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2. L’evoluzione delle società pubbliche nell’ordinamento nazionale

1.6. I vincoli di spesa per il personale

che le medesime società pubbliche, anche a partecipazione non totale bensì di maggioranza, “concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, perseguendo la sana gestione dei servizi secondo criteri di efficienza ed economicità”. In definitiva, pur se non vincolate in modo espresso e diretto al rispetto degli obblighi di stabilità, si riconosce il loro concorso alla realizzazione degli obiettivi di bilancio (186).

1.6. I vincoli di spesa per il personale

Valutiamo ora la sottoposizione delle società pubbliche alle prescrizioni in materia di reclutamento del personale e di conferimento degli incarichi di consulenza. La norma cui riferirsi è ancora l’articolo 18 del decreto legge 112/2008, già ricordato in relazione al patto di stabilità interno. Tale disposizione, espressamente rubricata “Reclutamento del personale delle società pubbliche”, sottopone le partecipate dagli enti locali al rispetto di regole pubblicistiche. La prima norma (articolo 18, comma 1) regola le società interamente pubbliche di gestione dei servizi locali, assimilandole alle pubbliche amministrazioni, in quanto devono adottare, con propri provvedimenti, i criteri e le modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi, nel rispetto dei medesimi principi che vincolano queste ultime (187). Prosegue, al comma 2,                                                                                                                

(186) Ai sensi dell’articolo 1, comma 553, della legge 147/2013, che richiama il comma 550, tale obbligo vincola le aziende speciali, le istituzioni e le società partecipate in maggioranza, diretta e indiretta, dalle pubbliche amministrazioni locali.

(187) Si tratta dei principi dettati dall’art. 35, comma 3, d.lgs. 165/2001: “Le procedure di reclutamento nelle pubbliche amministrazioni si conformano ai seguenti principi: a) adeguata pubblicità della selezione e modalità di svolgimento che garantiscano l’imparzialità e assicurino economicità e celerità di espletamento, ricorrendo, ove è opportuno, all’ausilio di sistemi automatizzati, diretti anche a realizzare forme di preselezione; b) adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti, idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in relazione alla posizione da ricoprire; c) rispetto delle pari opportunità tra lavoratrici e lavoratori; d) decentramento delle procedure di reclutamento; e) composizione delle commissioni esclusivamente con esperti di provata competenza nelle materie di concorso, scelti tra funzionari delle amministrazioni, docenti ed estranei alle medesime, che non siano componenti dell’organo di

disponendo che le altre società a partecipazione pubblica totale o di controllo provvedano allo stesso modo, nel rispetto dei principi, anche di derivazione europea, di trasparenza, pubblicità e imparzialità (188). A ben vedere, la differenza tra il primo e il secondo comma dell’articolo 18 risiede nel fatto che mentre le società interamente pubbliche di gestione dei servizi locali vengono del tutto assimilate alle p.a. quanto all’obbligo di rispettare la normativa in tema di impiego, tutti gli altri organismi costituiti in forma privata e a partecipazione pubblica (anche non totale, purché di controllo), individuati in via residuale, sono assoggettati ai principi generali di trasparenza, pubblicità e imparzialità, ma non alla specifica legislazione sul personale. Quanto al comma 2 bis, introdotto con la novella del 2009 (189) e quindi modificato nel dicembre del 2013 (190), il legislatore prevede un’importante novità in tema di vincoli alla spesa per la dotazione organica, estendendo tutte le disposizioni che stabiliscono divieti o limitazioni per le assunzioni anche alle società a partecipazione pubblica, totale o di controllo, che siano titolari di affidamenti diretti di servizi locali senza gara (in house), ovvero che svolgano funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale né commerciale (organismi di diritto pubblico), ovvero ancora che svolgano attività nei confronti della p.a. a supporto di funzioni amministrative di                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    

direzione politica dell’amministrazione, che non ricoprano cariche politiche e che non siano rappresentanti sindacali o designati dalle confederazioni ed organizzazioni sindacali o dalle associazioni professionali”. Per approfondimenti si rinvia ad A.POLICE, Le risorse umane, in F.G. SCOCA (a cura di), Diritto amministrativo, cit., 547 ss.; E.A.APICELLA, Lineamenti del pubblico impiego “privatizzato”, Milano, 2012.

(188) Ai sensi dell’art. 18, comma 3, d.l. 112/2008, convertito in l. 133/2008, sono sottratte all’applicazione di tale disciplina le società quotate su mercati regolamentati e, secondo un’interpretazione estensiva, anche le società da esse controllate. Per approfondimenti in materia si rinvia a: A.DE MICHELE, I processi di pubblicizzazione delle società partecipate dalle regioni e dagli enti locali, in Le società a partecipazione pubblica degli enti territoriali, Istituz. Federal., 2/2011, 69 ss.; C.TESSAROLO, Le assunzioni del personale da parte delle società a partecipazione pubblica, in www.dirittodeiservizipubblici.it, 2008; A. BARBIERO, Le problematiche inerenti l’assoggettamento delle società partecipate al patto di stabilità in rapporto al reclutamento di risorse umane, in www.dirittodeiservizipubblici.it, 2011.

