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Verso una responsabilità oggettiva o ritorno ad una responsabilità per inadempimento

responsabilità per inadempimento oggettiva?

Come è noto, il primo italiano ad avviare in dottrina un‟analisi economica della responsabilità contrattuale è stato Pietro Trimarchi (279), secondo il quale gli schemi fondamentali della responsabilità contrattuale possono essere ricondotti all‟alternativa tra responsabilità per colpa,che consegue alla violazione di norme di diligenza, e responsabilità oggettiva, che consente invece di liberarsi solo con la prova del fatto che l‟inadempimento è dovuto ad «una causa esterna all’impresa del

(278) Cfr. G. B. FERRI, La responsabilità del vettore, cit., 61 ss., la quale in tal

modo coglie una seconda via per l‟attuazione del fenomeno della c.d. socializzazione della responsabilità. In tal senso si esprime anche G. VISINTINI, Inadempimento, cit., 288, secondo la quale «l’evoluzione di certi doveri di protezione(ndr: che, secondo l‟Autrice, trovano comunque la loro fonte nella buona fede e ne sono specificazione),

soprattutto di quelli aventi ad oggetto la persona umana, come nel trasporto di persone e nel contratto di lavoro subordinato, prepara ad una maggiore oggettivizzazione della nozione di causa non imputabile, e apre la strada allo strumento dell’assicurazione per la copertura di certi rischi».

(279) Così G. VISINTINI, Inadempimento, cit., 147.L‟opera di riferimento è P.

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150 debitore e di carattere catastrofico, mentre le cause interne all’impresa restano a carico del debitore anche se siano incolpevoli» (280). In questa bipartizione, la responsabilità oggettiva riveste il ruolo di strumento capace di operare la migliore redistribuzione delle risorse tra i soggetti del mercato, sia addossando i costi conseguenti ai danni derivanti dall‟inadempimento su quello più forte (non solo in senso economico, ma soprattutto in senso strategico, perché dotato dei mezzi utili a metabolizzare il relativo sacrificio), sia mediante il progresso tecnologico (che in tal modo è stimolato), sia infine perché rendendo più certa la sorte dell‟eventuale controversia disincentiva la litigiosità (281).

Trimarchi si è fatto quindi portatore di una visione della responsabilità oggettiva che spinge ai confini della controllabilità le cause di esonero per il debitore,così ottenendoil favore dalla migliore dottrina a noi contemporanea, la quale ha saputo in ciò individuare i lineamenti di un futuro, economicamente valido, sviluppo della teoria della responsabilità contrattuale d‟impresa (282).

Se questa è la posizione di Trimarchi, l‟assetto che invece in progresso di tempo si è venuto a creare nel campo del trasporto di passeggeri, in particolare in quello aereo, comporta un innegabile riavvicinamento alla teoria oggettivistica dell‟inadempimento elaborata

(280) Così P. TRIMARCHI, cit. , 521.

(281) Cfr. P. TRIMARCHI, cit., 523 ss.

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151 da Osti, secondo la quale fonte di responsabilità contrattuale è l‟inadempimento tout court, a prescindere dall‟elemento soggettivo che lo connota. Dettateoriavede infatti dolo e colpa attenere esclusivamente all‟imputazione dell‟impossibilità della prestazione e non già all‟inadempimento:più di preciso, posto che la mancata esecuzione della prestazione comporta ex sé l‟inadempimento, solo la prova dell‟assenza di dolo o colpa e dunquela dimostrazione dell‟imprevedibilità ed inevitabilità dell‟evento che lo ha causato può esentare il debitore dal risponderne (283).

A ben vedere però, nella disciplina del trasporto aereo di passeggeri, sebbene solo in parte, si è persino andati oltre. C‟è stato infatti, un superamento della teoria della responsabilità contrattuale oggettiva sia nel senso inteso da Trimarchi, sia in quello elaborato da Osti, in modo tale da rendere inevitabile evocare il concetto di rischio.

