di tre gruppi rom nel tempo: il caso del Salento
4. Visibilità e invisibilità dei cittadini rumeni e bulgari rom a Lecce
Sono 4866, secondo i dati demo.istat.it (2015), i cittadini romeni resi-denti nell’intera provincia di Lecce; rappresentano, come per il resto di Ita-lia, il primo gruppo nazionale per numero di presenze. I cittadini bulgari sono, in tutto, poco più di un migliaio e quasi la metà risiede in un solo co-mune della provincia. Il numero dei cittadini rumeni è iniziato a crescere dopo il 2002, quando la sanatoria prevista dalla legge Bossi-Fini (la n. 189 del 2002) ha regolarizzato oltre 700 mila presenza rumene in tutta Italia. Nella provincia di Lecce, nel 2003 le presenze rumene erano complessiva-mente solo 97 (quasi tutte donne, la sanatoria era stata pensata per le colla-boratrici domestiche), solo sei anni dopo però, a seguito dell’ingresso della Romania in UE, i cittadini rumeni presenti salgono a quota duemila e inizia ad aumentare anche il numero dei cittadini bulgari (anche la Bulgaria entra in UE nel 2007). Tra questi cittadini, diverse sono le famiglie e i singoli di origine rom. La maggior parte sono invisibili, inseriti nel tessuto sociale e urbano dei comuni della provincia di Lecce. Così come per gli altri due
31. Per un’analisi delle dinamiche che i diversi ghetti innescano sulla vita dei soggetti che li vivono riferita al territorio salentino, si rimanda a Ciniero e Papa (2016).
gruppi rom, anche in questo caso, sono diversi a nascondere, per motivi che non è difficile immaginare, il loro essere rom, specie nel momento in cui provano ad affittare una casa o sono alla ricerca di un lavoro.
Sono almeno tre le donne rom che ho incontrato negli ultimi tempi che lavorano nell’ambito dell’assistenza e cura delle persone anziane, e tutte e tre mi hanno detto di non aver rivelato al loro assistito e alle famiglie pres-so cui lavorano di essere rom, scherzando, una di loro mi ha detto: «In Ita-lia, per colpa della televisione, è già difficile essere rumena, figurati se dico di essere rom!». Sono tante le storie come queste che restano nascoste agli occhi dell’opinione pubblica, che non trovano spazio di visibilità nei rac-conti pubblici che riguardano i rom, schiacciati come sono sul sensazionali-smo, l’emergenza, i campi, la repressione e via dicendo. Eppure, le storie di queste tre donne, sono le storie della maggioranza di cittadini rom oggi re-sidenti in Italia.
In Italia, come nel resto del mondo, sono la maggioranza assoluta i cit-tadini rom che vivono in case, che studiano, che quotidianamente svolgono i lavori più diversi32.
Anche a Lecce, i cittadini rumeni di origine rom maggiormente visibili sono quelli che vivono in emergenza abitativa e le cui condizioni di vita so-no fortemente precarie. Soso-no famiglie che quotidianamente è possibile ve-dere praticare il mangel per strada, vicino ai monumenti e alle chiese della città, nella centralissima piazza Sant’Oronzo, lungo le vie del centro storico solcate dai turisti e vicino ad alcuni semafori, in particolare nei pressi della stazione ferroviaria che, da oltre un anno, è divenuta per almeno cinque famiglie anche il luogo in cui passare la notte.
M. e A. sono marito e moglie, sono costretti, da quasi due anni, a vivere per strada. Lei ha trentatré anni, lui trenta. Vengono da Brasov, la principale città della Transilvania, a circa 170 chilometri da Bucarest. Sono in Italia da quasi sei anni. Hanno tre figli. La più grande ha diciassette anni, vive in Polonia con il suo compagno, aspetta il suo primo bambino. M. ha gli occhi pieni di gioia, quando, mostrandomi la foto della figlia, mi dice che non vede l’ora di abbrac-ciare il suo nipotino. Gli altri due figli, di quindici e dieci anni, ora vivono in Romania, a casa dei genitori di M. Riescono a vederli saltuariamente, solo un paio di volte l’anno.
