• Non ci sono risultati.

Vivere e proporsi di comunicare una spiritualità

Gli aggettivi sono più che giustificati accanto al term ine ani­

mazione perché rivelano basi dottrinali, percorsi ed obiettivi di­

versi. La n o stra è u n ’anim azione spirituale. Il term in e non è li­

m itante, m a qualificante. N on esclude altri asp etti dell’anim a­

zione: li assum e tu tti in u n a prospettiva propria.

Per diventare “nucleo an im a to re ” ci è necessario vivere con­

sapevolmente, con convinzione, la n o stra sp iritualità, esprim er­

la com unitariam ente con gioia e im m ediatezza. Nel convegno dei giovani religiosi realizzatosi a Roma nel m ese di settem bre 1997, si è espresso il sogno che venissero canonizzati non solo

“individui”, m a com unità religiose al completo, come u n sog­

getto che h a vissuto solidalm ente ed in grado esem plare l’ideale della vita evangelica. Si aggiungeva che un “handicap” vocazio­

nale risiede nel fatto che i giovani vedono e sono a ttr a tti da mo­

delli “individuali” dietro ai quali non c’è u n a corrispondente vi­

ta com unitaria: san ti solitari, in com unità quasi estranee alla loro santità.

Don Bosco creò a Valdocco u n a scuola di sp iritu alità che si esprim eva nell’am biente, nel lavoro quotidiano, nel tono della frate rn ità e nella preghiera: semplice in apparenza, m a sostan­

ziale e autentica. Invitò i suoi giovani e qu an ti volevano collabo­

ra re con lui a fare u n camm ino assum endo lo stesso spirito, se­

condo la propria condizione e possibilità. «In Valdocco, ricorda il CG24, si respirava un clima particolare: la s a n tità era costruita insieme, condivisa, reciprocam ente com unicata, ta n to che non si può spiegare la san tità degli un i senza quella degli a ltri» 27.

C ostruire e godere di questo clima di “sa n tità ” condivisa, è un impegno dei consacrati. La com unità religiosa è luogo di u na esperienza di Dio. T utto è stato pensato e predisposto per que­

sto. «La vita spirituale deve essere al prim o posto nel program ­ m a delle Famiglie di vita consacrata... Da q u esta opzione priori­

27 CG24 104

taria, sviluppata nell’impegno personale e com unitario, dipen­

dono la fecondità apostolica, la generosità nell’am ore p er i pove­

ri, la stessa a ttra ttiv a vocazionale sulle nuove generazioni»2S.

Il CG23 lo indicava come risposta adeguata alle sfide dell’e­

ducazione dei giovani alla fede. Invitava le com unità a diventa­

re “segno” di fede dando tra sp aren z a evangelica alla vita per giungere ad essere anche “scuola” di fede. La fede infatti non si può com unicare se non la si vive come la grande risorsa della propria esistenza. «Il rinnovam ento spirituale e quello p asto ra­

le sono due aspetti che si com penetrano e sono interdipendenti tra loro»29.

Essere anim atori, come com unità, cioè nucleo anim atore, è p o rtare insiem e nell’azione educativa, che condividiamo con al­

tri, quel soffio dello Spirito capace di dare senso alla promozio­

ne della persona ed agli sforzi di cam biam ento della società: l ’e­

sperienza dell’am ore di Dio, la luce che viene da Cristo, la visio­

ne dell’uomo che scaturisce dalla Parola di Dio.

Ѐ avere, come la com unità apostolica dopo la P en teco ste30, la capacità di “uscire” verso gli altri, di a ttirare, radunare, con­

vertire, creare com unione con criteri nuovi nella luce del Cristo risorto. «Il prim o compito della vita consacrata è di rendere vi­

sibili le m eraviglie che Dio o p era n ella fragile u m a n ità delle persone chiam ate. Più che con le parole, esse testim oniano tali meraviglie con il linguaggio eloquente di u n ’esistenza trasfigu­

rata, capace di sorprendere il m ondo»31.

L’esperienza di Dio che è a ll’origine e nelle finalità del no­

stro progetto di vita va risvegliata, rivissuta e approfondita se­

condo le caratteristich e del nostro spirito. Possiamo in fatti es­

sere p o rta ti a rid u rre la vita ad efficienza, a credere che i vari elem enti della n o stra vita religiosa siano in funzione dei risul­

ta ti educativi. Ciò può condurre ad un progressivo svuotam ento

28 VC 93

29 cf. CG23 216 - 217 30 cf. A t 2 ,lss.

31 VC 20

interiore, ad u n a dissolvenza delle motivazioni più profonde e, come conseguenza, ad u n a certa delusione o cad u ta di fiducia nel nostro intervento, nei d estin atari, nella com unità, nei laici.

La capacità di anim azione spirituale, quale è la nostra, sup­

pone e richiede l ’esperienza della preghiera: quella personale, dom andata come grazia, im p arata e p raticata con assiduità; e quella com unitaria, sen tita e condivisa in m om enti cu rati e cal­

mi, liberi dalla fretta e dalla dispersione.