Bisogna a questo punto precisarepreliminarmenteche il rischio generalmente inteso più che un criterio di imputazione della responsabilità è un fenomeno descrittivo di caratteri comuni ad espressioni diverse e non possiede un preciso significato sistematico: quando si parla di“responsabilità per rischio“, infatti, si intende la responsabilità in senso disgiunto e contrapposto a quello di “imputabilità” e si dà atto del fatto che un soggetto subisce le

(283) G. OSTI, Scritti giuridici, Milano, 1973, passim. Cfr. inoltre G. VISINTINI, Inadempimento, cit., 103 ss.; G. CHINÈ – A. ZOPPINI, Manuale, cit., 1911 ss.

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152 conseguenze pregiudizievoli di un certo evento - a sua volta lesivo dei diritti di un altro soggetto – senza che detto evento sia a questi riconducibile, eccezion fatta per la previsione che gliene addossa il costo economico. Il sacrificio così sopportato, infatti, consiste in un esborso monetario costituente quantificazione – precisa o forfetizzata – e traduzione pratica del pregiudizio subìto dal terzo.

È dunque evidente che in ciò sostanziandosi, il rischio appare come comprensivo di criteri di imputazione che possono essere i più svariati, quali,per citare qualche esempio, quelli della preposizione, della disponibilità di un bene, dell‟esercizio di una certa attività (284). Ad ogni modo, riducendo il rischio ai suoi tratti salienti può in un certo senso essere individuata una definizione dello stesso come imputazione di un sacrificio ad un soggetto quale conseguenza di un danno subìto da un terzo in virtù di una mera previsione legale o negoziale.

In tutto ciò, il rischio resta comunque un fatto specifico e non un generale criterio di imputazione. Il motivo che giustifica la previsione poi è esterno al fenomeno ed attiene, questo si, al canone di attribuzione del rischio.

È poi vero che parlare di rischio significa usare un concetto che necessita di essere messo in relazione con qualcosa affinché assuma un significato, sicché la possibilità che si debbano subire le conseguenze di condotte a sé non imputabili neppure causalmente è tradizionalmente

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153 ricondotta in campo contrattuale al concetto di rischio dell‟impossibilità della prestazione (285).

Certo è anche che il fatto stesso che si parli delle conseguenze di un qualcosa che abbia i connotati dell‟impossibilità ha senso solo se ciò che di impossibile si intende sia espressamente ricondotto da una fonte normativa vincolante per chi ne deve rispondere (286). In questo senso si coglie la duplice relatività del concetto di rischio in quanto relato al sacrificio minacciato ed al soggetto che di quel sacrificio deve rispondere. Poiché si tratta, come detto, di condotte non imputabili a nessuna delle parti in rapporto, è dunque dall‟esterno che deve essere stabilito chi dei due soggetti è opportuno che ne patisca le conseguenze in considerazione della disponibilità del correlativo potere (287), si potrebbe dire, di protezione.

Quest‟ultimo, come già si è avuto modo di dire, nel campo dell‟integrità della persona che sia interessata da una prestazione che necessariamente la coinvolge, si distribuisce tra debitore e creditore mediante l‟individuazione di un punto di equilibrio fra protezione e

(285) Sul concetto di rischio si veda S. ORLANDO, Rischio e vendita internazionale, Milano, 2002, 19 ss., 38. Sul rischio contrattuale si veda altresì E.

BETTI, Teoria generale, cit., 154 ss., con il quale chi scrive è d‟accordo sul fatto che il problema del rischio nei termini di cui sopra non è esclusivo dei contratti sinallagmatici, ma «può sorgere rispetto a qualsiasi tipo di contratto, anche ad obbligazione

unilaterale» e non solo con riferimento alla perdita del diritto alla prestazione da parte

del creditore, ma altresì avendo riguardo al danno eventualmente patito a causa di detta perdita (158, 160).

(286) Cfr. S. ORLANDO, Rischio, cit., 23.

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154 autoprotezione che varia a seconda della possibilità che la seconda si esplichi e della sua conseguente ampiezza.

Con riferimento a quest‟ultimo aspetto, si apre una problematica relativa proprio all‟individuazione del momento discriminante il potere di protezione da quello di autoprotezione che è opportuno affrontare prima di ogni ulteriore approfondimento sulla tematica del rischio.

3. Il confine tra protezione e autoprotezione: criteri semantici e

temporali di individuazione. La nozione di accident e di sinistro marittimo.

