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Capitolo 2: La Guerra del Pacifico

2.7 La guerra nel Pacifico

2.7.2 La “vittoria di Pirro”

Il 2 dicembre 1941, dato il fallimento delle trattative diplomatiche tra i due Stati, Yamamoto, che si trovava ad Hiroshima a bordo della Nagato, inviò un telegramma all’Akagi suscritto “Niikitayama wo noboru” (新 高 山 登 を 登 る “scalate il Monte Niikata”), con cui dava ufficialmente inizio all’Hawai sakusen (ハワイ作戦“Piano di guerra Hawaii”). Il 7 dicembre, alle 6:00 partì la prima ondata di 150 aerei e aerosiluranti dalle portaerei giapponesi, seguito da una seconda ondata alle 7:15. L’attacco ebbe inizio alle 7:48 (ora di Honolulu) e, al momento dell’arrivo della prima ondata, a Pearl Harbour erano presenti235

:

1. 8 corazzate: USS California ;USS Maryland; USS Oklahoma ;USS Tennessee USS West Virginia; USS Arizona; USS Nevada; USS Pennsylvania.

2. 1 vecchia corazzata: USS Utha.

3. 8 incrociatori: USS New Orleans; USS San Francisco; USS Detroit; USS Helena; USS Honolulu; USS Phoenix ; USS Raleigh;USS St. Louis.

4. 30cacciatorpediniere. 5. 23 sommergibili.

6. 30 navi varie (posamine, petroliere, navi cisterna). 7. 480 aerei.

L’effetto sorpresa fu pienamente raggiunto e i risultati dell’attacco furono molto gravi: su nove corazzate, tre (Arizona, Oklaoma, Utha) furono irrimediabilmente distrutte, tre affondarono o si capovolsero (California, West Virginia, Nevada) mentre una (la Pennsylvania) fu gravemente danneggiata e due solo mediamente danneggiate (Tennessee e Maryland). Tre incrociatori su otto (Raleigh, Helena, Honolulu) furono gravemente danneggiati, insieme a quattro cacciatorpediniere e

234 Veronico (2016: 7-8). 235

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altre dieci navi di vario tipo. Furono distrutti circa 200 aerei e danneggiati 150236. I morti furono circa 2, 500. I giapponesi, di contro, persero 29 aerei e due sottomarini tascabili, che furono affondati e catturati poco prima dell’inizio degli scontri237.

L’attacco di Pearl Harbour di primo impatto sembrò, di conseguenza, un successo clamoroso, e fu accolto in patria come una seconda Tsushima. In poco meno di due ore, a costo di perdite esigue, i giapponesi avevano messo fuori gioco praticamente tutte le corazzate della Flotta del pacifico americana e bloccato la capicità offensiva degli americani per mesi. Nonostante questo, Pearl Harbour si rivelerà essere una “vittoria di Pirro” in quanto non fu raggiunto l’obiettivo designato delle operazioni: l’affondamento delle portaerei della flotta americana238. La Essex, , la Lexington e la Saratoga, infatti, erano fuori base per una serie di esercitazioni nel Pacifico, e furono uno dei motivi fondamentali per cui i giapponesi rinunciarono ad una terza ondata di attacchi239. Dal punto di vista strategico, questa mossa impedì ai giapponesi di concentrarsi sui veri obiettivi sensibili della base240. Durante tutto l’attacco, infatti, i giapponesi si erano concentrati esclusivamente sull’affondamento delle corazzate americane. Nonostante gli ordini di Yamamoto designassero le portaerei come obiettivo primario, il secondo principale obiettivo, data la logica dottrina dei giapponesi secondo cui erano e corazzate l’elemento offensivo principale di una flotta erano le corazzate. Se si analizza attentamente la decisione di bombardare prima le corazzate e poi di non concedere la terza ondata, dal punto di vista logistico fu un errore importante per due ragioni:

1. Le corazzate americane erano navi ormai obsolete, quasi tutte costruite negli anni dieci, in procinto di essere sostituite con le più moderne in fase di allestimento. 2. Il vero punto di forza della Base di Pearl Harbour non erano le navi da guerra

ancorate, ma bensì tutto quello che vi era intorno ad esse: i bacini di carenaggio, le officine, i cantieri e le cisterne erano i punti fondamentali della base, che permettevano il funzionamento di tutta la flotta. Soprattutto le cisterne di benzina avevano una funzione tattico logistica centrale, poiché senza di loro rifornire una 236 Hixson (2003: 58). 237 Hart (2014: 272). 238 Garcon (1999: 60 s.). 239 Dower (2010: 52). 240 Ibid.