M. e A. non hanno sempre vissuto per strada. Fino a tre anni fa avevano una ca-sa nel centro storico di Lecce insieme ai tre figli che frequentavano le scuole 32. Una realtà che, fortunatamente, inizia ad essere raccontata come ha efficacemente fatto la campagna dell’Associazione 21 luglio Rom, cittadini dell’Italia che verrà (http:// www.21luglio.org/video-gallery-rom-cittadini-dellitalia-che-verra) o, ancora, il docu-mentario di Sergio Panariello Fuori campo (https://www.youtube.com/watch?v=pHkB N2Mrdew).
della città, ed erano felici di farlo, come ci tiene a sottolineare M. In quella casa hanno vissuto finché hanno potuto pagare l’affitto, fino a quando non hanno perso il lavoro (muratore lui, lavapiatti lei) che permetteva di far fronte alle esi-genze della famiglia, con difficoltà, tanto che quando finivano di lavorare an-davano a fare mangel per incrementare lo scarso reddito. Perso il lavoro, hanno deciso di riaccompagnare i loro figli in Romania e ritornare da soli in Italia, finché non avessero trovato un nuovo lavoro e una casa dove poter tornare a vi-vere con i figli più piccoli. Dopo due anni però non sono ancora riusciti a trova-re né lavoro né casa. «C’è crisi!», mi ripetono durante le nosttrova-re chiacchierate. Ma restano comunque in Italia, perché hanno un sogno da realizzare, lo stesso che li ha spinti a migrare: costruirsi la loro casa a Brasov, dove vogliono torna-re a vivetorna-re appena possibile. Per mettetorna-re i soldi da parte in questi ultimi due anni, tranne piccoli lavoretti, hanno potuto contare solo sull’attività dell’andare a mangel, che praticano, oltre che nella città di Lecce, in altre città della regione e d’Italia spostandosi in treno. Hanno provato a rivolgersi ai servizi sociali co-munali, a qualche parrocchia, ai centri Caritas, ma non sono riusciti ad avere nulla, se non pochi viveri e generi di prima necessità, motivo per cui, dopo aver passato due anni in queste condizioni, stanno pensando di spostarsi in Francia, dove vive una sorella di A., e cercare lì quel lavoro che in Italia non riescono a trovare, almeno così sperano. Quando chiedo loro quando pensano di partire, mi guardano, si guardano, ridono e dicono di non saperlo ancora, per adesso la loro priorità è il nipotino che nascerà ad agosto.
Quella di M. e A., è una storia molto simile alle storie di tanti altri mi-granti, di tanti altri cittadini italiani, colpiti dagli effetti della crisi economi-ca e spinti verso una situazione di povertà cronieconomi-ca, sempre più diffusa nel nostro paese. Stando ai dati Istat, sono il 5,7% delle famiglie residenti in Ita-lia a vivere al di sotto della sogIta-lia di povertà, un dato allarmante ma che evi-dentemente non basta per attivare strumenti di tutela da parte dello Stato.
Vivere per strada, in condizione di disagio abitativo, come nel caso di M. e A., non è una scelta dovuta a presunte attitudini culturali, ma, nella quasi totalità dei casi, è una conseguenza, drammatica, dei processi di im-poverimento e precarizzazione che colpiscono fasce sempre crescenti di cit-tadini, italiani o stranieri, rom o gagi che siano. Per questo, come per gli altri casi, le risposte da trovare non vanno ricercate in politiche culturaliste, etniche, in politiche pensate per i rom, i cui effetti in Italia, e anche nel Sa-lento, sono orami noti a tutti, ma in politiche sociali, che promuovano l’effettivo soddisfacimento di bisogni essenziali, come quello della casa e del lavoro che, è bene ricordarlo, sono anche diritti fondamentali, il cui go-dimento aiuta a vivere una vita degna di essere vissuta (Sen, 1999).