La dimensione ad un primo esame tendenzialmente totalizzante della protezione del passeggero trova un duplice limite nella natura dell‟evento causativo del danno e nel momento in cui esso si verifica (288); l‟art. 17 CM infatti,condiziona la risposta risarcitoria del vettore al

(288) Il limite diventa triplice se si esclude dall‟alveo dei danni risarcibili il danno

c.d. psichico, ossia i pregiudizi rilevabili sul piano emotivo, in particolar modo se non ricollegati ad una lesione di tipo corporale.Sulla nozione di danno psichico e, più in generale, per un‟attenta analisi della terminologia adottata nella CM in materia di danno e risarcimento si rinvia a A. ANTONINI, Il danno risarcibile nel trasporto aereo di

persone, in La nuova disciplina del trasporto aereo (a cura di L. Tullio), Napoli, 2006,

81, 86. Si veda inoltre A. ZAMPONE, Sulla risarcibilità del danno psichico nel trasporto

internazionale di persone (nota a U.K. H.L. 2001, King. V. Bristow Helicopters Ltd. v. KLM), in Dir. trasp. 2003, 1012 ss. Interessante per la completa ricostruzione della CV

e della CM in tema, anche alla luce della giurisprudenza internazionale, è la pronuncia

Ehrlich v. American Airlines, 360 F.3d 366 (2nd circ., 2004). Il punto, invero, è ancora

vivamente dibattuto e, sebbene la giurisprudenza maggioritaria sia propensa ad escluderne la autonoma rilevanza, non mancano le aperture ad una soluzione affermativa, come fa notareM. PIRAS, Il danno non patrimoniale nel trasporto aereo, in

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155 verificarsi di un accidenta bordo o nel corso di una qualsiasi delle operazioni di imbarco o di sbarco, aggiungendo dunque allo sbarramento quantitativo dei 113.100 DSP quello qualitativo della natura della causa del danno e quello spazio-temporale dato dal momento (e, di conseguenza, dal luogo), in cui esso si verifica.

Per quanto concerne il primo aspetto, la nozione di accident è stata correttamente definita una nozione aperta, ossia da valutare caso per caso (289), posto che il termine utilizzato dal legislatore uniforme non è di per sé idoneo a fornire un senso univoco alla disciplina e rinvia, quindi, alla lex fori per la sua precisazione (290).

Sta di fatto che la parola in questione, significante infortunio inatteso, ha sostituito, nel passaggio dal regime di Varsaviache già parlava di accident, il termine event contenuto nel Protocollo di Guatemala City del 1961 ( 291), evitando peraltro l‟utilizzo della

Dir. trasp. 2012, 387 ss.; in tema si veda anche E. G. ROSAFIO, L’azione

extracontrattuale, in La nuove disciplina del trasporto aereo (a cura di L. Tullio),

Napoli, 2006, 255, 278 ss.. Sostiene l‟autonoma risarcibilità dei danni psichici alla luce della legge nazionale stante la non esaustività della disciplina della CML. TULLIO, Il

danno risarcibile nel trasporto aereo: il danno morale, in Dir. trasp. 2011, 777 ss.

(289) L. TULLIO, L’obbligazione di protezione, cit., 350, 365.

(290) Così S. BUSTI, Contratto di trasporto aereo, cit., 417.

(291) Il Reg. (CE) n. 2027/07 parlava anche esso di accident: art. 3, «The liability of a Community air carrier for damages sustained in the event of death, wounding or any other bodily injury by a passenger in the event of an accident shall not be subject to any financial limit, be it defined by law, convention or contract».

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156 parolaincident, indicativo, invece, del mero infortunio, non ulteriormente qualificato (292).

È quindi invalsa, non senza un dibattito che a tutt‟oggi non può dirsi completamente sopito, l‟interpretazione secondo la quale per accident si intende un evento inusuale, inaspettato nonché esterno al passeggero (293). Rimangono conseguentemente esclusi i danni derivanti

(292) Sul punto si veda M. M. COMENALE PINTO, Riflessioni sulla nuova Convenzione di Montreal, cit., 798, 828 ss. Peraltro, lo stesso art. 17 CM utilizza il

termine accident al primo comma con riferimento ai passeggeri, mentre adotta il termine event con riferimento ai bagagli, come fa notare B. BERTUCCI, La Convenzione

di Montreal del 28 maggio 1999, in CUST, Atti dell‟incontro di studio, Ispica 29 agosto

– 4 settembre 1999, Messina, 2000, 270.

