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Nord 68 Corea del Nord 46 USA 52

4 Polonia 57 Ceylon 36 Giappone 49

5 Cecoslovacchia 53 Romania 34 Jugoslavia 38

6 Germania dell’Est 52 Pakistan 28 Vietnam 36

7 Ungheria 46 Guinea 27 Pakistan 32

8 Albania 44 Nepal 23 Filippine 32

9 Mongolia 44 Cuba 21 Francia 31

10 Romania 40 Germania

dell’Est 21

Germania

dell’Ovest 30

11 Bulgaria 37 Polonia 21 Ungheria 27

12 Ceylon 30 Bulgaria 20 Polonia 24

13 Cuba 19 Cecoslovacchia 20 URSS 23

14 Nepal 14 URSS 20 Bangladesh 23

15 Guinea 11 Mongolia 18 Bulgaria 23

Fonte: Takashi Shinobu, China's Bilateral Treaties, 1973-82: A Quantitative Study, in “International Studies Quarterly”, Vol. 31, No. 4 (Dec., 1987), pp. 439-456, http://www.jstor.org/stable/2600531.

Se durante gli anni Sessanta la Romania aveva rappresentato un’eccezione nella generale decadenza dei rapporti fra Paesi centro-esteuropei e Repubblica Popolare Cinese, nel decennio seguente più che un’eccezione rappresentò piuttosto il più fulgido esempio190

della politica di riassestamento delle relazioni fra Pechino e le varie capitali dell’Europa centro-

187 Gail A. Eadie, Denise M. Grizzell, China's Foreign Aid, 1975-78, in “The China Quarterly”, No. 77, Mar. 1979, pp. 217-234,http://www.jstor.org/stable/653112.

188 Molti di questi tecnici erano però inviati in Romania per acquisire familiarità con le attrezzature petrolifere romene poi inviate in Cina. Nota dell’ambasciata USA in Bucarest al Dipartimento di Stato, n. 1975BUCHAR04555, 11 settembre 1975, cit.

189 La centrale forniva 20.000 kw, ma anche in questo caso si avvertivano alcune lacune da parte romena: in particolare, i fornitori romeni tardavano con le consegne di parti e strumenti necessari al corretto funzionamento della centrale. Inoltre, gli operai romeni erano insoddisfatti del costo dei pasti. 1957 martie post 11, Beijing. Nota a ambasadei României la Beijing catre ministerul afacerilor externe privind instalarea primei termocentrale româneşti în Republica Populara Chineza, la Xinwen, A.M.A.E., fond China, problema 20/1957, nep inat, in Romulus Ioan Budura, a cura di, Relaţiile Româno-Chineze 1880-1974, cit., pp. 324-326.

190

La tabella n. 16, riportante i trattati stipulati dalla Cina con i vari paesi partner, dimostra chiaramente la crescente importanza della Romania nella politica estera di Pechino. Sul piano commerciale, furono firmati accordi di scambio di beni e p amenti il 28 marzo 1970, il 18 febbraio 1971, il 26 novembre 1971, il 27 novembre 1972, il 23 novembre 1973, il 14 dicembre 1974, il 29 gennaio 1976 (accomp nato dal citato accordo pluriennale fino al 1981), il 24 gennaio 1977, il 21 dicembre 1977, il 21 agosto 1978.

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orientale. Tale riassestamento, originato in particolare dall’adozione cinese di un atteggiamento più flessibile, dopo i rigori della Rivoluzione Culturale, interessò soprattutto i rapporti commerciali, rimanendo quelli politico-diplomatici ancora piuttosto cauti a causa del mai sopito, e alle volte perfino rinvigorito, conflitto sino-sovietico. Di fatto, quest’ultimo era “the only conflictual element”191

fra i Paesi centro-esteuropei e la RPC. Le prime avvisaglie di questo nuovo corso nelle relazioni sino-centro-esteuropee si ebbero già all’indomani dell’invasione della Cecoslovacchia da parte delle truppe del Patto di Varsavia: Pechino scorse infatti in quell’occasione l’apertura di spiragli di manovra per il riallacciamento dei rapporti, sempre con l’intenzione di creare quantomeno fastidio a Mosca192

.