Conclusioni
Il caso salentino presentato, pur nella sua specificità, mi sembra contenga elementi comuni ad altre realtà italiane. Le dinamiche innescatesi sul territorio si iscrivono in dinamiche più generali, tanto nei casi in cui l’esclusione è determinata istituzionalmente, si pensi alla situazione dei cittadini rom residenti nel campo sosta Panareo, quanto in quelle situazioni in cui invece, in assenza di politiche pensate “per i rom”, si sono registrate situazioni che indubbiamente garantiscono migliori condizioni di vita rispetto a chi vive nei campi, il riferimento è alla situazione dei discendenti delle famiglie rom salentine così come pure ai cittadini rom rumeni e bulgari mimetizzati. Discorso diverso quello relativo alle condizioni di vita dei cittadini rumeni rom che vivono in disagio abitativo che, come la storia della famiglia di M. mostra, non hanno nulla a che vedere con presunte caratteristiche culturali, ma sono una conseguenza della crisi economica e della conseguente esclusione sociale che continua ad aumentare pericolosamente. Sono, in primo luogo, una questione di politica sociale e come tale devono essere affrontati. Affrontare l’esclusione sociale e pianificare percorsi di tutela e sostegno alle famiglie che ne sono vittime, è un interesse collettivo di tutta la società da raggiungere attraverso un impegno che non può che essere politico e istituzionale, capace di affrontare, nelle sedi opportune, le diverse tematiche: scuola, lavoro, abitazione e, per i cittadini stranieri, l’accesso alla cittadinanza.
Rispetto alla questione dei campi c’è poco da aggiungere a quello che l’evidenza empirica e la letteratura hanno assodato da almeno un ventennio. I campi costruiti dalle istituzioni sono dei ghetti che producono esclusione, risultato di un’urbanistica del disprezzo, esattamente come lo sono altri ghetti istituzionali che sono sorti in giro per l’Italia, da nord a sud, nelle co-siddette zone 167 destinate all’edilizia residenziale popolare o negli spazi in cui sorgono i centri di prima accoglienza per migranti e richiedenti asilo,
non loghi in cui confinare vite eccedenti.
Da un punto di vista sociologico, i campi rom designano uno spazio che si colloca oltre l’esclusione e la marginalità sociale, assommano segrega-zione spaziale, abitativa, sociale, culturale, simbolica e giuridica. Quando i comuni mettono a disposizione aree più o meno attrezzate destinate ai cam-pi, la logica, spesso inconsapevole, che li ispira è quella di proteggere sim-bolicamente il resto del territorio e producono, tra gli altri effetti, quello di espellere dalla comune umanità una classe di individui, reificandoli ed impu-tando loro dei tratti comportamentali decontestualizzati, astorici, omogenei, fissi, istituendo un contesto biopolitico in cui la valutazione dei soggetti non è riferita a singole azioni individuali, ma alla loro presunta appartenenza ad
una categoria etnica (Vitale, 2016). Le dinamiche interne a questi luoghi, le modalità di accesso ai servizi e ai diritti, la stessa possibilità di comunicazio-ne con l’esterno sono elementi che incidono profondamente sulle aspettative e sulla mortificazione del sé (Goffman, 2001) di chi ci vive dentro.
Sulla necessità di superare questi luoghi e le logiche che li sottendono c’è poco da discutere, semmai è importante individuare il modo per farlo attraverso una programmazione politica partecipata che abbia una prospet-tiva di lungo termine, che coinvolga, sin dalla fase di ideazione, i diretti in-teressati individuando, in maniera chiara e trasparente, le forme e le moda-lità di partecipazione nel rispetto dei principi di democraticità per evitare che la partecipazione resti solo un termine vuoto che, nei casi peggiori, ser-va a ratificare e legittimare decisioni già prese.
Bibliografia
Alietti A. (2009). Generazioni nomadi fra tradizione e mutamento. In: Vitale T., a cura di, cit.
Alietti A. (2007). I campi a Voghera: tra nomadismo forzato e volontà di sedentarizzazione. In: Ambrosini M. e Tosi A., a cura di. cit.
Ambrosini M e Tosi A., a cura di (2009). Favelas di Lombardia. La seconda
indagine sugli insediamenti rom e sinti. Rapporto 2008. Milano: Fondazione
Ismu, Regione Lombardia, Osservatorio Regionale per l’integrazione e la multi etnicità.
Ambrosini M. e Tosi A., a cura di (2007). Vivere ai margini. Un’indagine sugli
insediamenti rom e sinti in Lombardia. Rapporto 2006. Milano: Fondazione
Ismu, Regione Lombardia, Osservatorio Regionale per l’integrazione e la multi etnicità.
Amendola M., Bazzicalupo L., Chicchi F. e Tucci A. (2008). Biopolitica,
bioeconomia e processi di soggettivazione. Quodlibet.
Bravi L. (2009). Tra inclusione ed esclusione. Una storia sociale dell'educazione
dei rom e dei sinti in Italia. Milano: Unicopli.
