua attivazione ... 10

1.3 Caratterizzazione molecolare delle mutazioni di EGFR ... 15

1.4 Effetto delle mutazioni di EGFR nella trasduzione del segnale ... 17

1.5 Ruolo di EGFR nell’oncogenesi del tumore del polmone ... 24

1.6 Metodiche per la determinazione delle mutazioni di EGFR ... 31

1.7 Gli inibitori tirosinochinasici di EGFR e il loro meccanismo d’azione ... 36

1.7.1 Valutazione clinica dell’efficacia degli inibitori tirosinochinasici di EGFR nei pazienti affetti da neoplasie polmonari non a piccole cellule ... 39

1.7.2 Resistenza acquisita agli inibitori tirosinochinasici di EGFR ... 55

1.8 Il DNA circolante tumorale... 60

1.8.1 Il ruolo del DNA circolante nella diagnosi di resistenza acquisita agli inibitori tirosin chinasici di EGFR ... 62

2. OBIETTIVI DELLO STUDIO ... 63

3. MATERIALI E METODI ... 64

3.1 Selezione dei pazienti ... 64

3.2 Prelievo di plasma ed estrazione del DNA tumorale circolante ... 64

3.3 Analisi del DNA tumorale circolante ... 65

3.4 Analisi dei dati ... 66

4. RISULTATI ... 67

(4)

4

6. CONCLUSIONI ... 75

Bibliografia ... 75

(5)

5

1. INTRODUZIONE 1.1 Epidemiologia

Il tumore del polmone è la prima causa di morte per patologia neoplastica con circa due milioni di nuovi casi all’anno stimati nel mondo. 1

L’incidenza varia a seconda del paese di origine ed in base al sesso, in quello maschile i tassi di incidenza più elevati si registrano in Europa Orientale e negli Stati Uniti (rispettivamente 65.7/100’000 abitanti e 61.2/100’000 abitanti), mentre quelli più bassi si rilevano in Africa, in America Centrale, in America Latina e in Asia Centrale. 2,3 Nel sesso femminile, invece, i tassi d’incidenza maggiori sono riportati in Nord America e in Nord Europa (rispettivamente 35.6/100000 e 21.3/100000 abitanti), mentre quelli minimi si riscontrano in Africa, in America Latina e in Asia Centrale. 2,3

Nella maggior parte dei casi la diagnosi di neoplasia polmonare avviene tardivamente: infatti, in oltre il 75% dei casi, la malattia viene diagnosticata in fase localmente avanzata o metastatica. Si stima che considerando tutta la popolazione mondiale il tumore del polmone sia responsabile di 1.4 milioni di decessi annualmente, ovvero il 28% dei decessi per cancro nel sesso maschile e il 26% in quello femminile, rappresentando la prima causa di morte per neoplasia nell’uomo e la seconda nella donna, dopo il carcinoma mammario. 4

Negli Stati Uniti sono stimati 221’200 nuovi casi di tumori polmonari primitivi per il 2015, circa il 13% del numero complessivo di neoplasie maligne, e 158'040 decessi, il 27% dei decessi per neoplasia. 4 In USA si è assistito ad una riduzione del tasso di mortalità a partire dagli anni ’90 nel

(6)

6 sesso maschile e dagli anni 2000 anche nel sesso femminile, fino a registrare un trend in riduzione rispettivamente del 2.9% e 1.9% annuo (Figura 1.1). 4

Figura 1.1. Variazione dell’incidenza delle principali patologie neoplastiche negli anni

in USA 4

In Europa è il secondo tumore in ordine d’incidenza nel sesso maschile, dopo quello della prostata, e il terzo nel sesso femminile, dopo quelli di mammella e colon. 5 Nel 2015 si stima che in Europa i decessi per neoplasia polmonare saranno circa 280'000. 6

In Italia nel 2015 sono state stimate circa 41’000 nuove diagnosi di tumore del polmone, circa l’11% delle nuove diagnosi di neoplasia nella popolazione generale. 7 In Italia, il tumore del polmone causa annualmente 32’000 morti, costituendo il 27% dei decessi per neoplasia nell’uomo e l’11% nella donna, ove rappresenta rispettivamente la prima e la terza causa di morte per neoplasia. L’analisi dell’andamento temporale conferma il trend in riduzione nel sesso maschile con un decremento del 7.2% annuo, ma un

(7)

7 incremento nel sesso femminile pari all’1.9% annuo negli ultimi venti anni. 7

Così come per l’incidenza, anche questo dato è ascrivibile alla differente abitudine al fumo nei due sessi. Tuttavia, l’incidenza è in riduzione già dagli anni ‘80 per il sesso maschile e, più recentemente, dal 2000 anche per quello femminile. Dal 2007 al 2011 la riduzione del tasso d’incidenza è stata del 3% annuo nell’uomo e del 2.2% nella donna. 4

Tale riduzione segue la ridotta abitudine al fumo, ottenuta negli Stati Uniti grazie alle campagne antifumo degli ultimi decenni. Infatti, il fumo di sigaretta rappresenta il fattore di rischio più importante per questa malattia. I soggetti che fumano più di 40 sigarette al giorno hanno un rischio di sviluppare un carcinoma del polmone fino a 60 volte maggiore rispetto ai soggetti non fumatori. Per i soggetti esposti al fumo passivo per periodi prolungati il rischio di sviluppare una neoplasia polmonare è circa 1.5 volte maggiore rispetto ai soggetti non fumatori. Dal momento che il processo di cancerogenesi polmonare necessita di un periodo di latenza di circa 20 anni, il rischio si riduce progressivamente da quando il soggetto smette di fumare. È stato calcolato che il rischio si dimezza dopo 5 anni di astensione e torna basale, quindi equiparabile a quello dei non fumatori, dopo circa 20 anni. 8

Esistono plurime varianti istologiche di tumore del polmone: le principali sono l’adenocarcinoma (40-45%), il carcinoma squamoso (30-40%), il carcinoma a piccole cellule o microcitoma (15-20%) e il carcinoma a grandi cellule (10-15%). 8

Il fumo di sigaretta si associa più strettamente con i tumori a piccole cellule e con quelli ad istologia squamosa. Negli ultimi anni si è registrato un aumento relativo degli adenocarcinomi da circa il 30% degli anni ‘70 a circa il

(8)

8 50% oggigiorno, probabilmente per una diversa abitudine al fumo di sigaretta. 9

Per le neoplasie polmonari sono stati sviluppati farmaci inibitori tirosinochinasici di EGFR. Rapidamente, si è capito che la presenza di mutazioni attivanti di EGFR è un fattore predittivo di risposta a questi trattamenti. 10-13 Oggi si ritiene che le neoplasie con mutazioni di EGFR possano rappresentare un sottotipo particolare di neoplasie polmonari. Infatti, le mutazioni di EGFR si riscontrano più frequentemente nel sesso femminile, nei pazienti relativamente più giovani, non fumatori, e di origine asiatica. 14,15 Nella stragrande maggioranza dei casi le mutazioni di EGFR si riscontrano negli adenocarcinomi, anche se occasionalmente possono essere osservate anche nei carcinomi squamosi (circa il 5%). 16 In particolare, le neoplasie con crescita lepidica, una volta indicate come carcinomi bronchiolo alveolari, sono quelle con frequenza di mutazione di EGFR più alta. 17 Nella quasi totalità dei casi, la presenza di mutazioni di EGFR è mutualmente esclusiva con quelle di KRAS 18, anche se casi con doppia mutazione sono stati riportati occasionalmente in letteratura. 19 Le mutazioni di EGFR sono riportate in circa il 10-15% della popolazione caucasica, ma in popolazioni selezionate di pazienti asiatici non fumatori possono raggiungere fino al 70% dei casi. Nella popolazione europea analizzata da Rosell e collaboratori, 350 di 2015 pazienti (16.6%) avevano una mutazione di EGFR 20 (Figura 1.2).

La presenza di mutazione di EGFR rappresenta un fattore prognostico positivo per i pazienti con malattia metastatica come dimostrato dall’analisi delle mutazioni di EGFR negli studi che hanno valutato la combinazione della chemioterapia di prima linea con inibitori TKI. 19,21 Nei pazienti con neoplasie

(9)

9 resecate sembra essere un fattore prognostico positivo per l’overall survival nell’analisi univariata, ma non in quella multivariata, ad indicare le migliori condizioni cliniche dei pazienti più giovani e non fumatori, dove per l’appunto sono più frequenti queste mutazioni. 22

(10)

10

1.2 Struttura del recettore EGFR e sua attivazione

EGFR (ERbB-1) è un recettore trans-membrana di tipo tirosinochinasico, appartenente alla famiglia HER, che include anche HER-2 (Erb-B2), HER-3 (Erb-B3) e HER-4 (Erb-B4). 24 EGFR ha un peso molecolare di 170 kDa ed è costituito da tre porzioni principali: quella extracellulare, transmembrana e intracitoplasmatica (Figura 1.3).

