CAPITOLO SECONDO
3. Il Virgilio di Marlowe DA RISCRIVERE
Fonte primaria dell’intera tragedia sono i libri I, II e IV dell’Eneide. Non vi sono riscontri che portino a supporre che Marlowe si sia servito di alcuna delle traduzioni in inglese del testo virgiliano disponibili alla fine del Cinquecento177, né che abbai tratto elementi dalle precedenti versioni drammatiche rinascimentali della vicenda di Didone. Per quanto riguarda le possibili suggestioni derivate dalle versioni medioevali della caduta di Troia, in particolare il Troy Book di Lydgate – sebbene non si possa andare oltre la supposizione – si rinvia in particolare al saggio Marlowe’s light reading di Ethel Seaton178. Ciò che invece appare palese è l’aderenza al testo latino, probabilmente consultato nell’edizione cinquecentesca di Jodocus Willichius179, fonte e modello sul quale Marlowe lavora direttamente e che «sometimes translated (often brilliantly), sometimes paraphrased, sometimes summarized; he also rearranged, or altered the emphasis; and sometimes he invented»180. L’adesione al testo latino è sottolineata ancor più dall’inserimento di otto versi virgiliani, in latino, nel tessuto inglese dell’opera, «as if half afraid, at such
175 Come afferma Ronald McKerrow, editor di The works of Thomas Nashe, Londra, 1904-1910, citato in Godshalk 1971, 1.
176 Per quanti invece considerano più incisivo l’operato di Nashe si rimanda all’introduzione all’edizione critica di H.J. Oliver, cf. Oliver 1968.
177 Per l’elenco e l’analisi sommaria di queste opere si rimanda al primo capitolo, p. 54. ss. 178 Seaton 1959; vd. anche Smith 1977.
179 Publi Vergili Maronis opera, edita e annotata da Jodocus Willichius (Willich), stampata a Basilea nel 1547 e, nuovamente, nel 1586; una delle edizioni più diffuse nell’Europa settentrionale del tempo; cf. Oliver 1968, xxxiv.
moments of crisis as the final parting or the dying speech of Dido, to trust translation»181; pratica, come s’è visto, non aliena a Marlowe questa delle «borrowed lines»182, ma che qui assume valenza e significato davvero particolari nel suggellare la diretta dipendenza.
Come gli interpreti più acuti hanno messo in luce, questo rapporto davvero “ombelicale” con il testo virgiliano non deve essere ritenuto un limite di The Tragedie of Dido. Al contrario, esso rappresenta un documento assai raro che dimostra in modo paradigmatico fino a che soglia si spinge l’impatto dell’influenza del classico nella formazione di un grande drammaturgo, fungendo da modello non solo testuale ma anche, come si cercherà di dimostrare, stilistico. Come pertanto riporta C.F. Tucker Brooke, al termine della sua introduzione alla sua preziosa edizione critica dell’opera, Dido Queene of Carthage «is indeed a spirited and moving tragedy …; but for the student of Marlowe its value as a work of art is surpassed by its value as an index of the young poet’s relation to the classics and to his profession of poetry. The most useful aesthetic criticism is therefore not that which concerns the total effect conveyed by this work of borrowed plot and rather composite style, but that which deals with the many illuminating individual passages where we see the impact of Vergil’s splendid gravity upon the most exuberantly romantic of the Elizabethan dramatists, or mark the blend of ardent impulse with austere intellectual insight that best define Marlowe’s view of life»183.
Altro elemento che ribadisce l’importanza di Dido è che dall’elaborazione del testo latino scaturiscono versi e immagini che lo stesso Marlowe – e a volte altri, incluso Shakespeare – riprese in altre opere184, in particolare in Tamburlaine, Edward II e, forse paradigma più significativo di questo processo, Doctor Faustus, nel celeberrimo monologo di Faustus ad Elena. Dido, dunque, momento centrale nella creazione di uno stile personale di Marlowe, che, «poeta dalla torrenziale
181 Ellis-Fermor 1927, 19. 182 Cf. Matheson Wills 1937. 183 Tucker Brooke 1930, 123.
immaginazione, seppe riconoscere molti dei suoi migliori brani (e quelli di uno o due altri), li salvò e li riprodusse più di una volta»185.