I volumi dell’interscambio commerciale fra Cina ed Europa centro-orientale ripresero dunque a crescere, ma è interessante notare come, mentre il commercio sino-romeno conobbe un mutamento nella composizione dei beni scambiati, ciò non si verificò con gli altri Paesi centro-esteuropei: non diversamente da quanto accadeva negli anni Cinquanta, l’Ungheria continuava ad esportare in Cina macchinari, camion, strumentistica, prodotti di alluminio, importando metalli, prodotti chimici, carta e prodotti industriali leggeri; la Polonia importava dalla Cina alimentari, quali frutta, succhi di frutta, maiali, carne, olio, riso, the, esportando macchinari, prodotti metallurgici, compressori, motori per navi, una nave cargo, elettrodi di grafite193. Fra tutti i Paesi centro-esteuropei , Romania esclusa, proprio la Polonia rivestiva un interesse maggiore agli occhi cinesi, grazie alla joint venture in campo marittimo fondata negli anni Cinquanta. La società resistette al raffreddamento delle relazioni sino-polacche durante gli anni Sessanta, culminato con l’appoggio cinese alle rivolte anti-Gomulka del 1970, e anzi era una continua fonte di utili per i polacchi. Nel 1975 era arrivata a contare 18 navi (14 sotto bandiera polacca e 4 cinesi) fra le 12.000 e le 20.000 tonnellate di stazza e assicurava un servizio di collegamento continuo fra la Cina e l’Europa centro-orientale. Inoltre, Varsavia assicurava la manutenzione delle navi cinesi presso i propri cantieri. Secondo l’accordo commerciale per il 1975, l’interscambio sino-polacco avrebbe dovuto raggiungere in quell’anno i 113,1 milioni USD. L’export polacco sarebbe dovuto essere di 53,9 milioni USD (fra cui gru mobili da 30 tonnellate e carrelli elevatori), contro un import dalla Cina pari a 59,2 milioni: il surplus cinese era stato accuratamente studiato per coprire il deficit accumulato da Pechino nel 1974; tuttavia, l’interscambio effettivo raggiunse solo un valore di 94,3 milioni USD, a causa della pretesa cinese di spuntare prezzi superiori a quelli di mercato194. Si trattava comunque di un volume decisamente superiore ai 58 milioni USD dell’interscambio del 1971 (a sua volta superiore del 16% rispetto ai dati del 1970195

), a segnalare la crescita delle interazioni commerciali.

A soli due anni dalla crisi del 1968, Pechino e Praga siglarono, nel giugno 1970, un accordo sullo scambio di beni e pagamenti particolarmente significativo, in quanto il Franco svizzero fu assunto quale valuta di scambio al posto del Rublo russo. I prezzi, invece di essere stabiliti su prezzi fissi, furono agganciati a quelli del mercato mondiale. Questa soluzione andò a svantaggio della Cecoslovacchia, in quanto i prezzi delle materie prime (principale importazione dalla Cina) subirono fluttuazioni, principalmente al rialzo. Ciò costrinse i centro-esteuropei a forniture addizionali per compensare eventuali deficit della bilancia commerciale, che comunque rimase piuttosto equilibrata a dispetto delle variazioni annuali. A

191 Harish Kapur, Distant Neighbours: China and Europe, cit., p . 104.

192 Hemen Ray, Les initiatives de la Chine en Europe orientale, in “Notes et Etudes Documentaires”, n. 3699, La documentation française, 19 giugno 1970, pp. 28-35.

193

J. C. K., China's Trade with Eastern Europe on the Rise, Background Reports, Radio Free Europe, 17 marzo 1972, http://fa.osaarchivum.org/background-reports?col=8&id=49362.

194 Nota dell’ambasciata USA in Pechino al Dipartimento di Stato, n.1975PEKING01898, 8 ottobre 1975, http://aad.archives.gov/aad/createpdf?rid=182198&dt=2476&dl=1345.

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cavallo fra gli anni Sessanta e Settanta l’export cecoslovacco verso la Cina vide diminuire la quota dei macchinari, che però rimasero comunque il principale gruppo di beni esportato da Praga nel paese asiatico; alla fine degli anni Settanta tale quota riprese a crescere196. Considerando le fonti cecoslovacche, il valore dell’interscambio totale andò aumentando durante tutta la decade, eccezion fatta per il 1972, ma è bene non sovrastimare la portata di tale aumento, in realtà dovuto soprattutto all’aggancio ai prezzi del mercato mondiale, mentre i volumi effettivi di beni scambiati aumentarono in maniera inferiore197, ragione per cui i valori in USD riportati da Kapur esprimono una curva di crescita con un angolo di inclinazione decisamente inferiore. Il saldo della bilancia commerciale appare generalmente in parità, in quanto alla registrazione di un disavanzo seguiva un immediato riequilibrio tramite la registrazione di saldi positivi.

