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2. Capitolo primo – L’istituto del trust, il vincolo di destinazione ex art 2645-

2.2. Il vincolo di destinazione

Il vincolo di destinazione di cui all’art 2645-ter rappresenta uno degli strumenti deputati dalla legge 122/2016 alla realizzazione di finalità quali la cura, la protezione e l’assistenza delle persone con disabilità grave. Tale strumento è il risultato di un complesso iter parlamentare che, dopo numerosi rimaneggiamenti27 della norma, culmina con l’entrata in vigore nel nostro ordinamento della Legge 23 febbraio 2006, n. 51. L’art. stabilisce che gli atti in forma pubblica con cui beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri sono destinati, per un periodo non superiore a novanta anni o per la durata della vita della persona fisica beneficiaria, alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche ai sensi dell'articolo 1322, secondo comma, possono essere trascritti al fine di rendere opponibile ai terzi il vincolo di destinazione. Specifica inoltre che per la realizzazione di tali interessi può agire, oltre al conferente, qualsiasi interessato anche durante la vita del conferente stesso. I beni conferiti e i loro frutti possono essere impiegati solo per la realizzazione del fine di destinazione e possono costituire oggetto di esecuzione, salvo quanto previsto dall'articolo 2915, primo comma, solo per debiti contratti per tale scopo.

Con L’atto di destinazione, un soggetto può sottrarre uno o più beni immobili o beni mobili iscritti nei pubblici registri appartenenti al

27 La formulazione della norma fu molto criticata. In particolare G.PETRELLI in, La

trascrizione degli atti di destinazione, in Riv. Dir. Civ. 2006, II, p.162 definisce la stesura dell’art. un chiaro esempio del “progressivo decadimento della tecnica legislativa”.

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suo patrimonio dalla garanzia patrimoniale di cui all’art- 2740 c.c., imprimendo su essi un vincolo di destinazione, derivante dalla trascrizione degli atti con cui tali beni vengono iscritti nei pubblici registri, funzionale al soddisfacimento di interessi meritevoli di tutela facenti capo a beneficiari determinati (persone con disabilità, pubbliche amministrazioni o persone fisiche o altri enti), a favore del quale tali beni e i loro frutti devono essere impiegati.

Il vincolo non può avere durata superiore a novanta anni ovvero alla vita della persona fisica beneficiaria. L’opponibilità ai terzi si realizza tramite la trascrizione degli atti.

La conseguenza dell’apposizione del vincolo si snoda su un duplice binario sancito dal secondo comma dell’articolo. Mentre da un lato i beni conferiti possono essere impiegati esclusivamente per la realizzazione del fine di destinazione dall’altra parte questi possono costituire oggetto di esecuzione solo per i debiti contratti per tale scopo.

Da un punto sistematico, la collocazione della norma risulta insolita andando ad introdurre profili sostanziali (durata, meritevolezza dell’interesse, forma, oggetto) all’interno di norme sulla pubblicità28.

L’art. 2645-ter è una norma incompleta che si muove quasi esclusivamente nell’ottica dei conflitti con i creditori del conferente e dell’affidatario e può essere riempita dall’autonomia privata per perseguire interessi meritevoli di tutela. E’ proprio l’autonomia privata ad acuire la “atipicità” della norma, imprimendo al vincolo una destinazione non predeterminata dal legislatore bensì rimessa alla

28 L’art 2645-ter è contenuto nel Libro VI (della tutela dei diritti) Titolo I (Della trascrizione)

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volontà delle parti, sempreché questa superi il vaglio di meritevolezza degli interessi perseguiti.29

Le critiche maggiormente mosse alla stesura della norma in parola muovono sostanzialmente dalla considerazione che nell’introdurre una norma di carattere sostanziale, tra le altre cose contenuta in un Capo dedicato alla pubblicità, il legislatore abbia omesso di disciplinare qualsiasi vicenda del vincolo e del rapporto che esiste tra le obbligazioni e l’operato dell’affidatario. Il conferente che, passivamente, imprimesse il patrimonio di un tale vincolo si troverebbe quindi di fronte ad una serie di problematiche di complessa interpretazione mancando una disciplina chiara relativa per esempio al mancato soddisfacimento del fine imposto.

29 B. FRANCESCHINI in Atti di destinazione (art 2645-ter) e trust, in Trust - Vol. II -

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La meritevolezza dell’interesse perseguito

Punto centrale dell’atto di destinazione è rappresentato dalla meritevolezza dell’interesse perseguito. Recita infatti il primo comma dell’art. 2645-ter che i beni immobili ovvero i beni mobili registrati sono destinati alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela ai sensi dell’art 1322, secondo comma. In questa sede ci occuperemo prevalentemente di analizzare la diatriba dottrinaria che orbita intorno al concetto di meritevolezza.

