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VIAGGIO TRA I MIEI LIBRI 79 incontrate dagli amatori di libri nel procacciarsi una raccolta compiuta di ciò che

VIAGGIO TRA I MIEI LIBRI

VIAGGIO TRA I MIEI LIBRI 79 incontrate dagli amatori di libri nel procacciarsi una raccolta compiuta di ciò che

fu scritto intorno ad un dato problema; forse con incitamento ad altri a non lasciarsi sfuggire qualcuno degli scritti che a me fanno difetto. Il che gioverà a scansare in qualche maniera il malanno del disperdimento della suppellettile libraria economica; poco curata dagli amatori di libri, di solito indifferenti per libri ed opuscoli intesi a discipline reputate noiose e grossamente materiali, eppcrciò bistrattate dai librai antiquari, ai quali a giusta ragione duole inserire nei loro cataloghi, spendendo da 3 a 5 lire per numero, opuscoli che essi prevedono non saranno da alcuno richiesti. Negli ultimi anni si avverte un inizio di ravvedimento, specie per un qualche mo­ desto aumento nel numero degli amatori di cose economiche esaurite; ma, poiché gli amatori sono pochi, i librai non sono finora stati a bastanza eccitati ad informarsi delle esigenze di questo particolare ramo del loro commercio, a scerncre il buono dal mediocre e dal cattivo ed a far prezzi razionali, ossia vantaggiosi, alti o bassi che siano, per essi e per i clienti. Siamo ancora, nel ramo economico, allo stadio dei prezzi fatti a caso, a fiuto, seguendo gli accidenti della persona del cliente e del­ l'astuzia del mercante. Nessuno, che io sappia, tra i librai antiquari italiani, anche se vantino meravigliose raccolte di fonti bibliografiche, possiede qualcuno tra gli strumenti noti della bibliografia economica. Uno solo era dotto in materia; ma, fore­ stiero e ramingo, suppongo non sarà più qui quando queste pagine verranno in luce.

2. — Stavolta, il mio elenco è tutto contenuto in quattro numeri, di cui il quarto fa quasi doppio col terzo :

I. — / bilanci del reg.no di Napoli e degli stati sardi, con note e confronti di A. Scia

-loja. Torino, Società editrice italiana di M. Guigoni, 1857. Un voi. in 8" di pp. 140 ed una carta per le « correzioni ed aggiunte ».

Il libretto, stampato nella tipografia di G. Favaie c compagnia, nella copia posseduta da me, non ha indice e non deve averlo avuto mai, se Girlo D e Cesare, biografo di Antonio Scialoja (Roma, 1879, p- 87) Io dice pur egli di 140 pagine. A chiarirne 11 contenuto, fornisco l'indice dei capi in cui il libretto si divide: I. Nota preliminare e lesto d ei bilanci (napolitano

pel 1856 e sardo pel 1857, discusso il 1 8 5 6 ); II. Eufrate: § 1, Note generali e confronto

complessivo; § 2, Note e confronti speciali; III. S p ese: 8 1, Note e confronti complessivi;

§ 2, Note e confronti speciali delle spese: (A ) Finanze, (B ) Grazia e giustizia, (C ) Esteri, (E ) Interno e polizia, (F ) Affari ecclesiastici in Napoli, (G ) Lavori pubblici, (H ) Guerra e marina; Conclusione.

L'opuscolo, introdotto clandestinamente nel regno, fu ivi ricercatissimo, e venne ri­ stampato, a detta del De Cesare, « di soppiatto imitando perfettamente l'edizione torinese.... Durante gli anni 1857 e 1858 non si parlò di altro in Napoli e nelle provincie del Regno che dello scritto di Scialoja; il desiderio di leggerlo diventò febbrile in guisa da spendere per l'acquisto di un solo esemplare di esso 6 ducati, equivalenti a 25 lire italiane ». Fer­ dinando li, il quale invano ne aveva interdetta l'introduzione, ordinò che le accuse fossero ad una ad una ribattute. Furono scelti a rispondere monsignor Salzano per la parte ecclesia­ stica; Federico del Re, Nicola Rocco, Ciro Scotti, Francesco Durelli, Alfonso de Niquesa ed il canonico Caruso per i vari rami dell'amministrazione ; Agostino Magliani e Girolamo Scalamandré per le finanze (così Raffaele De Cesare in « Antonio Scialoja (memorie e docu­ menti) ». Città di Castello, 1893, p. 35).