Figura 1.3. Struttura di EGFR con i tre domini principali: extracellulare, transmembrana e intracitoplasmatico (A). Struttura dei recettori della famiglia HER (B) 25.

La porzione extracellulare, costituita da circa 640 residui amminoacidici, consta di quattro domini e contiene il sito di interazione col ligando. Si conoscono plurimi ligandi riconosciuti da EGFR tra cui lo stesso EGF, il transforming growth factor α (TGF-α), la betacellulin (BTC), l’heparin-binding

(11)

11 EGF-like growth factor (HB-EGF), l’amphiregulin (ARG), l’epiregulin (EPR) e l’epigen (EGN). 25

Ognuno di questi ligandi contiene un dominio EGF-like che è deputato al riconoscimento e all’attivazione del recettore. Il dominio EGF-like dei ligandi è caratterizzato dalla presenza, in posizioni conservate, di 6 cisteine capaci di formare ponti disolfuro. Tutti i ligandi di EGFR sono prodotti come precursori presenti sulla membrana cellulare 26 e rilasciati in circolo, nella forma attiva, grazie al clivaggio da parte di specifiche proteasi presenti sulla superficie cellulare. 27 I domini I e III della porzione extracellulare sono correlati tra loro con una struttura simile a quella del recettore per l’insulina e svolgono la funzione di interazione con il ligando. I domini II e IV sono ricchi in cisteina, con somiglianze con i repeats della laminina, e contengono una serie di ponti disolfuro. 28 Un singolo dominio transmembrana di 25 aminoacidi, strutturato in una singola -elica idrofobica, lega la porzione extracellulare con quella intracellulare. La porzione intracellulare è costituita da 550 aminoacidi e contiene un dominio juxtamembrana, il dominio tirosinochinasico ed una coda carbossi-terminale di 230 aminoacidi. Il dominio chinasico contiene una piccola porzione N-terminale e una regione C-terminale più lunga. La porzione N-terminale contiene una regione regolatoria importante per il passaggio dalla conformazione attiva all’inattiva e contiene inoltre un P-loop per il legame con l’ATP. La porzione C-terminale è costituita da segmenti che contengono il sito catalitico necessario per il trasferimento dei gruppi fosfato dall’ATP al substrato, rappresentato dai residui amminoacidici di tirosina. 24,29,30 Il recettore è presente sulla membrana plasmatica sotto forma di monomeri. Il legame del ligando con il recettore porta all’omodimerizzazione sia del recettore EGFR che di quello

(12)

12 ERBB4. 31 Inoltre, si ritiene che i recettori della famiglia HER siano capaci di formare eterodimeri tra loro. 32 In particolare, ERBB2 e ERBB3, che non sono capaci di formare omodimeri, possono attivare la trasduzione del segnale solo attraverso eterodimerizzazioni 31,33 (Figura 1.4). La dimerizzazione avviene quasi esclusivamente per mezzo di un “braccio” di dimerizzazione rappresentato da parte del II dominio. 25 L’attivazione da parte del recettore determina una importante modificazione conformazionale del recettore, che solo in questo caso espone il braccio di dimerizzazione presente nel II dominio. 25

Dopo l’attivazione indotta dal ligando e la dimerizzazione, una serie di residui di tirosina a livello della coda carbossi-terminale vengono auto-fosforilati e servono come sito di ancoraggio per i domini SH2 leganti le tirosine fosforilate e quelli PTB delle proteine che svolgono funzione di secondo messaggero. 34,35 La fosforilazione delle tirosine della coda carbossi-terminale avviene mediante l’attività tirosinochinasica dell’unità controlaterale del dimero recettoriale. Pertanto il dimero assume, quando attivato, una conformazione asimmetrica. 36 Perciò, la fosforilazione del loop di attivazione del dominio chinasico dei recettori HER non è necessaria per assumere uno stato conformazionale attivato 37 (Figura 1.5).

I recettori della famiglia HER differiscono tra loro per la posizione dei siti di autofosforilazione nella coda carbossi-terminale, per cui sono capaci di elicitare risposte distinte, anche se in alcuni casi possono attivare lo stesso tipo di risposta. 38-40

(13)

13

Figura 1.4. Attivazione di EGFR con formazione di omodimeri o eterodimeri e innesco della via di trasduzione del segnale.

Figura 1.5. Cambiamenti conformazionali dei domini extracellulari che consentono la dimerizzazione dei recettori HER.

(14)

14 Il locus del gene che codifica per EGFR è presente a livello del braccio corto del cromosoma 7 (7p11.2) ed è codificato da 30 esoni. Si conoscono varie isoforme di EGFR che vengono generate per splicing alternativo. Oltre all’isoforma più lunga (con domino intra ed extracellulare), sono state descritte isoforme più brevi, costituite esclusivamente dal dominio extracellulare. Queste isoforme brevi sono state descritte in cellule normali, in cellule maligne e nei liquidi biologici. 41,42 Queste isoforme solubili possono essere generate sia per splicing alternativo del mRNA che per clivaggio proteolitico della forma intera. 43,44 Lo splicing alternativo del mRNA di EGFR genera 4 isoforme di 170, 65, 80 e 110 KDa (isoforme 1,2,3,4, rispettivamente). 45

(15)

15

1.3 Caratterizzazione molecolare delle mutazioni di EGFR

Le mutazioni di EGFR del tumore del polmone sono state identificate nel 2004 come un fattore predittivo di risposta al trattamento con erlotinib e gefitinib. 11,12,46

Figura 1.6. Aspetto delle più frequenti mutazioni di EGFR delezione dell’esone 19 (Ex19del)

(A) e della L858R all’elettroferogramma.

La maggior parte di queste determina l’espressione di una proteina costitutivamente attivata, cioè indipendente dal legame con il recettore. Le più comuni interessano gli esoni 18-21 del dominio tirosinochinasico (l’intero dominio è codificato dagli esoni 18-24).

La mutazione puntiforme dell’esone 21 e la delezione dell’esone 19 rappresentano circa il 90% delle mutazioni attivanti. La mutazione a carico dell’esone 19 è frequentemente una delezione in-frame di triplette che codificano per gli aminoacidi in posizione 747-750 (delE746-A750 o LREA delection, dove LREA rappresenta l’acronimo dei residui amminoacidici deleti) ed è riscontrata in oltre il 45% dei casi di EGFR mutato. 47-49 La

(16)

16 mutazione più frequente a livello dell’esone 21 è L858R, una mutazione puntiforme missense con sostituzione della leucina con l’arginina nel codone 858. La mutazione L858R è presente nel 40-45% dei tumori del polmone con mutazione di EGFR. Altre mutazioni meno frequenti possono essere osservate nell’esone 21, come ad esempio N826S, A839T e K836R. 46,50

Le mutazioni degli esoni 18 e 20 sono osservate nel rimanente 10% dei tumori. A livello dell’esone 18 sono presenti sostituzioni nucleotidiche quali G719C o G719S o G719A, mentre a livello dell’esone 20 si riscontrano sostituzioni nucleotidiche (V765A o T783A) oppure inserzioni in-frame

(Figura 1.7). 14,47,51-54

(17)

17

1.4 Effetto delle mutazioni di EGFR nella trasduzione del segnale

Le mutazioni che insorgono a carico degli esoni 18-21, che codificano per una porzione del dominio tirosinochinasico dell’EGFR, possono determinare uno stato attivato del recettore indipendentemente dal riconoscimento del ligando fisiologico. 55 I recettori mutati sono funzionalmente attivi e trasmettono in maniera persistente il segnale proliferativo e anti-apoptotico all’interno della cellula, attraverso la stimolazione della via di trasduzione intracellulare (Figura 1.8). Queste mutazioni conferiscono proprietà oncogeniche al recettore del fattore di crescita epidermico. Le mutazioni determinano una maggiore KM per l’ATP

ed una significativamente ridotta Ki per erlotinib e gefitinib rispetto a EGFR

wild type. 56 Pertanto, il recettore mutato è 100 volte più sensibile di quello wild type agli inibitori TKI. 57 I tumori con mutazioni di EGFR rispondono ai trattamenti con TKI grazie a questa maggiore inibizione ed alla presenza di un recettore attivato costituzionalmente. Dati in animali da esperimento transgenici hanno dimostrato che l’espressione di EGFR mutato nelle cellule dell’epitelio bronchiale sono sufficienti a determinare la formazione di tumori del polmone nel topo, sia in caso di mutazione L858R che Ex19del. Inoltre, questi studi dimostrano che tali neoplasie sono dipendenti da EGFR mutato (oncogene addiction). 58 Le differenze in termini di risposta e sopravvivenza dei pazienti con mutazione diversa di EGFR potrebbero essere poste in relazione ad una diversa KM e Ki di queste per i farmaci TKI. 56

(18)

18

Figura 1.8. Via di trasduzione del segnale in cellule di tumore del polmone con mutazioni attivanti di EGFR e con EGFR wild-type.