Nel definire la questione della meritevolezza si contrappongono sostanzialmente due tesi. Secondo la prima tesi, invero minoritaria, la meritevolezza dell’interesse si giustifica nel perseguimento di un fine di utilità sociale che si va a collocare ad un livello superiore rispetto alle parti, atteso che la locuzione persone disabili ed il riferimento alle

Pubbliche Amministrazioni contenute nella norma altro non siano che

una chiara volontà del legislatore di far assumere una connotazione pubblicistica agli interessi in gioco.30 Sempre secondo tale orientamento il carattere superiore degli interessi perseguiti fungerebbe da filtro circa l’utilizzo fraudolento dell’istituto. Gli interessi che si intende realizzare devono quindi soggiacere ad una meritevolezza di carattere etico-solidaristico affinché l’istituto possa spiegare i propri effetti. Tale tesi, invero, appare anacronistica in relazione al contesto sociale in cui va ad operare ma soprattutto in quanto non vi è ragione nel sottoporre atti di autonomia privata ad un vaglio di meritevolezza

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ulteriore rispetto a quello della liceità degli interessi che i privati hanno scelto di perseguire.31

È proprio la tesi che subordina la meritevolezza alla liceità dell’atto che accoglie il maggior numero di sostenitori. Secondo questo orientamento l’interesse è meritevole ogniqualvolta è lecito, ovvero non contrario a norme imperative, all’ordine pubblico o al buon costume. Non occorre quindi che l’atto incorpori nessuna particolare utilità sociale per poterne ritenere l’interesse meritevole.

A ben vedere si potrebbe raffinare ulteriormente l’orientamento che vede necessaria una valutazione comparativa degli interessi che si vengono a contrapporre. Da una parte vi è l’atto di destinazione, dall’altra vi è l’interesse sacrificato dei creditori generali. In questa ottica la sola liceità non appare sufficiente a dirimere la questione della meritevolezza nella misura in cui un interesse in gioco scavalchi l’altro32.

31 Sottoporre l’interesse a tale vaglio di meritevolezza vorrebbe dire andare ad investire il

notaio o il giudice di un potere che non gli compete con la conseguenza di introdurre elementi di insicurezza in un sistema, quello della circolazione patrimoniale, che deve essere caratterizzato da elementi di speditezza, ordine e certezza.

32 NUZZO, Atto di destinazione e interessi meritevoli di tutela, in La trascrizione dell’atto di

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La forma dell’atto di destinazione

L’art 2645-ter apre stabilendo che gli atti in forma pubblica con cui beni immobili o beni mobili registrati iscritti in pubblici registri sono destinati alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela possono essere trascritti al fine di rendere opponibile ai terzi il vincolo di destinazione. Ne deriva che la norma richiede la redazione in forma pubblica dell’atto di destinazione, escludendo le ulteriori forme previste dall’art. 2657 c.c.33

Nel nostro ordinamento la forma dell’atto pubblico è prescritta ad

substantiam per la rilevanza degli effetti del negozio nei confronti

dell’autore o dei terzi (donazioni, patti di famiglia, riconoscimento del figlio naturale ecc.) ovvero per il riconoscimento della personalità giuridica in capo ad un soggetto (società di capitali, fondazioni). Nel caso dell’atto di destinazione la prescrizione della forma pubblica non si radica su un giudizio di validità dell’atto bensì appare funzionale all’opponibilità del vincolo ai terzi. Trattandosi di una forma richiesta

ad transcriptionem, il vincolo può essere opposto ai terzi se l’atto è

redatto e trascritto nella forma solenne di atto pubblico. Ne deriva che la mancanza della forma pubblica non inficerà sulla validità dell’atto, restando questo comunque idoneo a produrre effetti obbligatori, ma causerà l’inopponibilità del vincolo ai terzi creditori.