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II. — Gli errori economici di un opuscolo detto i bilanci del Regno di Napoli e degli Stali sardi, confutato da G. Scalamandré (articolo estratto dal giornale « La verità »). Napoli, 1858, Stabilimento tipografico del cav. Gaetano Nobile. Un op. in 8° di pp. 74.

Lo scritto si divide in tre cap i: I : degli errori commessi dall'autore dell'opuscolo, circa il suo stesso intento finale; II : degli errori commessi dall'autore dell’opuscolo ne’ mezzi che pone ad atto per conseguire il suo intento : § I) gli stati discussi di Napoli e del Piemonte;

§ 2) Giornale del Regno delle due Sicilie; § 3) collezioni delle leggi del regno; § 4) scrittori economici c scritti apologetici; § 5) informazioni private e criterio dell'autore dell'opuscolo; III : degli errori commessi dal nostro autore nei modi tenuti da lui, per conseguire con i suoì mezzi il suo fine. Conclusione.

III.D e la situation fulancière du royaume des Deux-Siciles, par Agostino Magliano.

Bruxelles, imprimerle de A. Mahicu et Compagnie, Vieille-Halle-aux-Blés, 31. 1858. Un op. in 8° di pp. 4 0 .

£ la traduzione francese della risposta del Magliani pubblicata in Napoli nel 1857 col titolo Della condizione finanziera d el regno d i Napoli. Non posseggo quest'ultima. Magliani

era funzionario nel ministero delle finanze e dovette ubbidire all'ordine di scrivere la risposta. Quando nel 1860 lo Scialoja tornò a Napoli e da Garibaldi dittatore fu nominato mini­ stro alle finanze, Carlo D e Cesare fu scelto da lui a segretario generale. « Magliani », narra Raffaele D e Cesare, « era tuttavia capo di ripartimento nello stesso ministero, c temeva, da un momento all'altro, di esser licenziato dal nuovo ministro, in omaggio alla pubblica opinione,

come si diceva allora. Con questa formula, tutta rivoluzionaria, sono stati destituiti migliaia di funzionari d'ogni grado. M io zio aveva resistito alle insistenze di tutt'i liberali, perchè il M a­ gliani fosse destituito egli pure, ritenendolo, quale egli era, persona singolarmente capace. D'altra parte, la sua condotta, durante il periodo costituzionale di Francesco II, era stata cor­ rettissima: egli si era subito adagiato al nuovo ordine di cose, tanto che i decreti di maggiore importanza, quelli sui quali conveniva serbare il segreto, erano scritti da lui.... Magliani pregò mio zio d'intercedere presso Scialoja, assicurandolo che egli aveva pubblicato il noto opuscolo, non perchè ne dividesse le idee, ma perchè aveva dovuto ubbidire agli ordini del Re. Scialoja rispose di aver tutto dimenticato; essergli noto il valore del Magliani, desiderare di conoscerlo. In una sera del settembre del 1860, mio zio lo condusse in casa Achard, dove Scialoja abitava. Imbarazzante fu rincontro da parte del Magliani, il quale appena presentato a Scialoja, gli prese una mano e la baciò ripetutamente, esclamando : Perdonate, D on Antonio. Scialoja rispose

che aveva tutto dimenticato; e da quel giorno furono amici, e più tardi colleghi alla Corte dei conti » (Raffaele de Cesare, Antonio Scialoja, cit. p. 36).

