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Valutazione dell’esperienza

Nel documento RicercAzione - Volume 4 Numero 1 (pagine 150-155)

1472. I mediatori didattici

5. Valutazione dell’esperienza

La valutazione dell’esperienza è stata effettua-ta in due momenti: inizialmente è seffettua-taeffettua-ta raccoleffettua-ta l’esperienza della facilitatrice e successivamen-te si è proceduto con l’analisi del video. Nell’Al-legato 2 (in Appendice) è riportato il racconto della facilitatrice che ha condotto la sessione, alla quale abbiamo chiesto di rispondere alla seguente domanda: «Può descriverci l’esperien-za che ha avuto con i bambini della classe pri-ma durante la sessione?». Dal racconto emerge come la facilitatrice sia riuscita a individuare elementi comuni nel processo di risoluzione delle operazioni degli studenti, concentrando l’attenzione su aree delicate come la concettua-lizzazione dalle unità alle decine, utilizzando rinforzi verbali e suggerimenti.

5.1. Fasi dell’esperienza

Dall’analisi dei video, sono emerse tre fasi principali: la risoluzione mnemonica, la costru-zione del processo operativo di risolucostru-zione e il consolidamento del processo di risoluzione.

5.1.1. Risoluzione mnemonica

Dall’analisi del video si può notare subito che la prima operazione proposta, essendo sem-plice, tende a essere risolta attraverso l’appli-cazione di un riconoscimento mnemonico del risultato.

Ad esempio, alla bambina E.V. viene pro-posta l’operazione «8 + 4». Essendo l’ope-razione particolarmente facile, la bambina dice subito il risultato corretto senza usare il Contafacile.

Anche il bambino L. nella prima operazione proposta («6 + 6») dimostra di voler passare subito alla risoluzione dell’operazione dicen-do il risultato, come evidenziato nel raccon-to dell’intervistatrice. Nonostante la risposta corretta, all’invito a procedere operativamente con le unità e le decine, il bambino manifesta delle difficoltà. Ad esempio, utilizza in totale 24 unità suddivise in due colonne di 12 unità ciascuna.

5.1.2. Costruzione del processo operativo di risoluzione

Si nota che nella seconda operazione proposta, che presenta un grado di difficoltà maggiore, i bambini manifestano l’esigenza di «costruire»

un modus operandi per procedere alla risolu-zione dell’operarisolu-zione. In questo processo diven-tano essenziali gli input forniti dalla facilitatri-ce per costruire il profacilitatri-cesso verso la risoluzione:

individuare le decine e le unità necessarie, met-terle in corrispondenza del numero, procedere alla somma unendo le decine e le unità.

Ad esempio, viene presentata alla bambina E.V. l’operazione «25 + 32». Per eseguire l’ope-razione vengono fornite dalla facilitatrice delle sollecitazioni come «Quante decine e quante unità?», favorendo l’avvio del ragionamento da attuare per la risoluzione dell’operazione.

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5.1.3. Consolidamento del processo di

riso-luzione

La terza operazione viene solitamente risolta con maggiore sicurezza, avendo familiarizzato con le unità e le decine, che vengono distinte con facilità. Si individua così l’applicazione pratica del procedimento appreso. Questo pro-cesso può essere considerato una forma di scaf-folding, essendo l’intervento della facilitatrice centrato soprattutto sulla seconda fase, che poi lentamente viene meno (fading).

5.2. Difficoltà nella verbalizzazione e rinforzi verbali

L’avvio dell’interazione avviene con la solle-citazione a verbalizzare le operazioni attraver-so frasi come «Prepara l’operazione e dimmi come fai i passaggi», oppure con la frase «Se mi racconti quello che fai, sono contenta» o

«Descrivimi quello che fai». Si nota in genera-le una bassa tendenza alla verbalizzazione delgenera-le attività, forse a causa dell’assenza di familiarità con la facilitatrice che conduce le attività.

Oppure nel caso del bambino V.P., a cui viene proposta l’operazione («5 + 7») e che indica 8 unità al posto di 7, all’invito a verbalizzare il bambino manifesta una certa difficoltà, portan-do la Prof.ssa a fornire rassicurazioni: «Sì, è difficile da spiegare…».

Nei dialoghi vengono presentati dei rinforzi verbali come «Questa è una cosa nuova per te:

ci devi pensare, ma io sono sicura che ce la puoi fare». In questo modo i bambini si dimostrano più rilassati e viene meno l’aspetto della perfor-mance. Ad esempio, nel caso del bambino V.P., in risposta alla frase: «È veramente difficilina.

Vediamo se ci riesci…», il bambino risponde:

«Sì, ci riesco», svolgendo l’operazione corret-tamente dopo alcuni momenti di incertezza iniziale.

Alla fine dell’operazione lo stesso bambi-no viene invitato a verbalizzare l’operazione compiuta: «Prova a raccontarmi quello che hai fatto», ma notando le difficoltà del bambino la Prof.ssa fornisce di nuovo delle rassicurazioni:

«In effetti è difficile da spiegare…».