Rispetto allo scarto da Virgilio, nella trama di Dido le principali innovazioni marloviane, esposte qui in via cursoria, riguardano: amplia: UN PARAGRAFETTO PER OGNI TITOLO
- il preludio, 49 versi che vedono Giove trastullare Ganimede, I, i, 1-49;
- la creazione di un autonomo ruolo drammatico per Iarba, corteggiatore geloso della regina, menzionato solo tre volte nel libro IV virgiliano, e il conseguente «sub-plot» basato sull’amore non corrisposto di Anna per il re gètulo; RUOLO IPORTANTE: TRANSFERT VD ACT 3 SCHIESARO (paga il debito in nota). Quanto tratto della rielaborazione del materiale diverso in questo caso non Ovidio, ma una delle ‘altre voci’ di Virgilio.
- il “catalogo” dei corteggiatori di Didone in III, i;
- il “sequestro”, da parte della regina, delle vele e delle sartie della flotta troiana per impedirne la partenza in IV, iv;
- differenze rispetto al trattamento della presenza a corte di Ascanio e alla sua sostituzione con Cupido;
- la scena, di pura invenzione, della nutrice che gioca con Ascanio-Cupido in IV, v;
- il tentativo abortito di una prima fuga dei troiani in IV, iii e il conseguente sfasamento dell’intervento divino a ricordare la partenza;
- l’arma del delitto il suicidio finale che coinvolge anche Anna e Iarba.
Per le due scene di invenzione, le più dibattute in virtù del massimo allontanamento dall’intreccio virgiliano, ossia l’introduttivo scambio tra Giove e Ganimede e la
184 «Indeed, a surprising number of the word-patterns and mental pictures for which Marlowe is famous appear to have found their first expression in Dido», Tucker Brooke 1930, 117.
scena della Nutrice e di Cupido/Ascanio, basterà per ora notare il fatto che esse non sono momenti episodici disgiunti dal resto dell’opera, anzi, riprendendo in diversi casi elementi testuali sia virgiliani, sia altri loci della tragedia, esse ottengono l’effetto di amplificare, con intermezzi quasi coreutici o di «comic relief», uno dei temi centrali e unificanti della tragedia, ossia gli effetti talora devastanti dell’amore186.
Restano da spendere due parole sulla mediazione, per così dire “tonale” e mitologica, esercitata da Ovidio nella lettura marloviana di Virgilio. Come si avrà modo di notare, ogni qualvolta Marlowe si distacca maggiormente dal tracciato virgiliano, da un lato egli rielabora indipendentemente versi tratti liberamente e con maestria dall’intera Eneide; dall’altro, in special modo nella descrizione di immagini mitiche, talvolta di maniera, ricorre alla miniera del patrimonio mitico della classicità rappresentata dalle Metamorfosi di Ovidio. Altre volte sono ravvisabili ulteriori richiami ad Ovidio, sia testuali sia di tono, imputabili soprattutto all’influenza della traduzione marloviana dell’intero corpus delle elegie ovidiane. Douglas Cole, che di Dido afferma: «though the matter is Virgilian, the spirit’s is Ovid’s»187; per un’analisi accurata delle occorrenze ovidiane nella tragedia, si rimanda all’opera di Knutowski188.
Hurst 1825 «little more than a narrative taken from Virgil» «possessing very little intrinsic merit as a play» (pp.xii-xiii q in Oliver xx)
185 Eliot 1920, trad. it. 2001, 386.
186 Si rimanda in particolare a Turner 1984 e anche a Bono-Tessitore 1998. 187 Cole 1962, 85.
Capitolo precedente: tragedie di didone: see ME Smiths per elenco E dolce e giraldi Cinzio
- e dimostra che non è affatto aliena e staccata dalla produzione successiva: anzi vitale nel porre la basi immaginario, versi, temi, ideed (quorum: scythian caucasus: enea e la fondazione dell’impero Tamburlaine 5.1.159
OVID: BARCHIESI 2005 CVII cita Feeney 2004 (penguin): possibile il mito oggi senza Ovidio?