Da un punto di vista strutturale, le mutazioni più comuni di EGFR interessano il domino tirosinochinasico e si dispongono intorno al sito di legame con ATP. Il dominio chinasico è costituito da una porzione N-terminale principalmente formata da foglietti beta ed una porzione C-terminale principalmente formata da alpha-eliche. Il sito di legame per l’ATP si trova nel punto di giunzione di queste due porzioni. L’attività tirosinochinasica è finemente regolata a livello molecolare per l’importanza cruciale della fosforilazione nella biologia cellulare. Generalmente il controllo dell’attività chinasica avviene grazie a due meccanismi: primo, i residui aminoacidici della tasca di fosforilazione devono essere orientati in modo corretto per facilitare il trasferimento del fosfato e secondo, l’accesso al sito

(19)

19 di fosforilazione da parte del substrato non deve essere ostruito. Queste condizioni vengono ottenute (conformazione attiva) o bloccate (conformazione inattiva) mediante il re-orientamento di due porzioni del domino tirosinochinasico di EGFR: il loop di attivazione (A-loop) e la alphaC-elica (Figura 1.9).

Figura 1.9.Dominio tirosinochinasico di EGFR: loop di attivazione e C-elica

Pertanto, il corretto posizionamento della alphaC-elica (nel lobo N-terminale) e dell’A-loop (nel lobo C-N-terminale) sono necessari per l’innesco dell’attività catalitica della tirosinochinasi. 59

Nella conformazione attivata l’A-loop è allontanato dalla tasca di fosforilazione per consentire il legame del substrato, mentre un residuo di glutammato della alphaC-elica instaura un legame ionico con un residuo di lisina che coordina i fosfati  e  dell’ATP. 60 Nella conformazione inattiva A-loop cambia drasticamente conformazione e impedisce l’accesso alla tasca

(20)

20 di fosforilazione, mentre l’alphaC-elica ruota allontanando dal sito di fosforilazione il residuo critico di glutammato. Esiste un equilibrio dinamico tra la conformazione attiva e inattiva che, nei RTK classici, viene fisiologicamente modificato grazie ad eventi di fosforilazione/defosforilazione a livello dell’A-loop da parte di chinasi (Figura 2.0). Per i recettori della famiglia HER il meccanismo di attivazione del dominio tirosinochinasico è generato da interazioni proteina-proteina, in maniera simile a quello che avviene per le cyclin dependent kinases (CDK). Dopo dimerizzazione indotta dal ligando, i domini TK di EGFR vengono in stretta vicinanza e formano un dimero asimmetrico. Questa interazione testa-coda (N-lobe con trans C-lobe) determina un cambiamento dell’equilibrio verso la forma attivata del recettore con un meccanismo non fosforilazione dipendente (Figura 2.1). Infatti, l’allontanamento dell’A-loop dalla tasca di fosforilazione e la rotazione della alphaC-elica in modo da portarne in posizione il residuo di glutammato avvengono grazie a questa interazione asimmetrica proteina-proteina. 61

(21)

21

Figura 2.1.Cambiamenti conformazionali di EGFR

La conformazione inattivata di EGFR necessita della presenza di residui di glicina in determinate posizioni dell’esone 18 (aminoacidi 719-724), mutazioni in questa regione determinano una forma costitutivamente attivata del recettore 47 (Figura 2.1). L’aminoacido K745 è necessario per il legame con l’ATP e rappresenta il residuo alifatico del p-loop (Walker A-motif). Le in-frame INDELs dell’esone 19 interessano una porzione di proteina adiacente alla alphaC-elica detta Beta3-strend. Sebbene i risultati della cristallografia di questa porzione siano stati elusivi, è stato postulato che la riduzione (o l’aumento) di lunghezza dello strand possa favorire lo stato conformazionale attivato della proteina. Le mutazioni dell’esone 19 sono generalmente in-frame deletions, anche se casi di in-in-frame insertion sono stati descritti nell`1% dei casi. Queste INDELs possono avere lunghezza variabile e frequentemente determinano la sostituzione dell’aminoacido in posizione L747, nonostante le più comuni siano delezioni degli aminoacidi 745-749. Le

(22)

22 inserzioni invece hanno lunghezza più conservata e generalmente portano alla sostituzione dell’amminoacido L747 con una prolina. È possibile che queste INDELs dell’esone 19 alterino la posizione della alphaC-elica favorendo una conformazione attivata del recettore. 61

Figura 2.2.Conformazioni di EGFR e principali mutazioni del dominio tirosino chinasico

Mutazioni che interessano la zona di passaggio tra l’esone 19 e 20 (767–774) si associano a resistenza per i TKI di prima generazione; a questa categoria appartiene la mutazione T790M. Inizialmente, si riteneva che la mutazione T790M potesse rappresentare un ingombro sterico per l’accesso di gefitinib al sito di legame con l’ATP. Tuttavia, recentemente, è stato dimostrato che la mutazione T790M determina i fenomeni di resistenza acquisita perché conferisce una più alta affinità per l’ATP che la sola L858R e così la doppia mutazione L858R e T790M porta ad un enzima attivato resistente agli inibitori di tipo competitivo per l’ATP. 62

(23)

23 dell’esone 21 ricadono all’interno dell’A-loop e determinano un incremento di 20-50 volte dell’attività catalitica. 36,63

Sono stati proposti due meccanismi alternativi per spiegare l’effetto della mutazione L858R. Il primo si basa sul confronto tra i risultati di cristallografia della forma normale e di quella mutata, che indica che la mutazione L858R blocca la chinasi nella conformazione dello stato attivato perché il residuo 858 impedisce di assumere la conformazione avvolta caratteristica dello stato inattivo. 63 Il secondo meccanismo suggerisce che la mutazione determini modificazioni conformazionali dell’alphaC-elica del dominio tirosinochinasico della componente controlaterale del dimero recettoriale. Questo dovrebbe favorire la dimerizzazione ed indirettamente stabilizzare la conformazione attiva. 64 Recentemente, è stato dimostrato che la sostituzione della leucina idrofobica 858 con un’arginina, aminoacido con carica positiva, nell’A-loop crea nuove possibilità di interazione per i residui presenti nella alphaC-elica. Pertanto, due effetti sono possibili. Sebbene la conformazione attivata del dominio TK di EGFR wild type non sia favorita in assenza di ATP, la conformazione attivata è assunta dal recettore con mutazione L858R anche in assenza di ATP. 65 D’altro canto, l’alphaC-elica del domino TK del recettore controlaterale del dimero è stabilizzata in posizione attivata da parte di un cluster di legami ionici instaurati con l’A-loop del recettore mutato. Entrambe queste modificazioni conferiscono uno stato attivato del recettore più stabile rispetto alla forma inattiva. Ciò induce la formazione di dimeri recettoriali con funzione catalitica costituzionalmente attivata e la conseguente trasduzione del segnale in modo costitutivamente attivato. 65

(24)

24

1.5 Ruolo di EGFR nell’oncogenesi del tumore del polmone

EGFR è espresso da cellule di origine epiteliale, mesenchimale e neuronale e ha un ruolo fondamentale nei normali processi di omeostasi tissutale come la proliferazione, la differenziazione e lo sviluppo. 66 Topi knock out per EGFR non sono vitali perché muoiono durante la vita intrauterina. 66

EGFR è iperespresso in vari tipi di neoplasie, tra cui i gliomi, i tumori del testa collo, della mammella, dell’ovaio, della vescica e quelli del polmone. 66

Inoltre, nel tumore del polmone sono stati dimostrati casi di amplificazione del locus di EGFR, spesso associato alla presenza di mutazioni attivanti del recettore. Mutazioni di EGFR sono state descritte nei gliomi dove si osservano delezioni degli esoni 2-7 che corrispondono alla porzione extracellulare del recettore. 67 Nel tumore del polmone, al contrario, sono frequenti le mutazioni che interessano il dominio tirosinochinasico. 11,12,46

Studi in vitro hanno dimostrato che le mutazioni che predicono la risposta ai trattamenti con erlotinib e gefitinib determinano un’iper-attivazione delle vie di trasduzione intracellulare di EGFR. I principali signaling pathways regolati da EGFR includono: la via di STAT, PI3K-AKT, RAS-MAP chinasi e PLC-.

