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Valutazione dei rischi in base al questionario di ricerca

Difficoltà d’incontro fra domanda e offerta

C) Valutazione dei rischi in base al questionario di ricerca

Sin ora i fattori di rischio sono stati dunque suddivisi per dimensione aziendale e sottosettore di appartenenza. Integrare quanto rilevato con l’approccio adottato dal questionario utilizzato durante le interviste e standardizzato a livello europeo in virtù della partecipazione al già menzionato progetto di ricerca “Facilitating corporate social responsibility in the field of human trafficking”, permette di valutare l’esposizione al rischio di sfruttamento lavorativo secondo tre ulteriori criteri: i rischi individuati nel

processo di assunzione di un dipendente, quelli presenti sul posto di lavoro e quelli che potrebbero annidarsi in aziende che offrono servizi extralavorativi294.

Assunzione

Interrogati in merito all’esistenza o meno ed alla natura dei fattori di rischio di sfruttamento lavorativo nel processo di assunzione molti degli intervistati confermano in larga misura quanto già accennato295 in merito alle criticità derivanti dalla “Bossi‐

Fini” (Legge n. 189/02, entrata in vigore nel 2005). In particolare, l’introduzione del “contratto di soggiorno”, che lega la permanenza regolare dell’immigrato sul suolo italiano alla volontà datore di lavoro, rende il lavoratore straniero altamente ricattabile e dunque potenzialmente soggetto a sfruttamento lavorativo senza che questi abbia interesse a denunciare la propria condizione, considerata anche la già esaminata assenza di garanzie rispetto all’ottenimento di un altro titolo di soggiorno a fronte della denuncia stessa (come esaminato nelle difficoltà di tutela, ad esempio ex‐art. 18)296.

Secondo quanto emerge dalle interviste svolte, l’esposizione a fattori di rischio durante il processo di assunzione è motivata dalle necessità economiche tanto del lavoratore quanto dell’azienda, la quale, «per lo meno in una fase iniziale di assunzione del dipendente» cerca di applicare dei contratti che permettano «un’assunzione più flessibile», riconosce il responsabile della Cooperazione Alimentare di Confcooperative. La rappresentante di CIA Lombardia esclude che nel processo di assunzione si annidino dei rischi di sfruttamento, l’intervistata dichiara infatti come basti stipulare un contratto regolare per evitare ogni rischio: («se uno assume regolarmente poi non so che rischio ci può essere: nessuno! L’importante è aver fatto un contratto regolare») e rileva poi come il fenomeno di assunzioni non regolari nel settore agricolo sia sì presente, ma in diminuzione. Una contrazione della pratica delle “assunzioni” irregolari viene certamente confermata dagli stessi ispettori del lavoro. Riferendosi ai c.d.

294 Ove opportuno saranno richiamate alcune delle suddivisioni settoriali o di dimensione aziendale cui si è precedentemente fatto riferimento.

295 Si rimanda al Capitolo 2 ed al sottocapitolo 3.3.1. 296 Si rimanda al Capitolo 2 ed al sottocapitolo 3.3.1.

“voucher”297 essi confermano infatti che «dopo il 2006 c’è stata un’impennata di vendite

di questi buoni lavoro e in qualche modo si è dedotta una maggiore regolarità del comparto» ed osservano come «quelle che erano forme di lavoro irregolari alla fine sono emerse con la consegna del buono». Gli ispettori del lavoro lamentano poi che i buoni lavoro hanno permesso di «regolarizzare lo studente, chi fa attività saltuaria in agricoltura, non […] lo straniero privo di permesso di soggiorno quindi le forme [d’irregolarità] più gravi» ed osservano che «da questo aumento delle vendite si è in qualche modo desunta una limitazione delle irregolarità» ma riconoscono che «quanto poi questa cosa sia effettiva non lo sappiamo» anche perché «da quel momento ci sono stati un po’ meno controlli».