D all'« elenco degli scritti, dei discorsi parlamentari, delle relazioni e progetti di legge di A. Scialoja » contenuto a carte 69-77 dell’opuscolo Per ¡'inaugurazione d el monumento ad Antonio Scialoja avvenuta in Procida addì 11 ottobre 1896, non risulta che lo Scialoja

abbia pubblicato alcuna replica alle risposte del Magliani e degli altri suoi critici. Magliani, davvero valente uomo, fu in seguito ripetutamente ministro delle finanze nel regno d'Italia, dal 26 dicembre 1877 al 24 marzo 1878 e dal 19 dicembre 1878 al 14 luglio 1879 con De-pretis, dal 25 novembre 1879 al 29 luglio 1887 in successivi gabinetti Cairoti e DeDe-pretis, e di nuovo, per breve tempo, dopo il 7 agosto 1887 con Crispi, tenendo a lungo altresì la reggenza del ministero del tesoro. Durante il secondo gabinetto Crispi, nel 1890, ad occa­ sione probabilmente delle elezioni generali indette in quell'autunno per la X V II legislatura e quando forse si temeva da taluno il ritorno del Magliani al ministero, l'ira di parte riesumò l'antica risposta allo Scialoja e questa fu ripubblicata così :

IV . — La situazione finanziaria del Regno nel 1838 per Agostino Magliani. Roma,

Tipografia Ciotola editrice, via del giardino, n. 85-86, 1890. Un opuscolo in 8° di pp. 29.

/ ; )

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La ristampa appare, nonostante raggiunta erronea della data del 1858 invece di 1857, compiuta sull'originale italiano; ed £• preceduta (pp. 3-6) da un cenno sull'occasione della prima comparsa dello scritto. Agostino Magliani, vi si narra, « mentre ferveva l'opera della unità italiana », mentre Pisacane cadeva a Sapri, incolpava Antonio Scialoja « di esser stato parte del governo rivoluzionario che intendeva a detronizzare la ‘ hi legittima e gloriosa dinastia dei Borboni' e, rispondendogli qualificava le insurrezioni del '48 e del '4 9 ‘ tentativi di di­ struzione dell'ordine sociale' e derideva la libertà costituzionale, i vantaggi di uno statuto, la cospirazione in pro' dell'indipendenza nazionale, la guerra che la Lombardia muoveva al­ l'Austria ». Mettendo di nuovo sotto gli occhi degli italiani quel che nel 1858 il «presunto restauratore delle finanze italiane » scriveva delle finanze borboniche, i riesumatori della vec­ chia scrittura volevano dimostrare la scarsa levatura politica di lui : « Oggi Agostino Magliani, in Napoli, parla della situazione finanziaria dell’Italia, paragonabile per tanti rispetti, a quella del Piemonte di allora. E, criticando il fin qui fatto, in cui egli ebbe tanta parte e dubitando dei destini della patria, dà prova dello stesso accorgimento politico con cui nel 1858 giudi-cava salda e secura la monarchia di Ferdinando II proprio la vigilia della sua rovina ».

3. — 11 dibattito fra lo Scialoja ed il Magliani — lo scritto dello Scalamandrc merita ricordo quasi soltanto per taluna ingenua sua difesa del segreto nei conti pubblici e della finanza parsimoniosa dei Borboni — è memorabile non tanto per la analisi concreta delle entrate c spese borboniche confrontate a quelle sarde, quanto per i problemi fondamentali che furono allora posti. Sarebbe in verità tempo che, senza rifar processi, fossero studiate accuratamente le finanze borboniche dal 1815 al I860, meglio di quel che oggi possa farsi sulle monche e contrastanti notizie che si leggono, oltrecchè nei tre opuscoli citati, nelle opere del Rotondo, del Bianchini, del Dias, del Colletta, del Paimeri, e nei pochi bilanci e relazioni ufficiali a stampa di quel tempo. Stupisce l’ignoranza pressoché compiuta nella quale siamo ancora oggi rispetto a fatti recenti, sui quali probabilmente è possibile gittare piena luce, sol che si voglia durar la fatica di cercare negli archivi napoletani documenti conta­ bili, dei quali si sa essere stati compilati in parecchie copie e queste sottoposte a consessi delegati a discuterli e ad approvarli. Sinché qualche studioso, fastidito dal prender parte alle ripetute dispute intorno ai caratteri, ai fini ed al contenuto della cosidetta scienza delle finanze, non si sia deciso ad impiegare qualche anno della sua vita allo scopo di darci un quadro preciso della finanza napoletana del tempo del ri­ sorgimento, sarebbe presuntuoso farsi giudice dei fatti nella controversia Scialoja- Magliani. Scialoja annaspava nel vuoto del segreto ufficiale, e da notizie frammen­ tarie traeva deduzioni logiche, integrate da ipotesi plausibili intorno a fatti che egli in parte conosceva per esperienza personale. Magliani e Scalamandré ai dati in parte ipotetici e tratti da bilanci preventivi non opponevano i dati certi dei conti consun­ tivi; ma si industriavano a dimostrare che lo Scialoja aveva errato nell’interpretare le notizie da lui possedute o nell’assumere come effettivi i dati che erano di mera previsione. L’imbarazzata reticenza dei difensori del Borbone dimostra che essi non volevano o non potevano palesare fatti dei quali pur avevano notizia o che il prin­ cipe non aveva voluto rammostrare ad essi compiutamente la situazione reale delle finanze napoletane.