La fosforilazione di EGFR può attivare direttamente o indirettamente STAT1, STAT3 e STAT5 (Figura 2.3). Le proteine STAT attivate traslocano dentro il nucleo e regolano direttamente l’espressione di geni cruciali per la sopravvivenza cellulare, la proliferazione, la trasformazione neoplastica e l’oncogenesi. 68

(25)

25 EGFR attiva il complesso PI3K che fosforila il fosfatidilinositolo 4,5-bifosfato per formare il fosfatidilinositolo 3,4,5-trisosfato, che a sua volta attiva AKT legandosi al suo domino PH (Pleckstrin Homology). La fosforilazione di AKT ha diversi effetti, sia nel citoplasma che nel nucleo, che includono l’inibizione di alcuni fattori pro-apoptotici come BAD (BCL2 antagonist of cell death), procaspasi-9 ed i fattori FOXO (fattori di trascrizione della famiglia Forkhead (FKHR)). L’attivazione di mTOR mediata da AKT è importante anche per lo stimolo della proliferazione cellulare e per il controllo di VEGF e HIF1, importanti regolatori dei fenomeni di angiogenesi. 68

Il pathway RAS-MAP kinase è attivato da EGFR per mezzo di due meccanismi: tramite legame diretto con GRB2 (growth factor receptor-bound protein 2) per mezzo dell’interazione del suo dominio SH2 con il recettore, e tramite l’attivazione indiretta di GRB2 per mezzo della molecola adattatrice SHC. RAS è attivato per fosforilazione mediata dalla proteina SOS (son of sevenless). La forma attivata di RAS si lega a RAF che a sua volta determina la fosforilazione di MEK1/2 e ERK1/2. ERK1/2 fosforilato trasloca nel nucleo, possibilmente grazie al legame con la proteina GTF2I, e attiva la trascrizione di geni essenziali per la proliferazione cellulare con JUN e cFOS. 68

PLC-gamma (fosfolipasi C-gamma) si lega tramite il suo dominio SH2 al recettore EGFR fosforilato e diviene attivato. Dopodiché, PLC-gamma idrolizza il fosfatidil-inositolo 4,5-bifosfato a diacil-glicerolo e inositolo trifosfato. Quest’ultimo induce il rilascio di calcio dai serbatoi intracellulari con conseguente attivazione degli enzimi calciodipendenti. Il diacil-glicerolo, invece, è un cofattore per l’attivazione della serina treonina chinasi-C (PKC).

(26)

26 L’attivazione di PKC favorisce la progressione del ciclo cellulare, la trasformazione neoplastica, la differenziazione cellulare e l’apoptosi. 68

Figura 2.3. Via di trasduzione del segnale attivata da EGFR 68

Pertanto le mutazioni di EGFR, attivando costitutivamente il recettore, innescano diverse vie di trasduzione del segnale. Tali mutazioni promuovono l‘azione antiapoptotica di EGFR attraverso la via PI3K-AKT ed incrementano gli stimoli proliferativi attraverso la via delle MAPK chinasi (RAS–RAF–MEK– ERK1 and ERK2) e la via di STAT3/5 (Figura 2.4).

Attraverso l’attivazione di queste vie di trasduzione, la cellula tumorale diviene dipendente dalle mutazioni di EGFR per la sua crescita e sopravvivenza. 57,69-71 Tale attivazione, che include ERK e AKT, è inibita

(27)

27 dagli inibitori tirosinochinasici erlotinib e gefitinib. 72-74 Pertanto, il blocco del segnale di EGFR, con RNA interference o con TKI, determina lo spegnimento delle vie intracellulari che sostengono la proliferazione e inibiscono l’apoptosi, con conseguente morte delle cellule tumorali. Al contrario, le cellule normali (o quelle tumorali non dipendenti dalle mutazioni di EGFR) sono scarsamente influenzate dall’azione dei TKI, in quanto gli stimoli di sopravvivenza sono mediati da geni diversi da EGFR. Ciò è in linea con l’osservazione che in cellule sensibili, gefitinib ed erlotinib down-regolano ERK, AKT, STAT3 e STAT5, mentre nelle cellule resistenti tale de-regolazione non è osservata. 72-75

(28)

28 Studi in animali da esperimento hanno dimostrato l’importanza delle mutazioni di EGFR per lo sviluppo di adenocarcinomi polmonari e la loro dipendenza dal recettore mutato. 58,76 Infatti, sono stati creati topi transgenici capaci di esprimere EGFR con mutazione L858R o Ex19del esclusivamente nelle cellule degli alveoli polmonari, perché sotto il controllo del promotore del gene CCSP (Clara cell secretory protein). In presenza di doxiciclina, le cellule alveolari dei topi transgenici esprimevano EGFR mutato. I topi che avevano ricevuto una dieta con doxiciclina dalla settimana successiva allo svezzamento sviluppavano, dopo 2 settimane di trattamento, un ispessimento delle pareti alveolari per la proliferazione di pneumociti atipici in modo molto simile alla crescita lepidica descritta nei carcinomi bronchiolo-alveolari. Dopo più di 4 settimane di trattamento con doxiciclina i topi avevano sviluppato adenocarcinomi invasivi multifocali. Topi cresciuti con dieta priva di doxiciclina non sviluppavano tumori polmonari 58,77 (Figura 2.5).

(29)

29

Figura 2.5. Aspetto istologico delle neoplasie osservate nei polmoni di topi transgenici con mutazione di EGFR L858R (a sinistra) e Ex19del (a destra). Per ogni coppia di immagini è indicato il tempo trascorso dall’inizio della dieta con doxiciclina in settimane (wks) e il clone di topi con tale mutazione (line). 58

Grazie alla risonanza magnetica, le dimensioni dei tumori indotti in questi topi transgenici poteva essere valutata in vivo. Sia la sospensione della dieta con doxiciclina che il trattamento con erlotinib erano in grado di far regredire i tumori fino alla loro scomparsa alla risonanza ed all’istologia dopo sacrificio 58,76 (Figura 2.6).

(30)

30

Figura 2.6. Immagine di risonanza magnetica di neoplasie indotte in topi transgenici con mutazione L858R e Ex19del durante il trattamento con doxiciclina (colonna di sinistra). Dopo la rimozione della doxicilina dalla dieta le neoplasie si riducono di dimensioni; aspetto alla risonanza magnetica (colonna centrale) e all’istologia (colonna di destra). 58

(31)

31

1.6 Metodiche per la determinazione delle mutazioni di EGFR

Il materiale biologico da cui estrarre gli acidi nucleici per la determinazione dello stato mutazionale di EGFR è costituito da tessuto neoplastico, ottenuto mediante resezione chirurgica, biopsia, citologico o brushing bronchiale. I fattori limitanti la diagnosi molecolare di tali mutazioni sono uno scarso numero di cellule neoplastiche nel campione, la loro diluizione con cellule non tumorali dello stroma e l’eterogeneità del tessuto tumorale. 78

Varie metodiche possono essere impiegate per determinare lo stato mutazionale di EGFR (Figura 2.7). Quelle più frequentemente utilizzate sono le seguenti:

- sequenziamento con metodo Sanger degli esoni comunemente mutati dopo amplificazione con PCR;

- metodi che sfruttano reazioni di PCR come Rotor-Gene® e Therascreen®;

- sequenziamento con Sequenom, un metodo che sfrutta la spettrometria di massa MALDI-TOF;

- tecniche di next-generation sequencing che includono pannelli di geni tra cui EGFR, come ad esempio quelli disponibili per MISeq (Illumina) o ionTorrent (Life Technologies);

Ogni metodo presenta peculiari caratteristiche di specificità e sensibilità, consentendo al clinico una diversa capacità di identificare le mutazioni ricercate. Le metodiche di screening, come il sequenziamento secondo Sanger e il pirosequenziamento, permettono di valutare l’intero

(32)

32 spettro mutazionale e di effettuare diagnosi del tipo specifico di mutazione, mentre le metodiche a bersaglio molecolare permettono di individuare la presenza di specifiche mutazioni già note. La metodica più comunemente impiegata per le analisi mutazionali è il sequenziamento diretto secondo Sanger che ha una sensibilità di circa il 10-20%. Questo significa che il sequenziamento diretto identifica la presenza di una mutazione solo se questa è presente nel 10-20% del DNA, ovvero nel 20-40% delle cellule presenti, poiché le mutazioni si sviluppano in eterozigosi e solamente un allele è mutato. 79 Nel caso del sequenziamento secondo Sanger occorre procedere con due distinte amplificazioni PCR, una senso e l’altra anti-senso, complessivamente 4 reazioni per ogni campione. E’ considerato positivo per mutazione il campione che presenta una alterazione di sequenza in almeno due diverse reazioni, una senso e l’altra antisenso, derivanti da PCR distinte. Ciò consente di evidenziare artefatti legati al materiale di partenza, fissato in formalina o in scarsa concentrazione, ed evitare refertazioni falsamente positive. 79

Il pirosequenziamento è una tecnica che si basa sul monitoraggio della sintesi del DNA rilevando la bioluminescenza prodotta al termine di una cascata di reazioni enzimatiche innescata dall’incorporazione di un nucleotide. Ha una sensibilità del 5-10% e consente, a differenza del sequenziamento secondo Sanger, l’utilizzo di kit disponibili in commercio per la determinazione delle mutazioni geniche di EGFR attraverso l’analisi degli hot spot mutazionali degli esoni 18-19-20-21. Questi kit diagnostici, validati per l’impiego clinico in Europa (CE-IVD), risultano più sensibili, consentono

