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vista attraverso il cuore del Padre

La Parabola comincia così: «Un uomo aveva due figliuoli...».

Quell’uomo è un padre: quei figliuoli sono due fra- telli: quel mondo è una casa.

La rappresentazione della realtà umana, – questa sola ci interessa e quanto con essa ha rapporto – qua- le ce la dà il Vangelo, è una realtà d’amore, una gran- dezza della carità.

Così, fin dalle prime parole della Parabola, siamo già fuori da ogni umana Weltanschauung; al di là di ogni nostra categoria di grandezza.

Pascal parla di tre ordini di grandezze: 1) quelle carnali,

2) quelle dell’intelligenza, 3) quelle della carità.

– Tutti i corpi, il firmamento, le stelle, la terra, i suoi regni non valgono il più piccolo degli intelletti: però che l’intelletto conosce tutte queste cose e sé stesso: e i corpi, nulla. Tutti quanti i corpi e gli intelletti insieme e tutte le loro produzioni non valgono ancora il più piccolo moto di carità, perché essa è di un ordine infi- nitamente più alto.

Da tutti quanti i corpi insieme non si potrebbe far uscire un benché piccolo pensiero: da tutti i corpi e da tutte le menti insieme non si potrebbe trarre un solo moto di carità, perché essa è di altro ordine (dai Pen-

sieri).10

La visione del mondo, secondo il Vangelo, è in que- ste tre parole: un padre, dei figliuoli, una casa.

Quasi ogni «grumo di fango» si è voluto fare per proprio conto e comodo un «concetto del mondo» co- me ogni gocciola di rugiada pretende di ritenere il so- le. Noi uomini, però, siamo assai meno trasparenti di una goccia d’acqua per vantare simile pretesa.

Che ne sortì? Si va, ascoltando la visione che del mondo hanno gli uomini, dalla parola disperata a quella angustiante: dall’esaltazione all’assurdo: dal bestiale all’irreale.

Si capisce come si possa, dopo aver ascoltato il pa- rere degli uomini, arrivare alla conclusione di Proust: – Forse non è vero che il nulla e tutto il nostro so- gno è inesistente.11

– Nihil nisi divinum stabile est. Coetera fumus.12

E Gesù, senza sforzi, senza affanni, di sopra o den- tro, a sfondo o a cornice di ogni suo insegnamento, traccia, con le parole più comuni, coi gesti più ordina-

10B. PASCAL, Pensieri, 795 (la numerazione è quella adottata nell’edi-

zione curata da P. SERINI, Mondadori, Milano 1979).

11M. PROUST, La strada di Swann (tr. it. N. GINZBURG, Einaudi, Torino

1978, 370-371).

12«Nulla, se non ciò che è divino, è saldo. Tutto il resto è fumo»; la fra-

se, di cui si ignora l’autore, compare nel quadro del Martirio di san Seba-

ri e con nettezza di sguardo e sicurezza divina, la sua visione del mondo.

Il Padre nostro ne è il momento lirico; il Figliuol

Prodigo il momento drammatico: ove però il Padre ri-

mane come rimangono le dolci attribuzioni dei fi- gliuoli, anche se son poco fratelli. Rimane la casa, benché essa non sia sempre lo splendore della carità paterna.

La realtà quotidiana, dentro e fuori della casa, è quella che è: ma in ogni cosa c’è un cuore, c’è un pen- siero d’amore in ogni fatto. Gesù non chiuse gli occhi nel guardare il mondo; non diminuì la durezza delle creature; non levigò artificiosamente né strade né sen- tieri, rimasti calvari gli uni e le altre; ha notato il limi- te segnato dagli uomini tra chi è dentro e chi è fuori; lo ha lasciato dramma e spasimo e agonia per sé e per i suoi, ma ha spezzato le antitesi, ha colmato l’abisso tra casa e lontananza.

Il di fuori fa perdere la testa, accresce lo spasimo della concupiscenza, però serve, può servire: serve per tornare a casa... Non è ancora la casa, ma può dive- nirlo, lo deve divenire.

Il «mondo» esiste, ma non come realtà spaziale, fuori della Chiesa; il che sarebbe manicheismo. Esiste come animo, come spirito, che in luogo di essere nelle cose, è in noi che usiamo le cose.

L’antitesi è l’opera del peccato: la quale però non dura eterna: è un momento – lunghissimo se si vuole, quanto sarà lungo il transito umano per questa valle di lacrime –, ma è un momento.

Verrà giorno – è già venuto poiché la grazia per Gesù Cristo è donata a tutti – in cui essa sarà consu-

mata nell’amore del Padre, il quale, come il buon pa- store, non si limita all’ovile... L’amore non conosce staccionata: varca ogni siepe, valica ogni montagna.

«Ecce iste venit saliens in montibus, transiliens col- les. En ipse stat post parietem nostrum, respiciens per fenestras, prospiciens per cancellum».13

Il figliuolo che s’allontana si porta dietro la carità sofferente del Padre: cioè una carità maggiore. Il Cal- vario si trapianta come la tenda di un pellegrino in cerca dell’amore perduto.

Incarnandosi, Dio ha santificato di nuovo ogni cosa. Si parla di dilatazione del regno di Dio. La parola è giusta se riferita a noi, al dovere che abbiamo di ap- partenergli e di aiutare ognuno ad appartenervi. Non è più giusta se riferita a Cristo.

