• Non ci sono risultati.

2. Messa a punto di un metodo per la purificazione di un concentrato di fH da

3.2 Valutazione dell’attività di cofattore nell’eluato 2

La valutazione dell’attività di cofattore del fH nell’eluato 2 delle 3 prove di consistenza è stata valutata dopo purificazione della proteina mediante immunoprecipitazione con biglie di sefarosio coniugate con l’anticorpo 5H5.

Il test è stato eseguito allestendo delle miscele di reazione in cui si mantenevano costanti le quantità della molecola C3b (500 ng) e del fI (250 ng), ma si variava la quantità del fH purificato dai 3 eluati (0,5-1-2,5-5 ng) .

Allo stesso modo sono state allestite miscele di reazione testando quantità diverse (0,5-1-2,5-5 ng) di fH di controllo ottenuto da plasma per immunoaffinità.

Nel corso dell’analisi è stato considerato anche un controllo rappresentato dalla miscela contenente la molecola C3b ed il fI.

Le miscele di reazione sono state incubate a 37°C per 30 min e successivamente analizzate mediante SDS-PAGE in condizioni riducenti. Sul gel ridotto sono state prese in considerazione le bande corrispondenti ai frammenti α’ (104kDa), β (70KDa) e α-68.

Il gel è stato acquisito ed analizzato per densitometria con il programma TotalLab.

Nella corsia 2, in cui è stata caricata la miscela di reazione di controllo contenente C3b e fI, si osservano le bande relative alle subunità α e β della molecola C3b, ma non i prodotti di degradazione, a dimostrazione che il fH è essenziale per l’attività proteolitica del fI. Nelle corsie da

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19

Fig. 15: corsie 1 e 19:Standard di peso molecolare; corsia 2: C3b+fI; corsie 3-6: C3b+fI+fH (0,5-1;2,5;5ng)

controllo di fH; corsie 7-10: C3b+fI+fH (0,5;1;2,5;5ng) prova 1; corsie 11-14: C3b+fI+fH (0,5;1;2,5;5ng) prova 2; corsie 15-18: C3b+fI+fH (0,5;1;2,5;5ng) prova 3.

3 a 6, dove sono state caricate le miscele di reazione allestite con il controllo di fH, è evidente la proteolisi a carico del C3b già con 0,5 ng di fH.

Nelle corsie 7-10, 11-14 e 15-18 sono state caricate le miscele di reazione allestite con quantità crescenti del fH purificato dall’eluato 2 delle prove1, 2 e 3 rispettivamente.

In tutti e tre i casi la degradazione inizia ad essere evidente a partire dalla miscela di reazione in presenza di 1 ng di fH. Quindi già da un’analisi visiva del gel si nota una differenza tra i tre eluati e il controllo.

La degradazione a carico del C3b è stata quantificata mediante analisi densitometrica, rapportando la diminuzione dell’intensità della catena α’ (Fig.16a) e l’aumento della catena α-68 (Fig.16b) all’intensità della catena β.

Da questa prima analisi emerge che l’attività di cofattore del fH purificato dai 3 eluati è in tutti i casi inferiore rispetto a quella del controllo di fH, rappresentativo della forma nativa. Tale

fH controllo Prova 1 Prova 2 Prova 3

Fig. 16b: analisi dell’incremento del frammento α-68 Fig.16a: analisi della diminuzione della subunità α’.

fH controllo Prova 2 Prova 1 Prova 3

diminuzione può essere imputata a modifiche non macroscopiche che il fH subisce nei diversi step di purificazione.

La differenza che si osserva tra i tre eluati potrebbe essere messa in relazione con il progressivo aumento del grado di degradazione (forma troncata) andando dalla prova 1 alla prova 3, in relazione alla quantità di aprotinina utilizzata.

Per avere un’indicazione dell’attività cofattoriale dei diversi campioni è stata calcolata la quantità di fH cha dà il 50 % di attività, mediante regressione logaritmica (Fig.17 e Tab. 23), tuttavia tale valore è da interpretarsi solo a titolo indicativo per confrontare i campioni all’interno dello stesso esperimento. CAMPIONE ng di fH Controllo 0,5 Eluato 2 prova 1 1,4 Eluato 2 prova 2 1,8 Eluato 2 prova 3 2,5

Tab.23: quantità di fH correlata al 50 % di attività cofattoriale.

fH controllo Prova 1

Prova 2 Prova 3

CAPITOLO IV

Discussione e

Il lavoro sperimentale descritto nella presente tesi è stato svolto nell’ambito di un progetto finanziato dalla Regione Toscana dedicato agli “Orphan Drug” di origine plasmatica, con il fine di ottenere un concentrato di fH umano da poter utilizzare come alternativa terapeutica nel trattamento di malattie rare, correlate ad anomalie congenite della via alternativa del complemento. Nello specifico ci si riferisce a patologie associate a mutazioni a carico del fH, quali la Sindrome Emolitico Uremico atipica e la Glomerulonefrite Membranoproliferativa di tipo II.