(33)

33 una standardizzazione e includono controlli positivi e negativi, col fine di ottenere un risultato diagnostico attendibile. 79

Fra le metodiche a bersaglio mutazionale, la Real Time PCR è quella che negli ultimi anni si è imposta maggiormente. Tale procedura è stata utilizzata per la preparazione di kit commerciali, talora basati su processi di amplificazione selettiva dell’allele mutato, quali primer ARMS (Amplification Refractory Mutation System), che rendono i test particolarmente sensibili. Tra i kit attualmente in commercio, il test cobas® 4800 EGFR Mutation Test (Roche® Molecular Systems) è degno di una particolare menzione, in quanto associa ad un test diagnostico molto sensibile ed automatizzato su strumentazione dedicata, una procedura certificata per l’estrazione del DNA. È inoltre attualmente disponibile in commercio un kit basato sulla tecnologia ARMS/Scorpion, in grado di individuare 29 diverse mutazioni dell’EGFR, tra cui quelle più frequentemente descritte in letteratura nei pazienti con NSCLC (TheraScreen®: EGFR29 Mutation Kit). La sensibilità teorica della metodica è tale da individuare mutazioni quando le copie di DNA mutato rappresentano circa l’1% del DNA totale. Tuttavia, è da sottolineare che la metodica individua una mutazione se nel campione sono presenti almeno 5-10 copie di DNA mutato. Pertanto, l’analisi effettuata su un numero esiguo di cellule potrebbe comunque dare dei falsi negativi. 79

È altresì possibile sviluppare metodiche alternative di Real Time PCR basate sulla discriminazione allelica per la individuazione di mutazioni dell’EGFR. Queste dovrebbero essere in grado di individuare le principali mutazioni dell’EGFR riportate in letteratura negli esoni 19 e 21 ed, eventualmente, negli esoni 18 e 20.

(34)

34 La spettrometria di massa (Matrix-Assisted Laser Desorption/Ionization-time of flight, MALDI-TOF) è una tecnologia multiplex hot-spot che permette la genotipizzazione del campione analizzato mediante l’amplificazione del DNA, seguita da una reazione di estensione a singola base di primer adiacenti ai siti polimorfici di interesse. Per ciascun sito polimorfico si ottengono uno o più analiti di massa nota, ciascuno corrispondente al genotipo wild-type oppure mutato del campione analizzato. La sensibilità analitica è di circa 1-5%. Ad oggi sono disponibili in commercio kit validati per l’uso diagnostico, basati sulla spettrometria di massa MALDI-TOF, che permettono, mediante l’utilizzo di PCR multiplex, la rivelazione delle principali mutazioni di EGFR. Uno dei principali vantaggi di questa tecnica è quello di permettere l’analisi mutazionale completa del campione con una quantità di DNA limitata ed inferiore a quella richiesta dalle altre metodologie. I kit disponibili forniscono anche gli opportuni controlli positivi e negativi da includere in ogni singola seduta di analisi. L’applicazione di questa metodica ha consentito di ottimizzare i tempi di refertazione grazie all’elevata processività e alla completa genotipizzazione del campione. 80

Le tecniche di next generation sequencing (NGS) si basano sull’amplificazione clonale delle singole molecole di DNA, che vengono sequenziate indipendentemente e ripetutamente. A differenza del sequenziamento classico, in cui l’elettroferogramma è un segnale derivante dalla somma di sequenze mutate e wild-type, nella NGS la rappresentazione digitale delle singole sequenze ne aumenta notevolmente la sensibilità. Inoltre, i sequenziatori di nuova generazione consentono di analizzare in un singolo esperimento quantità di genoma di gran lunga maggiori rispetto al

(35)

35 sequenziamento classico. Sono disponibili in commercio diversi pannelli di NGS che contengono i geni EGFR, come MISeq di Illumina o IonTorrent di Life Technologies. La sensibilità analitica dei pannelli disponibili in commercio varia tra il 2% ed il 5%. Il vantaggio dell’impiego dell’NGS è rappresentato dalla possibilità di effettuare in una singola analisi una caratterizzazione completa delle mutazioni della neoplasia. Le metodiche di NGS sono tuttavia complesse, richiedono competenze di biologia molecolare e di bioinformatica ed il loro impiego dovrebbe quindi essere limitato a laboratori con elevata esperienza. 59

Figura 2.7. Aumento della sensibilità dei metodi di identificazione delle mutazioni di EGFR negli anni: dal Sanger sequencing disponibile nel 2004 ai sistemi basati su RT-PCR disponibili nel 2011 ai più evoluti sistemi di next generation sequencing.

(36)

36

1.7 Gli inibitori tirosinochinasici di EGFR e il loro meccanismo d’azione

Gli inibitori tirosinochinasici di EGFR sono piccole molecole capaci di competere per il legame dell’ATP con il sito catalitico del recettore bloccando l’autofosforilazione del recettore. Tale azione determina un’inibizione della trasduzione del segnale che interferisce con i processi proliferativi e anti-apoptotici. 50,81 L’azione citostatica di questi farmaci si dimostra con l’arresto del ciclo in fase G1 delle cellule bersaglio: ne consegue un aumento della

p27, marker di arresto della crescita cellulare che inibisce la chinasi ciclino-dipendente 2 (CDK2), e una riduzione del KI67, una proteina nucleare espressa solo durante le fasi di attività del ciclo cellulare e pertanto un indicatore della frazione di crescita cellulare. Oltre ad essere in grado di arrestare il ciclo cellulare in G1, questi farmaci potenziano il meccanismo

apoptotico mediante l’attivazione del complesso BAX e caspasi 8 e hanno la capacità di contrastare il meccanismo di invasione e metastatizzazione attraverso la riduzione dell’espressione delle metalloproteinasi MMP-9. 82

Ad oggi esistono tre generazioni di inibitori tirosinochinasici di EGFR (Figura 2.8).

(37)

37

Figura 2.8. Struttura chimica delle tre generazioni di inibitori tirosin chinasici di EGFR a confronto

Erlotinib e Gefitinib appartengono alla classe delle chinazoline, sono inibitori tirosinchinasici di prima generazione e competono reversibilmente col sito di legame per l’ATP. Le ricerche condotte nei primi anni Novanta sulla struttura e sul meccanismo enzimatico di EGFR wild type hanno consentito di identificare una nuova classe strutturale di TKI: le anilinochinazoline 83 Il composto originario aveva potente attività inibitoria in vitro diretta contro linee cellulari di carcinoma del cavo orale. Le modifiche strutturali hanno consentito di migliorare l’attività e la stabilità della molecola in vivo, con conseguente sviluppo del gefitinib. 84 In studi preclinici su linee cellulari e xenotrapianti è stato riscontrato che gefitinib era in grado di inibire la crescita di una notevole varietà di neoplasie quali carcinomi del polmone, della prostata, della mammella, del colon e dell’ovaio. 85

Tra quelli di seconda generazione, troviamo Afatinib, Neratinib e Dacomitinib, di cui soltanto il primo è approvato nella pratica clinica. Formano dei legami covalenti con il bersaglio e bloccano irreversibilmente il sito di

(38)

38 legame per l’ATP nel dominio tirosinochinasico del recettore. In modelli in-vitro, l’inibizione irreversibile di EGFR riusciva a superare la resistenza acquisita da parte delle cellule agli inibitori di prima generazione (seconda mutazione T790M), tuttavia tale azione veniva ottenuta per concentrazioni del farmaco che in vivo non possono essere ottenute. 86 Infatti, solo una modesta azione di questi farmaci è stata dimostrata in studi clinici in pazienti resistenti agli inibitori tirosinochinasici di prima generazione. 87

Gli inibitori tirosinochinasici di terza generazione includono CO-1686, AZD9291, EGF816, ASP8273, HM61713. Sono stati disegnati per inibire selettivamente la forma mutata del recettore ed hanno dimostrato attività nei casi con resistenza acquisita dovuta a mutazione T790M del recettore sia in modelli in vitro che in vivo. 88 Questi farmaci sono attualmente in fase di sperimentazione clinica per i pazienti con mutazione attivante di EGFR sia in prima linea di trattamento che dopo aver acquisito resistenza a gefitinib o erlotinib. CO-1686 è un nuovo inibitore irreversibile di EGFR mutato e sembrerebbe avere anche una minima attività nell’inibizione dell’EGFR wild type. 89 AZD9291 è un inibitore irreversibile di EGFR mutato, con una struttura diversa dagli altri inibitori di terza generazione. Si tratta di una mono-anilino–pirimidina che possiede attività mirata verso le mutazioni di resistenza acquisita di EGFR ai farmaci inibitori tirosinochinasici. 88

(39)