(293) È la definizione fornita dalla U.S. S.C. nel celeberrimo caso Air France v. Sacks, 470 U.S. 392 (1985), ove si parla di accident in termini di «an unexpected or unusual event or happening that is external to the passenger», confermata nella più

recente giurisprudenza statunitense; cfr. Shawn Carriker, et al v. Emirates Airlines, Inc.,

(5th Circ. 2012). Ad onor del vero una definizione ufficiale di accident la si rinviene nell‟Annex 13 alla Convenzione di Chicago del 1944 sulle Accident Investigation, ove per esso si intende: «An occourrence associated with the operation of an aircraft which

take place between the time any person boards the aircraft with the intention of flight until such time as all such persons have disembarked, in wich: a) a person is fatally or seriously injured as result of: - being in the aircraft, or – direct contact with any part of the aircraft, including parts which have became detached from the aircraft, or – direct exposure to jet blast, except when the injuries are from natural causes, self-inflicted or inflicted by other persons, or when the injurues are to stowaways hiding outside the areas normally available to the passengers and crew; or b) the aicraft sustains damage or structural failure which: - adversely affects the structural strenght, performance or flight characteristics of the aircraft, and – would normally require major repair or replacement of the affected component, except for engine failure or damage, when the damage is limited to the engine, its cowlings or accessories or for damage limited to propellers, wing tips, antennas, tires, brakes, fairings, small dents or puncture holes in the aircraft skin or c) the aircraft is missing or is completely inaccessible».

Dall‟accident l‟ICAO distingue l‟incident, intendendo per esso «An occourence, other

then accident, associated with the operation of an aircraft which affects or could affect the safety of operation». Un‟attenta analisi delle due disposizioni è stata fatta da F.

PELLEGRINO, Sicurezza e prevenzione, cit., 110 ss. Per completezza è bene dire che l‟Annex 13, insieme agli Annexes 1, 6. 8. 11, 13 e 14, confluirà con entrata in vigore a partire dal 14 novembre 2013 nell‟Annex 19 in vista di una progressiva armonizzazione della disciplina di standards e pratiche raccomandate ICAO. Cfr. anche G. MASTRANDREA, L’obbligo, cit.,181 ss. Ritiene invece estranee alla nozione di accident la repentinità e l‟imprevedibilità dell‟accadimento, S. BUSTI, Contratto, cit., 417, poiché, secondo l‟Autore, «per accident si deve intendere lo stesso infortunio del

viaggiatore, che già di per sé costituisce un fatto anomalo occorso durante le operazioni di trasporto, senza che si possa andare a pretendere che siano il passeggero

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157 da circostanze che, malgrado siano pregiudizievoli, abbiano il carattere della frequenza o anche della mera prevedibilità, oltre a quelli che siano sviluppo di un fenomeno interno del passeggero (294).

od i suoi aventi diritto a dimostrare puntualmente situazioni di anormalità del servizio aereo».

(294) In quest‟ottica si capisce, di conseguenza, perché sia ritenuto estraneo al

concetto di accident il caso in cui il passeggero sia interessato da DVT (deep vein

thrombosis,ossia trombosi venosa profonda), patologia che si manifesta soprattutto al

livello degli arti inferiori e che si ritiene comunemente causata dalla lunga permanenza in posizione seduta in spazi troppo stretti per potersi muovere. La sindrome, pertanto, è detta anche “sindrome della classe economica”, anche se i casi verificatisi in classi superiori, o addirittura in contesti diversi dal traporto aereo, smentirebbe l‟assunto sull‟eziologia necessariamente collegata al trasporto aereo economico, come ricorda uno dei più attenti commentatori del fenomeno M. M. COMENALE PINTO, La sindrome

della classe economica, in http://www.dirittoestoria.it/9/Contributi/Comenale-Pinto-