Fra i rischi di sfruttamento che possono specificatamente annidarsi nella fase di assunzione quello della mancata stipula di un contratto di lavoro viene riportato da più operatori del settore e molti precisano che, anche quando esistesse il contratto, persistono comunque altri fattori di rischio quali il non aver garantiti degli orari o dei turni di riposo298, il non rispetto del contratto in ogni sua parte. «Magari gli straordinari

glieli pagano fuori, oppure qualcuno gli straordinari glieli paga e poi se li fa dare cash» rileva la FLAI CGIL precisando come per parlare di sfruttamento non ci sia bisogno di arrivare ai casi, pur esistenti, in cui operano caporali e cooperative «dove invece lo sfruttamento è totale perché non ci sono diritti».

Altro problema che, da quanto emerso, sembra verificarsi con una certa frequenza nel settore, è quello che il contratto viene stipulato in riferimento ad un permesso di soggiorno falso o che, anche se regolare, rientri fra quelli che non permettono di svolgere attività lavorativa.

Il rappresentante della Cooperativa Lotta racconta: «noi abbiamo visto situazioni in cui tecnicamente l’assunzione è regolare, con versamento di contributi INPS e tutto, però di fatto su una situazione d’irregolarità, nel senso che la persona non aveva un permesso di soggiorno» o era titolare di un permesso di soggiorno falso. È dunque sufficiente che un lavoratore percepisca un regolare salario a fronte di una situazione d’irregolarità

297 Introdotti dalla Legge Biagi nel 2003 e recentemente modificati dalla c.d. riforma Fornero n. 92/2012 , dalle Legge n. 134/2012 e dalle circolari del Ministero del Lavoro n. 18/2013 e n. 4/2013.

affinché non emerga nulla di un potenziale legame con il fenomeno della tratta, dichiara preoccupato C. in veste di coordinatore dei progetti immigrazione e tratta della Cooperativa. Secondo l’intervistato questo può emergere dunque solo «se l’ispettorato del lavoro va a controllare tutta una serie di cose […], se si ferma all’assunzione il rischio è che l’INPS non controlli il permesso di soggiorno e quindi faciliti una cosa di questo genere». «È chiaro che questo meccanismo funziona fintanto che le aziende sono disponibili consciamente o inconsciamente ad assumersi rischi» connessi all’impiego di personale del quale non hanno controllato i requisiti di legge ai fini dell’assunzione regolare. Sembra infatti che non tutte le aziende si preoccupino di informarsi della regolarità del permesso di soggiorno presentato loro dal lavoratore straniero: «Io credo che non ci sia ancora una consapevolezza rispetto a questo, […] ma allo stesso modo succede di “assumere” persone irregolare con la falsa promessa di una regolarizzazione»299. Per molte aziende ed organizzazioni imprenditoriali è il c.d.

“ufficio paghe” ad essere incaricato della verifica della validità del titolo di soggiorno dei cittadini stranieri, che però rischia di limitarsi ad un controllo della scadenza del documento. Coldiretti riferisce di essersi dovuta di recente informare riguardo alla possibilità di stipulare contratti di lavoro su permessi rilasciati per “asilo politico”, è verosimile pensare che lo stesso tipo di verifica sia stato attivato da altre organizzazioni imprenditoriali o singole aziende coscienziose nel corso degli ultimi mesi, poiché l’esamina da parte delle Commissioni Territoriali della maggior parte delle domande di “asilo politico” legate alla c.d. “Emergenza Nord Africa” dovrebbero essere state espletate nel corso dell’ultimo anno.

Infine, altro rischio riferito al momento dell’assunzione, è quello del sottoinquadramento. Tanto Coldiretti che Confcooperative specificano infatti come presso i loro uffici si procede anche a questa verifica, ma lasciano entrambe intendere che rispetto alle aziende il loro ruolo è principalmente di tipo esortativo. Il controllo dunque esiste, ma le sanzioni che le organizzazioni imprenditoriali possono comminare agli aderenti in violazione dei principi e degli accordi presi si concretizzino poi prevalentemente unicamente nella minaccia di espulsione dall’organizzazione stessa.