(189) Decreto legge 78/2009, convertito in legge 102/2009. (190) Legge 147/2013.  

natura pubblicistica inserite nel conto economico consolidato (società strumentali). A ben vedere si tratta di soggetti sottratti alle regole del mercato, che operano in ambiti non concorrenziali: anche in questa ipotesi il discrimine tra sottoposizione a regole pubblicistiche ovvero privatistiche risiede nella competitività dell’opera svolta. Le medesime società devono adeguare le proprie politiche di personale alle disposizioni vigenti per le amministrazioni controllanti in materia di contenimento degli oneri contrattuali e delle altre voci di natura retributiva o indennitaria e per consulenze. L’introduzione di tale norma evidenzia nuovamente l’assimilazione delle società in cui l’elemento pubblicistico sia dominante alle amministrazioni in senso stretto, estendendone la disciplina, e individuando l’elemento discriminatorio nella concorrenza: ove la s.p.a. pubblica abbia ottenuto un affidamento diretto, ovvero svolga attività a carattere non economico o rivolte unicamente a vantaggio dell’ente partecipante, questa opera fuori mercato e, pertanto, soggiace ai medesimi vincoli prescritti per gli enti locali. Viceversa, i predetti divieti o limiti non trovano più applicazione diretta nei confronti delle società che gestiscono servizi pubblici locali a rilevanza economica, poiché il nuovo articolo 18, comma 2 bis, decreto legge 112/2008, rimette in capo agli enti soci di stabilire con propri provvedimenti, nell’esercizio dei poteri di controllo, le modalità e l’applicazione dei citati vincoli assunzionali e di contenimento delle politiche retributive (191). Tale impostazione si spiega anche in una logica di amministrazione “di risultato”, che non distingue più tra le diverse ipotesi di erogazione dei servizi, poiché promuove in ogni caso l’interesse del cittadino in un’ottica di giustizia sostanziale. In altre parole, le società controllate dall’ente pubblico – ove intendano operare nel mercato – devono sottoporsi a selezioni imparziali, trasparenti, pubbliche, ancorate a sistemi oggettivi                                                                                                                

(191) La norma così recita: “[…] le società che gestiscono servizi pubblici locali a rilevanza economica sono escluse dall’applicazione diretta dei vincoli previsti dal presente articolo. Per queste società, l’ente locale controllante, nell’esercizio delle prerogative e dei poteri di controllo, stabilisce modalità e applicazione dei citati vincoli assunzionali e di contenimento delle politiche retributive, che verranno adottate con propri provvedimenti.” (art. 18, comma 2 bis, d.l. 112/2008, come modificato dalla legge 147/2013).

e predeterminati, a garanzia non solo di chi vi partecipa ma anche dei terzi destinatari dell’attività societaria; viceversa, esse non possono che rimanere confinate al di fuori dei settori competitivi (192).

Le norme descritte vanno coordinate con ulteriori prescrizioni, parimenti indirizzate verso un fine antielusivo perseguito mediante l’estensione del regime amministrativo dei soggetti pubblici tradizionali alle loro società partecipate. Si fa riferimento a una serie di disposizioni che prendono in considerazione la specifica ipotesi dell’in house. Innanzitutto, lo stesso decreto legge 112/2008 all’articolo 23 bis – prima della sua abrogazione a seguito di consultazione popolare – prevedeva una norma speciale per gli affidamenti diretti di servizi pubblici locali, rimandando a un regolamento ministeriale la definizione delle modalità per l’osservanza delle procedure ad evidenza pubblica nell’assunzione di personale (193). La medesima disciplina era stata riprodotta nell’articolo 4 del nuovo decreto legge 138/2011, convertito in legge 148/2011, intervenuto a colmare il vuoto normativo lasciato dal referendum. Sotto la vigenza di entrambe le disposizioni era fatto espresso divieto, fino all’adozione dei prescritti provvedimenti governativi, di procedere al reclutamento dell’organico ovvero di conferire incarichi. Oggi, dopo la dichiarazione di illegittimità costituzionale che ha colpito l’articolo 4 nell’intero                                                                                                                

(192) Parere del Consiglio di Stato, sezione consultiva per gli atti normativi, del 24 maggio 2010, n. 2415, sullo schema di d.P.R. recante regolamento di attuazione dell’art. 23 bis del decreto legge 112/2008, convertito in legge 133/2008.