Marlowe alla stregua dei pittori rinascimentali.. Tiziano Opposizione Vrgilio Ovidio CHEENEY E
Nel Rinascimento, Ben Jonson consapevole, e sulla relazione tra Jonson e Ovidio, attraverso Marlowe, cf. Hardie 2002, 104
- A rare scholar - DIDO
Rarità di Dido: copy MALONE e vd intro Oliver Malone 133
(Bodleian) Arch. G. d. 48 (prima pagina)
This volume is one of the rarest in my collection. – Of the play of Dido there is but one extant copy known to be extant. Of Marlow’s translation of Lucan I never saw another copy.
(quinta pagina) The various pieces in this volume together with the paper into which they are let in, the expence of the inlaying, and the binding cost five guineas. The two manuscript plays are not included in this estimate ??? they are two of the rarest plays extant. Mr Capil (capal, capel=???) sought for the tragedy of Dido for 30 years
in vain. This is, I believe, the only complete collection of Marlowe’s works, now extant.
E.M.
The tragedy of Dido is one of the scarcest plays in the English language. There are but two copies known to be extant; in the possession of Dr Wright and Mr Reed. Matter of the elegy and NASHE
‘hanc perfecit & edidit Tho.Nash Lond. 1594’ See TB 122f.
- Datazione (più frontespizio… e children) - Authorship
- Fonti, i.e. VIRGILIO DI MARLOWE
Recupera vecchio materiale, resoconto delle posizioni precedenti UE Fermor, ME Smith, altre introduzioni (Oliver)
- fedeltà libri 1, 2, 4
- ‘invenzioni’ (see old material e bono tess) Un’intertestualità consapevole e intelligente
Da un maximum di vicinanza a un minimum di invenzione a partire da un solo verso, a creazioni ‘elisabettiane’
1. Traduzione (Gill, marlowe and the art of Translation, ME Smith) 2. Allusione (intertestualità, particolare)
3. Parodia
Parodia, in primis di alcune caratteristiche che definiscono il genere epico: la fugura dell’eroe e il Götterapparat BARCHIESI, Feeney
«Dido is the only play in which Marlowe has made ??? human love ??? the real centre of the action»189: è in questa luce, ossia nella trattazione – molto più umana che in Virgilio – degli effetti dirompenti e irrazionali dell’amore, che io riassumerei la chiave di lettura dell’opera, anche considerando la trattazione dei caratteri – innegabilmente deboli e lontani dall’idealizzazione eroica – dei protagonisti, Enea in primis, ma anche gli stessi dèi, così abbassati e umanizzati190.
Parodia già evidente amplificata dalla messa in scena.. compagnia di di fanciulli191 acuiscono il senso di “artificialità”. Vedi note Bob Cowan: bambini come resa parodica (e bibliografia). Ma oltre: Il teatro di Marlowe – e qui in modo emblematico – è conscio della sua dimensione fittizia (e a tratti metateatrale) e non si accontenta di ricreare un’imitazione piana del reale: al contrario, sembra quasi tendere all’alienazione e allo straniamento piuttosto che all’identificazione. In questo frangente, molto spesso è stato accostato192 al teatro novecentesco di Brecht, nella ricerca di un senso di straniamento, «Verfremdung» brechtiana appunto. Amplia e vedi Cambridge companion to B e paragrafo in OLIVER SULLO straniamento ( LEVIN)
E EPIC THEATRE IN SCHIESARO, SENECA
Uno dei mezzi che meglio contribuisce alla resa di questa dimensione straniante è rappresentato dal costante ricorso allo «humour», uno «humour comico e terribilmente serio, perfino selvaggio, humour che esaurì il proprio respiro nel genio decadente di Dickens»193, in uno stile, che come ancora nota T.S. Eliot a proposito del sacco di Troia, «raggiunge la sua enfasi con l’esitare sull’orlo della caricatura al
189 Tucker Brooke 1930, 123. 190 Bono, Tessitore.. ???
191 «In the plays written for children during the sixteenth century, the emphasis in on artifice», Gill 1987, 115. ??? anche Shapiro???.. vd anche Smiths Staging Dido ???