Per prevenire i rischi nella fase di assunzione vengono messe in campo o auspicate soluzioni diverse. Vanno dunque brevemente ricordate la già menzionata campagna della CGIL300 e l’impegno appena citato di Confcooperative e Coldiretti, che

da una parte sottolineano come le norme relative ai permessi di soggiorno siano oggetto di verifica da parte dei propri uffici, e dall’altra fanno pressione sulle aziende affinché si mettano in regola301. Infine, come fa notare il rappresentante di

Confcooperative, almeno per quanto riguarda il proprio settore, è in atto una fase di «ricambio generazionale» nella quale lo “zoccolo duro” dei soci tende a stare molto attento nello scegliere le persone da assumere. Anche Centrale del Latte di Brescia si è dotata di un efficace metodo di controllo dei rischi che si annidano nel processo di assunzione (cfr. 3.3).

Posto di lavoro

Benché, come ricorda Coldiretti, i dati relativi agli incidenti sul lavoro stiano diminuendo, «l’agricoltura, per lo meno a livello bresciano, è il secondo comparto dopo l’edilizia, per rischiosità» ammonisce Confcooperative. «In un’azienda agricola» fa notare D. «i rischi sono ovunque: dal cardano non coperto al fatto che si mettono le mani nei carichi, impianti pericolosi, macchinari pericolosi, gli animali […] pericoli ci sono parlando di aziende agricole, [ma anche] nelle società che fanno trasformazioni alimentari c’è una componente di rischio perché per esempio recentemente nel terremoto che c’è stato a Mantova diversi caseifici sono stati coinvolti e purtroppo i magazzini son crollati […] lì sono decine di forme da 37 kg l’una che potrebbero cascare in testa». Mentre nel settore lattiero‐caseario e dell’allevamento i rischi sul posto di lavoro dipendono in larga misura dalla «imprevedibilità dell’animale» e dall’atipicità degli orari di lavoro, come precedentemente rilevato e confermato da Copagri e

300 “Sgombriamo il campo: cinque proposte per un nuovo mercato del lavoro pubblico, controllato, trasparente”, il già richiamato volantino distribuito a “Sgombriamo il campo”, Erbusco (BS) cfr. 3.3.1 difficoltà d’incontro fra domanda e offerta.

301 «Per quanto riguarda le cooperative che non aderiscono a Confcooperative o che ci siamo accorti che sfruttavano manodopera abbiamo richiesto che si mettessero in regola, però […] visto che le assunzioni le seguiamo noi, chi ha l’ufficio paghe da noi se non è in regola non viene assunto: chiediamo tutti i permessi di soggiorno, che sia inquadrato correttamente per il ruolo che svolge, sono tutte cose che vengono assolutamente considerate» D., responsabile della Cooperazione Agroalimentare di Confcooperative.

Centrale del Latte. Nei campi i rischi cui sono esposti i lavoratori vengono indicati da AIAB nell’esposizione agli antiparassitari ed altre sostanze potenzialmente nocive, così come nell’utilizzo dei macchinari. Quest’ultima preoccupazione è condivisa da Coldiretti, che specifica la particolare condizione di pericolo cui sono esposti i lavoratori agricoli delle zone montane, i quali alle volte operano con trattori e macchine non perfettamente a norma, magari non ben bilanciate e che sono dunque soggette ad un alto rischio di ribaltamento, con conseguenze anche gravi in termini infortunistici e di salute del lavoratore. La FLAI CGIL condanna inoltre la mancata attenzione verso una formazione adeguata dei lavoratori anche rispetto ai rischi specifici cui sono esposti sul posto di lavoro. Non sono rari gli episodi di lavoratori «lasciati davanti al pronto soccorso perché si sono fatti male sul lavoro»302. Su questo versante la Cooperativa

Lotta racconta aver organizzato dei corsi di formazione a medici e infermieri in alcuni ospedali poiché essi, grazie alla loro preparazione professionale, possono a volte identificare casi d’incidenti sul lavoro non denunciati come tali e orientare le vittime verso organizzazioni che possono occuparsi della loro situazione: «Abbiamo fatto formazione per spiegare che quando arrivano persone, magari dopo incidenti […] se sono irregolari non possono dichiarare di essersi fatti male sul lavoro, loro che sono in grado di capire se effettivamente è un incidente [sul lavoro] o altro [possono] dargli informazioni che permettono di dare opportunità anche a queste persone».