Tabella 17. Interscambio commerciale fra Cecoslovacchia e RPC, 1970-1979. Dati in milioni di corone cecoslovacche.

Anno Totale Import Export Saldo

1970 404 181 223 42 1971 426 180 246 66 1972 376 184 192 8 1973 449 238 211 -27 1974 608 341 267 -74 1975 710 321 389 68 1976 727 324 403 79 1977 917 503 414 -89 1978 1.428 741 687 -54 1979 1.507 727 780 53

Fonte:Aleš Skrivan Jr., Czechoslovak Economic Relations with the People’s Republic of China during the Ideological Schism from 1960 to 1979: a Study from the Czechoslovak Point of View, in “Oriental Archive”, n. 79, 2011,pp. 313-329, http://khd.vse.cz/wp-content/uploads/2011/06/Skrivan.pdf.

Grafico 20. Interscambio commerciale fra Cecoslovacchia e RPC, 1970-1979. Dati in milioni di corone cecoslovacche.

Elaborazione propria di dati Aleš Skrivan Jr., Czechoslovak Economic Relations with the People’s Republic of China during the Ideological Schism from 1960 to 1979: a Study from the Czechoslovak Point of View, in “Oriental Archive”, n. 79, 2011, pp. 313-329, http://khd.vse.cz/wp-content/uploads/2011/06/Skrivan.pdf.

196 Aleš Skřivan Jr., Changes in Trade between Communist Czechoslovakia and the People’s Republic of China, cit.

197 Aleš Skřivan Jr., Czechoslovak Economic Relations with the People’s Republic of China during the Ideological Schism from 1960 to 1979: a Study from the Czechoslovak Point of View, cit.

-200 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 1970 1971 1972 1973 1974 1975 1976 1977 1978 1979 Totale Import Export Saldo

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Anche gli scambi con la piccola Bulgaria, politicamente estremamente vicina all’URSS, ripresero vigore, come dimostrano la tabella n. 18 e il grafico n. 21. Come nel caso cecoslovacco, anche l’interscambio sino-bulgaro manifestò una flessione per poi riprendere un trend di crescita, inducendo a supporre che la diminuzione degli scambi sia da imputare a ragioni politiche. Anche nelle relazioni sino-bulgare rimasero però problemi e incomprensioni: nel 1976 i cinesi rifiutarono di acquistare impianti completi dalla Bulgaria, mentre Sofia declinò l’offerta di greggio cinese, in quanto il suo fabbisogno era ben coperto dalle forniture di Mosca. Inoltre, un accordo marittimo siglato fra i due paesi e annunciato il 4 giugno 1974 non ebbe praticamente effetto: gli scambi continuarono ad essere effettuati tramite la transiberiana o via mare su navi polacche e romene198.

Tabella 18. Interscambio sino-bulgaro, 1970-1976. Dati in milioni USD.

1970 1971 1972 1973 1975 1976 Export bulgaro 1,175 5,74 5,408 7,03 13,3199 - Import dalla Cina 1,02 6,04 2,857 7,2 9,8 200 - Totale 2,195 11,78 8,265 14,23 23,1 30,8 Saldo 0,155 -0,3 2,551 -0,17 3,5 -

Fonte: Nota dell’ambasciata USA in Pechino al Dipartimento di Stato, n. 1976PEKING00112, 20 gennaio 1976, http://aad.archives.gov/aad/createpdf?rid=224919&dt=2082&dl=1345.

Grafico 21. Interscambio sino-bulgaro, 1970-1975. Dati in milioni USD.

Elaborazione propria di dati Nota dell’ambasciata USA in Pechino al Dipartimento di Stato, n. 1976PEKING00112, 20 gennaio 1976, http://aad.archives.gov/aad/createpdf?rid=224919&dt=2082&dl=1345.

Durante gli anni Ottanta il processo di intensificazione dei rapporti commerciali si sarebbe ulteriormente sviluppato.

198 Nota dell’ambasciata USA in Pechino al Dipartimento di Stato, n. 1976PEKING00112, 20 gennaio 1976, http://aad.archives.gov/aad/createpdf?rid=224919&dt=2082&dl=1345.

199

Così composto: 500 carrelli elevatori diesel per un valore di 3,4 milioni USD, prodotti chimici (per due terzi urea) per 8,5 milioni USD, metalli non ferrosi (rame) per 862.000 USD. Ibidem.