L’attività sperimentale, qui descritta, ha portato ad una migliore definizione di un metodo per la purificazione del fH da frazione plasmatica, preliminarmente delineato su piccola scala, con l’introduzione di modifiche a step esistenti volte all’ottimizzazione della procedura già acquisita e di nuovi step indispensabili in un ottica di sviluppo industriale.

Il materiale di partenza per la purificazione del fH è la frazione III, frazione di scarto della linea di produzione dedicata alle immunoglobuline G da cui si ottiene la specialità farmaceutica IgVena. La scelta di tale frazione deriva dallo screening effettuato sugli intermedi del frazionamento Kedrion, rappresentativi delle principali linee produttive, allo scopo di quantificare il fH negli intermedi dove fosse presente e quindi di delinearne la distribuzione nel frazionamento.

Dall’analisi quantitativa è emerso che dal plasma surnatante crio, dove il fH è presente ad una concentrazione di 413, 67 mg/l, la proteina precipita per un 10 % nella frazione I ed è recuperato nel surnatante I con una resa dell’85,4 %.

Nella via di purificazione del PTC grezzo il fH non interagisce con la resina DEAE Sephadex mentre si lega per un 20% alla resina Heparin Sepharose nelle condizioni adottate per il binding dell’antitrombina III.

Dal surnatante I viene precipitata la frazione II+ III che è utilizzata per la purificazione delle IgG ed è recuperato il surnatante II+III per la purificazione dell’albumina. Nel campione C, ossia frazione II+III solubilizzata a pH 5,5, e nel surnatante II+III il fH non risultava quantificabile. Dopo varie analisi si è capito che il fH non si determinava nel campione C perché le condizioni di solubilizzazione della frazione II+III adottate nel protocollo industriale non ne consentivano l’estrazione: il fH non è estratto a pH 5,5 ma necessita di una correzione del pH a 8,5. Di conseguenza nel frazionamento industriale il fH non è estratto nel campione C ma rimane nella pasta che va a costituire la frazione III da cui è possibile estrarlo, operando una solubilizzazione a pH 8,5 in acqua, con una resa del 70 % rispetto al plasma surnatante crio e dell’ 86,3 % rispetto al surnatante I.

In definitiva gli intermedi del frazionamento dove il fH è presente a maggiore concentrazione sono: il plasma surnatante crio, il surnatante I, la frazione II+III e la frazione III, pertanto la scelta del

materiale di partenza per la purificazione di questa proteina poteva vertire su uno di questi intermedi.

La decisione di adottare la frazione III come materiale iniziale per la purificazione del fH è stata fatta per due motivi principali:

1) la frazione III è una frazione arricchita di fH e rispetto al plasma sunatante crio è possibile calcolare un fattore di purificazione di circa 5 volte;

2) la frazione III è una frazione di scarto, pertanto il suo utilizzo non va ad impattare sui processi produttivi esistenti.

All’inizio del lavoro sperimentale che ha portato ai risultati descritti nella presente tesi era già delineato un metodo di purificazione del fH a partire dalla frazione III.

Il protocollo di purificazione esistente prevedeva l’estrazione del fH dalla frazione III, uno step di cattura su resina Fractogel EMD DMAE della Merk-Millipore e uno step di polishing su resina di affinità AF-Heparin HC-650 M.

Il nuovo metodo messo a punto si compone delle seguenti fasi: 1) estrazione del fH dalla frazione III;

2) filtrazione con filtro Mini Profile Capsule Filter Star, 3 µm; 3) filtrazione con filtro DURAPORE® OPTICAP® XL4 0,45 µm; 4) inattivazione solvente/detergente;

5) cromatografia a scambio anionico su resina Fractogel EMD DMAE; 6) ultrafiltrazione;

7) cromatografia di affinità su resina AF-Heparin HC-650M; 8) nanofiltrazione.

Per prima cosa sono state apportate modifiche al protocollo di estrazione: dal momento che il pH del tampone di condizionamento della prima colonna cromatografica è 8,5 e poiché la correzione del pH della frazione disciolta in acqua è difficilmente controllabile, a causa della presenza degli adiuvanti di filtrazione, è stata valutata la possibilità di solubilizzare la frazione III direttamente nel tampone Tris 50 mM, EDTA 5 mM, pH 8,5 piuttosto che discioglierla in acqua, correggere il pH a 8,5, recuperare il surnatante mediante centrifugazione e diluire successivamente con il tampone stesso.