Rispetto all’incidente sul luogo di lavoro la Cooperativa Lotta sottolinea un meccanismo sul quale vale la pena soffermarsi: C. osserva che spesso «l’infortunio è l’elemento che in qualche modo rompe il patto con il datore di lavoro». Salta così «tutto il meccanismo anche di quella che si poteva chiamare [da una parte] “fiducia” nel datore di lavoro e [dall’altra] corresponsabilità» proprio perché «nel momento in cui avviene un evento traumatico le persone assumono più consapevolezza […] la persona prende coscienza della propria situazione di non tutela nel momento in cui c’è l’infortunio […] si sente meno protetta, ha più paura e si accorge di vivere questa situazione di sfruttamento […] prende coscienza che una serie di cose che gli sono state dette non

sono reali e da quel momento si sente abbandonato […] quindi a volte coglie l’occasione di poter denunciare la propria situazione di sfruttamento». Servizi extra‐lavorativi La pratica di fornire ai dipendenti servizi extra‐lavorativi è confermata indirettamente dagli intervistati, soprattutto per quanto riguarda l’alloggio. «È gente che spesso abita anche in cascina dove vive l’agricoltore» riconosce la rappresentante di CIA Lombardia. L’intervistato di Coldiretti Brescia rileva che spesso si tratta della concessione di un alloggio a titolo gratuito, soprattutto nel caso dei mungitori, da parte delle aziende che ne hanno la disponibilità. Altre volte sussiste un contratto d’affitto come racconta il responsabile di Copagri intervistato: «Quasi tutti gli indiani che lavorano nelle aziende agricole hanno casa nell’azienda agricola. Generalmente questo fa parte del contratto con una sorta di compensazione, poca cosa, intorno ai 100‐150 euro al mese». Il responsabile di Coldiretti si spiega questa pratica ritenendo che l’azienda lo faccia per comodità, pur rispettando gli orari di lavoro infatti, avendo un dipendente che abita nel cascinale in caso di estrema necessità è così infatti più semplice farvi ricorso. Non sembra inoltre difficile intuire come questa possa essere una soluzione comoda per il dipendente stesso, basti pensare al caso del mungitore col turno di notte. Nell’opinione di molti degli intervistati pertanto, come visto nell’esame delle dimensioni aziendali e in relazione al “fattore vicinanza”, la concessione di un alloggio legata ad un contratto di lavoro nel settore agricolo non è qualificabile come fattore di rischio di sfruttamento lavorativo. Anche il segretario provinciale della FLAI CGIL, tenendo a mente il confronto con situazioni nelle quali i lavoratori sono costretti a dormire in giacigli improvvisati o nei campi stessi, esprime un giudizio tutto sommato positivo su aziende che si premurano di fornire quantomeno un alloggio decente ai propri lavoratori. L’intervistato riconosce tuttavia come la concessione di determinati servizi possa in realtà camuffare e rendere più tollerabile una situazione che così «sembra regolare» anche «dal punto di vista […] umano» e che sarebbe invece da condannare. L’intervistato di AIAB Lombardia mantiene infatti una posizione molto più critica in merito ai servizi extra‐lavorativi offerti dalle aziende ai propri dipendenti: «Dover dipendere per queste cose da un datore di lavoro è una logica in cui tu devi sottostare a

tutto, non sei autonomo. Non a caso su questo pacchetto di servizi nasce il caporalato». Come precedentemente illustrato anche la Cooperativa Lotta condivide queste preoccupazioni303.