5.3. Rigidità nell’utilizzo del nuovo metodo di risoluzione delle operazioni

Nello svolgimento della seconda operazione proposta al bambino, L. («12 + 24») manifesta delle difficoltà, dopo aver composto il 24 con una sola decina (Figura 4). Si riporta di seguito la reazione della facilitatrice:

Facilitatrice: «Agli altri bambini piace contare con il Contafacile. A te no? Perché?».

L.: «No… È solo che …».

Facilitatrice: «Preferisci fare senza?».

L.: «Eh, sì».

Facilitatrice: «Se ti dico di farlo senza, tu capisci?».

L.: «Sì».

Facilitatrice: «E con questo no? Questo ti aiuta a ca-pire cosa vogliono dire questi numeri».

(Estratto 1)

Fig. 4 Fotogramma dell’operazione di L.

La proposta di non usare lo strumento viene accolta in modo positivo dal bambino, forse ristabilendo il campo della matematica in una routine consolidata in classe, dove le operazio-ni vengono eseguite senza lo strumento. È tut-tavia abbastanza evidente che il bambino non ha concettualizzato l’operazione in sé: emerge, infatti, come inizialmente manifesti difficoltà a comprendere cosa significhi sommare del-le quantità. Dopo alcuni momenti di evidente difficoltà, con l’aiuto della facilitatrice, l’ope-razione viene eseguita e l’ultima opel’ope-razione proposta viene svolta senza problemi con il Contafacile.

Un altro esempio è fornito dalla bambina S.:

S.: «Con il Cantafacile?».

Facilitatrice: «Sì, con il Contafacile». (Estratto 2)

La bambina si pone la domanda, dimostrando implicitamente che c’è anche un altro modo di procedere: senza il supporto del Contafacile.

5.4. L’importanza della dimensione visiva e operativa

L’estratto 3 evidenzia quanto sia rilevante la dimensione della visualizzazione dell’opera-zione. Nel primo esempio, il bambino L. non considera, nel conteggio delle decine, la de-cina ottenuta dalla somma delle unità, propo-nendo 48 come risultato dell’operazione («16 + 38»):

Facilitatrice: «È una decina?».

L.: «Sì».

Facilitatrice: «Quante sono allora le decine?».

L.: «Quattro».

Facilitatrice: «E questa resta fuori? In qualche modo dobbiamo indicarle… Se la copri?».

L.: «54!». (Estratto 3)

Come si nota nelle Figure 5 e 6, dopo aver fatto coprire la decina composta dalle unità con

il coperchietto, il bambino è in grado di perve-nire subito al risultato: la visualizzazione, in tal modo, aiuta a risolvere l’operazione.

5.5. Difficoltà di passare dalle unità alle decine Una delle difficoltà che si riscontra nei bam-bini è relativa al passaggio dal conteggio delle unità per concettualizzarle come decine. Ad esempio, possiamo rilevare questa difficoltà nel caso della bambina S (Figura 7). All’operazione

«14 + 34», il 14 viene composto correttamente, mentre il 34 viene formato con un totale di 7 unità, anche se la separazione fisica delle unità (in due diverse scatole) ci permette di capire le intenzioni della bambina:

Facilitatrice: «Quante sono le decine?».

S.: «Tre».

Facilitatrice: «Decine che vuol dire?».

S.: «La scatolina».

Facilitatrice: «È solo la scatolina? Se è vuota è una decina?».

S.: «No».

Facilitatrice: «Sai perché si chiama decina?».

S.: «Perché dieci unità?». (Estratto 4)

Fig. 7 Fotogramma 1 dell’operazione svolta da S. (passaggio dalle unità alle decine).

Nell’ultimo esempio che proponiamo la bam-bina A., dopo aver preso il numero esatto di decine e di unità, afferma che il risultato corri-sponde a 12. Poi la facilitatrice tenta di veico-lare il ragionamento:

Facilitatrice: «Quante sono in tutto le decine?».

A.: «Tre».

Facilitatrice: «Questi li hai contati, e di questa cosa ne facciamo?».

Fig. 5 Fotogramma 1 dell’operazione svolta da L.

Fig. 6 Fotogramma 2 dell’operazione svolta da L.

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A.: «32».

Facilitatrice: «Trentadue sono tre decine e due unità.

E questi?».

A.: «42».

Facilitatrice: «Sì, sì. Bravissima!». (Estratto 5)

Nella Figura 8 si vede come la bambina, gra-zie alle indicazioni fornite dalla facilitatrice, riesca a concettualizzare le unità in decine.

Fig. 8 Fotogramma dell’operazione di A.

6. Conclusioni

La portata dei mediatori agisce di ritorno sul soggetto medesimo, contribuendo a elaborare le sue attitudini cognitive a seconda delle loro specifiche proprietà.

Da una ricerca condotta dal Nucleo di Ricerca in Didattica della Matematica/NRD di Bologna, è emerso come l’uso acritico dei mediatori possa creare confusione negli alunni e come «la scelta dei segni (numeri in colore) per rappresentare l’oggetto matematico (numeri) non sia neutra o indipendente: essa segna il destino in cui si espri-me il pensiero, il destino della comunicazione (Locatello, Meloni & Sbaragli, 2008, p. 460)».