Sindrome-classe-economica.htm#_ftn6, nonché G. N. TOMPKINS JR, Deep Vein

Thrombisis (DVT) and Air Carrier Legal Liability – The Mith and the Law, in Air & Sp. L. 2001, 231 ss.In effetti non vi sono ancora evidenze scientifiche che definiscano

l‟insorgenza della DVT come conseguenza immediata e diretta della ristretta libertà di movimento a bordo di un aeromobile. Piuttosto, è stata individuata una serie di fattori predisponenti e cause concomitanti la sua insorgenza, quali l‟ereditarietà, i trattamenti ormonali, il fumo, l‟aver assunto bevande alcoliche prima del volo, la scarsa idratazione, la carenza di ossigeno, la mancata deambulazione. Cfr. G. GUERRIERI,

Italian Court Denies Recovery for Cerebral Haemorrhage Following 18.5-Hour Aircraft Journey, in Air & Sp. L. 2010, 79 ss.. La DVT, dunque, è attualmente

considerata una risposta, almeno in parte, personale ed interna del passeggero a condizioni del tutto normali e consuete di volo. Peraltro, si ritiene che non costituisca evento inusuale ed inaspettato e dunque non sia un accident il mancato avviso circa la possibile insorgenza della sindrome ed i metodi per la sua prevenzione. Sulla DVT e le tematiche ad essa collegate si vedano: G. N. TOMPKINS JR., DVT litigation update:

September 2004, in Air and Space law, 2004, 312 ss.; U.K. C.A. 3 luglio 2003, The deep vein thrombosis and air group litigation, in Dir. mar. 2005, 256 ss. con nota di L.

PALMIERI, La D.V.T. non costituisce un “accident” ai sensi della Convenzione di

Varsavia; M. POLKOWSKA, Some Observations on Civil Air Carrier Liability in

International Air Carriage – “Accident”, “Damage” and Jurisdiction, in Uniform Law Review, 2010/I, 109 ss. Sull‟esclusione delle conseguenze di un già compromesso stato

di salute del passeggero dalla nozione di accident si veda A. ZAMPONE, Le nuove norme

sulla responsabilità del vettore, cit., 7, 20 Tuttavia, non mancano pronunce in cui, con

generale riferimento al carattere esterno della lesione, si è negato che una preesistente situazione patologica del passeggero potesse escludere la responsabilità del vettore, come in C.A. Paris 14 maggio 1987, S.té CAMAT et autre c. Dubosq et autre(solo massima), in Dir. trasp. 1989/I. È invece ascrivibile alla categoria degli accidents l‟ommessa assistenza al passeggero, anche eventualmente conseguente un principio di DVT. Sul punto si veda L. PALMIERI, Ancora sulla nozione di “accident” in base alla

convenzione di Varsavia, nota a sent. U.S. S.C. 24 febbraio 2004, Olympic Airways v. Rubina Husain, in Dir. mar. 2006, 930 ss., ove, tra le ipotesi in cui il vettore potrebbe

essere considerato responsabile per i danni da DVT, si cita il caso «di una compagnia

aerea che omette di avvisare i passeggeri del rischio DVT, nonostante le procedure standard glielo impongano», ricordando in tal modo che l‟obbligazione di protezione è

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158 In dottrina è stato correttamente osservato che la preferenza definitivamente accordata al termine accident, in luogo di quell‟event utilizzato nel Protocollo di Guatemala City, ha escluso che sul vettore ricadesse un‟autentica garanzia relativa alla copertura economica di qualsiasi infortunio per il solo fatto che esso si fosse verificato a bordo dell‟aeromobile o dall‟inizio delle operazioni di imbarco al termine di quelle di sbarco con la sola eccezione del caso in cui lo stesso stato di salute del passeggero sia la causa del pregiudizio. In altre parole, con l‟utilizzo del termine eventsul vettore sarebbe ricaduto l‟intero rischio connesso all‟attività di trasporto, indipendentemente dal carattere usuale, prevedibile ed evitabile o meno del fatto lesivo (295).

legata ad una determinazione, legale e negoziale, autonoma e prevalentemente preventiva del suo contenuto e solo in minima parte individuabile a posteriori alla stregua di un mero aspetto di valutazione del corretto adempimento della prestazione di trasferimento. La valorizzazione dell‟aspetto negoziale, peraltro, non solo consente di includere l‟omissione (tradizionalmente considerata dalla giurisprudenza anglosassone un non-event e perciò esclusa dal genus degli accidents), nella categoria accident quando corrisponda ad un mancato ossequio di una previsione, ma consente altresì, come meglio si vedrà oltre, di superare la natura meramente responsabilistica del