– Padre, ho finito l’opera che mi affidasti. – Con- summatum est.14

Il Padre gli ha posto tutto tra le mani. Ogni cosa è sua. Anche lo Spirito Santo riceve da Lui. – Niente lo ferma. Le mura s’arretrano davanti l’amore del Padre. Nessuna tristezza nostra può fermare l’amore di Dio, per cui la Chiesa, che è Gesù peregrinante sulla ter- ra,15è il fuoco che accende tutto, la paternità che tut-

to abbraccia.

13«Eccolo, viene saltando per i monti, balzando per le colline. […] Ec-

colo, egli sta dietro il nostro muro; guarda dalla finestra, spia attraverso le inferriate» (Ct 2,8-9).

14Gv 19,30.

15Mazzolari, su richiesta di mons. Bosio, eliminò in questo punto le

parole «prima di essere gerarchia»; cf. V. Gatti a P. Mazzolari, 10 marzo 1934: APM 1.7.1, n. 4114.

Niente è fuori della paternità di Dio; niente è fuo- ri della Chiesa, «non ratione peccati tantum, sed ra- tione charitatis».16

Tutti apparteniamo alla sua maternità perché tutti apparteniamo all’amore di Cristo.

Egli è venuto per tutti, è morto per tutti; non im- porta se tutti non lo ricevono. Il suo diritto non può essere negato dalla nostra resistenza. Per così poco non disarma l’amore.

– Ecco, sto alla porta e batto... Se alcuno mi apre.17

Quindi la Chiesa, come casa del Padre, abbraccia tutto il mondo. E se tutto il mondo è del Padre, è pu- re tutto mio.

– Miei sono i cieli e mia è la terra: miei sono gli uo- mini: i giusti sono miei e miei i peccatori. Gli angeli sono miei: anche la Madre di Dio e tutte le cose sono mie: anche Dio è mio e per me poiché il Cristo è mio e tutto per me (S. Giovanni della Croce).18

Siamo suoi: Egli è nostro, eppure non gli apparte- niamo amorevolmente; siamo suoi, ma non riflettiamo il suo amore.

Per questo la casa non è ancora quella santa cosa che dovrebbe essere, poiché oltre il padre anche i fi- gliuoli fanno la casa... e noi si attende ancora la prima manifestazione dei Figliuoli di Dio.

Infatti, tanto colui che rimane come colui che va, non ha capito l’amore del Padre: perciò le tenebre so-

16«Non soltanto a causa dell’errore, ma a motivo della carità». 17Ap 3,20.

18Si tratta di un brano tratto dalla preghiera Orazione dell’anima in-

no dentro e fuori. Anche la casa ha delle resistenze opache. L’amore del Padre non è negato, ma è in su- spicione.

Torna nella Parabola tutta intera la visione tradi- zionale biblico-cristiana: un Dio buono, degli uomini che resistono alla sua bontà, che non la comprendono, che per comprenderla un poco hanno bisogno di sen- tirsi come squarciati da una esperienza dolorosa e da un colmo di amore che si chiama la croce di Gesù.

Il «mysterium iniquitatis»19rimane, ma è sopporta-

bile. La rivolta non è più contro l’ineluttabile di fuori, ma contro un di dentro nostro, che può e deve piegarsi. Il cristiano non va a cambiare il mondo, ma a cam- biar sé stesso. Va a lucidarsi gli occhi e cuore per ve- dere quello che non ha ancora visto.

– È tanto tempo che sono con te e non hai visto il Padre...20

La mia vita diventa un’avventura d’amore: la più bella avventura d’amore.

Vado a scoprire l’amore.

– Va’ e vendi quanto hai21e... compera l’amore.

Non sono incaricato di far buono il mondo, ma di sentire la bontà del mondo per ricapitolarla in Cristo.

– Io trarrò tutto a me.22

19AGOSTINOparla del «mistero dell’iniquità» in Epist. 198 e in De Ci-

vitate Deo 20,19.

20Si tratta di una variazione sul rimprovero rivolto da Gesù: «Da tan-

to tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre» (Gv 14,9).

21Mc 10,21. 22Gv 12,32.

Resta il dramma, ma è tolta la disperazione: resta il peccato, ma sovrabbonda la misericordia; resta la lotta, ma elevata al tono più elevato della carità.

– Fui mandato da Dio a ritrovare l’amore.

Il prezzo non è mai troppo: le strade non sono mai né troppo lunghe né aspre se menano alla casa del- l’Amore.

Un raggio d’amore vale più del mondo, più della vita, se la mia stessa vita è fatta per l’amore.

Con tutto il mondo non si compera una briciola di carità; mentre con una briciola di carità ho nel cuore quello che il mondo non può dare: la felicità.

– Sogni!

Non è vero. L’esperienza ci dice che le cose muta- no sotto la mano di chi le tocca.

Quando i figliuoli avranno capito il Padre e avran- no la vita del Padre in se stessi, la sofferenza, che è dentro e fuori la casa del Padre, cesserà.

– Ingemiscit usque adhuc et ultra23– perché il Pa-

dre con tanti figliuoli, ha così pochi suoi figliuoli.

23«Geme sino ad ora e oltre». Il riferimento è a Rm 8,22: «Sappiamo

bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad ora nelle doglie del parto».

La casa

vista attraverso il cuore

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