200 Così composto: alimentari per 2,1 milioni USD, prodotti tessili per 2,8 milioni USD, metalli non ferrosi per 2 milioni, USD, beni di consumo vari per 1,9 milioni USD, prodotti chimici per 315.000 USD, attrezzature mediche per 350.000 USD. Ibidem.

-5 0 5 10 15 20 25 1970 1971 1972 1973 1975 Export bulgaro Import dalla Cina Totale

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1.4 Gli anni Ottanta. L’avvio del programma di apertura al mercato cinese, la crescita degli scambi, l’allentamento delle relazioni economiche sino-romene e la caduta dei regimi socialisti centro-esteuropei.

Il 1979 rappresentò dunque l’apice delle relazioni commerciali sino-romene. Da allora in avanti, però, si registrò un progressivo declino, pur rimanendo i rapporti politico-diplomatici assolutamente di alto livello e amicizia. Questo parziale mutamento di rotta è da imputare alle evoluzioni dei sistemi politico-economici di Cina e Romania, nonché al cambiamento dello scenario internazionale.

Infatti, mentre durante gli anni Settanta l’economia romena non riuscì a ripetere quel mini- boom economico che l’aveva caratterizzata nel decennio precedente, la Cina, a partire dal 1978, con le “Quattro modernizzazioni”201

declamate dal nuovo leader Deng Xiaoping, si aprì progressivamente all’economia capitalista. Chiaramente, l’organizzazione del commercio estero cinese subì grandi mutamenti. Fino alla seconda metà degli anni Settanta il commercio estero costituiva un elemento secondario per i pianificatori cinesi: fra il 1956 e il 1977 esso rappresentava non più del 4% del prodotto nazionale lordo202. Il sistema fortemente centralizzato risultava inefficiente: la pianificazione del commercio estero era negativamente influenzata dalle distorsioni derivanti dalle errate previsioni sulla produzione domestica e sui consumi. Durante gli anni Ottanta, l’importanza del commercio estero quale elemento costitutivo del prodotto nazionale aumentò considerevolmente. Nel sistema pre-riforme gli scambi internazionali della RPC erano in mano a poche grandi imprese pubbliche poste sotto il controllo ministeriale, ma il processo di decentralizzazione dell’economia pianificata portò alla nascita di piccole imprese export oriented. Con le riforme, l’accesso al commercio estero venne regolato dalla concessione di licenze ad hoc da parte delle autorità. I beni destinati all’esportazione furono divisi in tre gruppi. Il primo gruppo includeva beni considerati come strategici, ad esempio petrolio e grano, che rimasero sotto lo stretto controllo delle grandi aziende pubbliche. Il secondo gruppo di beni si caratterizzava per una maggiore facilità di concessione delle licenze, che però non raggiungeva il grado di liberalizzazione tipico del terzo gruppo di beni203. Anche la formazione di zone economiche speciali favorì lo sviluppo del commercio estero.

Precedentemente, agli inizi degli anni Settanta, la RPC aveva allacciato rapporti diplomatici col nemico di sempre, gli Stati Uniti204, fattore, questo, che ebbe indubbiamente una funzione

201 La modernizzazione avrebbe dovuto riguardare quattro campi: agricoltura, scienza e tecnologia, industria, forze armate. Marie-Claire Bergère, La Repubblica Popolare Cinese (1949-1999), cit., pp. 255-278.

202 John C. Hsu, China’s foreign trade reforms. Impact on growth and stability, cit., p . 1. 203

A partire dal 1984 le riforme del commercio estero si fecero più spinte, ma l’anno seguente una politica mirante all’aumento della domanda interna provocò un rallentamento dell’export e una contestuale crescita del deficit commerciale cinese. Aleš Skřivan Jr., The Foreign Trade of the People’s Republic of China in the period 1979-1989, in “Prague Papers on the History of International Relations”, 2006, pp. 247-264, http://khd.vse.cz/wp-content/uploads/2011/06/Foreign-Trade-of-the-PRC.pdf.