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flotta di più di novanta navi sarebbe stato impossibile. Se i giapponesi si fossero concentrati sulle queste e sui centri di riparazioni delle navi, il danno alla flotta americana sarebbe stato enormemente più duraturo241. Sarà lo stesso ammiraglio della Flotta americana Chester Nimitz ad affermare, nel 1946, che “Had the Japanese destroyed the oil, it would have prolonged the war another two years”242 e spinto di conseguenza la Marina del Pacifico verso il continente per impossibilità di rifornirsi alle Hawaii. Qui, la possibilità per i sottomarini giapponesi di intercettare la flotta, a quel tempo vulnerabile, come vedremo in seguito sarà un’occasione importante, ma non colta dalla Marina imperiale. La prova che il mancato affondamento delle portaerei fu la vittoria a metà per i giapponesi risiede nella reazione Yamamoto. Egli (che fin dall’inizio era contrario ad una guerra contro gli Stati Uniti) affermò che senza il loro affondamento, le operazioni militari erano a rischio poiché, anche con le corazzate momentaneamente bloccate, l’intero corpo offensivo aeronavale statunitense era ancora perfettamente operabile243. L’ammiraglio giapponese era convinto che il Giappone potesse portare avanti il conflitto per non più di un anno prima che gli statunitensi scatenassero contro i giapponesi le capacità del loro formidabile apparato industriale244. Fin quando le portaerei erano in azione, sarebbe stato possibile per gli americani sferrare attacchi contro i giapponesi e non ci sarebbe stato motivo per loro di scendere a trattative prima che questo avvenisse, e le sorti della guerra venissero definitivamente compromesse. Questo lo spingerà ad una vera e propria caccia che culminerà nel disastro delle Midway l’anno successivo. Contemporaneamente all’attacco, erano state lanciate due operazioni congiunte per attaccare l’Isola di Wake (avamposto statunitense nel Pacifico centrale), l’Indonesia e la Malesia (nel’ambito dell’Avanzata a sud), la Birmania e le Filippine. L’8 dicembre, ora di Washington gli Stati Uniti dichiararono, insieme a Gran Bretagna, Cina e Paesi Bassi, guerra all’Impero giapponese. La Guerra del Pacifico ebbe ufficialmente inizio.

Dopo che il 90% delle forze marittime ed aeree statunitensi era stato immobilizzato o distrutto, i giapponesi lanciarono un’offensiva su larga scala dall’India fino all’Isola di Guam. Il 25 dicembre si arrese Hong Kong. L’11 241 Garcon (1999: 62). 242 Zimm (2013: 316). 243 Gailey (1995: .68). 244 Stille (2012: 14).

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gennaio i giapponesi sbarcarono nella Malacca e occuparono Kuala Lampur ed entrambi i lati dell’Istmo di Kra. Il 15 ennaio, il generale Tomoyuki Yamashita prese Singapore, roccaforte britannica di importanza strategica fondamentale per gli inglesi, che furono costretti a ritirarsi verso l’India.

L’8 dicembre ebbe inizio la Campagna delle Filippine. 130, 000 uomini agli ordini del generale Masaharu Homna assalirono Luzon conquistando Manila il 2 di gennaio. Dopo una lunga serie di combattimenti, in aprile tutto l’arcipelago filippino era ormai in mano giapponese. La perdita delle Filippine fu un colpo durissimo per gli americani dal punto di vista strategico. Questi, infatti, persero la possibilità di avere un contatto diretto con il fronte indonesiano, che stava per essere chiuso nella tenaglia giapponese245. Inoltre, la perdita di obiettivi strategici così importanti nel giro di pochi mesi, fu psicologicamente un duro colpo per gli americani. La propaganda statunitense aveva sempre svalutato le capacità offensive dei giapponesi, sottolineando la netta superiorità americana in fatto di qualità militare246. L’attacco a Pearl Harbour, la perdita dei possedimenti nel Pacifico occidentale e l’impotenza generale di fronte all’avanzata giapponese, provocò l’iniziale shock nelle truppe statunitensi che spinse gli americani a ritirare tutte le forze disponibili oltre le Midway.

Con le forze americane impegnate o in ritirata dalle Filippine, e dopo la disfatta dei britannici nella Malacca, i giapponesi furono liberi di operare nel Sud est asiatico senza particolari impedimenti. L’invasione iniziò il 17 dicembre iniziata quando 90, 000 uomini agli ordini dei generali Hitoshi Himamura e una flotta di circa 50 navi247 comandate dagli ammiragli Nobutake Kondō, Takeo Kurita e Jisaburō Ozawa attaccarono l’ Indonesia tra Sumatra, il Borneo e la Guinea. Il 9 marzo, dopo aver incontrato scarsa resistenza, i giapponesi occuparono tuta l’Indocina. Quando alla fine di Aprile cadde la Birmania, il Giappone controllava tutta l’Asia da Rangoon al Pacifico centrale, dal Timor alla Mongolia. In soli sei mesi, i giapponesi avevano conquistato un’area di 7, 400, 000 km² con una popolazione totale di centinaia di milioni di abitanti248.

245 Costello (1982: 185). 246 Ibid. 247 Groen (201: 12). 248 Blackburn-Hack (2007: 3).

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