Brunello P., a cura di (1996). L’urbanistica del disprezzo. Campi rom e società
italiana. Roma: Manifesto Libro.
Brunello P. (1996). Introduzione. In: Brunello P., a cura di, cit.: 11-21.
Caponio T., Colombo A., a cura di (2005). Migrazioni globali, integrazioni locali. Bologna: il Mulino.
Chavarria E. (2007). Sulle tracce degli zingari Il popolo rom nel regno di Napoli
secoli XV XVIII. Napoli: Alfredo Guida Editore.
Ciniero A. (2016). Una sosta lunga trent’anni. Il caso dei rom xoraxané di Lecce tra marginalizzazione abitativa ed esclusione lavorativa. In: Vitale T., a cura di,
Ciniero A. (2014). Una vita ai confini. I rom xoraxané di Lecce tra segregazione
abitativa e marginalizzazione socio-lavorativa. Paper for the Espanet
Conference “Sfide alla cittadinanza e trasformazione dei corsi di vita: precarietà, invecchiamento e migrazioni” Università degli Studi di Torino, Torino, 18-20 Settembre 2014;http://www.espanet-italia.net/programma-conferenza/enerdi-19-settembre/38-conferenza-2014/sessioni/282-sessione-16. html (pp. 1- 20).
Ciniero A. (2013). I rom del Campo Panareo di Lecce tra marginalità socio-lavorativa e contingenza. Dada. Rivista di antropologia post-globale, 3, 2: 111-133.
Ciniero A. e Papa I. (2016). Oltre il campo sosta e il ghetto: due esperienze di
ricerca etnografica e visuale nel Salento. In: Oddone C. e Palmas L.Q., a cura
di, cit.
De Benedetti M. e Magatti M. (2006). I nuovi ceti popolari. Chi ha preso il posto
della classe operaia?. Milano: Feltrinelli.
Delille G. (1996). Famiglia e proprietà nel Regno di Napoli XV-XIX -secolo.
Tori-no: Einaudi.
De Marco A. (2013). Sant'Aloia e i nomadi salentini: elogio a sant'Eligio. Lecce: Terra.
Fumarola P. e Imbriani E. (2006). Danze di corteggiamento e di sfide nel mondo
globalizzato. Nardò: Besa.
Gala G. (2006). Il dissidio del corteggiamento e il sodalizio nella sfida: per una
rilettura antropologica del complesso sistema dell’etnocoreutica italiana. In:
Fumarola P. e Imbriani E., cit.: 63-111.
Gallino L. (2014). Vite rinviate. Lo scandalo del lavoro precario. Roma-Bari: Edi-zioni Laterza.
Gautherin J., Lantheaume F., Mc Andrew M., eds. (2012). Le particulier, le
cum-mun, l’universel. La diversité culturelle à l’école. Rennes: Presses
Universi-taires de Rennes.
Goffman E. (2001). Asylums. Le istituzioni totali: i meccanismi dell’esclusione e
della violenza. Torino: Einaudi.
Goffman E. (2003). Stigma. L’identità negata. Verona: ombre corte.
Imbriani E., a cura di (1997). La vita della terra d’Otranto con capitoli inediti. Lecce: Edizioni del Grifo.
Matras Y. (2015). The Romani Gypsies. Cambridge: Belknap Press.
Melchioni E. (2002). I rom salentini e la pizzica scherma di Torrepaduli. In: Piase-re L., Pontrandolfo S., a cura di, cit.: 1-12.
Oddone C. e Palmas L.Q., a cura di (2016). Studiare le migrazioni attraverso le immagini. Mondi Migranti, sezione Incursioni, 29, 2: 37-145.
Perrone L., a cura di (2007). Transiti e approdi. Studi e ricerche sull’universo
mi-gratorio nel Salento. Milano: FrancoAngeli.
Perrone L., a cura di (1996). Naufragi albanesi. Roma: Sensibili alle foglie. Perrone L. (2007). Il Salento plurale e interculturale: immigrazione e mutamenti
Piasere L. (2004). I rom d’Europa. Una storia moderna. Roma-Bari: Editori Later-za.
Piasere L. (1999). Un mondo di Mondi. Antropologia delle culture rom. Napoli: L’ancora.
Piasere L., a cura di (1995). Comunità girovaghe, comunità zingare. Napoli: Li-guori.