192 Cf. ad esempio Levin 1953, Oliver 1968 e anche Bono-Tessitore 1998. QUOTE PAGES 193 Eliot 1920, trad. it. 2001, 389.
giusto momento»194 e che si fa incarnazione di uno dei più sottili aspetti del verso marloviano che tende, per concludere, ancora con T.S. Eliot, a una «intensa, seria e indubbiamente grande poesia, che, come certe grandi pitture o sculture, raggiunge i suoi effetti con qualcosa di non dissimile dalla caricatura»195.
Parodia E Intertestualità (Al Quadrato): Virgilio al filtro di Ovidio.
Non è un caso che uno dei termini più in voga literary criticism nasca da uno studio sulla parodia. Intertestualità e Julia Kristeva
bibliografia sulla parodia e sull’intertestualità
L’azione parodica di Marlowe è, almeno sul piano testuale, un’operazione dal carattere … intertestuale. Quanto voglio dimostrare è infatti come – e soprattutto ..codice ‘epico’ (recupera anche citazioni dal vecchio paragrafo su ovidio) – il testo ruolo di Ovidio nella parodia virgiliana
Parodia ovidiana di Virgilio: bibliografia sterminata
Hardie 2002, 1993, Lyne, spentzou Brook otis, Hardie Troy
CHENEY uno dei più importanti libri su Marlowe usciti negli anni novanta: Spenser, opposizione a una carriera ‘virgiliana’
Non so se… tesi affascinante, forse un po’ troppo decisa.
Ruolo determinante per tutto il corpus marloviano della traduzione degli Amores (e, in parte di Lucano, vd bibliografia schiesaro)
E Dido diviene ‘catalizzatore’ drammatico Virgilio, attraverso Ovidio, in tutto il corpus, e da lì….
K. Galinsky 1975, 250 (quoted in Baldo 1995, 143)
Al di fuori della sezione eneadica (13-14) le riprese virgiliane nelle met hano spesso come scopo «an immediate parodic or amusing purpose» all’interno delle storie in
194 Ibid., 390. 195 Ibid., 391.
cui sono collocate piuttosto che essere «parodic comments» all’eneide stessa. Ma «besides we cannot ignore that Ovid chose to exlcude from his own Aeneid those episodes in Vergil’s epic which he recast with great, playful exuberance or sustained, overt parody»
La ‘Epische Technique’ Di Un Drammaturgo Elegiaco [Drammatizzazione del ‘codice epico’ in Dido, queen of Carthage].
Considerate le note sovrastrutture ‘drammatiche/tragiche’ (e relativa ampia bibliografia) del libro IV e dalla ‘Dido story’, una cosa interessante che mi pare di poter concludere è che, nel ‘passaggio’ di genere, Marlowe fa – in un certo senso sorprendentemente - un uso consapevole e allusivo proprio di alcuni elementi precipuamente ‘epici’ del testo virgiliano. Come si è visto della dimensione divina ed eroica: quote Bono Tessitore e Barchiesi
Ma anche di alcuni elementi narratologici (Genette, Barchiesi, Hardie, Fowler) propri del cosiddetto ‘codice epico’ e che .. tecnica epica di Virgilio (Heinze, Hardie…)
Ekphrasis (studi recenti e definizione: D. Fowler, J. Elsner, Putnam, Barchiesi e Hardie 1998)
Narratologia: Fowler
Il trattamento (che non mi pare sia stato notato), per esempio degli elementi ekfrastici (e.g. Ganimede e le pitture del tempio di Giunone) e narratologici (e.g. la Ilioupersis del II libro = buona parte del II atto) è, a mio avviso molto interessante. Come in Virgilio (cf. Putnam 1995, Hardie articolo 2002, etc, etc.) essi diventano specchio e ‘mise en abyme’ della struttura (epica) e del testo che li contiene, ma – qui sta il gioco – il dato ‘riflesso’ è
completamente diverso dal modello virgiliano (anti-epico, e, in definitiva, malgrado il tono a volte da tragi-commedia, davvero ‘tragico’, di una tragedia tutta umana).