Nei surnatanti recuperati dopo centrifugazione delle frazioni solubilizzate secondo i due protocolli è stata determinata la concentrazione di fH, delle proteine totali e di diverse proteine contaminanti. Le differenze di concentrazione di fH rinvenute nelle due condizioni analizzate sono minime e

correlate alla variabilità sperimentale, perciò trascurabili.

Nell’esperimento di modifica le concentrazioni delle proteine analizzate sono risultate più elevate rispetto al controllo; il motivo di ciò è stato attribuito ad una disomogeneità che caratterizza la pasta, come confermato da analisi precedenti condotte su surnatanti estratti da aliquote diverse dello stesso lotto di frazione III.

Poiché i risultati derivanti dall’applicazione del protocollo modificato di estrazione sono risultati nel complesso soddisfacenti e viste la semplificazione e la rapidità dello stesso, è stato deciso di procedere adottando le nuove condizioni.

Il fH è suscettibile all’azione delle proteasi presenti nel plasma, che effettuano un taglio proteolitico nella porzione N-terminale, dando origine ad una forma troncata della proteina, in cui due catene, rispettivamente di 35 e 130 kDa, sono tenute insieme da un ponte disolfuro. E’ stato dimostrato che il taglio proteolitico avviene all’interno della SCR 6, determinando quindi la separazione dei domini che presentano attività cofattoriale dal resto della molecola [55]. Alcuni studi si sono concentrati sull’influenza che la forma degradata può avere sull’attività di cofattore: i dati ottenuti in letteratura non sono in accordo.

E’ stato dimostrato che il frammento più piccolo, nel quale risiede l’attività, è capace di funzionare anche da solo, analogamente alla proteina CFHL-1, derivata dall’evento di splicing alternativo del gene CFH e costituita dalle prime 7 SCR, che è capace di svolgere l’attività cofattoriale [56].

Altri studi hanno messo in evidenza che la degradazione altera la struttura tridimensionale della proteina e ciò potrebbe influire, anche se non drasticamente, sulla sua funzionalità. In altri lavori si domostra come l’attività cofattoriale della forma troncata sia minore sulla superficie delle cellule ospiti [57].

Nel presente lavoro di tesi si è proceduto in primo luogo valutando se la forma troncata della proteina fosse già presente nel surnatante III e se l’aggiunta di un inibitore di proteasi, l’aprotinina, nel tampone di estrazione proteggesse la proteina dal taglio proteolitico.

A tale proposito la frazione III è stata solubilizzata con e senza aprotinina e i surnatanti recuperati, sono stati analizzati per valutare l’integrità strutturale del fH.

Questo studio è stato effettuato in collaborazione con il dipartimento di Scienze Biomediche e Cliniche “Luigi Sacco” dell’Università di Milano, dove dispongono di una colonna di immunoaffinità, funzionalizzata con l’anticorpo 5H5 altamente specifico per il fH. L’impiego di questa colonna ha consentito la purificazione di piccole aliquote di fH dai surnatanti con e senza aprotinina. La verifica dell’integrità strutturale è stata dunque eseguita mediante SDS-PAGE in condizioni riducenti e non, utilizzando come controllo il fH purificato da plasma mediante

immunoaffinità. I campioni ed il controllo sono stati inoltre sottoposti a tripsinizzazione, la tripsina infatti mima il taglio proteolitico nella porzione N-terminale a cui è suscettibile il fH; i campioni tripsinizzati sono stati sottoposti a SDS-PAGE solo in condizioni riducenti e rappresentano un riferimento per la forma troncata.

Dall’analisi dei gel è emerso che la forma troncata del fH è presente nel surnatante III, sia in presenza che in assenza di aprotinina. Quindi è stata fatta un’analisi quantitativa della percentuale di taglio per densitometria, nelle due condizioni analizzate: il risultato finale evidenzia che la presenza di aprotinina limita il taglio proteolitico del fH, infatti la degradazione è ridotta del 50 % in presenza dell’inibitore. La percentuale di proteina troncata identificata nel surnatante III in assenza l’inibitore, è imputabile ai passaggi di precipitazione etanolica operati a monte della frazione stessa.

La seconda modifica apportata al processo esistente è rappresentata dalla sostituzione della centrifugazione con una filtrazione di profondità con filtro Mini Profile Capsule Star 3µm della Pall, per allontanare gli adiuvanti della filtrazione, celite e perlite, dalla miscela di estrazione. La scelta di utilizzare questo filtro è stata fatta dopo aver testato altri filtri, sulla base delle rese di fH, che per il Mini Profile sono risultate pari al 100%.