39

1.7.1 Valutazione clinica dell’efficacia degli inibitori tirosinochinasici di EGFR nei pazienti affetti da neoplasie polmonari non a piccole cellule

La promettente attività di gefitinib riscontrata negli studi di fase I nei pazienti con NSCLC 90-93 è stata approfondita in due studi di fase II multicentrici: IDEAL-1 (Iressa Dose Evaluation in Advanced Lung cancer) in Giappone e in Europa e IDEAL-2 negli Stati Uniti. 94,95 Entrambi gli studi hanno confrontato l’efficacia delle dosi orali giornaliere di gefitinib di 250 e 500 mg. Queste dosi sono state scelte perché 250 mg/die corrispondeva alla dose minima efficace e 500 mg/die rappresentava la dose massima tollerabile per un utilizzo prolungato. 94,95 Nello studio IDEAL-1 erano stati arruolati 210 pazienti con diagnosi di NSCLC precedentemente trattati con uno o più regimi di chemioterapia. Nei pazienti trattati con 250 e 500 mg l’objective response rate (ORR) era, rispettivamente, 18.4% (95% confidence interval [CI], 11.5-27.3) e 19.0% (95% CI, 12.1-27.9); la Progression Free Survival mediana (mPFS) 2.7 e 2.8 mesi e la sopravvivenza mediana (mOS) 7.6 e 8.0 mesi. Gli effetti avversi erano più frequenti nel gruppo con la dose di farmaco più elevata (1.9% contro 9.4%).

Nello studio IDEAL-2 erano stati arruolati 221 pazienti con diagnosi di NSCLC in stadio IIIB o IV, pretrattati con almeno 2 linee di chemioterapici. Anche in questo caso erano stati previsti due gruppi di trattamento, uno con 250 ed uno con 500 mg/die di gefitinib. Secondo i criteri RECIST, le risposte parziali erano il 12% (95% CI, 6% -20%) e il 9% (95% CI, 4% -16%) nei pazienti trattati con 250 e 500mg di gefitinib, rispettivamente. Anche in questo studio, la dose di 500 mg era associata ad una maggiore tossicità

(40)

40 cutanea (p=0.04) e gastroenterica (P=0.006). 95 Sulla base dei dati ottenuti dagli studi di fase II, Gefitinib ha ottenuto nel 2002 l’approvazione in Giappone e in Corea del Sud per il trattamento di II linea del tumore del polmone non a piccole cellule in stadio avanzato e nel 2003 l’approvazione dalla US Food and Drug Administration per il trattamento di III linea. 96

Contemporaneamente, Erlotinib è stato sviluppato con studi di fase I, per cui è stata selezionata la dose orale giornaliera di 150 mg. 97 L’efficacia di erlotinib è stata valutata in uno studio clinico di fase II condotto su 57 pazienti con NSCLC in stadio avanzato, pretrattati con chemioterapia a base di platino. 98 Il tasso di risposta obiettiva era 12.3% (95% CI, 5.1% to 23.7%). La PFS e l’OS mediane erano di 2.1 e 8.4 mesi, rispettivamente. 98

Modelli preclinici hanno indicato una possibile sinergia tra EGFR TKI e chemioterapia 99,100, pertanto erlotinib e gefitinib sono stati valutati in studi clinici di fase III come trattamento di prima linea.

Gefitinib in combinazione con chemioterapia è stato valutato negli studi INTACT-1 e 2. 101,102

Nello studio INTACT-1 sono stati arruolati 1093 pazienti (Tabella 1.1) con NSCLC in stadio IIIB-IV non pretrattati con farmaci chemioterapici. I pazienti ricevevano cisplatino 80 mg/m2 (giorno 1) e gemcitabina 1250 mg/m2 (giorni 1 e 8) ogni tre settimane per 6 cicli in associazione a placebo o gefitinib 250 e 500mg/die. Non si riscontravano differenze significative in termini ORR: 44.8%, 50.3% e 49.7%, mOS 10.9, 9.9 e 9.9 mesi (p=0.456) e mPFS 6.0, 5.8 e 5.5 mesi (p=0.763).

(41)

41

Tabella 1.1. Confronto dell’efficacia in termini di ORR (Objective Response Rate), mTTP (median Time To Progression) e mOS (median Overall Survival) degli studi clinici di fase III condotti su gefitinib (INTACT-1, INTACT-2) ed erlotinib (TRIBUTE, TALENT) vs placebo.

Anche lo studio INTACT-2 ha confrontato l’efficacia di gefitinib (250 e 500mg) con placebo in associazione a chemioterapia nella popolazione americana, dove lo standard di trattamento era rappresentato dallo schema carboplatino AUC 6 e paclitaxel 225mg/m2. ORR era 28.7%, 30.4% e 30% nei pazienti trattati con placebo, 500mg e 250mg di gefitinib e chemioterapia, rispettivamente; mTTP 5, 5.3 e 4.6 mesi (p=0.056); mOS 9.9, 9.8 e 8.7 mesi (p=0.638).

Gli studi di combinazione di chemioterapia e TKI per il trattamento di prima linea del tumore del polmone non hanno dimostrato alcun vantaggio in termini né di sopravvivenza né di PFS (Tabella 1.1), a scapito di una maggiore tossicità per il trattamento sperimentale. 101-104 I motivi di questo fallimento sono sconosciuti; speculazioni sono state fatte sul possibile ruolo

Tabella 1.1

Studio clinico Reference PMID Braccio N. pazienti ORR mTTP (mesi) mOS (mesi)

INTACT-1 (2004) Giaccone G. et al. 14990632 1093 p=0.763 p=0.456

placebo+CDDP/GEM 356 44.8% 6 10,9

gefitinib 250 mg+CDDP/GEM 365 50.3% 5,8 9,9

gefitinib 500 mg+CDDP/GEM 363 49.7% 5,5 9,9

INTACT-2 (2004) Herbst R. et al. 14990633 1037 p=0.0562 p=0.6385

placebo+CBDCA/TXL 347 28.7% 5 9,9

gefitinib 250 mg+ CBDCA/TXL 345 30.4% 5,3 9,8

gefitinib 500 mg+CBDCA/TXL 347 30% 4,6 8,7

TRIBUTE (2005) Herbst R. et al. 16043829 1059 p=0.36 p=0.95

placebo+CBDCA/TXL 523 19.3% 4,9 10,5

erlotinib 150 mg+CBDCA/TXL 526 21.5% 5,1 10,6

TALENT (2007) Gatzmeier U. et al. 17442998 1159 p=0.74 p=0.49

placebo+CDDP/GEM 579 29.9% 5,7 10,3

(42)

42 citostatico degli inibitori TKI in vivo e del suo possibile antagonismo con la chemioterapia. In particolare, si è ipotizzato che l'arresto del ciclo cellulare in fase G1 ad opera degli inibitori tirosinochinasici possa ridurre l’attività della chemioterapia.

Lo studio di fase III TORCH è stato disegnato per verificare l'ipotesi che erlotinib possa essere un'alternativa efficace alla chemioterapia di prima linea in pazienti non selezionati con NSCLC avanzato. TORCH confrontava la sequenza erlotinib e poi chemioterapia rispetto alla sequenza inversa: chemioterapia e poi erlotinib. I pazienti assegnati al braccio sperimentale hanno ricevuto erlotinib 150 mg/die fino a progressione di malattia e in seconda linea cisplatino 80 mg/m2 (giorno 1) e gemcitabina 1200 mg/m2 (giorni 1 e 8) ogni 3 settimane per un massimo di sei cicli. I pazienti assegnati al braccio standard hanno ricevuto gli stessi farmaci, ma con sequenza inversa. Dal confronto dei due bracci è emerso che il trattamento standard era superiore rispetto a quello sperimentale per quanto concerneva OS: mediana di 11.6 contro 8.7 mesi (HR 1.22; 95% CI, 1.03-1.44; p<0.05) e PFS: mediana di 8.9 e 6.4 mesi (HR 1.21; IC 95%, 1.04-1.42; p<0.05). Dei pazienti assegnati al braccio standard, 32.6% ha ottenuto una risposta obiettiva: 25.6% con chemioterapia di prima linea, 4.7% con seconda linea di erlotinib e 2.4% con entrambe le linee. Tra i pazienti assegnati al braccio sperimentale, il 20.3% ha ottenuto una risposta obiettiva: 8.7% con erlotinib in prima linea, 10.5% con chemioterapia in seconda linea e 1.1% con entrambe le linee. Dei pazienti trattati in prima linea con chemioterapia, il 61% ha ricevuto un trattamento di II linea con erlotinib; al contrario,

(43)

43 solamente il 52% dei pazienti trattati in prima linea con erlotinib ha avuto la possibilità di eseguire la II linea con chemioterapia. 105

Sebbene in prima linea i farmaci TKI di EGFR non si siano dimostrati utili da un punto di vista clinico, dati in II linea di trattamento ne hanno dimostrato l’efficacia. Infatti, contemporaneamente agli studi di prima linea, sono stati condotti studi di fase III randomizzati contro placebo per erlotinib (BR21) e gefitinib (ISEL).