[Ovidianizzazione consapevole]
Nel processo intervengono infatti i consueti strumenti di deformazione ‘parodica’ (tratti quasi caricaturali già notati da TS Eliot), applicati in primis, ovviamente, al
«Götterapparat» e all’eroe). Uno dei modi più diretti e interessanti di ‘attacco’ al testo dell’Eneide (vd Hardie 1993, Cheney) è – tento di dimostrarlo - una ‘ovidianizzazione’ del testo virgiliano, e come dicevo, proprio nei tratti più ‘epici’.
[Inter- e intratestualità]
Gli esempi che tratto e le mie dimostrazioni sono intertestuali (riprese ovidiane di materiale virgiliano, in particolare met. e am.); ‘intertestuali-al-quadrato’ (ripresa di Virgilio-
attraverso-Ovidio in Marlowe) e (molto interessante per la parte ‘inglese’ e dato non sempre evidenziato) intratestuali: ripresa degli stessi elementi da Marlowe (da Virgilio mediato da Ovidio[complice la sua traduzione di Marlowe degli Amores], sviluppati in Dido) rielaborati all’interno di tutto il corpus marloviano (in particolare Hero & Leander, Tamburlaine, Faustus). In un paio di casi, ad esempio in un contesto ekphrastico in Hero
and Leander, si riscontra la sovrapposizione di elementi Virgiliani e Ovidiani che
dimostrano appunto la centralità di Dido per la formazione di una poetica di immagini (che in qualche modo potremmo definire tragiche) che pervade – spesso in modo centrale - anche il resto del teatro marloviano (ad es. l’’ossessione’ per Elena di Troia, il rogo di Troia, Ganimede, etc..)
Esempi e temi Sul piano immagini Lessicale
tematico
Conclusione sul tema: attraverso questa ‘dissezione’ di un’epica pregna di pathos tragico attraverso la ‘desacralizzazione’ ovidiana, cosa resta? Il tono è molto spesso da tragicommedia, o addirittura da teatro dell’assurdo, ma – modernità umanistica, uomo al centro del suo destino rinascimentale – non più tensione tra ??? volere personale e ??? (vd Hardie Virgil 1998) o tra ‘Utopia e storia’ o tra vedi traina in Dionigi 1999, nemmeno la tragedia ??? apotropaica di Medea ??? Cio che rimane è enorme tragedia dell’amore umano, tutto umano (??? Toni lucreziani? Georgiche 3???) rinescimentale
ovidianizzazione consapevole: chiave di lettura per la tragedia, e, come si vedrà per una lunga serie di elementi cardinali nel teatro marloviano
Esempi di intertestualità e ovidianizzazione consapevole
One of the first modern editors of the play, Hurst, in 1825 dismissed Dido as «little more than a narrative taken from Virgil» and «possessing very little intrinsic
merit as a play»196, still in 1946, Kocher pinned it down as «too literal a rendering of the Aeneid to be significant»197.
Quite on the contrary, as I shall try to demonstrate, Marlowe’s technique in approaching the Aeneid is rather varied: as H.J. Oliver (the 1968 Revels editor of Dido) remarks: «working, then, from the Latin text, Marlowe sometimes translated (often brilliantly), sometimes paraphrased, sometimes summarized; he also often rearranged, or altered the emphasis; and sometimes he invented»198.