82 LUIGI EINAUDI 4. — Per ora, dunque, l’interesse della disputa sta nei principii i quali veni­ vano posti a contrasto dall'antico ministro costituzionale di Napoli, fatto esule in Piemonte e chiamato ad insegnare economia politica nella università di Torino ed il funzionario borbonico, destinato a diventar ministro delle finanze del Re d’Italia.

5. — Dei quali principii, è preliminare quello della pubblicità dei documenti finanziarii. Oggi, che in Italia si informa il pubblico in volumi particolareggiatissimi, la disputa appare anacronistica; ma giova ad intendere il passato.

« Questi stati » — aveva subito detto lo Scialoja — « che in Napoli diconsi discussi.

quantunque non siano sottoposti ad alcuna specie di discussione, sono preparati dai ministri ed approvati dal Re, ma rimangono del tutto segreti (pp. 4-5) ».

Agli apologisti della finanza borbonica i quali dicevano « misérable effron- terie » il paragone fra « le desastre économique du Piémont, avec la finance na- politainc, dont l’assiette est un model d’administration et de prosperité » lo Scia­ loja chiedeva :

« S e i numeri e i fatti stanno per voi, perchè temere il confronto ?... Non è mia la colpa se la statistica ed il raziocinio sono due nemici indomabili di coloro che amano il segreto e l'apparenza (p . 6) ».

« La via più semplice per mostrare alla gente qual è Io stato delle sue finanze, dovrebbe essere pel governo napoletano quella ch’è tenuta da tutti i governi civili del mondo, cioè la pubblicazione annuale de' documenti autentici. Invece esso solo in Europa non pubblica nè bilanci nè conti. Il governo romano, il cui segreto in fatto di finanze era una volta per lo meno ¡sari a quello del santufficio, pubblica ogni anno e gli uni e gli altri, dal 1848 in poi. Il santufficio finanziario è rimasto in Napoli solamente (p . 18) ».

« E specioso che il governo di Napoli monti in furia, se non s'indicano con precisione le somme delle sue entrate e delle sue spese, mentre che esso non pubblica nè bilanci nè reso­ conti (p . 34) ».

6. — Lo Scalamandré finge di credere che la richiesta della pubblicità si ri­ stringa a quella della stampa :

« [L o Scialoja) ragiona di segreti c di cose occulte: segreti i bilanci finanziarii di N a­ poli, segreti i resoconti della Tesoreria generale. Segreti-, cioè, poiché non si stampano. Del rimanente sono di continuo in giro senza riserva, ed in un gran numero di copie per tutte le pubbliche officine, per i Ministeri di Stato, e per tutte le dipendenze loro. Le loro cifre sommarie sono anche stampate ora nel Giornale del Regno, ed ora nella Collezione delle leggi.

Sono registrati, esaminati, discussi, approvati, eseguiti, o sommessi a censura dalle autorità, o da' collegi competenti. Che altro si vuole? Si vuole che siano stampati! Ma quando egli è certo, che il governo ponga la più sedula cura nel cauto impiego del danaro pubblico; quando è indubitabile che le condizioni della finanza fanno documento assai onorevole della diligenza e della solerzia del Governo, perchè non abbia esso interesse alcuno a volerle mantenere occulte; quando infin la grave spesa di tante stampe, in nulla sarebbe giovevole agli usi delle amministrazioni pubbliche, nè aumenterebbe il numero dei privati leggitori,

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