Lo studio BR-21 ha valutato l’efficacia di erlotinib nei pazienti pretrattati con chemioterapia. I pazienti inclusi nello studio venivano randomizzati (2:1) a ricevere erlotinib 150 mg/die o placebo. Nel braccio con erlotinib le risposte obiettive sono state 8.9%, mentre in quello con placebo erano <1% (P<0.001). Inoltre, erlotinib mostrava un vantaggio in PFS e OS (mPFR 2.2 e 1.8 mesi (HR=0.74; p<0.01); mOS 6.7 e 4.7 mesi (HR=0.7; p<0.001) (Figura 2.9). Pertanto erlotinib è stato registrato per il trattamento di II linea dei pazienti con NSCLC. 106

Figura 2.9. Progression free survival e overall survival riportate nello studio BR21 per il braccio di trattamento con erlotinib (linea continua) e placebo (linea tratteggiata). 106

(44)

44 Analogamente, lo studio ISEL (Iressa Survival Evaluation in Lung Cancer) ha confrontato il trattamento con gefitinib 250mg/die rispetto a quello con placebo in pazienti pretrattati con chemioterapia. Sebbene ORR fosse 8.0% nel gruppo trattato con gefitinib e 1.3% in quello trattato con placebo (p<0.0001), lo studio ha fallito nel dimostrare un vantaggio significativo in OS, rispettivamente 5.6 e 5.1 mesi (HR=0.89; p=0.087). I motivi di questo fallimento non sono stati del tutto chiariti. Sono state avanzate alcune ipotesi: l’inefficacia di gefitinib in pazienti refrattari al trattamento chemioterapico, il dosaggio non ottimale perché non corrispondente alla dose massima tollerata e l’intrinseca non-responsività a gefitinib della popolazione indagata, con l’inevitabile conseguenza che la mancanza di beneficio in sopravvivenza sarebbe stata presente ab initio. 107

Studi di fase III hanno confrontato il trattamento in II linea con chemioterapia (docetaxel o pemetrexed) con gefitinib (INTEREST e V-15-32) o erlotinib (DELTA, TITAN e HORG). Lo studio INTEREST ha valutato 733 pazienti per braccio e ha dimostrato una non inferiorità di gefitinib rispetto a docetaxel, ma associata ad un profilo di tossicità più tollerabile. 108 Lo studio V-15-32, al contrario, non ha raggiunto i criteri sufficienti per dimostrare la non inferiorità di gefitinib 109 (Tabella 1.2). Anche gli studi con erlotinib versus chemioterapia (DELTA, HORG e TITAN) non hanno dimostrato nessuna differenza significativa in sopravvivenza tra i due bracci di trattamento. 110-112

(45)

45

Tabella 1.2. Confronto di efficacia in termini di ORR, mPFS e mOS negli studi clinici di fase III con gefitinib (INTEREST, V-15-32) ed erlotinib (DELTA, HORG, TITAN) vs chemioterapia.

Complessivamente, questi studi clinici con gefitinib avevano rivelato la presenza di un sottogruppo di pazienti responsivo al trattamento con tassi di risposta obiettiva di circa il 10% nei caucasici e circa il 30% negli asiatici.

94,95,113

Inoltre, la maggior parte dei pazienti che rispondevano al trattamento con TKI erano non fumatori, donne, giovani e con diagnosi istologica di adenocarcinoma. 17,95,114 Lynch e Paez, sequenziando il gene EGFR, hanno dimostrato nei pazienti rispondenti al trattamento la presenza di frequenti mutazioni del dominio tirosinochinasico (esoni 18-21) del recettore. 11,12,46 Il gruppo di studio del Memorial Sloan Kettering Cancer Center estese queste osservazioni al trattamento con erlotinib e riuscì a dimostrare che alcune mutazioni attivanti EGFR erano associate ad una maggiore percentuale di risposta. 11

Sulla base di queste osservazioni lo studio IPASS ha confrontato il trattamento con gefitinib rispetto a quello con carboplatino e paclitaxel in prima linea in un gruppo selezionato di pazienti: asiatici, non fumatori e con

(46)

46 adenocarcinoma del polmone in stadio IIIB-IV. Su 1217 pazienti arruolati, gli autori hanno riportato una migliore PFS per i pazienti trattati con gefitinib che con chemioterapia (mediana 5.7 e 5.8; HR=0.74; 95%CI 0.65-0.85 p<0.001). Ancor più rilevante, risultava essere il test di interazione significativo per lo stato mutazionale di EGFR (P<0.0001). Infatti, nei 261 pazienti con mutazione di EGFR il trattamento con gefitinib determinava una miglior PFS rispetto alla chemioterapia (HR=0.48; 95% CI 0.36-0.64; p<0.001). Al contrario, nei pazienti con tumori senza mutazione di EGFR, il trattamento con carboplatino e paclitaxel era superiore in termini di PFS (HR=2.85; 95% CI: 2.05-3.98; p<0.001). Tuttavia, differenze significative non erano riportate per l’OS. Un alto tasso di cross over è stato chiamato in causa per spiegare tali differenze. 115

Pertanto, in pazienti con NSCLC con mutazione di EGFR, sono stati disegnati studi clinici di fase III per confrontare il trattamento con EGFR TKI con la chemioterapia (Tabella 1.3).

(47)

47

Tabella 1.3. Confronto di efficacia degli studi clinici di fase III con erlotinib (EURTAC, OPTIMAL), gefitinib (WJTOG3405, NEJ002, IPASS) e afatinib (LUX-Lung 3, LUX-Lung 6) vs chemioterapia in pazienti con NSCLC in stadio avanzato con mutazioni attivanti di EGFR.

Due studi giapponesi hanno confrontato l’efficacia di gefitinib rispetto alla combinazione di platino e di un taxano in popolazioni di pazienti selezionate per mutazioni di EGFR: WJTOG3405 e NEJ002. Lo studio WJTOG3405 del West Japan Oncology Group ha confrontato l’impiego di gefitinib e di cisplatino più docetaxel in prima linea in pazienti con NSCLC con mutazioni attivanti di EGFR. I pazienti erano randomizzati in due bracci di trattamento: gefitinib 250 mg/die oppure cisplatino 80 mg/m2 più docetaxel 60 mg/m2 ogni 21 giorni per massimo di sei cicli. Il trattamento con gefitinib era superiore in PFS rispetto alla chemioterapia (mediana 9.2 e 6.3; HR=0.489; 95% CI 0.336–0.710; p<0.0001). L’analisi per sottogruppi mostrava che i pazienti con delezione dell’esone 19 avevano rispettivamente mPFS di 9.0 e di 6.0 mesi; mentre i pazienti con mutazione L858R avevano

(48)

48 mPFS di 9.6 e di 6.7 mesi (Figura 1.5). L’ORR era dell’85% nei pazienti trattati con gefitinib e 38% per quelli con chemioterapia. 116 Nessuna differenza statisticamente significativa era stata osservata per quanto riguarda l’OS tra i due bracci di trattamento.

Figura 1.5. Studio WJTOG3405: confronto di efficacia in termini di PFS (A) e OS (B) nei pazienti trattati con gefitinib e con cisplatino più docetaxel.

Lo studio NEJ002 del North-East Japan Oncology Group confrontava l’impiego in prima linea di gefitinib con quello di carboplatino e paclitaxel. Questo studio è stato interrotto precocemente per i risultati dell’interim analysis che dimostravano una miglior PFS per il trattamento con gefitinib rispetto alla chemioterapia: mPFS 10.8 e 5.4 mesi (HR=0.30; 95% CI: 0.22-0.41; p<0.001). 115,117

Risultati simili erano stati osservati per il trattamento con erlotinib in pazienti non pretrattati e selezionati per le mutazioni di EGFR: studio OPTIMAL e EURTAC).

I pazienti inclusi nello studio OPTIMAL (CTONG-0802) erano randomizzati a ricevere in prima linea erlotinib 150 mg/die oppure

(49)

49 carboplatino AUC 5 (giorno 1) più gemcitabina 1000 mg/m2 (giorni 1 e 8) ogni 21 giorni per un massimo di 4 cicli. Gefitinib determinava una PFS significativamente maggiore rispetto al trattamento chemioterapico (mPFS 13.1 e 4.6 mesi, rispettivamente; HR=0.16; 95% IC 0.10-0.26; p<0.0001) (Figura 1.6). Anche in questo studio non si apprezzavano significative differenze in OS nei due bracci di trattamento: mOS 22.8 e 27.2 mesi con erlotinib e con chemioterapia; HR=1.19; 95% IC 0.83-1.71; p=0.2663). 118

Figura 1.6: STUDIO OPTIMAL. Confronto di PFS nei due bracci di trattamento (erlotinib vs carboplatino/gemcitabina).