Questa modifica nasce dal fatto che nell’impianto pilota in GMP di Siena di Kedrion, dedicato alla produzione di “Orphan Drug”, non è presente una centrifuga, sia per problemi di ingombro, sia perché tale apparecchiatura produce polveri che possono contaminare l’ambiente produttivo.

E’ stato inoltre introdotto, a valle della filtrazione di profondità un secondo step di filtrazione con filtro Opticap XL4 0,45 µm, al fine di proteggere la colonna da eventuali intasamenti, dovuti alla formazione di aggregati. Questo step non è ancora stato ottimizzato e l’attività futura prevede di testare altri filtri.

La terza modifica è rappresentata dall’introduzione di uno step di inattivazione virale solvente/detergente. L’introduzione di questo step trova ragione nel fatto che il plasma umano è un potenziale veicolo di malattie infettive anche di origine virale pertanto, sulla base delle linee guida degli enti regolatori (EMEA, FDA), nei processi produttivi degli emoderivati devono essere presenti almeno due step dedicati all’inattivazione e rimozione virale. Per questo motivo anche in questa procedura di purificazione è stato introdotto uno step di inattivazione e uno step di rimozione virale, mediante nanofiltrazione.

Nello step di inattivazione il campione è mantenuto in contatto con una miscela solvente/detergente costituita da tri(n-butyl)phosphate (TnBp) allo 0,3 % p/p e Triton X 100 all’1 % p/p, che assicura l’inattivazione dei virus envelope.

Questo step è stato inserito a monte della prima cromatografia, in quanto il passaggio cromatografico su scambiatore anionico dovrebbe garantire la rimozione degli inattivanti dal campione dopo il lavaggio della resina, dal momento che essi non interagiscono con i gruppi funzionali della stessa.

In questa sede non è stata valutata l’efficacia del trattamento sull’inattivazione virale, ma è stata verificata l’effettiva capacità della resina nella rimozione degli inattivanti.

Una volta introdotte queste modifiche, si è proceduto alla verifica della scalabilità del processo e della sua riproducibilità effettuando tre prove nelle stesse condizioni sperimentali con un aumento di scala di tre volte. Le tre prove sono state eseguite a partire da 3 lotti distinti di frazione III e diminuendo progressivamente la presenza dell’aprotinina dalla prova 1 alla prova 3, ovvero nella prova 1 l’inibitore è presente nell’estrazione, nell’eluizione della prima colonna e nella successiva fase di ultrafiltrazione a monte della seconda colonna, nella prova 2 l’inibitore è presente nella fase di estrazione ed eluizione e nella prova 3 solo nello step di estrazione.

La riuscita dello scale-up è stata valutata in base alle rese ottenute nelle 2 cromatografie.

Nella prima cromatografia il fH si distribuisce nei picchi di eluizione operati con i tamponi Tris 50 mM, EDTA 5 mM, NaCl 50 mM e Tris 50 mM, EDTA 5 mM, NaCl 100 mM, con rese % medie del 65 % e del 14 %, rispettivamente. I due picchi non sono stati riuniti, ma la purificazione è stata portata avanti solo con l’eluato raccolto dall’eluizione con il primo tampone (eluato 1) a favore di un maggior grado di purezza del prodotto finale.

Nel processo su scala minore il fH si distribuiva tra l’eluato 1 e il lavaggio 100 mM, con rese % medie del 45,31 % e del 21,50 % e quindi un recupero complessivo medio minore.

La differenza nelle rese % tra il processo attuale e quello preesistente è imputabile ai differenti metodi di determinazione del fH utilizzati, test ELISA e RID rispettivamente. Per la prima cromatografia il passaggio di scale si considera riuscito.

L’eluato 1 è stato sottoposto ad ultrafiltrazione con una resa % media di step è del 75 %, a causa di una perdita fisica del fH nel sistema di ultrafiltrazione. Tuttavia tale step deve ancora essere ottimizzato.

Il prodotto ultrafiltrato è stato sottoposto a cromatografia di affinità su resina Toyopearl AF-Heparin HC-650 M, dal momento che, come noto dalla letteratura, le SCR 19 e 20 del fH legano l’eparina con elevata affinità.

Il fH eluisce con una resa media del 91% nel picco ottenuto lavando la colonna con il tampone Sodio Citrato 20 mM, EDTA 5 mM, NaCl 160 mM (eluato 2). Nel picco precedente ottenuto con tampone Sodio Citrato 20 mM, EDTA 5 mM, NaCl 80 mM si ha una perdita di fH solo del 2,09 %.