(193) Si fa riferimento all’art. 23 bis, comma 10, lett. a), seconda parte, d.l. 112/2008, convertito in l. 133/2008. Le società vincolate da tale norma non sono soltanto quelle in house per la gestione dei servizi pubblici locali, bensì anche le società a partecipazione mista pubblico-privata. I limiti prescritti concernono sia l’assunzione di personale, sia le modalità di acquisto di beni e servizi mediante procedure ad evidenza pubblica. Come già precisato, tale norma è stata oggetto di giudizio di legittimità costituzionale. Tuttavia, la sentenza 325/2010 ha dichiarato l’illegittimità della sola prima parte, relativa all’assoggettamento al patto di stabilità interno, ma ha sostenuto non fondata la questione relativa al rispetto di procedure ad evidenza pubblica per l’acquisto di beni e servizi e l’assunzione di personale, che pertanto è rimasta in vigore. Parallelamente, il regolamento di attuazione dell’articolo 23 bis, emanato con d.P.R. 168/2010, prevedeva all’art. 7 una norma del tutto simile a quella dell’art. 18, comma 1, d.l. 112/2008: ci si riferisce all’obbligo di rispettare i principi di cui all’art. 35, comma 3, d.lgs. 165/2001, da parte delle società a partecipazione pubblica di gestione dei servizi pubblici locali, adottando con propri provvedimenti i criteri e le modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi. Tale assetto ha avuto vita breve, poiché, poco dopo, con il referendum del giugno 2011, l’intero articolo 23 bis e il suo regolamento di attuazione sono stati abrogati.

suo contenuto (194), il panorama non è mutato. Si applica, infatti, l’articolo 3 bis, contenuto nel medesimo decreto legge 138/2012 (195), che al comma 6 prescrive l’adozione, da parte delle società affidatarie in house con propri provvedimenti, di criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al comma 3 dell’articolo 35, d.lgs. 165/2001, nonché dei vincoli assunzionali e di contenimento delle politiche retributive stabiliti dall’ente locale controllante ai sensi dell’articolo 18, comma 2 bis, decreto legge 112/2008 (196). Da tali osservazioni si può concludere che il vincolo di spesa per il personale incombe senz’altro sulle società in house, anche se non a mente dell’articolo 18, comma 1, del decreto legge 112/2008, in vigore per tutte le società pubbliche di gestione dei servizi locali, bensì in conformità all’articolo 3 bis del successivo decreto legge 138/2011, che prevede una specifica disciplina per gli affidamenti diretti. Quanto al comma 2 del medesimo articolo 18 – il cui campo di applicazione è determinato in via residuale – dovrebbe ritenersi vincolante per le sole società a capitale pubblico totale o di controllo che non gestiscano servizi pubblici locali, ossia le società strumentali e quelle miste, in quanto non rientranti nell’ambito del comma 1. A conferma di tale sistema normativo si deve, infine, considerare l’articolo 76, comma 7, del decreto legge 112/2008, in tema di spese per il personale degli enti locali e delle camere di commercio ( 197 ). La norma richiamata prevede che tra le spese delle amministrazioni si debbano computare anche quelle sostenute da società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo qualora siano titolari di affidamenti diretti, ovvero svolgano funzioni volte a soddisfare esigenze di                                                                                                                

(194) C. Cost., 20 luglio 2012, n. 199, più volte citata.

(195) Norma introdotta dal decreto legge 1/2012, convertito in legge 27/2012, e successivamente modificata dalla legge 147/2013.

(196) Questa formulazione deriva dalle modifiche apportate dalla legge di stabilità 2014 e, precisamente, dal suo articolo 1, comma 559.

(197) Tale comma è stato oggetto di continui aggiustamenti. Già modificato in sede di conversione dalla legge 133/2008, è stato successivamente sostituito dal decreto legge 78/2010. Sulla norma sono quindi intervenuti la legge 220/2010, il decreto legge 98/2011, la legge 183/2011, il decreto legge 201/2011, il decreto legge 16/2012 e infine la legge 147/2013.

interesse generale a carattere non industriale né commerciale, ovvero ancora svolgano attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica; in sostanza: qualora operino fuori mercato (198).

Alla luce di quanto osservato, anche nell’ambito dei limiti alla spesa per il personale si osserva come le società pubbliche finiscano per essere assimilate alle amministrazioni, in modo tanto più rilevante quanto maggiore sia il rapporto strutturale, organizzativo ed economico che le lega. Il timore che il modulo societario venga utilizzato quale strumento elusivo della disciplina che vincola gli enti territoriali spinge il legislatore ad adottare scelte sempre più restrittive, tali da relegare questi modelli al margine del mercato, facendoli ancora sopravvivere (per il momento) nei soli ambiti non competitivi. Viceversa, nei settori di libero mercato, la società pubblica è costretta ad operare in condizioni di parità con le altre imprese, in ossequio al principio comunitario di tutela della concorrenza, venendo a perdere qualsiasi vantaggio (o svantaggio) che in origine poteva trarre dalla sua natura pubblica. È, infatti, lecito chiedersi se sussistano ulteriori profili che possano evidenziare aspetti di convenienza nel ricorso al modulo della società pubblica, di interesse sia per l’ente territoriale, sia per gli operatori economici privati, sia infine per la comunità che fruisce dei servizi.

2. I margini di operatività delle società pubbliche non concorrenziali