204

Peraltro, la Romania giocò un ruolo importante in tale avvicinamento, giocando un ruolo di mediatore parallelamente al Pakistan. Tuttavia, Pechino e Washington scelsero infine il canale pachistano, per ragioni geografiche e politiche: in particolare, si temeva che la Romania mettesse l’Unione Sovietica al corrente dell’andamento dei negoziati. Sul tema, si vedano: AA.VV., L’ambiziosa missione di Maurer a Pechino, in “Relazioni Internazionali” n. 28, 1967, pp. 711-712; AA.VV., Ceaușescu invita gli Stati Uniti a più ampi rapporti con Pechino, in “La Stampa”, 11 maggio 1971, p . 14; Ion Buzatu, Un moment inedit, de mare success al diplomaţiei române: România-parte importanta în procesul normalizarii relaţiilor americano-chineze și, implicit, în conturarea unui nou raport strategic de forţe în lume, in “P inii din Diplomaţia României”, Vol. I, Junimea, Iași, 2009, pp. 189-197; Mircea Munteanu, Communication Breakdown? Romania and the Sino- American Rapprochement, in “Diplomatic History”, Volume 33, Issue 4, pp. 615–631, settembre 2009; Mircea Munteanu, Romania and the Sino-American Rapprochement, 1969–1971: New Evidence from the Bucharest Archives, in Cold War International History Project Bulletin, Issue 16, pp. 403-445,

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propedeutica all’avvio delle riforme economiche interne. Questi mutamenti permisero a Pechino di venire a contatto con nuovi mercati e in particolare con merci, quelle occidentali, che surclassavano per qualità i prodotti romeni. L’ambasciata romena a Pechino colse già nel 1972 le implicazioni derivanti dall’avvicinamento sino-statunitense sul commercio bilaterale: “pe lânga asigurarea unui volum corespunzator la import, în condiţiile actuale, când

prezenţa firmelor vestice este din ce în ce mai accentuata, pentru a putea fi competitive la exportul nostru, propunem sa se dea indicaţii ca toate produsele destinate acestei pieţe sa fie supuse unor controale calitative foarte minuţioase, iar preţurile produselor noi sa fie aliniate la nivelul pieţii mondiale”205; e ancora: “Se poate afirma ca în prezent China dispune de una

mare numar de furnizori, gata sa execute mașini și utilaje la nivelul exigenţelor partenerului, adaptând în mod concret producţia la particularitaţile și necesitaţile actuale ale R.P.C. (...) Pentru creșterea în continuare a ponderii la export per sectorul mașini și utilaje în condiţiile aratate mai sus, apreciem ca este necesar ca furnizorii din ţara noastra sa-și adapteze într-o anumita masura producţia la cererile parţii chineze”206

. Come già accennato precedentemente, la qualità della merce romena rimase invero sempre piuttosto bassa, così come erano cronici i ritardi nelle consegne: nel 1974, per esempio, 300 autotrasporti inviati dalla Romania in Cina evidenziarono problemi tecnici; a questo proposito, è da sottolineare che già nel 1969 i cinesi avevano preteso l’impegno, da parte dell’impresa produtrice Autotractor și Uzina de autocamioane Brașov, “ca va remedia deficienţele și va livra

autocamioane numai de calitate corespunzatoare”. L’ambasciata romena a Pechino, secondo

cui era necessario che “la nivelul ministerelor, centralelor industriale și al întreprinderilor sa

fie luate masuri pentru creșterea exigenţei faţa de calitatea marfurilor exportate în China, pentru tropicalizarea produselor și îmbunataţirea ambalajului, ţinându-se seama de condiţiile transportului maritim, pentru o mai mare operativitate în livrari, potrivit graficului și obligaţiilor asumate faţa de partener”, sottolineava come da ciò dipendesse il futuro delle

esportazioni di camion e autotrasporti in Cina, evidentemente rimanendo il suo richiamo inascoltato. Una delegazione di specialisti romeni inviati in Cina per esaminare i problemi degli autoveicoli giunse alla conclusione che essi derivavano soprattutto da negligenze nell’assemblaggio e nelle modalità di imballaggio e spedizione, nonché, in alcuni casi, da un errato uso da parte cinese207. Va evidenziato che i ritardi nelle consegne da parte romena, così come pure i difetti dei prodotti romeni, si erano palesati, come peraltro accennato

http://www.wilsoncenter.org/sites/default/files/CWIHPBulletin16_p4.pdf; Paul Niculescu-Mizil, România și Războiul americano-vietnamez, Editura Roza Vânturilor, Bucarest, 2008, pp. 226-243.

205 1972 ianuarie 5, Beijing. Telegrama a Ambasadei României la Beijing catre Ministerul Afacerilor Externe şi Ministerul Comerţului Exterior privind schimburile comerciale între R.S. România şi R.P. Chineza în anul 1971, cit., in Romulus Ioan Budura, a cura di, Relaţiile Româno-Chineze 1880-1974, cit., pp. 1098-1101.