In accordo con la concezione sopra esposta ci stiamo interessando dell’utilizzo dei mediatori nella didattica della matematica perché si ma-nifesta una necessità pedagogica di fondo che convoglia in sé molte aspettative (di insegnanti, di bambini e formatori), e che si prefigge molti obiettivi da raggiungere (migliorare l’appren-dimento e l’insegnamento della matematica) in tutti gli ordini di scuola.

Se vogliamo rivolgere l’attenzione alla ricerca comognitiva proposta da Sfard (2009), è

neces-sario tenere in considerazione come il discorso, forma individualizzata di pensiero, assume un ruolo prevalente nell’attività matematica ma, come abbiamo avuto modo di leggere poc’anzi, l’uso dei segni è altresì indispensabile poiché non esiste matematica che possa prescindere da essi.

Dall’articolo di Locatello e colleghi (2008), precedentemente citato, possiamo trarre una riflessione che s’inserisce a pieno titolo nella ricerca che abbiamo presentato e che riguarda appunto come il transfert cognitivo negli allie-vi presupponga la verbalizzazione di tutte le attività matematiche per la comprensione dei concetti matematici stessi e come, invece, oggi vi sia uno sbilanciamento nella didattica della matematica in uso presso le nostre scuole, che porta gli insegnanti a far prediligere attività che impegnano la concentrazione dei bambini nello scrivere «ciò che la maestra ha detto» piuttosto che privilegiare l’attività noetica (D’Amore, 1999).

Un altro dato emerso da ricerche relative all’uso di materiali strutturati è come essi «po-trebbero portare a un tipo di disfunzionamento della relazione didattica molto simile a quello che Brousseau ha chiamato effetto Dienes (Lo-catello, Meloni & Sbaragli, 2008, p. 472)».

La scommessa pedagogica del Contafacile sembra essere la seguente: la motivazione e l’interesse che la nuova attività hanno acceso nell’allievo sono tali che l’apprendimento del concetto, attraverso l’artefatto, sarà non epi-dermico ma profondo. In tal modo l’allievo si troverà di fronte a un problema dello stesso tipo, ma in un ambiente diverso, senza richieste cognitive specifiche per affrontare la nuova si-tuazione. Il transfert cognitivo sarà automatico:

passerà da una conoscenza costruita artificial-mente su misura, in un ambiente opportuno e specifico, alla conoscenza generalizzata, cioè alla capacità di produrre abilità cognitive e pro-cedurali in contesti diversi.

Volendo riassumere alcuni dati emersi dalla presente esperienza descritta, possiamo dire che innanzitutto è chiaro come il discorso matema-tico sia ancora lontano dall’essere oggettivato (Sfard, 2009) nei bambini che hanno

partecipa-to all’esperienza, ma che in questa fase molpartecipa-to delicata di passaggio da un concetto più ele-mentare a uno più complesso risulta fondamen-tale il ruolo dell’adulto che guida il processo verso la scoperta della significazione, verso la zona di sviluppo prossimale (Vygostkij, 1990).

Come abbiamo avuto modo di rilevare analiz-zando i video, i bambini spesso non riescono a far corrispondere all’attività con il sussidio il pensiero matematico; la ricerca comognitiva ha perciò portato alla luce le difficoltà nella con-cettualizzazione della decina e del significato di somma (addizione col riporto), restituendo all’adulto (la facilitatrice e l’insegnante di clas-se) i nodi cruciali su cui ogni bambino avrebbe bisogno di lavorare.

Nonostante i limiti della presente esperienza, da ricondurre all’esiguo numero dei parteci-panti e al suo carattere situato, si rilevano le seguenti aree che potrebbero essere utili per ampliarne l’approccio esplorativo:

• intervistare i bambini al termine delle attività di risoluzione delle operazioni, per esplorare meglio i loro processi di elaborazione delle operazioni e confrontarli con le strategie di-dattiche di risoluzione messe in atto;

• strutturare attività didattiche sotto forma di routine da proporre all’insegnante per agevo-lare i processi di risoluzione delle operazioni;

• evidenziare nella pratica didattica di risolu-zione dei problemi la dimensione dello scaf-folding, allo scopo di consolidare i processi di risoluzione dell’attività matematica;

• sottolineare ed evidenziare nella pratica didat-tica la dimensione dialogica e del racconto dei bambini quando sono alle prese con attività di risoluzione e acquisizione di nuovi concetti astratti;

• distinguere nelle strategie messe in atto dai bambini stili di approccio differente, come il semplice focus sulla «risoluzione del proble-ma» verso la «scoperta di una strategia spe-cifica».

Ringraziamenti

Si ringraziano l’ideatrice dello strumento e l’insegnante per la collaborazione nella realiz-zazione dell’esperienza didattica descritta.

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APPENDICE

Allegato 1: Racconto sull’origine del

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