Una quota consistente di proteine contaminanti (78%) è persa nella frazione non adsorbita.

La resa % media di step di fH nell’eluato 2 su scala minore si attestava intorno al 71% con una perdita media del 9 % nel lavaggio 80 mM. Anche in questo caso vale quanto detto sopra relativamente alla differenza nei metodi di dosaggio del fH utilizzati.

Si considera riuscito anche lo scale-up della seconda cromatografia.

L’eluato 2 della prova 2 è stato sottoposto ad uno step preliminare di nanofiltrazione, previa filtrazione con filtro 0,1µm Optiscale. Nel corso della filtrazione il filtro si è progressivamente intasato, probabilmente a causa della presenza di proteine contaminanti ad alto peso molecolare, come dimostrato dalla riduzione nel flusso, che nella fase finale si è attestato intorno al 22% rispetto all’inizio. Il recupero complessivo del fH è solo dell’80%. La procedura è attualmente in fase di ottimizzazione ed in futuro è previsto l’utilizzo di filtri di grado virale a maggiore porosità.

I dati di caratterizzazione del preparato finale o eluato 2 hanno evidenziato come uno dei contaminanti principali sia la proteina del complemento C3, confermando la tendenza della stessa a copurificare con il fH, come documentato in letteratura.

A tale proposito è stata valutata la distribuzione del C3 nella prima cromatografia e successivamente sono state apportate delle variazioni che si sono tradotte nell’introduzione di 2 step di eluizione aggiuntivi, effettuati con tampone Tris 50 mM, EDTA 5 mM, NaCl 30 mM e Tris 50 mM, EDTA 5 mM, NaCl 40 mM. In entrami i casi si è mantenuta la tendenza della molecola C3 a coopurificare con il fH.

Il passo successivo è stato quello di variare il supporto cromatografico, utilizzando uno scambiatore anionico forte, rappresentato dalla resina Fractogel EMD TMAE. L’impiego di tale supporto ha comportato l’introduzione di 2 step di eluizione con i tamponi Tris 50 mM, EDTA 5 mM, NaCl 15 mM e Tris 50 mM, EDTA 5 mM, NaCl 300 mM.

Tuttavia il cambiamento della resina non ha portato a miglioramenti nella risoluzione delle due proteine.

Una volta delineato il processo di purificazione del fH, il lavoro è proseguito con la caratterizzazione del prodotto finale o eluato 2.

In primo luogo è stata fatta un’analisi del grado di purezza e dell’integrità strutturale del fH nei campioni più significativi ottenuti nel processo.

La valutazione del grado di purezza è stata condotta mediante SDS-PAGE, confrontando il profilo di bande dei campioni più significativi raccolti durante la purifcazione. La visualizzazione su gel ha

dato un risultato soddisfacente relativamente al grado di purezza al procedere degli step di purificazione.

Nell’eluato 2 è distinguibile la forma integra del fH, ma anche i frammenti maggiore e minore della forma troncata ad indicare che durante la purificazione il fH ha subito un certo grado di degradazione. Inoltre sono presenti altre bande attribuibili ai contaminanti principali, tra cui sembra possibile distinguere le due bande del C3b ad un confronto con la corsia in cui è stato caricato lo standard di tale proteina.

Con lo scopo di quantificare la purezza del fH nel preparato finale, è stata fatta un’analisi densitometrica in cui il segnale delle bande corrispondenti alla forma integra del fH e a quella troncata, è stato normalizzato rispetto all’intensità totale di tutte le bande presenti su gel.

In base a queste valutazioni si può asserire che il fH è puro al 70%.

L’identità del fH presente nel preparato finale è stata confermata mediante western blot e analisi proteomica, condotta in collaborazione con l’Istituto di Fisologia Clinica del CNR di Pisa.

L’analisi proteomica ha permesso anche l’identificazione delle proteine contaminanti, tra cui le più rappresentate sono le componenti C3 e C4 del complemento e le IgM. La presenza di tali proteine è stata confermata anche dall’analisi nefelometrica condotta sugli eluati 2, concentrati 7 volte. Tali analisi hanno evidenziato una certa variabilità tra i tre concentrati, imputabile alla disomogeneità della frazione III.

La funzionalità della proteina è stata valutata mediante il dosaggio dell’attività di cofattore, sul surnatante III (materiale di partenza), ottenuto in presenza e in assenza di aprotinina, e sull’eluato 2 (concentrato finale). Tale metodo di dosaggio, che indaga il ruolo del fH come cofattore del fI, nel

Documenti correlati