L‟approccio resource-based ha trovato i suoi primi contributi in Penrose (1959) ed ancor prima in Schumpeter (1934), per diffondersi nel resto del mondo accademico solo nei primi anni Novanta.
Secondo Penrose, l‟impresa è un portafoglio di risorse e competenze sviluppate per il migliore svolgimento della funzione di produzione. In seguito, dagli anni Sessanta, studiosi come Selznick, Ansoff, Andrews, Hofer e Schendel avevano sottolineato il ruolo delle risorse e delle competenze distintive per il successo delle imprese. Nel 1984 Rumelt spiega l‟eterogeneità delle performance tra le imprese dovuti a meccanismi di isolamento riconducibili alla dotazione di risorse. Fu invece Barney, nel 1986, ad essere tra i primi a descrivere la relazione esistente tra risorse e competenze e vantaggio competitivo. Egli ipotizza l‟esistenza di un “mercato” dove le imprese possono acquisire le risorse e le competenze strategiche che permetteranno loro di conseguire ritorni economici più elevati rispetto ai concorrenti, a patto che questo mercato sia imperfetto e le imprese possano sfruttarne le imperfezioni a loro vantaggio. Dierickx e Cool nel 1989 contrappongono alla visione del mercato imperfetto di Barney il convincimento secondo cui il vantaggio competitivo derivi dalle R&C distintive sviluppate ed accumulate dall‟impresa. Secondo loro, infatti, non è possibile acquisire dall‟esterno, da un mercato, le fonti del vantaggio competitivo, ma è necessario crearle e svilupparle internamente all‟azienda. Va da sé che secondo questa visione le R&C sviluppate internamente saranno non negoziabili e difficili sia da imitare che da sostituire.
Fino a questo momento la resource-based view (RBV) era rimasta appannaggio degli accademici, senza trovare applicazione nel mondo delle imprese. Nel 1990 Hamel e Prahalad pubblicano un articolo sull‟Harvard Business Review il quale, con linguaggio semplice ed esempi interessanti per i manager, richiamava
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molti concetti della RBV. Nella visione di Hamel e Prahalad l‟analisi strategica doveva concentrarsi sulle “core competencies”, in contrapposizione all‟analisi basata sulle attività (quella della catena del valore, per intenderci). L‟impresa, infatti, è vista in tale ottica come un insieme di competenze, alcune delle quali (core competencies, appunto) funzionali allo sviluppo dei prodotti chiave (core products).
Nel 1991 Grant pone in evidenza la centralità delle R&C nella formulazione della strategia, in quanto fonte primaria del vantaggio competitivo.
Nel 1993 Amit e Schoemaker formalizzano quanto già sostenuto da Grant nel 1991 e da Peteraf nel 1993, ovvero che la RBV non è da considerarsi in contrapposizione con i precedenti contributi di strategia, in quanto complementare ad essi. Secondo questi due autori il conseguimento del vantaggio competitivo è legato alla coerenza tra i fattori critici di successo nel settore e le R&C chiave possedute dall‟impresa.
Anche se in letteratura le risorse e le competenze aziendali sono state variamente definite e classificate, in questa sede ci rifaremo alla prospettiva degli studiosi Collis, Montgomery, Invernizzi e Molteni24, che le classificano in tre categorie:
Gli asset tangibili, che costituiscono il patrimonio fisico e finanziario dell‟azienda;
Gli asset intangibili, difficilmente valutabili, sia quantitativamente che qualitativamente;
Le competenze aziendali, che non rappresentano fattori produttivi, ma la possibilità di combinarli ed impiegarli in vista del raggiungimento di determinati obiettivi (c.d. organizational capabilities).
Secondo questa classificazione si configurano come risorse gli asset, sia tangibili che intangibili, e si configurano come competenze le organizational cababilities di cui all‟ultimo punto.
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Un‟ulteriore classificazione, susseguente a quella appena descritta, prevede il raggruppamento delle R&C per funzioni; avremo in tal modo risorse e competenze commerciali, tecnologiche, finanziarie, organizzative, relazionali, di general management.
Ogni impresa, pertanto, ha uno specifico portafoglio di risorse e competenze che le permette di soddisfare i bisogni di determinate categorie di clienti. Detto con altre parole, ogni impresa ha un set di R&C di valore su cui basa il proprio vantaggio competitivo.
Figura 3 Il rapporto tra risorse, competenze e vantaggio competitivo (rielaborazione da Grant, 2005).
Sulla relazione tra sostenibilità del vantaggio competitivo e R&C, Grant (1995) propone uno schema descrittivo (figura 3). Nella sua visione, che riprende quella sopracitata di Amit e Schoemaker del 1993, il vantaggio competitivo di un‟impresa dipende dalla capacità dell‟azienda tramite la sua strategia di coniugare coerentemente le competenze aziendali con i fattori critici di successo del settore in cui essa opera. In quest‟ottica sono proprio le risorse e le competenze distintive di cui l‟impresa dispone in un dato momento a rappresentare la fonte del vantaggio
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competitivo, sia esso di costo o di differenziazione. Secondo la definizione data da Barney (1991), le R&C distintive sono quelle:
In grado di generare valore;
Rare o comunque non diffuse tra i concorrenti, attuali o potenziali;
Non perfettamente imitabili dai concorrenti;
Organizzate, ovvero di cui l‟azienda è cosciente e si adopera per farne un elemento competitivo centrale del suo sistema di offerta.
In chiave di sostenibilità del vantaggio competitivo è possibile classificare le R&C in una matrice 3x2 avente come variabili:
La capacità di generare valore, ovvero il contributo che una risorsa o competenza apporta alla riduzione dei costi, attuali o futuri, o all‟unicità di una certa offerta;
Il grado di imitabilità di una risorsa o competenza da parte di concorrenti, intesa come facile replicabilità o elevata mobilità di una determinata risorsa o competenza.
Figura 4 I percorsi evolutivi delle risorse e competenze aziendali (Invernizzi, 2008).
La prima dimensione pone in evidenza la rilevanza della risorsa/competenza per il conseguimento del vantaggio competitivo. La seconda dimensione ricorda
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come la sostenibilità del vantaggio competitivo dipenda dal grado di imitabilità della fonte del vantaggio stesso da parte dei concorrenti.
In aggiunta a tali R&C “contestuali”, Invernizzi identifica delle ulteriori risorse e competenze non specificamente riconducibili ad un singolo business/funzione ma che rivestono un ruolo cruciale nella crescita di un‟impresa. Sono le c.d. “growth- enabling skills” e le c.d. “networking competences”.
Nel corso della sua vita, per essere competitiva ed avere successo, l‟azienda deve trovare sempre nuove fonti di vantaggio competitivo, coerentemente con l‟evoluzione dell‟ambiente in cui opera e del mutamento dei fattori critici di successo del settore.
Coerentemente con la prospettiva RBV ed in via propedeutica alla case history che verrà sviluppata nella seconda parte del lavoro, nel prossimo capitolo andremo ad esaminare dettagliatamente alcuni approcci alla tematica dell‟innovazione, sia di tipo strategico che tecnologico, cercando di capire come e quando un‟azienda innova, quali sono alcuni dei framework che aiutano ad individuare i vari tipi di innovazione riscontrati e studiati finora dagli studiosi più illustri.
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