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Cenni sull’ oggetto, durata e beneficiari

La norma fa espresso riferimento ai soli beni immobili e mobili registrati. Una possibile risposta a tale limitazione nell’oggetto è data dalla natura dell’effetto dell’atto di destinazione. Come già ricordato la conseguenza primaria della trascrizione degli atti di destinazione è rappresentata dalla segregazione dei beni destinati alla realizzazione di quegli interessi che il legislatore reputa meritevoli di tutela. Tale segregazione spiega i propri effetti esclusivamente nella misura in cui sia possibile opporre ai terzi tale vincolo attraverso un sistema di pubblicità idoneo a tale scopo. Tale sistema pubblicitario, a tutela dei terzi creditori, rappresenta la ratio dell’esclusione dei beni mobili dall’applicazione della norma. Un’ altra ragione che giustifica l’esclusione degli altri beni mobili è riscontrabile nella collocazione della norma all’interno del Libro del codice civile in materia di trascrizione. A tal proposito si è posta la questione sulla possibilità di sottoporre a vincolo le quote di partecipazione in società a responsabilità limitata che per alcuni registri delle imprese appare ben possibile in quanto garantita idonea la pubblicità necessaria a tutelare i terzi creditori. A ben vedere però risulterebbe quantomeno limitante il disconoscimento di tale vincolo in capo alla ricchezza mobiliare visto e considerato che il nostro ordinamento conosce già strumenti pubblicitari idonei allo scopo come ad esempio la disciplina in materia di patrimoni destinati ad uno specifico affare di cui all’art. 2447-bis e successivi.

Quanto alla durata del vincolo l’art. 2645-ter stabilisce come questi non possa eccedere i novanta anni ovvero la durata della vita della persona fisica beneficiaria. La ragione di tale vincolo è ravvisabile

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nella valutazione sfavorevole che l’ordinamento fa circa vincoli perpetui che di fatto andrebbero a svuotare il contenuto del diritto di proprietà con conseguente nocumento degli interessi del mercato e della sua circolazione dei beni. Una questione interessante è stata sollevata in dottrina circa l’ammissibilità.

Per quanto riguarda i beneficiari questi debbono essere individuati o quantomeno, come ritiene parte della dottrina, individuabili dall’atto di destinazione. Ci si è chiesti in che misura sia ammissibile l’individuazione di beneficiari non ancora nati al momento dell’imposizione del vincolo. Avvalendosi di una interpretazione analogica, i sostenitori di tale tesi34 muovono dal fatto che gli art. 462 3° comma c.c. e 784 ammettono testamento ovvero donazioni a favore di figli non ancora concepiti. Tale interpretazione tuttavia vacilla, rendendo necessaria una certa prudenza, di fronte al disposto dell’art. 1 comma secondo del Libro I Titolo I il quale ammette in favore del concepito i soli diritti che la legge riconosce.

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La segregazione patrimoniale e l’opponibilità ai terzi

La trascrizione dell’atto, che a tenore di legge rimane una facoltà e non un obbligo, ha come conseguenza due effetti ben distinti: la

segregazione patrimoniale, c.d. unilaterale, per la quale solo i creditori

dei beni vincolati possono vantare pretese su questi, e l’opponibilità ai

terzi del vincolo.

Circa la segregazione patrimoniale in dottrina si è sviluppata una distinzione tra separazione “unilaterale” (detta anche imperfetta) e separazione “bilaterale”35 (detta anche perfetta). Quest’ultima si sostanzia in una completa e reciproca insensibilità delle vicende che investono un patrimonio rispetto all’altro. In questo modo le pretese vantate da un creditore sul patrimonio segregato non possono essere soddisfatte con il patrimonio non segregato e viceversa. Si palesa una sostanziale incomunicabilità tra il patrimonio segregato ed il patrimonio residuo.

La separazione unilaterale invece consta nel fatto che le obbligazioni inerenti alla destinazione possono trovare soddisfacimento anche sul patrimonio generale del debitore non essendone avulse.

Stante il silenzio della norma, la dottrina si è interrogata sulla natura della separazione in oggetto. A tesi a favore della bilateralità36 si contrappongono orientamenti, invero maggioritari, che vedono tale

35 Questa tipica del trust e della limitazione di responsabilità insita nelle quote di società di

capitali

36 S. D’Agostino, Il negozio di destinazione nel nuovo art.2645 ter c.c., in Riv. Not.2007,

1551-1554. Per il quale tale è l’intendimento del disponente posto che risulterebbe ultronea una disposizione espressa a sancire tale limitazione

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segregazione di tipo unilaterale, in quanto il secondo comma dell’art. 2740 contiene una riserva di legge in tema di patrimoni separati tale per cui soltanto una norma di legge potrebbe prevedere, per le singole ipotesi di patrimonio separato, il carattere bilaterale della separazione (il che, per l’appunto, non accade per l’ipotesi di patrimonio separato ex art. 2645 ter c.c.).

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2.3. I “fondi speciali” istituiti in favore di persone con

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