Lo studio EURTAC è stato il primo realizzato su pazienti caucasici (popolazione europea) per confrontare l’efficacia dell’impiego di erlotinib in I linea rispetto al trattamento chemioterapico standard in pazienti con NSCLC in stadio IIIB-IV con mutazioni attivanti di EGFR. Il braccio di chemioterapia standard prevedeva, secondo scelta dell’investigatore, l’utilizzo di cisplatino (o carboplatino) più docetaxel oppure di cisplatino (o carboplatino) più

(50)

50 gemcitabina. Si noti che il pemetrexed non fu incluso nelle opzioni di trattamento perché all’epoca dello studio non era ancora stato approvato come trattamento di I linea. Erlotinib determinava un incremento della PFS rispetto al trattamento standard (mPFS 9.7 e 5.2 mesi; HR=0.37; 95% IC 0.25-0.54; p<0.0001) (Figura 1.7). L’analisi per sottogruppi mise in evidenza che nei pazienti con mutazione Ex19del trattati con erlotinib e in quelli trattati con chemioterapia la mPFS era di 11.0 e di 4.6 mesi (HR=0.30; 95% CI 0.18-0.50; p<0.0001), mentre in quelli con L858R era di 8.4 e di 6.0 mesi (HR=0.55; 95% CI 0.29-1.02; p=0.0539). 119

Figura 1.7. Studio EURTAC: confronto di PFS nella popolazione generale di pazienti trattati con erlotinib o chemioterapia (platino più docetaxel oppure platino più gemcitabina).

Complessivamente, tutti gli studi in pazienti con mutazione di EGFR in prima linea hanno dimostrato un vantaggio in PFS per il trattamento con erlotinib e gefitinib rispetto alla chemioterapia. Tuttavia, nessun vantaggio significativo in OS è stato ottenuto. Data l’elevata efficacia del trattamento

(51)

51 con TKI nei pazienti con mutazione di EGFR, in tutti gli studi descritti è stato riportato un alto tasso di cross-over con erlotinib o gefitinib nei pazienti trattati in prima linea con chemioterapia.

Anche Afatinib, un TKI irreversibile di II generazione attivo contro tutti i recettori della famiglia HER, è stato confrontato con il trattamento con chemioterapia in pazienti non pretrattati e con tumori EGFR mutati.

Lo studio LUX-Lung 3 includeva pazienti asiatici e caucasici con NSCLC, stadio IIIB-IV, con mutazioni di EGFR (l’analisi interessava i codoni 18-21), suddivisi nei due bracci di trattamento: quello sperimentale con afatinib 40 mg/die e quello standard con cisplatino 75 mg/m2 e pemetrexed 500 mg/m2 ogni 21 giorni, fino ad un massimo di 6 cicli. L’impiego di afatinib determinava un incremento della PFS rispetto alla chemioterapia: mPFS 11.1 e 6.9 mesi, rispettivamente (HR=0.58; 95% CI 0.43-0.78, p=0.0004). Nel braccio sperimentale e in quello standard si riscontrava mOS di 31.6 e 28.2 mesi (HR=0.78) (Figura 1.8), mentre ORR era, rispettivamente, del 56.1% e del 22.6%. 120,121

(52)

52 I risultati ottenuti dallo studio LUX-Lung 3 sono stati confermati dalle osservazioni scaturite dallo studio LUX-Lung 6. In un setting analogo di pazienti, stavolta però esclusivamente di origine asiatica, afatinib 40mg/die veniva confrontato con cisplatino 75 mg/m2 (giorno 1) e gemcitabina 1000 mg/m2 (giorni 1 e 8) ogni 21 giorni per un massimo di 6 cicli Lo studio dimostrava un significativo incremento di PFS nel braccio di trattamento con afatinib rispetto a quello con cisplatino/gemcitabina (mPFS 11.0 e 5.6 mesi, rispettivamente (HR=0.28; 95% CI 0.20-0.39; p<0.0001). Differenze significative in OS non erano descritte, con una mOS di 23.6 e di 23.5 mesi per i pazienti tratti con afatinib e chemioterapia, rispettivamente. 117,121

Successivamente, è stata riportata l’analisi combinata dei dati di sopravvivenza degli studi Lux-Lung-3 e 6 con un follow-up più maturo (Figura 1.9). Nell’analisi per sottogruppi prepianificata dei pazienti con mutazione Ex19del, il trattamento con afatinib determinava un incremento significativo dell’OS (mOS 31.7 e 20.7 mesi; HR=0.59, 95%-CI: 0.45-0.77; p=0.0001). Tale vantaggio in OS era presente in entrambi gli studi per il sottogruppo di pazienti con Ex19del. Al contrario nessuna differenza statisticamente significativa era osservata per i pazienti con mutazione L858R.

(53)

53

Figura 1.9: Risultati di OS combinati degli studi Lux-Lung 3 e 6. (A) dati relativi ai pazienti con tumori con delezione dell’esone 19 e (B) con la mutazione L858R.

Sebbene l’efficacia degli inibitori TKI sia stata dimostrata indiscutibilmente nei pazienti con mutazioni Ex19del e L858R di EGFR, il ruolo di questi farmaci nel trattamento dei pazienti senza mutazione attivante di EGFR è stato a lungo controverso. Lo studio TAILOR (Tarceva Italian Lung Optimization Trial) ha confronto il trattamento con erlotinib e quello con docetaxel in pazienti con EGFR wild-type, progrediti dopo una prima linea di chemioterapia a base di platino. I risultati ottenuti mostravano che nel trattamento di seconda linea di pazienti con NSCLC EGFR wild-type la chemioterapia era più efficace di erlotinib, sia in termini di mOS (8.2 e 5.4 mesi, HR=0.73; 95% CI 0.53-1.00; p=0.05) che in termini di mPFS (2.9 mesi e 2.4 mesi, HR=0.71; 95% CI 0.53-0.95; p=0.02) 122 (Figura 2.0).

(54)

54

Figura 2.0: Studio TAILOR. Confronto di efficacia in termini di OS (A) e PFS (B) in pazienti con NSCLC con EGFR wild-type trattati con erlotinib o docetaxel.

(55)

55

1.7.2 Resistenza acquisita agli inibitori tirosinochinasici di EGFR

Il trattamento in I linea con gefitinib o erlotinib è efficace nei pazienti con mutazioni attivanti di EGFR, con un tasso di risposta ORR compreso tra 58 e 83%. 123 Nonostante l’impiego di questi farmaci abbia completamente rivoluzionato lo standard di trattamento negli ultimi anni, si è osservato che in media entro 6-12 mesi dall’inizio della terapia, la maggior parte dei pazienti sviluppa resistenza. Questo rappresenta un limite notevole all’efficacia di questi farmaci, dal momento che lo sviluppo di resistenza è correlato alla progressione di malattia. 47,54

I meccanismi di resistenza acquisita ai farmaci inibitori tirosinochinasici sono stati largamente studiati in vitro. Attraverso l’analisi effettuata su re-biopsie le seguenti alterazioni sono state osservate come possibile causa di resistenza acquisita al trattamento con erlotinib e gefitinib: circa il 50% dei pazienti presentava la seconda mutazione di EGFR T790M, circa il 20% l’amplificazione di MET, circa il 12% l’amplificazione di HER-2, il 5% la mutazione di PIK3CA e l’1% la mutazione di BRAF. In una percentuale variabile dal 3 al 14% è stata, invece, osservata la trasformazione istologica in microcitoma 10,78,124-126 (Figura 2.1). Inoltre, in una minoranza di pazienti variabile dall’1 al 5%, sono state descritte mutazioni in un secondo sito di EGFR: D761Y nell’esone 19 127, L747S nell’esone 19 128 e T854A nell’esone

Riferimenti

Documenti correlati

We investigated the potential role of reverse causation and time-dependent confounding on the association between physical activity and lung function among active smokers using

Direttore del Dipartimento di Diritto Privato e Storia del Diritto (Università degli Studi di Milano) Prof.ssa Albina Candian (Università degli Studi di

How- ever, the construction of wind farms may intrude the airspace that is required to ensure safe and regular aircraft operations at the airport. The present paper, which evolves

6 .7 we show the angular power spectra of the first three CO rota- tional line maps observed by Planck as well as the expected noise level at both high and low Galactic

Rome, Enrico da Rimini ou Borromeo da Bologna, concordent pour dire qu’un gouvernement ne peut être véritablement vertueux que s’il est inspiré par les vertus chrétiennes. Il doit

Use of all other works requires consent of the right holder (author or publisher) if not exempted from copyright protection by the

Questa proposizio- ne semplice sintetizza una proposizione più ampia e complessa, in modo da risultare, rispetto a questa, semanticamente equivalente» (2002, p. Un tema

1 (Codice della pro- tezione civile) prevede le ordinanze di protezione civile che, proprio in quanto abilitate a incidere anche su materie di competenza regionale, sono