But there is more. As T.S. Eliot, to be sure the 20th century critical sospitator of the play, first noted, Marlovian plays such as the Jew of Malta and, in fact, as he says, the «underrated» Dido, can be fully understood only by noticing the farcical humour of their tone, the «terribly serious, even savage comic humour»199 that is, according to Eliot, Marlowe’s most powerful and mature tone, a «style which secures its emphasis by always hesitating on the edge of caricature at the right moment».
That the tragedy is indeed more complex than a mere assortment of Virgilian passages rendered in the shiny new blank verse that sometimes can rival even Dryden’s translation, seems to be a belief shared by the recent critical readers of Marlowe (from Harry Levin to Patrick Cheney and Jackson Cope, Romany and Lindsey, etc). My contention is that it is in fact this parodic dimension that allows a more fruitful reading of the play.
But, again, there is more. If parody is quintessentially an intertextual activity – the very term intertextuality (fashionable and/or meaningful according to taste) was indeed first used by Julia Kristeva in an essay (1966) on parody – Marlowe’s game, here, is intertextual to the power of two. This parodic dimension, I hope to demonstrate, is in fact intertwined with another very important presence in the play.
196 Hurst, xii-xiii quoted in Oliver, xx 197 Kocher 1946, 175.
198 Oliver 1968, xxxvi. 199 Eliot 1919, 123.
Following Frederick Boas, one of the finest readers of Marlowe, Douglas Cole says of Dido: «though the matter is Virgilian, the spirit is Ovid’s»200 and indeed many are the Ovidian references that Marlowe embroiders upon the dramatic version of the Virgilian epos: great is the debt from the Amores (for the elegiac vocabulary and for a few almost direct quotations) and the Metamorphoses crop up whenever there is a mythical allusion. Now, much has been written in recent years on Ovid’s parodic intentions201 in questioning political, moral and of course literary (Augustan) models, above all its epic model par excellence.
In Dido, indeed, we have more than the Ovidian – so called – disengaged and elegiac spirit: we face, I think, a programmatic and conscious attack on the epic genre and the poetry of the Aeneid. And to carry out his attack Marlowe resorts to the parodic arms that Ovid himself provides him.
A matter of genre then. Indeed one of the most interesting aspects of ‘Virgil’s Epic Technique’ noticed since Martial and Servius and then analysed especially in the 20th century (from Richard Heinze to, among others, A.S. Pease, A. Wlosok up to Gian Biagio Conte’s most recent book202) is indeed the use that Virgil makes of the Attic (and, as far as we can tell, of the Latin) tragedy203. And of course the influence of tragedies by Sophocles (Ajax) and Euripides (Medea, Bacchae) in the Dido story is most striking and intertextually fruitful204.
What I think is very interesting – and confirms the agonic view I have
introduced – is that in writing a proper tragedy out of the epic story of Aen. 1, 2 and 4, Marlowe, somehow surprisingly, consciously relies on certain elements and conventions peculiar to the so called ‘epic code’205: in dramatizing them, he (parodically) deforms them.
200 Cole 1962, 85.
201 Cf. among others, Hardie 2002a; 2002b; 1990; 1993; Barchiesi 1994, Spentzou 2003, Miller 2004, Papaioannou 2005, Baldo 1995, Casali 1995, Boyd 1997, Otis 1970, Galinsky 1975; 1976.
202 Cf. The Strategy of Contradiction: On the Dramatic Form of the Aeneid in Conte 2007 (forthcoming). 203 Cf. Hardie 1997.
204 Cf. Heinze, Pease 18, Wlosok, Hardie 1997, Conte 2007 (forthcoming). 205 Baldo
In a paper on the epic form, published in 1989, Alessandro Barchiesi, citing Alfred Döblin, points out how two are the essential and distinctive characters of the epic work206: the power of imagery and the power of the verbal art, and how exactly these aspects, the epic ‘distant word’ and the imagery (connected with the