Piasere L. (1991). Popoli delle discariche. Saggi di antropologia zingara. Roma: Cisu.
Piasere L. (1988). De origine Cinganorum. In: Sthal P. H., a cura di, cit : 105-127. Piasere L. e Pontrandolfo S., a cura di (2002). Italia Romanì, vol III, I rom di
anti-co insediamento dell'Italia centro-meridionale. Roma: Cisu.
Romania V. (2004). Farsi passare per italiani. Strategie di mimetismo sociale. Roma: Carocci.
Sanga G. (1995). ‘Currendi Libido’. Il viaggio nella cultura dei marginali. In: Pia-sere L., a cura di. cit.: 367-385.
Sigona N. (2005). I confini del «problema zingari». Le politiche dei campi nomadi
in Italia. In: Caponio T., Colombo A., a cura di. cit.: 267-293.
Sen A. (1999). Development as Freedom. Oxford: Oxford University Press. Sthal P.H., a cura di (1998). Etudes et Documents balkaniques et Méditerranées,
14: 105-127.
Tauber E. (2000). L’“altra” va a chiedere. Sul significato del mangapen tra i sinti estraiχaria. Polis, 3: 391-408.
Vitale T. (2012). Interprétations du changement social, pédagogie et instruments de l'action publique. Catégorisation et bases informationnelles dans les interven-tions avec les Sinti en Italie. In: Gautherin J., Lantheaume F., Mc Andrew M., eds., cit.
Vitale T. (2008). Politiche locali per i rom e i sinti, fra dinamiche di consenso e
effettivita` eugenetica. In: Amendola M., Bazzicalupo L., Chicchi F., Tucci A., cit.: 121-132.
Vitale T., a cura di (2016). Inchiesta sui campi rom. Politica, politiche e potere dei
luoghi. Firenze: La Casa Usher.
Vitale T., a cura di (2009). Politiche Possibili. Abitare con i rom e i sinti. Roma: Carocci.
Visceglia M.A. (1988). Territorio, feudo e potere locale. Terra d'Otranto tra
me-dioevo ed età moderna. Napoli: Guida.
Williams P. (2012). Il miracolo e la necessità. Lo sviluppo del movimento
penteco-stale fra gli zingari in Francia. Roma: Cisu.
Williams P. (1986). D’un continent à l'autre: les Rom Kalderas dans le monde oc-cidental. In: Nomadisme: mobilité et flexibilité?. “Bulletin de liaison”, 8, Paris, Orstom, Département H, pp. 101-112.
Una questione sociale, non etnica. Processi di interazione ed esclusione di tre gruppi rom nel tempo: il caso del Salento
Riassunto: L’articolo presenta i processi di inclusione/esclusione di tre diversi
gruppi di cittadini di origine rom presenti nel territorio salentino: i rom italiani re-sidenti in alcuni comuni del Salento, i rom xoraxané attualmente rere-sidenti nel cam-po sosta della città di Lecce e alcune famiglie di rom rumeni che vivono da qualche anno nella città di Lecce. Obiettivo del saggio è analizzare in che modo si costrui-scono, politicamente e socialmente, le condizioni e i percorsi di inserimento e inte-razione, su uno specifico territorio, tra un gruppo di popolazione e la popolazione maggioritaria. Partendo da un caso studio, si analizza in che modo le dinamiche migratorie, le decisioni politiche, i processi di interazione sociale e le modificazio-ni socio-economiche condizionano le modalità in cui avvengono i processi di inte-razione e scambio tra gruppi rom e società maggioritaria.
Parole-chiave: rom; politiche etniche; campi sosta; interazione;
inclusio-ne/esclusione sociale.
A social issue, not ethnic. processes of interaction and exclusion of three Roma groups: the case of Salento
Abstract: This article analyses the process of interaction and social exclusion in
three Roma Groups living in Salento: italian Roma established in some land mu-nicipalities; Roma Xoraxane currently residing in a camp (Campo sosta Panareo) and some romanian Roma families living over recent years in Lecce. The main pourpose of This essay is to analyse and assess social and political way, locally provided, towards socio-economic integration of these minorities. Starting from a case study is analysed how the migration flow, the policy-making, the process of social interaction and the structural socio-economic changes can be made a trickle-down effects relating Roma social and territorial inclusion.
Keywords: Roma; ethnic policies; temporary camps; interaction; social