206 1972 aprilie 5, Beijing. Telegrama a Ambasadei României la Beijing catre George Macovescu, prim-adjunct al Ministrului Afacerilor Externe, și Ion Stoian, adjunct al Ministrului Comerţului Exterior, privind schimburile economice româno-chineze în trimestrul I/1972, A.M.A.E., fond Telegrame, Pekin, vol. I, 1972, f. 196-202, in Romulus Ioan Budura, a cura di, Relaţiile Româno-Chineze 1880-1974, cit., pp. 1108-1111.

207 1969 iulie 4, Beijing. Telegrama a Ambasadei României la Beijing catre M.A.E. și M.C.E. privind tratativele pentru încheierea acordului comercial româno-chinez pe anul 1969, A.M.A.E., fond Telgrame, Pekin, vol. II, 1969, f. 191-193, in Romulus Ioan Budura, a cura di, Relaţiile Româno-Chineze 1880-1974, cit., pp. 925-926; 1971 ianuarie 4, Beijing. Telegrama a lui Aurel Duma, Ambasador al României la Beijing, catre Marin Mihai, adjunct al Ministrului Afacerilor Externe, privind derularea schimburilor comerciale româno-chineze în anul 1970, cit., in Romulus Ioan Budura, a cura di, Relaţiile Româno-Chineze 1880-1974, cit., pp. 1043-1046; 1974 martie 19, Beijing. Telegrama a lui Nicolae Gavrilescu, Ambasador al României la Beijing, catre Cornel Pacoste, adjunct al Ministrului Afacerilor Externe, privind livrarile de autocamioane românești în R.P. Chineza, A.M.A.E., fond Telegrame, Pekin, 1974, vol. II, f. 197-199, in Romulus Ioan Budura, a cura di, Relaţiile Româno-Chineze 1880-1974, cit., pp. 1173-1174; Iolanda Ţighiliu, Dezvoltarea relaţiilor economice între România şi Republica Populară Chineză, cit., p . 172.

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precedentemente, fin dall’inizio delle relazioni commerciali fra Bucarest e Pechino208 ; nonostante le lamentele209, però, la mancanza di alternative dovuta all’isolamento internazionale costringeva i cinesi a continuare ad aumentare il livello degli scambi, seppur essi non fossero soddisfacenti. Conseguentemente, nel momento in cui le relazioni con i paesi occidentali e con gli Stati Uniti mutarono, permettendo le importazioni da essi, la forza della Romania in sede di negoziazione dei trattati commerciali bilaterali andò rapidamente scemando. È quantomeno curioso, a questo proposito, sottolineare come la Romania approvò, ed appoggiò, la politica di avvicinamento USA-Cina, di fatto andando a danneggiare forse l’unico mercato dove le sue esportazioni erano privilegiate. Probabilmente i leader romeni sottovalutarono questo aspetto, o sopravvalutarono la capacità concorrenziale dei prodotti del proprio paese.

Agli inizi degli anni Ottanta la situazione economica romena era effettivamente disastrata, fattore che influiva anche sull’immagine internazionale del paese (e quindi anche agli occhi dei cinesi). La dissennata politica di azzeramento del debito portata avanti in quel decennio210, attraverso la riduzione delle importazioni e l’aumento delle esportazioni verso i Paesi occidentali (peraltro penalizzate da sfavorevoli rapporti di scambio valutari211), aggravò problemi già esistenti. Così, quando, nel 1982, Ceaușescu effettuò l’ennesimo viaggio a Pechino con lo scopo di riproporre il proprio ruolo di mediatore fra RPC e URSS, tutto quello che ottenne fu la fornitura di una partita di carne per un’ormai affamata Romania212

.

208 Addirittura, nel 1953, l’ambasciatore romeno lamentava il ritardo nella preparazione della lista di merci da scambiare e da sottoporre all’attenzione cinese per iniziare i negoziati relativi all’accordo commerciale bilaterale per il 1954. 1953 august 14, Beijing. Scrisoare a lui Iacob Coţoveanu, ambasador al României la Beijing, catre Simion Bughici, Ministru al Afacerilor Externe, privind relaţiile economice și comerciale între R. P. Româna și R. P. Chineza, A.M.A.E., fond China, problema 212/1953, nep inat, in Romulus Ioan Budura, a cura di, Relaţiile