La preghiera ridà il gusto di essere con Cristo ed il senso del­

la missione. «Siccome, ci direbbe Don Bosco, il cibo alim enta il corpo e lo conserva, così le pratiche di p ietà nutriscono l’anim a e la rendono forte contro le tentazioni. Fino a ta n to che noi sa­

remo zelanti nell’osservanza delle pratiche di pietà il nostro cuo­

re sarà in bu o n’arm onia con tu tti, e vedremo il Salesiano alle­

gro, e contento della sua vocazione»32. Non sono “l ’essere in buo­

na arm onia con tu tti, la figura del salesiano allegro e contento della vocazione” le rappresentazioni più veraci dell’anim atore?

Due segni mi sem brano im p o rtan ti in questo esprim ere la sp iritu a lità della com unità a ttra v e rso l ’assid u ità e la q u alità della preghiera. Il prim o rig u a rd a la Parola d i Dio alla quale accedere e da condividere quando si tr a tta di illum inare la vita personale e com unitaria, le situazioni dei giovani e le sfide della cultura. La Bibbia racconta l ’esperienza religiosa dell’um anità;

gli atteggiam enti, le prove e reazioni di coloro che vissero in questo mondo secondo il senso di Dio, anzi, in rapporto di al­

leanza con Lui. Ѐ u n a “sto ria” della sp iritu alità v issu ta nel vivo degli avvenim enti.

Il Vangelo poi non solo ci offre gli insegnam enti e gli esempi di Gesù, m a ci m ette a contatto con la sua persona ed il suo m i­

stero. Soltanto il discernim ento evangelico può darci oggi u n a m entalità “cristian a” e aiutarci a m an ten ere u n a visione di fe­

de, u n atteggiam ento di speranza e u n criterio di carità.

32 Regole e C ostituzioni della Società d i S a n Francesco d i Sales. In troduzione.

Torino 1885

Il secondo segno è la partecipazione dei giovani e dei colla­

boratori alla nostra preghiera-, la nostra capacità di introdurli nella preghiera, di fargliela gustare. Esempi non ne mancano.

La stra d a in trap re sa è da continuare. Non ci lim itiam o alle ce­

lebrazioni strao rd in arie e suggestive; accompagniamo i giovani in u n camm ino di preghiera fino a farla desiderare e diventare atteggiam ento, abitudine e necessità.

Spesso i giovani ed i collaboratori ci conoscono come lavorato­

ri e come amici prossimi a loro, desiderosi del loro bene, generosi e disponibili; m a non afferrano le motivazioni di fondo che muo­

vono la n o stra vita e ne costituiscono l’originalità. Per questo non riescono a cogliere la p o rta ta della vita consacrata, né si sentono invogliati a seguire la n o stra strad a anche se rim angono amici.

Far partecipi di u n a esperienza di Dio, m ettere in atto u n a pedagogia della preghiera, che porti verso u n a relazione perso­

nale con il Signore, a p erta alla sensibilità giovanile secondo la n o stra spiritualità, è la form a di “an im are” più propria di un a com unità religiosa.

O ltre ad offrire esperienze occasionali, quasi assaggi per in­

vogliare, siam o chiam ati ad essere educatori e m aestri di spiri­

tualità. Se ci sem bra u n a m eta ambiziosa, diciamo di voler esse­

re com pagni e testim oni autorevoli, orientatori, guide nella stra ­ da della sp iritualità. Non pochi laici e giovani desiderano u n ’e­

sperienza spirituale. C’è in loro u n a dom anda di in terio rità e di senso come contrappeso all’esteriorità, al rum ore, all’agitazione.

Il CG24 m ette la sp iritu alità al centro del nostro sforzo di con­

divisione. «Siamo chiam ati a condividere nella FS, con tu tti i lai­

ci, non solo il compimento m ateriale del lavoro quotidiano, ma, in prim o luogo, lo spirito salesiano, p er poter diventare corre­

sponsabili della missione, nelle nostre opere ed al di là delle loro fro n tiere» 33. Il trag u ard o della formazione, dei laici e con i laici, è u n a s a n tità condivisa34 per cui «la sp iritu alità è chiam ata ad

33 CG24 88 34 cf. CG24 104

essere l’anim a della CEF; il midollo degli itin e ra ri form ativi da percorrere insieme, in u n clima di scambio di doni»35.

Ѐ lo stesso compito che la Chiesa affida ai consacrati. «Un rinnovato impegno di san tità da p a rte delle persone consacrate è oggi più che mai necessario anche per favorire e sostenere la tensione di ogni cristiano verso la perfezione. Le persone consa­

crate, nella m isura in cui approfondiscono la pro p ria amicizia con Dio, si pongono nella condizione di aiu tare fratelli e sorelle m ed ian te valide iniziative sp iritu a li. Il fa tto che t u t t i siano chiam ati a diventare santi non può che stim olare m aggiorm en­

te coloro che, per la loro stessa scelta di vita, han n o la missione di ricordarlo agli a ltri» 36.

La m ediazione principale p er svolgere questo compito è il nostro vissuto quotidiano ispirato alla fede, vicino ai giovani e ai laici, che diffonde uno stile di vita per osmosi o contagio; è l ’am biente educativo nel quale i valori appaiono concretam ente realizzati, con modelli significativi che a ttiran o , con proposte che coinvolgono e motivazioni che illum inano i com portam enti.

S arà necessario poi accom pagnare i singoli ap p ro fittan d o dei m om enti com unitari, predisposti per condividere e com uni­

care, e anche rendersi disponibili al dialogo personale. Il tu tto richiede certam ente attenzione e intenzionalità.